Oggi martedì, martis, 12 maggio 2015

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Su La Nuova Sardegna di martedì 12 maggio 2015
Sassari, l’orgoglio civico riscoperto
di Sandro Roggio
Il successo dell’iniziativa voluta dai floricoltori è un segno: la città, forse stufa delle sciatterie di una periferia postindustriale, vuole riscoprire il suo centro
Ogni buona iniziativa che si svolge nel centro di Sassari è sempre un successo. Capita da anni che tanti affollino le strade per le suggestive esposizioni di floricoltori, facciamo la fila per “Monumenti Aperti” o per le iniziative del Fai. O che più semplicemente si ritrovino tra le bancarelle settimanali della Coldiretti nell’emiciclo Garibaldi. Il fenomeno è rilevante, come dicono i numeri; per cui è bene interrogarsi su un comportamento collettivo che è politico più di quanto non sembri. Quantomeno è orgoglio civico che si esprime consapevole, basta dargli occasioni interessanti. Succede da un po’ in Sardegna, soprattutto nelle aree urbane più grandi, ma pure nei centri piccolissimi ci sono importanti segnali di attenzione ai “luoghi del cuore”, come si dice su Facebook. D’altra parte la cultura urbana si esprime così da sempre, ed è evidente “l’impossibilità di considerarla come una somma di aggregati fisici e di separare cose e persone che la compongono”- come spiega Stefano Rodotà ( “La Repubblica” del 6 maggio). Ecco, alle comunità che s’impegnano per consolidare relazioni spaziali/sociali disgraziatamente interrotte, occorre dare attenzione e sostegno. L’impressione è che Sassari, capoluogo di una vasta area, sia alla ricerca di un senso, che trova nel suo centro denso di preziosi manufatti e di valori simbolici: plausibile dopo la scorpacciata di sciatterie nella movida tra le periferie postindustriali, in quella espansione che ha devastato inutilmente il paesaggio sassarese. Così la ricerca di una dimensione estetica appagante trova sollievo nei luoghi celebrati da Enrico Costa, e si estende a quelli dimenticati/scomparsi raccontati da Alessandro Ponzeletti su queste pagine. Una reazione, ancora esitante, allo sconquasso provocato dal maleficio dell’urbanistica – con epicentro negli anni Ottanta – che ha tra l’altro ridotto gli abitanti del nucleo storico a circa settemila (il 6% della popolazione) e assegnato la supremazia a un ipermercato sparpagliato in centinaia di ettari; e che da un po’ diffonde la sua traboccante e appiccicosa bruttezza. Disseminata dagli interessi speculativi dove capita e quindi dappertutto. Contro questo scadimento arrivano segnali di insofferenza non sempre accolti con la dovuta attenzione. Penso alla protesta di residenti e commercianti di via Manno inaspettatamente uniti contro il traffico automobilistico, indicato come causa del peggioramento della qualità della vita e pure del calo delle vendite in quella strada. Su tutte queste manifestazioni si può fare conto, tanto più se si coinvolgeranno i “cittadini metropolitani” che ancora riconoscono la funzione del capoluogo.Anche sulla base di questi umori, Sassari dovrà contribuire al dibattito sulla riforma degli enti locali, sulla nuova geografia, come si dice con enfasi. È indispensabile la visione della seconda città della Sardegna che ha preso atto da un po’ del vantaggio conquistato da Cagliari premiata dalla attribuzione di primarie funzioni direzionali con tutto ciò che ne è conseguito. E ora che la capitale è candidata a diventare per legge l’unica città metropolitana della Sardegna, temo che le polemiche sovrasteranno ogni riflessione. Il confronto è invece un’occasione importante per esprimersi sul progetto di governo del territorio, nel quale – attenzione – le aree spopolate dovrebbero contare quanto le grandi concentrazioni. E per decidere il ruolo originale – e non marginale – che Sassari può/deve assumere nella nuova governance. Inevitabile che si discuta molto di poteri e di risorse da assegnare (aspetti non trascurabili) e meno delle politiche per salvare l’isola tutta insieme. Ma è soprattutto per questo obiettivo ambizioso e urgente che occorre impegnarsi. E di fronte alle emergenze demografiche e ambientali, tutte le forme di “cittadinanza metropolitana” possono costituire la base vitale per nuove pratiche di governo.

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