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Da La Nuova Sardegna mercoledì 6 maggio 2015
la riforma degli enti locali
Sassari ha le carte in regola per diventare area metropolitana

di Giuseppe Pulina
Gli interventi di Antonietta Mazzette e di Marco Tedde sul silenzio degli intellettuali del nord ovest sul tema dell’area metropolitana sassarese obbliga ad un ulteriore contributo che si somma agli atri due miei sullo stesso argomento apparsi su questa rubrica. L’assessore Erriu e il suo staff stanno lavorando alacremente (e ascoltando i territori interessati) per arrivare alla legge di riforma degli enti locali prima del commissariamento delle residue provincie previsto per il giugno di quest’anno. Molto di quanto contemplato nel DdL di riordino è largamente condivisibile, soprattutto la parte relativa allo scontornamento delle unioni dei comuni sul reticolo delle antiche regioni storiche della Sardegna. È noto a tutti noi che, prima di dirsi italiani e sardi, i nostri conterranei dichiarano la loro appartenenza al Mejlogu oppure alla Baronia. In realtà le regioni storiche fanno emergere le affinità fra le popolazioni ivi residenti e configurano il concetto di comunità che rappresenta la base democratica sottesa all’istituto Unione dei Comuni. Il quadro si complica per il livello superiore, la macroregione (che dovrà prima o poi sostituire la vecchia provincia, storica e no). Quali aggregazioni di unioni dei comuni? Con quali compiti? Con quale architettura della rappresentatività democratica dei territori che lo compongono? Per adesso restiamo, secondo il progetto Erriu, alle quattro provincie storiche, più l’area metropolitana di Cagliari, poi, dopo la modifica costituzionale dell’abolizione delle provincie, si vedrà. Sarebbe però interessante se anticipassimo i tempi, prevedendo magari fin da ora l’architettura territoriale definitiva, che, a ben vedere, avevamo già raggiunto con le 8 nuove circoscrizioni provinciali. Pur restando della ferma convinzione che Sardinia omnia divisa est in partes duas, ossia che la cosa più semplice da fare sarebbe quella di organizzare l’Isola in due provincie (o macroaree), il Capo-di-nord e il Capo-di sud (magari ad ordinamento autonomo), mi rendo conto che allo stato delle cose la soluzione pragmatica è quella di individuare due aree metropolitane (che sostituiscono le ex nuove provincie di Sassari e di Cagliari, e non solo le aree urbane e periurbane delle Città) e di incardinare le restanti unioni dei comuni in Ambiti territoriali strategici (così sono identificate le macroregioni dalla proposta di legge Erriu) coincidenti con le ex provincie di Olbia-Tempio, Oristano, Nuoro, Ogliastra, Medio-Campiano, Sulcis Iglesiente, con eventuali modifiche dei confini dovute a una nuova tornata di adesioni a questi Enti. Si risolverebbero così molti problemi, fra i quali segnalo quelli della sede, del personale e delle competenze generali già svolte dalle ex-provincie. Non sfuggo alla critica di gattopardismo: la novità rispetto al precedente ordinamento sarebbe non solo quella relativa alla governance, come prevista dalla legge, ma anche una rilettura in chiave più concreta del ruolo partecipativo (e non competitivo) dei comuni al processo decisionale di area vasta. Post scriptum: è vero che la principale obiezione alla costituzione dell’area metropolitana di Sassari è la dimensione demografica (la ex nuova provincia può contare su circa 340 mila residenti), ma in una realtà di forte spopolamento forse sarebbe il caso di utilizzare tutti gli strumenti che l’autonomia regionale consente di impiegare o di aprire una vera e propria vertenza con il Governo. La Società Geografica Italiana aveva già segnalato Sassari quale città metropolitana; Reggio Calabria (260 mila abitanti) ha ottenuto questo risultato dallo Stato.

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