Riflessioni sul convegno Caritas-Migrantes di presentazione del dossier immigrazione 2012. Cosa fare in (e per la) Sardegna?

di Franco Meloni

“La nostra sopravvivenza come sardi dipende dall’immigrazione”. Lo ha detto il prof. Pietro Ciarlo, dell’Università di Cagliari, nel suo intervento in occasione della presentazione del 22° rapporto “Dossier statistico immigrazione 2012″ promosso da Caritas-Migrantes questa mattina a Cagliari. La gigantesca mole di dati e anche opportune sintesi, sono pubblicate nel siti della medesima organizzazione e rese comprensibili, in forma divulgativa, dai numerosi servizi giornalistici disponibili sulla rete. A noi piace riprendere solo alcuni concetti forti echeggiati nella manifestazione, perchè indicano una possibile strada che compone i problemi medesimi con ragionevoli proposte di soluzione. Per dirla con una frase – negli ultimi tempi forse abusata – si tratta di “trasformare un problema in una risorsa”. Per essere concreti: si tratta di trasformare il problema immigrazione in una risorsa, sopratutto per la Sardegna. E, pertanto, a tal fine risulta indispensabile fare una politica di accoglienza degli stranieri, sopratutto di quelli extra-comunitari, al posto dell’attuale politica (o non-politica) fatta di ostacoli o addirittura di “odiosi respingimenti”. Raffaele Callia (uno degli estensori del Rapporto) ha affermato, dati alla mano, che il bilancio costi/benefici della presenza degli immigrati in Italia, riferito al 2010, si valuta abbia prodotto un saldo positivo (sul versante dei benefici) quantificato in 1,70 miliardi di euro, ma tali benefici per la parte sarda sono di non rilevante entità, considerato che la Sardegna è tra gli ultimi posti tra le regioni italiane per numero di presenza di immigrati stranieri. Se poi ci riferiamo alla questione demografica, prendiamo atto che in Sardegna la situazione è decisamente preoccupante, stante il fatto che l’apporto della componente degli stranieri non riesce a compensare il saldo negativo tra nascite/morti (il dossier esamina precisamente il periodo 1992-2011). Questa situazione tende ad aggravarsi sempre più nelle zone interne, dove si riscontrano preavvisi di vera e propria desertificazione della presenza umana. Proprio di recente il prof. Giuseppe Pulina, dell’Università di Sassari, ha rilasciato un’intervista a La Nuova Sardegna nella quale osservava che «tra tassi di natalità che sono i più bassi al mondo e giovani che emigrano; se non si interviene è quel che accadrà…[la desertificazione]” e che la soluzione consiste nell’accogliere entro il 2050, nell’arco di dieci anni, 15 mila coppie fertili, appunto coppie di immigrati». Afferma Pulina «… noi abbiamo lo stesso problema che c’era in Argentina e in Australia. Parlo di ripopolamento, certo. Ma gli immigrati dovranno poter contare su un progetto di vita. Per cominciare, occorrerà dare subito la cittadinanza italiana ai loro figli» e aggiunge che si dovrebbe trattare «di un progetto a lungo termine» da finanziare adeguatamente. «Ci sono fondi europei, ad esempio le risorse del programma Horizon 20.20 per le politiche di integrazione. Milioni e milioni di euro che potranno essere spesi dal 2014, ma la programmazione va fatta subito. La Sardegna ha l’occasione storica di avviare per prima un progetto di questo tipo. Potrà diventare l’isola dell’accoglienza e gestire un flusso immigratorio che può rivitalizzare una società che sta morendo, garantendo continuità, ad esempio, a lavori ormai abbandonati». Chiudiamo qui con le citazioni, rinviando i lettori all’intervista integrale del prof. Pulina, peraltro ripresa anche dai blog di Aladin. Abbiamo oggi citato i professori Ciarlo e Pulina, che ci sembra si muovano nella stessa direzione, ma molti altri sono intervenuti su questa problematica, per esempio ricordiamo al riguardo gli interventi del prof. Pasquale Mistretta e quello dell’arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio, proprio in occasione del convegno Migramed 2012, tenutosi a Cagliari nel maggio scorso, allorchè il prelato affermò che l’accoglienza degli immigrati nella nostra regione può essere considerata una vera opportunità per la crescita sociale ed economica della stessa, anche come antidoto alla crisi demografica che la contraddistingue (Aladin News 17 maggio 2012). Siamo sicuri che tanti altri abbiano espresso riflessioni e proposte di uguale segno, ma, evidentemente occorre tenere conto anche di perplessità e di contributi dissonanti, purchè non sfuggano alla necessità di operare. Infatti occorre affrontare la questione a trecentosessanta gradi, facendo crescere il dibattito in modo robusto, tale da poter costruire proposte concrete, da percorrere in tempi rapidi, così come abbiamo visto richiede il precipitare della situazione. Tutto ovviamente richiama la necessità della politica, di quella vera, che si occupa della vita delle persone e delle comunità. C’è speranza che la politica faccia la sua parte? Non possiamo che pretendere e batterci per questo! Un ultima considerazione: la concessione della cittadinanza italiana ai figli nati in Italia degli immigrati appare come provvedimento essenziale, da pretendere in via urgente da parte del Governo e del Parlamento, riprendendo al riguardo la convincente campagna politica che si è svolta ed è tuttora in corso (da segnalare la pregevole proposta di Pietro Ciarlo perchè il diritto di cittadinanza per i nati in Italia – indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori – venga inserito nella nostra Carta Costituzionale). Il convegno ha espresso voti al riguardo, auspicando che la proclamazione da parte del Parlamento europeo del 2013 come “anno europeo dei cittadini” contribuisca a questo scopo!
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6 Responses to Riflessioni sul convegno Caritas-Migrantes di presentazione del dossier immigrazione 2012. Cosa fare in (e per la) Sardegna?

