Governo della Regione. Si può fare di più? La Sardegna ne ha bisogno DIBATTITO – VALUTAZIONI e DIBATTITO
Proseguiamo nella pubblicazione di riflessioni di valutazione critica dell’operato della Giunta regionale (e non solo), auspicando positivi cambiamenti di politiche e, ovviamente, di persone che sappiano interpretarli e rendere efficaci. E’ la volta di Gianni Loy che ha scritto l’articolo che sotto riproduciamo per la rivista La Collina della Comunità di Serdiana. Per correlazione riportiamo inoltre un articolo di Andrea Pubusa di commento sulle recenti posizioni del direttore de L’Unione Sarda in materia di legge elettorale sarda.
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Regione, cosa è cambiato?
di Gianni Loy*
Non nego di essere affascinato dalla retorica di Freud, dal suo stile letterario, ma non apprezzo più di tanto la psicoanalisi sotto il profilo scientifico. Eppure, la tecnica ideata da Jung di offrire un vocabolo al soggetto chiedendogli di rispondere con la prima parola che gli venga in mente, l’associazione libera, mi ha sempre intrigato.
Perché mai, nell’accingermi ad una riflessione sull’operato della giunta regionale, ha incominciato a rimbalzarmi nella mente il celebre ritornello di Charlie Chaplin: “Io cerco la Titina”?
Nel film “tempi moderni”, a Charlot che si esibiva con fare istrionesco al ritmo di swing, Paulette Goddart, coprotagonista, urlò da dietro le quinte: Canta! Non preoccuparti delle parole! Fu così che divenne famosa una vecchia canzone nonsense, Je cherche après Titine, successivamente entrata a far parte del repertorio, anche in Italia, di grandi artisti, da Natalino Otto, al Trio Lescano, a Gabriella Ferri…
Così come le persone, anche i governi vengono ricordati associandoli ai tratti più salienti del loro operato: un governo di larghe intese, il governo della riforma sanitaria, del rilancio dell’autonomia regionale…
Nel caso della giunta regionale sarda, sinceramente, non saprei con quali termini sintetizzare questi primi 15 mesi. Non riesco ad individuare, sarà miopia, azioni politiche rappresentative e caratterizzanti l’attività politica dell’esecutivo.
Certo, il superamento del patto di stabilità rappresenta un passaggio positivo, nonostante non sia chiaro se la Regione abbia abdicato a qualche legittima pretesa nei confronti dello Stato. L’abolizione del Piano paesaggistico della precedente Giunta è sicuramente da includere tra le poste positive. Non direi, però, che l’apertura dell’ospedale privato di Olbia sia qualcosa di cui menar vanto. Colgo, con più preoccupazione, la facilità con la quale un investitore col portafoglio pieno possa modificare i parametri che la Regione riteneva di aver raggiunto dopo una lunga e complessa procedura di valutazione del fabbisogno di posti letto, né sono certo che il risultato netto, alla fine, sarà positivo.
Per il resto, l’agenda ha dovuto dare spazio alle azioni di reperimento di risorse per l’assistenza dei lavoratori espulsi dal vecchio sistema industriale. Venuti meno i finanziamenti nazionali, occorre trovare ulteriori risorse da destinare, soprattutto, al pagamento della mobilità in deroga. Ma non si intravedono idee o progetti capaci di dare uno scossone ad un sistema ancora incentrato su politiche assistenziali che, per quanto nobili e doverese, quando necessarie, non producono positivi effetti per il sistema economico dell’isola.
Un’Agenzia del lavoro di 800 unità, così come concepita, mi sembra il solito carrozzone. Posto che solo una parte, come gli operatori prevenienti dai Centri per l’impiego, possiede un’adeguata professionalità, servirà a sistemare gruppi di lavoratori, privi di una specifica professionalità, al solo fine di far quadrare il cerchio della riforma degli Enti locali. Conoscendo l’Assessora, stento a credere che possa aver proposto una cosa del genere.
Il programma “garanzia giovani” costituisce una buona occasione per mettere alla prova i servizi all’impiego, avvicinare ad essi numerosi giovani. L’obiettivo dichiarato dalla giunta, del resto, era quello di “coinvolgere, formare e accompagnare al lavoro” tra i 12 ed i 15 mila giovani. Molto bene per il coinvolgimento dei giovani, ma quanti saranno realmente impegnati nella formazione, che stenta a decollare, e, soprattutto, nell’accompagnamento al lavoro?
