L’Università scenda dall’Olimpo
Sull’esigenza che le ricerche dell’Università (e non solo) vengano messe a disposizione della società, anche attraverso l’organizzazione della sua “comunicazione pubblica” ripubblichiamo un intervento del 5 gennaio 2013, che mantiene sostanzialmente inalterata la sua validità e la forza del richiamo all’accademia.
Sprechi e esigenze sociali: nessuno si senta escluso, a cominciare dai professori (accademici)!
di Franco Meloni, su Aladinews il 5 gennaio 2013
In questi tempi si parla molto della necessità di combattere gli sprechi di denaro pubblico. Se ne parla (e poco si fa) soprattutto con riguardo agli sprechi nella pubblica amministrazione con particolare attenzione agli esagerati costi della politica, alle inefficienze organizzative e alla scarsa produttività del personale pubblico, e così via. Giusto! In questa sede vogliamo aggiungere un altro spreco, certamente meno eclatante, ma tuttavia di rilevanti dimensioni soprattutto in termini di mancata e quindi cattiva utilizzazione di importanti risorse pubbliche. Ci riferiamo allo spreco generato dal mancato utilizzo delle ricerche scientifiche per le esigenze del territorio. Quantunque il nostro paese finanzi la ricerca scientifica in misura minore rispetto ai paesi europei ed extraeuropei più evoluti, osserviamo come gli esiti della stessa ricerca non ricadano, se non in minima parte, sul territorio, certamente in misura quantitativamente e qualitativamente non commisurata alle risorse dedicate (ci riferiamo, a ragion veduta, specificamente alla Sardegna). Da cosa dipende questo fatto? Da meccanismi organizzativi (il sistema inadeguato)? Dalla perdurante (e colpevole) incapacità delle università di investire negli uffici liaison office per favorire il trasferimento della ricerca sul territorio? Dalla poca sensibilità dei ricercatori rispetto all’impiego dei risultati dei loro studi? Dalla mancanza dell’applicazione di efficaci metodi di valutazione a 360 gradi? Dal disinteresse dell’opinione pubblica? Dall’incapacità dei politici di ottenere la “resa del conto” da parte dei ricercatori, avendo spesso nei loro confronti una sorta di “rispetto reverenziale”? E così via. Non abbiamo una risposta univoca a questi interrrogativi, anche per il fatto che la situazione attuale è la risultante di diverse cause interconnesse. Per dipanare la matassa occorre analizzare la situazione, possibilmente anche con il contributo degli stessi ricercatori, a cui è richiesta “onestà intellettuale” nell’esercizio di autoanalisi e spirito critico (autocritico) e almeno un uguale impegno col quale alcuni di loro rivolgono spietate critiche al sistema politico e istituzionale. Per raggiungere lo scopo a noi sembra utile partire dalla comunicazione, facendo riferimento agli obblighi imposti al riguardo in materia di trasferimento e diffusione dei risultati della ricerca scientifica dalla Commissione Europea per il progetti del “VII programma quadro”. L’Unione Europea formula precise indicazioni come risulta dal documento che citiamo: “La comunicazione e la diffusione dei risultati sono obblighi contrattuali per i partecipanti al programma quadro di ricerca dell’UE. Lo scopo è di stimolare l’innovazione e promuovere la partecipazione alla conoscenza, la consapevolezza di un pubblico più grande, la trasparenza, il dibattito e la formazione. La comunicazione è un elemento chiave di una società basata sulla conoscenza. Perchè la società sia messa in grado di valutare e di accettare il contributo della scienza deve essere informata su di essa. Nel settimo programma quadro la Commissione propone, per la prima volta, che i partecipanti ai progetti, per tutta la durata degli stessi, coinvolgano il pubblico circa gli obiettivi, i mezzi e i risultati dei progetti” (tratto dal documento della Commissione Europea del 19 gennaio 2009). Sono indicazioni che, a nostro avviso, devono essere seguite scrupolosamente non solo per quanto riguarda i progetti finanziati dall’Unione Europea, ma per tutti i progetti da chiunque finanziati (Stato, Regioni, Enti Locali, privati, etc.). Nella circostanza non possiamo non fare riferimento ai progetti finanziati dalla Regione Sardegna con la legge regionale n. 7 del 2007, specificamente a quelli recenti (vedasi la documentazione pubblicata sul sito web della Regione Sarda). Cominciamo proprio da questi progetti, seguendo queste sintetiche proposte: 1) “tradurre” i titoli dei progetti e la sintesi dei contenuti dal linguaggio degli “addetti ai lavori” a quello del comune cittadino, a questo scopo compilando apposite schede, da pubblicare in un apposito sito web dedicato; 2) dare conto delle attività effettuate “in corso d’opera” e degli esiti delle ricerche con apposite iniziative, per le quali si può fare utile riferimento al manuale pubblicato dalla stessa Commissione Europea.
Ecco è una proposta che crediamo trovi fondamento nelle indicazioni europee nonchè nella stessa legge regionale sulla ricerca. Alla Regione spetta far rispettare tali indicazioni a cui i ricercatori dovrebbero di buon grado attenersi. Altrimenti, in caso contrario, sarebbe lecito e auspicabile che intervenissero i carabinieri!
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Per connessione: https://www.aladinpensiero.it/?p=1799
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