  1. admin scrive:

    Da L’Unione Sarda on line del 31 ottobre 2012
    Quarantamila stranieri in Sardegna
    La comunità romena è la più numerosa

    Allarme Caritas: “Cinquecento immigrati rischiano di restare senza accoglienza
    “NATALE SENZA ACCOGLIENZA PER 500 RICHIEDENTI ASILO

    Sono i dati emersi questa mattina nel corso della presentazione del dossier statistico Immigrazione Caritas-Migrantes 2012 che registra un aumento degli stranieri nell’Isola.

    Circa 39 mila stranieri in Sardegna. E quasi 27 mila, il 5,6% di tutti i lavoratori assicurati all’Inail nell’isola nel corso del 2011, con una occupazione. Anche nel 2011 la Sardegna si posiziona in fondo alle graduatorie regionali per numero di presenze (al quartultimo posto davanti a Basilicata, Valle d’Aosta e Molise), ospitando soltanto lo 0,8% gli immigrati presenti in Italia. Per quanto riguarda gli extracomunitari, i cittadini titolari di permesso di soggiorno sono 22.276. Con un incremento in tutte le province storiche (soprattutto Sassari con un +22,3%) ad eccezione di quella di Oristano (-1,3). Più della metà dei permessi sono stati rilasciati per motivi di lavoro. Le altre ragioni: ricongiungimento familiare, asilo o motivi umanitari e studio. La fetta più grande degli stranieri in Sardegna è rappresentata dai romeni, occupati soprattutto nella “vecchia” provincia di Sassari. E chiaramente sono quelli che effettuano le rimesse all’estero più consistenti: 17.541.000 euro pari al 27,1 per cento del totale. Al secondo posto c’è il denaro inviato in Senegal, soprattutto dalla provincia di Cagliari. In crescita le rimesse anche per l’Ucraina. Mentre il numero di imprese sarde è in diminuzione, cresce invece la quota delle aziende di cittadini stranieri con un aumento di attività individuali che si attesta intorno al 5,5 per cento. I protagonisti del lavoro autonomo straniero sono cittadini provenienti soprattutto da Senegal e Marocco (sommati rappresentano il 53,4 per cento del totale). Seguono Cina, Pakistan, Bangladesh, soprattutto nella provincia di Cagliari.

    Mercoledì 31 ottobre 2012 12:32

  2. Vanni Tola scrive:

    Anche questa analisi, puntualmente evidenziata da Franco Meloni nell’editoriale di Aladinpensiero, come altre recenti analisi ugualmente proposte dal giornale, rappresenta un segmento importante di quegli elementi di programma alternativo per uno sviluppo diverso e reale dell’Isola intorno ai quali é in atto una profonda riflessione. L’analisi sulle problematiche demografiche proposta dal prof. Giuseppe Pulina, Direttore del Dipartimento di Scienze Zootecniche dell’Università di Agraria di Sassari, le considerazioni formulate dall’economista prof. Pigliaru,analizzando la vertenza Alcoa, l’ipotesi di realizzare nell’isola un grande polo agro-alimentare che valorizzi le risorse e sfrutti le potenzialità del territorio,editoriale di Vanni Tola, l’obiettivo di conseguire l’autosufficienza energetica, il risanamento e la bonifica dei siti industriali e la chimica verde, ed altri ancora, sono alcuni punti cardine per una riflessione più ampia sulle ipotesi di rinascita della Sardegna. Intorno ad essi deve essere sviluppato un ampio dibattito finalizzato alla individuazione di un programma organico di sviluppo, che coinvolga tutte le forze progressiste e riformatrici operanti nell’isola. L’unica “rivoluzione ” possibile e realisticamente realizzabile in Sardegna che potrebbe garantire un adeguato livello di indipendenza ed autonomia reale.

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