Non credo interessi, al momento, un’analisi dettagliata dell’azione della giunta che abbia la presunzione di accertare se, nel complesso, il bilancio debba essere considerato positivo o negativo. Del resto, gli indicatori, soprattutto PIL e occupazione, che ci piaccia o no, sono largamente influenzati da fattori estranei e in gran parte indipendenti dall’azione dei governi locali. Anche l’azione annunciata dalla Giunta col pomposo nome di flexsecurity (in italiano: flessicurezza) fa parte di un piano declinato a livello di Unione europea, all’interno del quale il governo locale non può né favorire ulteriori misure di flessibilità, perché non possiede la necessaria competenza legislativa, né, per gli stessi motivi, apprestare nuovi istituti di “sicurezza”.
Tale politica, è certo, non produrrà alcun significativo risultato in termini di occupazione. Ma ciò non potrà essere ascritto né a merito né a demerito del governo locale che, di suo, può mettere solo una migliore efficienza nei servizi per l’impiego, all’interno dei quali, in effetti, sembra che si vada acquisendo maggior consapevolezza.
Si vedrà, più avanti nel tempo, se la Giunta sarà in grado di onorare uno dei suoi impegni più significativi, e cioè la promessa valutazione degli effetti delle politiche di modo che i cittadini possano essere informati dei risultati prodotti. Sarebbe un buon risultato, vista la carenza di riscontri su importanti azioni, a partire proprio dal master and back, che hanno assorbito ingenti finanziamenti.
Oggi possiamo solo limitarci a registrare le prime impressioni, non entusiasmanti, soprattutto per una Giunta che ha posto in cima ai suoi propositi quello di riavvicinare i cittadini alla politica. Obiettivo da condividere, che speriamo si possa realizzare, ma, intanto, ho l’impressione che il feeling tra governo regionale e cittadini, o più precisamente la simpatia (nell’accezione letterale del termine greco: σύν πάϑος) registri una certa freddezza.
Tra i motivi, probabilmente, il venir meno delle aspettative che il presidente aveva riposto nelle capacità tecniche degli assessori. Ho sempre avuto diffidenza, pur prendendo atto di rare e positive eccezioni, del ricorso ai tecnici per la copertura di posti di governo. Non ho mai compreso per quale misterioso motivo un ingegnere sia la persona ideale per occuparsi di lavori pubblici o un medico per occuparsi della sanità. Ammetto che un tecnico, come un Arlecchino, possa servire due padroni, ma non comprendo come sia possibile che un consulente di parte politica avversa, possa essere chiamato, con compiti di governo, in una giunta che trova, tra i suoi obbiettivi, proprio quello di porre rimedio ai guasti prodotti dalla Giunta precedente. Del resto, per quanto a mia conoscenza, non mi pare che il superiore interesse pubblico sia stata la prima preoccupazione dell’ex preside della facoltà di giurisprudenza di Cagliari, ad esempio, e neppure dell’ex pro-rettore dell’Università di Sassari. Oltretutto, è dubbio (cioè assolutamente certo) che alcune delle scelte apparentemente tecniche siano state determinate, in realtà, da ben più tradizionali sistemi di ripartizione tra i gruppi che concorrono alla maggioranza di governo.
Tale limite, peraltro, non riguarda solo la composizione della Giunta, ormai evidentemente inadeguata, ma anche l’attribuzione degli incarichi di gestione, o la nomina negli Enti, sulla base di vere o presunte competenze, a “tecnici” della passata amministrazione. Alla Sfirs, ad esempio, ma non è il solo caso, un ricambio della presidenza sarebbe stato certamente più opportuno.
