Per i lavoratori dell’Alcoa oltre l’Alcoa per la Sardegna!
Dopo la rinuncia della Glencore per l’acquisto di Alcoa, il ministro dello Sviluppo si dice comunque sicuro che ci sono altre realtà interessate a rilevare l’azienda. Auguriamocelo. Ma se cosi non fosse? Perché continuare a illudere gli operai e le popolazioni interessate fino allo sfinimento?
Se, come traspare dalle analisi degli economisti, il sistema industriale isolano ha poche e limitate possibilità di ripresa, è forse preferibile pensare a misure di emergenza efficaci e reali, le uniche che servono realmente oggi, pensando contemporaneamente ad un progetto per il futuro.
Tra le misure immediate da adottare, la principale, in termini assoluti, è quella di trovare un’alternativa di reddito e di prospettiva per i lavoratori Alcoa e delle altre realtà industriali in crisi.
Ma è pure necessario che la classe politica regionale, le forze sociali, le organizzazioni politiche comincino a costruire un piano di sviluppo straordinario per l’isola. Un vero nuovo piano di rinascita che dovrà essere finalizzato allo sviluppo e la valorizzazione delle risorse e delle potenzialità locali. In esso dovranno essere riformulati programmi e interventi per l’agro-pastorizia, il turismo, la bonifica delle aree industriali abbandonate o che stanno per esserlo, l’autosufficienza energetica. Magari con il pensiero rivolto alla nascita di un’industria agro-alimentare che sappia valorizzare le produzioni di nicchia delle nostre campagne e riprogrammare le attività esistenti (formaggio, olivo, vino, ortaggi) in una logica di mercato globale. La prospettiva nel medio periodo potrebbe essere quella di realizzare in Sardegna un grande polo agro-alimentare e un’industria di trasformazione dei prodotti alimentari locali capace di operare e competere nei mercati nazionali e internazionali.
Abbiamo tante risorse e potenzialità per poterlo fare. Risorse spesso sottovalutate che invece permetterebbero una competizione dignitosa perfino con i grandi poli alimentari esistenti. Si pensi al clima favorevole, all’ambiente agrario ancora relativamente pulito, alle vaste aree incolte da mettere a coltura, alla presenza costante di turisti (intesi anche come potenziali consumatori dei prodotti) e alle attività di base esistenti (pastorizia, allevamento, viticoltura) che richiedono soltanto una riqualificazione produttiva in funzione della globalizzazione dei mercati e una buona rete di commercializzazione.
Occorre la determinazione necessaria per un’analisi critica e costruttiva delle logiche e delle politiche di sviluppo del passato e altrettanta determinazione per mettere in cantiere un nuovo progetto di sviluppo realmente alternativo a quello realizzato con i vecchi piani di rinascita e con una politica industriale che sarebbe eufemistico definire soltanto inadeguata. Chi saprà raccogliere questa sfida?
Vanni Tola
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Nel riquadro opera restaurata di Eugenio Tavolara, palazzo Enel di Cagliari
Da La Nuova Sardegna on line del 29 settembre 2012
La Glencore rinuncia all’acquisto dell’Alcoa
La multinazionale svizzera ha comunicato a governo e regione il suo no definitivo: troppo alti i costi dell’energia
PORTOVESME. È fallita la trattativa con la Glencore per l’acquisizione dello stabilimento Alcoa di Portovesme (Carbonia Iglesias): lo rendono noto i sindacati che hanno ricevuto la lettera di rinuncia inviata dalla multinazionale svizzera al ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera e al governatore sardo Ugo Cappellacci. La rinuncia all’acquisizione dello smelter di Portovesme – come spiega la lettera della Glencore – è legata al costo dell’energia. Nei giorni scorsi la multinazionale svizzera aveva posto al Governo una condizione imprescindibile per l’apertura di una trattativa per l’acquisizione dello stabilimento Alcoa: il costo dell’energia per i prossimi 10 anni non avrebbe dovuto superare i 25 euro/Mwh, richieste ritenute non compatibili dal Mise. Nella tarda serata di eri, dunque, è arrivato il «no» definitivo della Glencore, che in Sardegna controlla già la Portvesme srl. «Con una volontà meramente propositiva – afferma nella lettera il manager Daniel Goldberg – desideriamo sottolineare che con l’applicazione dei meccanismi illustrati arriviamo ad un costo finale dell’energia pari a 35 euro/MWh, prezzo che si è rivelato insufficiente a garantire anche la continuità produttiva di Alcoa. Non intendiamo richiedere al Governo violazioni alla legislazione europea esistente ma semplicemente ’suggerirè percorsi alternativi certi che, ove praticabili, avrebbero potuto portare a riequilibrare quei fattori produttivi non sostenibili economicamente. Prendiamo atto del fatto che le strade proposte non incontrerebbero i favori della comunità europea e, pertanto, Vi confermiamo che allo stato attuale e in questa situazione non siamo interessati a proseguire il discorso anche in ragione del fatto che l’attuale gestore dell’impianto, alle stesse condizioni, accumula perdite rilevanti che hanno portato alla decisione di chiudere lo stabilimento».