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Editoriali
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Importantissimo! Rapporto ASviS 2024: l’Italia è in “drammatico ritardo” su tutti gli Obiettivi dell’Agenda 2030.
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[Articolo di Flavio Natale]
“L’alternativa a un mondo sostenibile è un mondo insostenibile. Come l’attuale”: questo l’avvertimento lanciato da Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, nel
Rapporto ASviS 2024 “Coltivare ora il nostro futuro”, che come ogni anno fa il punto sull’avanzamento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 a livello nazionale ed europeo, oltre a offrire un’analisi globale. Il Rapporto, frutto del lavoro di un vasto numero di esperte ed esperti provenienti da più di 320 aderenti dell’Alleanza, è stato lanciato durante l’evento di presentazione che si è tenuto il 17 ottobre presso l’Acquario Romano.“Per chi si occupa seriamente di sviluppo sostenibile l’attuale stato del mondo non è una sorpresa”, ha aggiunto Giovannini. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha in più occasioni ribadito che l’Agenda 2030 “non è un esercizio burocratico per sognatori” e che “per troppo tempo abbiamo affrontato in modo inadeguato la questione della tutela dell’ambiente e del cambiamento climatico”. Ma nonostante gli appelli del Capo dello Stato e la firma del Patto sul Futuro, in cui i leader del mondo (inclusa l’Italia) si sono impegnati ad attuare 56 azioni da attuare nei prossimi anni per non precipitare verso crisi devastanti, l’Agenda 2030 non gode di buona salute nel nostro Paese, e i dati lo dimostrano. A questo proposito, le previsioni effettuate dall’ASviS, sulla base della metodologia Eurostat, si sono avvalse quest’anno (per la prima volta) della collaborazione della società di consulenza Prometeia, per indicatori e previsioni al 2030. Altra novità di questa edizione riguarda l’elaborazione di pillole infografiche del Rapporto, prodotte dallo studio editoriale Withub.
Sarà inoltre possibile visionare tutti i contenuti chiave del paper attraverso una pagina dedicata del sito asvis.it, con infografiche interattive, card facilmente divulgabili per raccontare i dati, possibilità di esplorare ciascun Obiettivo, e molto altro.
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Infografiche interattive, indicatori statistici, card social e molto altro:
esplora il Rapporto ASviS 2024
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L’Italia è su un sentiero di sviluppo insostenibileSecondo il Rapporto ASviS, il nostro Paese è in “drammatico ritardo” su tutti gli Obiettivi dell’Agenda 2030. Tra il 2010 e il 2023 si riscontrano peggioramenti per cinque Goal: povertà, disuguaglianze, qualità degli ecosistemi terrestri, governance e partnership. Miglioramenti molto contenuti per sei Obiettivi: cibo, energia pulita, lavoro e crescita economica, città sostenibili, lotta al cambiamento climatico e qualità degli ecosistemi marini. Miglioramenti più consistenti per cinque Goal: salute, educazione, uguaglianza di genere, acqua e sistemi igienico-sanitari e innovazione, mentre l’unico miglioramento molto consistente interessa l’economia circolare. Guardando invece alle disuguaglianze territoriali, si evidenzia una riduzione per un solo Goal (governance), un aumento per due (educazione e acqua e servizi igienico-sanitari) e una sostanziale stabilità per i restanti dodici per cui sono disponibili dati sul territorio, in totale contraddizione con il principio chiave dell’Agenda 2030 di “non lasciare nessuno indietro”.
Se guardiamo agli obiettivi quantitativi, elaborati in base agli impegni definiti a livello europeo o dalla Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile 2022 (SNSvS), le scelte del Paese risultano insufficienti per raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile. Secondo l’analisi condotta in collaborazione con Prometeia, dei 37 target da raggiungere entro il 2030 solo otto sono raggiungibili (il 21,6%), 22 non potranno essere raggiunti (il 59,5%) e per sette il risultato è incerto (il 18,9%). A conferma del ritardo del nostro Paese, i grafici contenuti nel Rapporto ASviS dimostrano che i dieci obiettivi raggiungibili per l’Ue si riducono a cinque per l’Italia. Mentre i cinque non raggiungibili a livello europeo diventano dieci per l’Italia. “Siamo di fronte a un disastro annunciato”, ha commentato Giovannini.