Entra in gioco, nella valutazione di questo primo scorcio di attività della giunta regionale, anche il carisma del presidente, talvolta eccessivamente preoccupato del politicamente corretto o di un malinteso senso di imparzialità, che lo porta a non intervenire in talune scelte, solo apparentemente tecniche, o ad astenersi dal tackle per paura che il suo venga giudicato un intervento gamba tesa. Il caos della Camera di Commercio di Cagliari, ad esempio, avrebbe richiesto, ed ancora richiede, un più deciso intervento da parte del Governo regionale, la questione dell’inceneritore di Tossilo, di essere affrontata come caso politico strategico e non amministrativo…
“La cerco e non la trovo”. Non trovo quella sensazione di una politica capace di appassionare e di coinvolgere i cittadini, me per primo. Non trovo slancio, coraggio. Lo dico senza disprezzare gli sforzi volti a recuperare risorse, a muovere i primi passi di una riforma dell’Amministrazione che, però, rimane ancora lontana, a riprendere, faticosamente, la strada di una diversa metanizzazione dopo il fallimento del Galsi. E spero davvero che qualche risultato possa arrivare. Non condivido, però, l’abbandono di quel filone identitario, simboleggiato nella festa “nazionale” de Sa Die, che mi pare avvertita, persino con fastidio, da alcuni settori del governo regionale. Non trovo l’attenzione per i processi culturali profondi, i soli che possono fondare non dico l’uscita dalla crisi, perché questa risponde a fenomeni più complessi e ciclici che non ci appartengono, se non in minima parte, ma la ripresa di un cammino di progresso fondato sulla consapevolezza della propria identità e sulla coscienza di essere popolo con un destino comune.
Aspettando che il gallo canti.
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Gianni Loy, anche su La Collina
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Antony, benvenuto nel club dei democratici!
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27 Luglio 2015 su Democraziaoggi
Andrea Pubusa
Ieri in edicola non credevo ai miei occhi. Il titolone di prima de L’Unione sarda recita: “Consiglio, una legge truffa” e al fianco un duro commento del direttore, Antony Muroni, “La legge elettorale dimenticata. Il pasticco e i suoi padri”. Dimenticato da chi? Marco Ligas altri 25 compagni ed io abbiamo fatto un ricorso elettorale al Tar e poi al Consiglio di Stato per contrastare questa legge e l’Unione non ne ha dato neppure notizia, se non di sfroso. Non ha commentato due sentenze piltatesche dei giudici amministrativi e neppure il contenuto dei ricorsi volti a difendere non posizioni dei ricorrenti, semplici elettori, ma la democrazia sarda.
Rivolgendoci ai giudici abbiamo tentato vanamente di difendere l’eguaglianza del voto e la rappresentanza dei sardi attaccata dal PD e dal PDL (ora FI) e non difesa dai sardi stessi.. Che senso ha dare al candidato presidente, che ottiene il 25% dei voti, ben il 55% dei seggi se non quello di prostrarre la volontà degli elettori che non hanno espresso quella volontà? Di più e peggio, che valore ha porre due alte soglie di sbarramento il 5 e il 10% a singole liste o a coalizioni non vincenti? Certo, non quello di assicurare la governabilità, già garantita dal sovrabbondante premio di maggioranza. Ha solo il senso di espungere dal Consiglio le voci fuori dal coro, quelli che non s’inquadrano nelle coalizioni dei due partiti maggiori. E infatti le voci più critiche dell’uno e dell’altro schieramento, Michela Murgia e Mauro Pili, sono rimasti fuori nonostante abbiano preso più di 70 mila e più di 40 mila voti. Ora, è ben noto che l’opposizione vera è il sale della democrazia, precostituite due schieramenti che si alternano alla maggioranza e all’opposizione senza essere alternativi è il peggiore dei mali sul piano democratico. E così è oggi in Sardegna. Un finto gioco di contrapposizione di forze sostanzialmente omogenee. Non a caso il patto scellerato che ci ha dato questa legge è stato vergato da PD e PDL.
Antony ieri ha fatto anche un’altra grande scoperta: si è accorto che il nostro Consiglio con le sue sole quattro donne su 60 consiglieri è un’assemblea più da califato islamico che da regione di uno Stato democratico, ma perché si sveglia a babbo morto? Anche questo contrasto con la Carta fa parte del nostro sfortunato ricorso.
Sia ben chiaro, meglio tardi che mai. Che il maggior quotidiano sardo apra una battaglia contro la legge truffa regionale è importante e dunque ben venga. Ma finora intorno al ricorso che poteva portare la legge elettorale davanti alla Consulta, molti troppi sono stati i silenzi. Perfino coloro che avrebbero tratto vantaggio, Murgia e Pili, sono stati zitti. Come lo sono i nostri ineffabili sovranisti (Sale docet) che pensano evidentemente ad una sovranità per interposti capibastone e a suon di baci alle pantofole dei capi. Una piramide che va dai satrapi dei maggiori partiti fino ad Arbau, Fenu e Gavino Sale. Che bella democrazia!
