A Gianfranco Ganau, presidente del Consiglio regionale della Sardegna, nella Pasqua 2015
Caro Presidente,
avantieri i Sardi hanno conosciuto dai media la tua disponibilità a incatenarti nel caso trovassero conferma le nostre paure sulla localizzazione delle scorie nucleari nella nostra terra. Monsignor Arrigo Miglio ha portato al presidio dei manifestanti la solidarietà della Chiesa sarda. Francesco Pigliaru minaccia le dimissioni.
Scrivo per ringraziarti, a mio nome e per conto di tantissimi Sardi. E’ la tua discesa in lotta in mezzo a noi a permettermi di darti del ‘tu’, come amico compagno fratello, tra fratelli amici compagni. Non posso non essere grato all’Arcivescovo di Cagliari, come lo sono stati i cagliaritani del 28 aprile 1794 a monsignor Melano, ma mi rendo conto, da cristiano, come il clero ad un certo punto possa e debba fermarsi e lasciare che siano i laici a svolgere fino in fondo la partita della libertà del loro popolo.
La necessità di ‘andare sino in fondo’ la vedrei certamente come un eclatante atto di prostesta verso lo Stato, e persino verso il capo del proprio partito, ma se, malauguratamente, venisse confermato dallo Stato italiano il nostro ruolo di ‘muntonarzos’, i nostri rappresentanti dovrebbero mantenere comunque il loro posto di guida del popolo in lotta continuando a privilegiare ed a difendere i nostri interessi nella certezza che non una sola ma molte battaglie dovranno combattere nel prossimo futuro.
La denuncia della violazione degli interessi dei Sardi è stata pratica costante dei più illuminati tra i nostri parlamentari presso lo Stato: da Giovanni Battista Tuveri a Francesco Cocco Ortu, confermandosi persino nel regime fascista e intensificandosi nel settantennio repubblicano. L’insieme dell’oppressione economica e fiscale, sociale e culturale, istituzionale e politica fu contrastata dal più grande movimento della nostra storia come parte dell’Italia: il movimento dei combattenti e la loro rappresentanza politica, il partito sardo. Sono coloro che vogliamo ricordare nel centenario della grande guerra.
Ma siamo ancora lì. Con l’istituzione autonomistica da loro proposta e da noi male accettata e organizzata (per responsabilità dello Stato) e gestita (anche per nostre colpe). Non siamo riusciti a tracciare e far accettare una chiara linea di demarcazione tra ciò che serviva ai Sardi e ciò di cui si appropriava lo Stato italiano per i propri interessi contrastanti con i nostri. Il bene conteso, in forme differenti ma costanti, si concentra in una sola parola, territorio, con ciò che di economia, cultura e scelte ad esso si legano.
Caro Presidente, non proseguo nella descrizione, tantomeno nell’analisi dell’alternarsi storico dello sfruttamento e/o dell’abbandono della nostra terra. Tutti vediamo e conosciamo. In tanti – quasi tutti i Sardi – vorremmo agire. Il minuto dopo che tu ti sarai incatenato con noi, devi tornare al tuo posto, nello scranno più alto al quale la democrazia sarda ti ha mandato. E con te, Francesco Pigliaru. Ci sarà da guidare la lotta e da compiere dolorose ed inevitabili scelte istituzionali. Bisognerà gestire con intelligenza la trattativa con lo Stato ed iniziare, o intensificare, i contatti internazionali con gli altri popoli senza stato e con l’Europa. Forse si sarà costretti a rivolgersi all’Onu per descrivere le nostre condizioni e chiedere il giudizio internazionale: se questo è il modo con cui (l’Italia) tratta un popolo (sardo) che da secolo è (troppo) fedele.
Il lavoro più utile e delicato al quale sei stato chiamato – e per tanti versi il più complicato – consisterà nel tenere uniti i Sardi. Contro la cultura della disunione che caratterizza i popoli oppressi, contro i piccoli rappresentanti locali degli interessi esterni, contro i tentativi di corruzione che sempre nel passato hanno consentito le nostre sconfitte.
