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Da La Nuova Sardegna di domenica 26 aprile 2015
Il dramma dei migranti
Fuggono a migliaia non per seguire un sogno ma per sopravvivere
di Igino Panzino
Il dramma della migrazione che si svolge, ormai quotidianamente sotto i nostri occhi, potrebbe forse essere interpretato in modo diverso da quello che gli schemi più ricorrenti ci propongono: nella migliore delle ipotesi, essenzialmente come un fenomeno sociale dovuto alla ricerca di una vita migliore, oppure, nella peggiore, come un problema di sicurezza e di difesa dei confini. Provare a correggere questo punto di vista potrebbe essere utile, non certo per una soluzione immediata del dilemma dai mille risvolti rappresentato da questa tragedia umana, ma almeno per cercare di capire meglio che decisioni prendere, in quali ambiti e in quali tempi. Credo cioè che sia necessario smettere di considerare, con distacco impersonale, questo spostamento d’intere popolazioni unicamente come un fenomeno collettivo di dimensioni eccezionali, che comunque, data la sua natura di carattere socio-politico, ci s’illude di poter governare, sia pure tra tanti ostacoli e difficoltà. Davvero si può credere che la decisione, da parte d’intere moltitudini di persone, di mettere a repentaglio la propria vita, quella dei propri figli e delle famiglie, nasca dalla volontà di inseguire il sogno di un salto di qualità nelle proprie condizioni di vita? Non è più plausibile pensare che chi decida di correre questi rischi, sapendo che, se avrà la fortuna di salvarsi dal mare e dai trafficanti, riuscirà a sbarcare in un bel lager, evidentemente non sta facendo una scelta di vita migliore, ma sta semplicemente scegliendo di vivere? Per queste ragioni diverso sarebbe guardare questa catastrofe per quello che più verosimilmente è: un ineluttabile evento naturale che nasce sotto la spinta dell’istinto di sopravvivenza, impulso che appartiene, appunto, più alla sfera della natura istintuale che a quella della socialità e perciò impossibile da controllare con leggi e regolamenti. Le uniche misure possibili sono, perciò, quelle che cerchino di limitare i danni facendo salva la democrazia, sottintendendo, in primis, il diritto alla vita, a partire da una seria lotta contro l’ignobile speculazione sulle vite di questi poveri disgraziati da parte della delinquenza organizzata, ma anche contro quella parte politica che non si vergogna di fare calcoli di rendita elettorale su questa tragedia, dipingendone le vittime come dei nemici. Del resto basta guardare a cosa sono serviti fino ad ora quei provvedimenti ottusamente repressivi adottati da quegli stessi politici che, detto tra parentesi, dopo aver consentito, sia per incapacità sia per connivenza, a quei gentiluomini della mafia, della camorra e della ‘ndrangheta di espandersi indisturbati in tutti i territori da loro amministrati fino a occupare l’intero paese, vanno in escandescenze al solo pensiero di un extracomunitario sdraiato su una panchina pubblica. L’unica eccezione che ha interrotto la continuità delle azioni di stampo poliziesco è stata l’operazione denominata “Mare Nostrum”, ormai conclusa, cancellata per evidenti limiti di eccesso di umanitarismo. La natura autenticamente democratica, solidale e antirazzista di un paese, nonché dei singoli individui, si manifesta nei momenti di maggiore difficoltà, non già quando tutto va bene, l’ordine regna sovrano, ognuno sta al suo posto e nessuno deve rinunciare a niente. Per risolvere questo immane problema mantenendoci, se ancora lo siamo, un paese civile, ognuno di noi dovrà cedere qualcosa (sta già cedendo qualcosa). A questo proposito vorrei dire che a me personalmente, che faccio parte di quella schiera di contribuenti che subiscono il grosso della pressione fiscale anche perché le tasse ce le trattengono alla fonte, cioè dalle pensioni e dagli stipendi, fanno molto più male quei circa dieci milioni di miei connazionali che evadono le tasse piuttosto che non l’arrivo di tutte le migliaia di profughi.

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