A L’Unione sarda si sono accorti della intollerabilità di questa legge perché il Consiglio di Stato ha disposto la sostituzione di quattro consiglieri regionali. Paventa una paralisi del Consiglio. Ma di cosa parla? La sentenza dice il nome dei tre nuovi consiglieri e demanda alla Commissione elettorale centrale della Corte d’appello di dirci, verbali alla mano, chi è il quarto. E indica anche chi deve andar fuori perché illegittimamente eletto. Gli organi regionali devono solo eseguire, se non vogliono subire l’onta del giudizio di ottmperanza e della nomina di un Commissario ad acta ad opera dei giudici di Palazzo Spada, che faccia ciò che il nostro Consiglio è incapace di fare. E certo non sono un problema i vaneggiamenti di Sale e compagni su un ricorso alla Cassazione, mamma mia! con richiesta di sospensione immediata. Le decisioni del Consiglio di Stato non sono impugnabili in Cassazione se non per questioni di giurisdizione (ossia se si contesta la giursidizione nella causa del Giudice amministrativo in favore di quello ordinario). Ma qui – Sale si metta la sua bella anima indipendentista in pace – problemi di giurisdizione non ce n’è. Per l’impugnazione dell’atto di proclamazione degli eletti il potere di decidere spetta proprio, pacificamente e senza ombra di dubbio, ai giudici amministrativi.
Caro Antony, benvenuto nel club dei difensori della Costituzione, dello Statuto speciale, che ne è parte, e della sovranità dei sardi, che si manifesta anzitutto attraverso una legge elettorale che riconosce a tutti gli elettori un voto uguale e libero, senza stravolgimenti dopo lo spoglio delle schede. E visto che sei diventato dei nostri, ti faccio una confessione amichevole: Pigliaru & C. non governano, o sgovernano se ti aggrada, non perché sono degli incapaci (anche per questo, s’intende), ma perché non rappresentano nessuno. Hanno il 60% dei seggi a fronte del 19% dei voti, perché a questo gioco truccato molti sardi non partecipano, si astengono. Alle ultime regionali non hanno votato circa il 50% dei sardi. Un disatro! La rappresentanza è un cosa seria, la governabilità non è frutto di trucchi o truffe, ma solo di un coinvolgimento forte dei cittadini, che si manifesta innanzitutto, anche se non solo, attraverso il voto, alle elezioni.
Antony vai a farfalle? I falsi scoop de L’Unione
30 Luglio 2015
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Avete visto L’Unione sarda? Prima s’inventa uno scoop, poi lo smonta. Ieri il titolo era “Cinsiglio, forse si riparte”, in cui l’apprensione è data dal quel “forse”, che in realtà è di troppo, il Consiglio riparte. Ma i titoloni dell’altro giorno giorno erano di ben altro tenore: “Legge truffa”, “legge dimenticata”, “paralisi del Consiglio regionale”. E tanto chiasso perché? Perché il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso di alcuni candidati o elettori, ha sostituito quattro consiglieri regionali. Non sa Antony che in uno Stato di diritto gli atti amministrativi sono impugnabili davanti al giudice ammi9nistrativo e, se questi li ritiene illegittimi, li annulla? In Italia lo si fa dal 1889, da quando Crispi ha istituito la IV sezione del Consiglio di Stato, la prima sezione giurisdizionale. E la Costituzione dice che tutti gli atti amministrativi, nessuno escluso, sono impugnabili sempre e annullabili se illegittimi (artt. 24, 103 e 113 Cost.). E tutti sanno che in materia elettorale il giudice amministrativo ha un potere speciale: non solo annulla l’atto di proclamazione degli eletti, ma può correggerlo. E’ quanto succede spesso anche nella elezioni comunali. Ed è quanto è successo nei giorni scorsi. Ordinaria amministrazione della giustizia. Il giudice amministrativo ha corretto direttamente l’atto di proclamazione degli eletti surrogando tre consiglieri, mentre per un quarto ha demandato all’Ufficio elettorale regionale presso la Corte d’appello di farlo dopo avergli indicato la corretta interpretazione della legge elettorale sarda. Presto avremo il quarto nome. Punto. Del resto in taluni casi il giudice amministrativo a mandato a casa interi consigli regionali e comunali. Falso allarme dunque. quello de L’Unione! Ed è procurato allarme dire che ci sarà una valanga di impugnazioni perché il termine per proporre i ricorsi elettorali è di 30 giorni dalla proclamazione degli eletti, addirittura dimezzato rispetto a quello ordinario per impougnare gli atti amministrativi, che è di 60. Tempo scaduto, caro Antony!