Se l’Italia deciderà (‘salvando’ così i territori continentali) di portare in Sardegna le scorie nucleari (nella prospettiva persino di accoglierne anche dall’esterno, come già succede a Portovesme per gli scarti di acciaieria), e rifiuterà il nostro dissenso, lo scontro potrà risultare totale: istituzionale, culturale, e quindi probabilmente da parte loro repressivo. Fino a quando potremmo resistere incatenati? Te la senti di guidare fino alla fine lo scontro autolesionistico della non-violenza? Spero di sì. In molti ti seguiremo. Ma sarà durissima.
C’è anche la possibilità che vengano fatte altre scelte, liberandoci da questa servitù ed evitandoci ‘la madre di tutte le battaglie’. Probabilmente tutto ciò lo sapremo alla vigilia delle ferie, il tempo delle scelte a favore dei furbi e degli ignavi.
In quei giorni del 2014 in Consiglio regionale è stata deliberata la rinuncia all’approvazione – in consiglio, immaginiamoci in un’assemblea costituente… – di un nuovo statuto della Sardegna. Pensa se oggi fossimo attivi e combattivi – invece che in una molteplicità di manifestazioni su singole battaglie – per difendere e far riconoscere dallo Stato un nuovo statuto quale documento costituzionale che comprenda, insieme ai nostri doveri, anche tutti nostri nuovi diritti? Non pensi che quella sarebbe stata la sede per decidere sulle istituzioni locali della Sardegna, la cui prossima definizione rischia di provocare altri conflitti e lacerazioni? Per rendere esplicita l’idea ed il progetto della/sulla nostra Isola nei prossimi decenni?
Mi dispiace rivolgerti dei rilievi che ti vedono come ultimo anello di una catena di responsabilità, la principale della quale appare sempre più quella di una classe dirigente che non ha una proposta per un futuro di libertà e di prosperità per il suo popolo. Soffèrmati un attimo su una piccola/grande/immensa questione quale la ‘dimenticanza-cancellazione’ di sa die de sa Sardigna: segno e simbolo di insensibilità ed incoerenza? Da che basi si parte per contestare lo Stato se non dai valori identitari così frequentemente evocati nel Consiglio regionale e così poco attuati nella pratica? Comunque, con o senza istituzioni, sa die quest’anno verrà celebrata due volte: il 26 aprile contro i rifiuti nucleari, il 28 come memoria della nostra identità e giornata di festa.
Ma i Sardi hanno bisogno come dell’aria che si respira di credere nelle proprie istituzioni autonome. La massima autorità istituzionale è ora nelle mani di Uno che promette di incatenarsi. Si tratta di Te. Incatenarsi al suo Popolo per resistere a decisioni di qualcuno rivelatosi un nemico: è così?
Tante belle cose legano i Sardi all’Italia ed al Popolo italiano. Ma sono i rappresentanti dell’Italia e del Popolo italiano quelli che continuano a decidere di riempirci di servitù, di utilizzarci come ‘muntonarzos’, che ci obbligano ad obbedire agli interessi dei ricercatori di energie cosiddette alternative, ci bloccano il riconoscimento istituzionale per arrivare in Europa e la singolarità linguistico – culturale … I Sardi sono di nuovo e sempre ‘di fronte all’Italia’.
Non è poco quello che hai affermato. Grazie! Siamo qui per ‘truncare sas cadenas’!
Buona Pasqua a Te, ai Tuoi, al Consiglio regionale, ai Sardi che rappresenti.
Salvatore Cubeddu.
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“Tutti a terra per un minuto a mezzogiorno in punto. E, alla stessa ora, anche le campane delle chiese e le sirene delle navi in porto che suonano. Sarà il momento cruciale del “No nuclear day”, in programma domenica 19 aprile in Sardegna”.
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Salviamoci Sardegna!
SOS la SARDEGNA è IN PERICOLO !
SARDI TIRIAMO FUORI l’ORGOGLIO di APPARTENENZA a un POPOLO.
MOBILITAZIONE POPOLARE
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La Sardegna si salva tutta o non si salva – Un futuro produttivo e l’estinzione già in corso
di Enrico Lobina *
In consiglio comunale, a Cagliari, capita, anche nelle parole del Sindaco, di sentire frasi come: “dobbiamo chiedere alla regione ciò che ci spetta, e cambiare le regole del Fondo Unico degli Enti Locali”, “in Italia hanno fatto una legge per Roma capitale e per noi niente”, “noi smaltiamo i rifiuti di tutta l’area vasta, e dobbiamo chiedere una compensazione”.
