I petroglifici sardi
Scultura
Il Periodo Prenuragico
Un’isola, un continente
L’esigenza di alterare la forma grezza della materia nacque probabilmente da una percezione più cosciente dello spazio.
L’uomo allora volle rappresentare il suo mondo attraverso forme concrete, forti, che modificassero permanentemente lo spazio e la materia.
La scultura sarda nacque rozza ma incisiva, pesante, fin dagli inizi: i segni che gli antichi sardi lasciarono sulla pietra decine di secoli fa, ancora oggi, vibrano di arcaica tensione spirituale.
Il neolitico
Le prime sculture risalgono all’età prenuragica: sono figure in rilievo e a tutto tondo. Nei bassorilievi delle domus de janas sono frequentemente rappresentate le teste bovine stilizzate, simbolo del dio toro, guardiano del sepolcro.
Fra le sculture a tutto tondo si distinguono i menhir e gli idoletti della dea madre.
I menhir
I menhir sono rozzi monoliti plurimammellati, talvolta con occhi e bocca, oppure aniconici (senza alcun segno) lisci, simboleggianti il fallo maschile.
Le statue-menhir
A Laconi (NU) sono stati ritrovati menhir più elaborati identificati come statue-menhir.
Le statue scolpite nella trachite locale presentano varie tipologie: menhir protoantropomorfi, del tutto privi di segni; antropomorfi asessuati, con elementi antropomorfi del viso, quali naso ed occhi; statue-menhir maschili e femminili, evoluzione dei precedenti, ricchi di particolari, dettagli e simboli. I menhir maschili, per la presenza nella parte centrale di un doppio pugnale scolpito, si è è pensato possano rappresentare dei guerrieri.
Le statuette femminili
Gli idoletti femminili rappresentanti la dea madre, simbolo di vita e fertilità, sono il primo esempio di scultura decisamente antropomorfa.
La più antica, la cosiddetta “Venere di Macomer”, risalirebbe al Neolitico Antico: è una statuetta in basalto che per la silhouette naturalistica ricorda le figurine del Paleolitico Superiore europeo.
Successivamente si creano, in pietra e più raramente in argilla e osso, numerose statuette dalle forme obese secondo uno schema canonico: testa cilindroide e corpo massiccio con braccia allungate sui fianchi o ripiegate in vita.
Durante il Neolitico Recente, la produzione aumenta notevolmente: gli artigiani, abbandonato lo stile volumetrico e producono statuette in marmo o argilla, secondo uno stile geometrico che si rifà a modelli egei.
I graffiti del neolitico
In numerose grotte e domus de janas sono presenti graffiti schematici: le forme prevalenti hanno uno schema cruciforme e rappresenterebbero filiformi figure umane oranti o in movimento.
Altre figure, stellari o “a reticolato” hanno un significato incerto. Nella domus de janas di Korongiu (Pimentel) sono stati ritrovati graffiti con segni a zig-zag e cerchi concentrici sottolineati con ocra rossa, che rappresenterebbe il sangue, simbolo di vita e di rigenerazione.
Più importanti, per il raffinato senso astratto, sono i petroglifi delle grotticelle artificiali di Moseddu, presso Cheremule (SS) e di Sas Concas, presso Oniferi (NU): sono rappresentate, sulle pareti, figure antropomorfe isolate o legate in intrecci astratti; l’incisione è più larga e mostra un maggiore gusto per la composizione. Alcune figure sono raffigurate a testa in giù, come se precipitassero nel vuoto: potrebbero indicare le anime dei defunti che si calano a capofitto nell’aldilà. Altre silhouettes sembrerebbero danzare o compiere acrobazie; in altre ancora è parso di cogliere dei travestimenti animaleschi con figure a testa di uccello, gambe ripiegate e braccia alzate ad angolo.
La ceramica
La produzione vascolare prenuragica, nella fase più antica del Neolitico, è caratterizzata dalla presenza di ceramica detta “cardiale”, dall’uso di decorare i vasi, prima della cottura, con il bordo di una conchiglia (cardium edule).
Il periodo Bonu Ighinu
La Cultura di Bonu Ighinu (3700 a.C.) utilizzò tecniche di lavorazione più raffinate e produsse eleganti vasi dalle pareti sottili e lucide decorate sobriamente o del tutto inornate.
Il periodo Ozieri
Nel periodo della Cultura di Ozieri (3500 a.C.) alcune ceramiche, come la pisside o il vaso tripode, indicano l’origine orientale di questa cultura. Tra i vasi del periodo compaiono anche tazze carenate, vasi biconici con anse a tunnel, i vasi a cestello, le ciotole. Spesso la ceramica è riccamente ornata con motivi incisi o impressi, talvolta messi in risalto con ocra rossa o pasta bianca.
Il periodo Abealzu e Filigosa
Nell’Eneolitico Antico (2700 a.C.), con la Cultura di Filigosa, compaiono le tazze carenate a profilo rigido, con una decorazione costituita da semplici motivi impressi o graffiti.
La fase della Cultura di Abealzu (2700 a.C.) è caratterizzata dalla presenza di vasi a fiasco con bozze mammellari e dalla produzione di vasi miniaturistici, probabilmente ricollegabili ad un rituale funerario.
Gli uomini della Cultura di Monte Claro (2500 a.C.) realizzano grandi vasi cilindrici (situle) o biconici (orci) decorati da profonde scanalature o tramite motivi ottenuti producendo segni sulla creta mediante una stecca (tecnica a stralucido).
Vengono anche creati vasi tripodi e recipienti di minori dimensioni con decorazioni a intaglio e a impressione.
Il periodo del Vaso Campaniforme
Nel periodo della Cultura del Vaso Campaniforme (2000 a.C.) compaiono il tipico bicchiere a campana (che dà il nome alla cultura) e il vaso polipode, con tre o quattro piedi. Nella prima fase, prevale la tecnica della decorazione impressa a pettine, segue una fase con ceramica decorata ad incisione o del tutto inornata.
Il periodo Bonnannaro
La fase della Cultura di Bonnannaro (1800 a.C.) si caratterizza per la presenza di ceramiche del tutto inornate, di fattura non accurata, con pareti spesse e superfici opache. Le forme (tazze, scodelle, olle, tripodi) presentano spesso delle anse dalla forma a gomito più o meno rialzato.
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