Antony il vero scoop lo hai mancato. E sai quando? Quando hai dimenticato, questa volta davvero, che c’era un ricorso di Marco Ligas e più che ha attaccato la legge elettorale sarda perché costituzionalmente illegittima e il Tar e il Consiglio di Stato hanno fatto come fece Ponzio, se ne sono lavati le mani, negando perfino l’accesso alla Corte costituzionale. Un atto di giustizia negata perché il giudice amministrativo non può sostituirsi alla Consulta e per rimettere gli atti al giudice delle leggi basta il dubbio (”la non manifesta infondatezza”) sulla sua non conformità alla Carta. E qui dubbi ce n’è più d’uno. Rispetta il principio di eguaglianza del voto una legge che dà il 55% dei seggi a chi raggiunge soltanto il 25% dei voti validi, ossia il 15 per cento dell’elettorato, data l’astensione al 50%? O adirittura il 60% dei seggi se raggiunge, come è accaduto a per Pigliaru, il 40% dei voti validi, ossia circa il 19% dell’elettorato sardo? Pare proprio di no. L’eguaglianza del voto impone l’eguale peso della volontà di tutti gli elettori nell’urna, ma anche in uscita, ad urne aperte, quando si assegnano i seggi. Certo, correttivi sono ammessi e ci sono sempre stati, ma ragionevoli. E’ ragionevole dare il 55% dei seggi a chi ha solo il 25% dei voti? O il 60% dei consiglieri a chi prende solo il 40%? Sembra proprio di no. E poi che c’entra con la governabilità l’aggiunta di alti sbarramenti, al 5% alle liste singole e il 10% alle coalizioni. Chi ha fatto la legge PD (meno L) e PDL volevano spartirsi maggioranza e opposizion. Fuori tutti quelli che non baciano la pantofola, come Michela Murgia e Pili, che con 70 e 40 mila voti restano fuori per lesa maestà, non si sono sottomessi al giogo dei partiti maggiori. L’ingovernabilità è data proprio da giunte non rappresentative, comìè evidente dalla pocjezza dell’attuaòe governo regionale. La governabilità non è frutto di trucchi elettorali che danno molti seggi a chi ha poco consenso, consegue, al contrario, al coinvolgimento delle masse nei processi politici. Tutto il contrario di quanto accade oggi qui e in “Continente”.
Sulla costituzionalitù della legge elettorale certo che c’era da fare una battaglia, si contestava la legge, non la sua applicazione come è avvenuto ad opera del Consiglio di stato che, nella stessa udienza del 12 maggio, ha accolto il ricorso per i quattro consiglieri surrogati, ma ha salvato la legge, respingendo il ricorso di chi la voleva portare alla Consulta. Il silenzio della stampa e dell’opinoone pubblica sarda in questa vicenda è stata assordante ed ha inciso sull’esito. I giudici sentono l’attenzione dell’opinione pubblica. Su L’unione sarda neppure una riga!
Caro Antony non disperare, hai ancora una possibilità per rimediare e fare normale giornalismo. L’Associazione per i diritti dei sardi ha presentato al tribunale di Cagliari un ricorso nel quale, sembra di capire, ha sollevato le stesse censure di illegittimità costituzionale poste vanamente da noi davanti al Giudice amministrativo. Può darsi, dunque, che il giudice ordinario sia più sensibile e mandi gli atti alla Corte costituzionale. Quella sì che sarebbe una notizia forte, perché prelude ad un probabile annullamento della legge truffa regionale.
Caro Antony, ecco su questo ricorso devi battere la gran cassa, perché punta a difendere i sardi da una legge truffaldina e le donne sarde da una disciplina che ne manda in Consiglio 4 su 60, roba da califfato! Invece hai alzato i toni su una ordinaria applicazione di una legge mal interpretata, che però il Consiglio di stato ha salvato dal giudizio del giudice delle leggi, che poteva annullarla o eliminare le parti più palesemente in contrasto con la Carta. Caro Antony, coraggio! Dai che ce la fai a rimediare!