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Profughi e frontiere
L’egoismo dell’Europa e le migrazioni come ricchezza del mondo

di Alberto Mario Delogu, La Nuova Sardegna 28 aprile 2015
La gente si sorprende dell’egoismo, ma non dovrebbe. Si sorprende di leggere che il Consiglio Europeo si riunisce dopo il naufragio nel canale di Sicilia e partorisce la più egoista delle decisioni, quella di rinserrare le frontiere. La gente si sorprende di leggere le migliaia di commenti gretti e meschini sulle reti sociali. Ma non dovrebbe: l’egoismo, il senso del possesso e della conservazione del privilegio sono sentimenti vecchi come il genere umano. Non c’è niente di nuovo nell’odio verso lo straniero e nel desiderio di chiudersi a difesa dei propri beni, che siano essi meritati, rubati o ereditati. Dalla preistoria fino due secoli fa le città erano fortificate, e al far della sera chi poteva rientrava e gli altri all’addiaccio, alle belve e ai predoni. Era un mondo zeppo di confini: foreste, montagne, fiumi e mari: tutte barriere naturali che separavano pezzi di mondo e di umana fortuna. E la fortuna della storia, si sa, è alterna: nell’età della pietra la Sardegna e la sua ossidiana erano il centro del mondo, poi arrivò il bronzo e lo diventò Cipro, poi il ferro e fu la volta dell’Elba, poi il carbone e fu l’era dell’Inghilterra. D’isola in isola, di terra in terra, nei millenni, il potere ha seguìto le armi e le armi hanno seguìto la ricchezza. Chi le possedeva faceva di tutto per tenersele e negarne l’accesso agli estranei, e lo faceva con lo stesso senso di diritto acquisito e divina predestinazione con cui lo fanno oggi le nazioni del “primo mondo”. Era un mondo darwiniano, il forte sopravviveva e il debole soccombeva, ma era soprattutto un mondo sparso e poco popolato, con risorse e distanze che parevano illimitate. L’egoismo aveva un’ottima ragion d’essere, e il pianeta Terra ne tollerava dosi crescenti. Egoismo individuale, poi familiare, poi tribale e infine nazionale. E allora, se ha funzionato così bene nel passato, perché non dovrebbe funzionare anche nel futuro? Per due motivi: il primo è che nel mondo globalizzato, con flussi di comunicazione che saltano le frontiere, comincia a non esistere più un altrove. E quindi comincia a non esistere più uno straniero. Sembrerebbe il contrario, ma è proprio così: in nessuna epoca gli uomini hanno comunicato tanto come oggi. E mai prima d’ora sono stati così vicini, anche se sembrano detestarsi. Come in una casa sovraffollata, pur tra schiamazzi e litigi, si interagisce senz’altro di più che in un castello enorme e semivuoto. Il secondo motivo è nel frattempo nella storia umana è successo qualcosa di singolare: anni addietro un giovane rabbino galileo ha cominciato a raccontare cose mai sentite prima. Che gli ultimi sarebbero stati i primi; che porte si sarebbero aperte a chi bussava; che gli esseri umani non devono uccidersi ma amarsi come fratelli; che allo schiaffo si deve porgere l’altra guancia; che chi si umilia come un bambino è il più grande degli uomini; che i debiti vanno condonati, e cose del genere. Insomma, se di egoismo si trattava, era un egoismo senza confini, esteso all’intera umanità, e più oltre, all’intero creato. Quel galileo aveva già visto da allora che l’avidità ci avrebbe distrutto e la generosità ci avrebbe salvato; che una società chiusa, in cui gli esseri umani non migrano e non scambiano, è destinata al declino e alla miseria; e che si deve avere cura gli uni degli altri, perché il malessere dei malati un giorno si riverserà sui sani. L’Europa che dice di tenere tanto alle sue “radici cristiane” farebbe bene a riprendere in mano le parole di quel galileo ed imparare a leggerci il moderno vademecum per la propria conservazione a lungo termine.

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