La situazione appare ancora più grave se si considera il divario tra le preoccupazioni della popolazione e l’azione politica: circa la metà degli italiani si sente minacciata da rischi ambientali come incendi, frane o alluvioni, solo il 21% pensa che il governo stia operando pensando alle prospettive del Paese a lungo termine, il 62% chiede al Governo una transizione ecologica più rapida e incisiva e il 93% ritiene che l’Italia debba rafforzare i propri impegni per affrontare il cambiamento climatico. I dati allarmanti e le opinioni dei cittadini dovrebbero far raccogliere attorno all’Agenda 2030 tutte le forze politiche, economiche e sociali del Paese, ma così non è: “Nonostante il sostegno della cittadinanza a queste tematiche e gli impegni assunti in sede Ue, G7 e Onu dal Governo italiano, l’attuazione dell’Agenda 2030 non appare centrale nel disegno delle politiche, visto che gli interventi adottati negli ultimi due anni non solo non sono in grado di produrre il cambio di passo necessario, ma diversi di essi sono andati in contrasto con quanto previsto dalla SNSvS 2022”.
Mancare questi obiettivi non è solo una questione di traguardi, ma significa generare effetti negativi sulla nostra popolazione: secondo gli studi raccolti nel Rapporto ASviS, nel 2023 5,7 milioni di persone si trovano in condizioni di povertà assoluta e il 22,8% della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale; nel 2022, il 5% delle famiglie italiane più ricche deteneva il 46% della ricchezza netta complessiva, mentre il 50% delle famiglie più povere possedeva meno dell’8% della ricchezza netta totale; nel 2023, il 10,5% dei giovani di 18-24 anni sono usciti dal sistema di istruzione e formazione senza un diploma o una qualifica, mentre i 25-34enni che hanno completato l’istruzione terziaria sono il 30,6%, in aumento ma comunque molto al di sotto del 45% previsto dagli obiettivi concordati con l’Europa. L’Italia è inoltre al centro dell’hotspot climatico del Mediterraneo, e si riscalda a quasi il doppio della media globale. Ultimo dato: il nostro Paese si classifica in 83esima posizione su 146 Stati per la parità di genere, perdendo otto posizioni rispetto al 2023.
Cosa succede in Europa
Il Rapporto ASviS dedica anche un capitolo all’analisi delle politiche Ue e all’andamento degli indicatori europei per l’Agenda 2030, di grande rilevanza in particolare dopo la rielezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Nei suoi orientamenti politici, in linea con il manifesto che l’ASviS aveva pubblicato alla vigilia delle elezioni europee, von der Leyen ha infatti avanzato numerose proposte per rafforzare le iniziative già avviate in materia di sostenibilità (compreso il Green Deal) e stimolarne di nuove. Inoltre, la Presidente, come aveva già fatto cinque anni fa, ha inserito nelle lettere di missione dei nuovi Commissari l’obiettivo di raggiungere gli SDGs di propria competenza, ribadendo così l’impegno complessivo dell’Unione europea per l’attuazione dell’Agenda 2030.
Ma come sta messa, in effetti, l’Ue? Dal 2010 a oggi sono stati registrati progressi per gran parte degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, anche se appaiono insufficienti per sperare di conseguire i Target dell’Agenda 2030 entro la fine di questa decade. Sulla base dei dati pubblicati da Eurostat vediamo che, rispetto ai valori del 2010, nel 2022 si registra una crescita molto consistente solo nel caso dell’uguaglianza di genere, aumenti significativi per energia pulita, lavoro e crescita economica, e innovazione, dinamiche moderatamente positive per dieci Goal, e peggioramenti per la qualità degli ecosistemi terrestri e la partnership. I risultati dell’Italia sono complessivamente sotto la media degli Stati membri. Tra quelli che vanno molto male istruzione, lavoro, povertà e riduzione delle disuguaglianze. Mentre va molto bene l’economia circolare, fiore all’occhiello del nostro Paese.
Quattro game changer per l’Italia
Altra novità del Rapporto è l’individuazione di quattro possibili fattori di cambiamento per il futuro del Paese, uno negativo e tre positivi: la legge sull’autonomia differenziata e i fortissimi rischi ad essa associati in termini di aumento dei divari territoriali; l’impatto sulle imprese derivanti dalle nuove normative europee sulla rendicontazione di sostenibilità e il dovere di diligenza di impresa sui temi sociali e ambientali; il recepimento della direttiva europea sul ripristino della natura; la modifica della Costituzione del 2022 e la recente sentenza della Corte Costituzionale in materia di bilanciamento delle esigenze economiche con la tutela dell’ambiente e della salute. Secondo l’ASviS, dalle evoluzioni e svolte che prenderanno questi game changer potrebbe dipendere il futuro del nostro Paese.
Le proposte dell’ASviS
Infine, il Rapporto avanza come ogni anno numerose proposte per invertire la rotta del Paese, alcune di carattere trasversale, altre riguardanti questioni più settoriali, ma sempre nell’ottica integrata tipica del lavoro dell’Alleanza. L’obiettivo è quello di stimolare i soggetti pubblici, a partire da Governo e Parlamento, e quelli privati, a fare il necessario salto di qualità. In particolare, per ciò che riguarda gli interventi “di sistema”, l’Italia deve attuare con urgenza la Strategia nazionale di sviluppo sostenibile approvata dal Governo nel settembre 2023 e poi dimenticata. Inoltre, occorre:
definire il Piano d’accelerazione nazionale per il conseguimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, assegnarne la responsabilità alla Presidenza del Consiglio, e integrarlo nei documenti di programmazione economica;
rendere operativo il Programma d’azione nazionale per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile;
approvare la Legge sul Clima e attuare il Regolamento sul ripristino della natura, in linea con la riforma della Costituzione del 2022;
rafforzare le politiche per lo sviluppo sostenibile in una prospettiva territoriale e contrastare i rischi di aumento delle diseguaglianze territoriali derivanti dall’autonomia differenziata;
attuare la “Dichiarazione sulle Future generazioni” e rafforzare la partecipazione giovanile alla vita democratica del Paese.
Seguire queste proposte aiuterebbe dunque a “colmare il gap tra impegni e realtà”, come scrivono i presidenti ASviS Marcella Mallen e Pierluigi Stefanini nella loro introduzione al Rapporto. Ma il tempo che resta non è molto: “Non realizzare lo sviluppo sostenibile vuol dire ridurre la qualità della vita delle persone, le loro potenzialità, la loro libertà, la resilienza delle comunità locali, la tenuta dei nostri territori, la capacità del pianeta di rigenerarsi e sostenere la nostra società”, scrivono i presidenti. Mentre seguire il sentiero dello sviluppo sostenibile significa orientarci verso una società più giusta ed equa. Come sottolinea anche il titolo del Rapporto, dobbiamo “Coltivare ora il nostro futuro”, attuando adesso con urgenza azioni concrete e trasformative e prendendo sul serio gli impegni che sottoscriviamo a livello internazionale ed europeo per orientarci verso uno sviluppo pienamente sostenibile, perché “È l’unica strada possibile per costruire un futuro di speranza”.Scarica:
- il Rapporto ASviS
- la presentazione del direttore scientifico.——————————————-
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Da La Nuova Sardegna mercoledì 31 ottobre 2012
Pagina 23 – Ed_Cagliari
piazza Yenne
Rivolta contro la statua di Carlo Felice
CAGLIARI Ieri mattina la statua di Carlo Felice non aveva grandi motivi per sorridere: è stata interamente coperta da un maxi-lenzuolo bianco (nella foto). E vista da Castello sembrava un grande fantasma al centro della città. Oscurata. Come dire: non la vogliamo più. Gli organizzatori della manifestazione (del Presidio piazzale Trento, Css e altri movimenti) chiedono di spostare il monumento al re dei Savoia in un museo e intitolare invece quell’area ai martiri di Palabanda. La vicenda risale al 1812: un gruppo di cagliaritani, proprio due secoli fa, fu scoperto e arrestato mentre organizzava una sommossa. Con i capi della congiura condannati all’impiccagione. «Carlo Felice – spiega Giacomo Meloni, Css – allora non c’era. Ma successivamente fu implacabile nell’applicazione delle condanne». I rivoltosi erano stati bloccati a duecento metri da piazza Yenne, nella zona intorno alla attuale via Palabanda. Il malcontento in città era diffuso. E nel mirino c’erano proprio i regnanti piemontesi. Da due secoli fa al presente. (s.a.)
Intervento di Andrea Pubusa su Sardegna Oggi 31 Ottobre 2012
Il 2012 è anch’esso s’annu doxi?
di Andrea Pubusa
Passerà il 2012 alla memoria dei sardi come “s’annu doxi”, come l’anno della fame? Come s’annu doxi vero, quello della grande fame e, non a caso, della rivolta di Palabanda? Il paragone, formulato da qualcuno nelle rievocazioni della rivolta di due secoli fà, a primo acchito, mi è sembrato forzato. La fame del 1812 era fame vera, quella che nelle narrazioni delle grandi carestie del passato ha manifestazioni paurose. Gli uomini che, animalescamente, tornano a mangiare l’erba, a praticare perfino il cannibalismo, a morire nelle strade colpiti dalla fame e dalle pestilenze.
Amarthia Sen ci ha insegnato che la democrazia, fra i suoi tanti meriti, ha anche quello di aver sconfitto le grandi carestie. L’informazione e la prevenzione consentono di avere riserve per gli anni negativi. La solidarietà, assicurata dallo Stato democratico, fa il resto: anche i ceti popolari riescono a sopravvivere. Le pestilenze sono vinte dal sistema sanitario e dalla diffusione dell’acqua.
Una forzatura dunque il paragone fra il 1812 e il 2012? No e sì. No, se si pensa ad una improponibile replica. Sì, se si pensa allo sfascio del sistema produttivo e alla disoccupazione dilagante. Mentre si svolgeva il Convegno all’Orto botanico, l’orto di Palabanda dell’Avv. Salvatore Cadeddu, dove si riunivano i cospiratori nel 1812, nella vicina viale Trento il Sulcis, la zona più povera d’Italia, era in piazza per chiedere al governatore della Sardegna, Carlo Felice…, pardon!, Ugo Cappellacci, misure per ridurre la disoccupazione endemica, per combattere la mala stagione di oggi, la chiusura delle fabbriche e la riduzione delle attività economiche, la pura sopravvivenza dell’agroalimentare.
A ben pensarci, anche oggi esistono i ceti parassitari, come nell’Ancien Régime. Vivono senza produrre, ma assorbono gran parte dell reddito. O hanno compensi sproporzionati rispetto a quanto fanno. Basta guardare la ricchezza ostentata nei porticcioli turistici per rendersi conto che, mentre gran parte della società si arrabbatta per tirare a campare, altri possono gettare al vento, negli ozi e nello svago, una ricchezza, che, per la sua smodatezza, non può essere frutto del lavoro, ma di sistemi perversi di attribuzione. La gente vede sopratutto nello status dei politici questa artificiosa creazione di privilegi. Ma questa è la fascia più visibile, non la più estesa e neppure la più privilegiata.
Ma oggi c’è anche Vittorio Emanuele I° o Carlo Felice? E’ certo una forzatura. Ma chi oggi lascia alla mano invisibile del mercato l’opera di aggiustamento della situazione certo si avvicina a quei governanti preoccupati solo delle sorti dei ceti alti. Ed oggi la politica delle grandi istituzioni mondiali ed europee è su questa linea. E lo è Monti, il quale, da ferreo iperliberista, imperturbabile non muove un dito per salvare qualcosa dell’apparato industriale italiano. Non è affare del governo, dice, ma delle forze sociali, imprese e sindacati. Il governo Monti fa strame dei diritti sociali e beffardamente le chiama riforme. L’aspetto curioso della vicenda è che alla fedeltà al re dei sardi di allora corrisponde la credibilità di Monti oggi, non presso i suoi amici delle centrali ipeliberiste mondiali, ma perfino nel maggior partito della sinistra parlamentare italiana. Sta facendo il deserto nei settori produttivi e nei diritti, sociali e territoriali, ma dicono (Napolitano prima di tutti) che sta realizzando riforme impressionanti.
Come possano P.Torres, P. Vesme, Ottana, Villacidro e gli altri settori produttivi riprendersi, senza una politican industriale statale, è un mistero. Ma oggi non esistono centri organizzativi capaci non dico di sacrosante ribellioni, ma di un programma serio di fuoriuscita dalla crisi con la mobilitazione consapevole delle masse. Dalle elezioni siciliane vengono segnali opposti e inquietanti. E’ vero s’annu doxi è lontano, ma lo sfascio produttivo e democratico è vicino, qui fra noi, grande. E il futuro è oscuro.
[...] Un gruppo di indipendentisti ha occupato la statua di Carlo Felice, nel largo omonimo a Cagliari; hanno ricoperto il monumento con un telo bianco, rivestendolo dei Quattro Mori. Di fianco alla statua sono stati issati cappi che ricordano i cagliaritani uccisi dopo la congiura di Palabanda del 1812. Salvatore Cadeddu, Raimondo Sorgia, Giovanni Putzolo giustiziati. Gaetano Cadeddu, Giuseppe Zedda, Francesco Garau, Ignazio Pani condannati a morte in contumacia. Giovanni Cadeddu e Antonio Massa condannati all’ergastolo e Giacomo Floris e Pasquale Fanni al remo a vita. I congiurati cagliaritani sono ricordati solamente da una lapide nascosta nell’Orto botanico. [...]