Anche se ci fosse del vero, ed in qualche caso c’è, mi stupisce la pochezza del ragionamento. I temi dell’inurbamento, dello spopolamento, della Sardegna come ciambella (popolata sulle coste, vuota all’interno) non si possono affrontare così.
La Sardegna si salva tutta o non si salva. O la classe dirigente, a partire da quella della capitale, si pone il problema del futuro dell’isola, oppure i prossimi cambiamenti istituzionali (abolizione delle province, accentramento a Cagliari in seguito ai tagli romani, riforma degli enti locali) produrranno solamente un po’ di risentimento, che non porterà, nel medio periodo, a nulla neanche a Cagliari.
Cagliari e la sua area metropolitana o ragionano di tutta la Sardegna o non si salvano, anche se metà dei sardi si trasferisse a vivere qua, nell’area urbana del sud.
Ma bisogna ancor di più allargare lo sguardo. O le città sarde (Cagliari, Sassari, Oristano, Nuoro ed Olbia) ragionano complessivamente e insieme su se stesse, con leale spirito di collaborazione, ed ognuna si ritaglia un ruolo, oppure qualcuna persisterà con più forza nel proprio declino, e le altre seguiranno qualche decennio dopo.
L’area metropolitana di Cagliari potrebbe essere, se nasce con un profilo alto, un bel contrappeso alla regione e contribuire alla rinascita economica, sociale e culturale di un progetto per la Sardegna.
Lo spopolamento dei paesi, drammatico ed inevitabile, può essere combattuto con fortissime politiche anticicliche. Attualmente non se ne vedono all’orizzonte.
Dalla fine del 2010 il comune di Sadali ha istituito tre misure di incentivazione:
- un bonus bebè di 200 € mensili per 24 mesi da erogare ai genitori (con almeno uno dei genitori con residenza a Sadali) di bambini iscritti al registro anagrafico del comune di Sadali;
- Un bonus famiglia di 200 € mensili per 24 mesi da erogare a chi trasferisce la residenza da un Comune con popolazione superiore a 3 mila abitanti a Sadali;
- Un bonus scuola di 200 € mensili per 24 mesi da erogare ai genitori dei bambini iscritti a scuola.
Il bonus consiste in un “ticket nominativo” attraverso il quale il beneficiario può acquistare, presso gli esercenti convenzionati, beni e servizi necessari per una vita dignitosa.
Dopo 20 anni di saldi negativi, negli anni 2011, 2012 e 2013 si registra un aumento complessivo della popolazione del 4% grazie all’aumento di residenti.
I nuovi residenti sono giovani, istruiti, propensi a riscoprire e svolgere, come lavoro, i mestieri tradizionali e in particolare quelli legati alla coltivazione e allevamento, quasi sempre con figli.
A Sadali non tutti sono felici di queste politiche, ma è un inizio.
In Emilia-Romagna, Calabria, ma anche Galles e Finlandia, e per la verità in altre realtà della Sardegna, si prova, quasi in maniera artigianale, a designare politiche contro lo spopolamento davvero efficaci e forti, concrete.
La politica regionale, al contrario, non va oltre la normale amministrazione di politiche già esistenti, che finora non hanno dato alcun risultato. Il gruppo consiliare regionale di Sardegna Vera, recentemente, ha proposto un emendamento alla proposta di legge sull’edilizia, attualmente in discussione in aula, che prevede che, nel caso un fabbricato di un’area rurale sia in stato di degrado, mediante il Comune si arrivi alla riqualificazione dello stesso da parte di un privato che lo acquista ad un prezzo simbolico.
Si tratta di mettere a sistema politiche che, ritagliate sulle esigenze di ogni singola comunità, vadano tutte nella stessa direzione: salvare dall’estinzione i sardi e ridare forza produttiva alla Sardegna.
Da questo punto di vista, segnalo come il Comune di Cagliar spenda, quasi fosse un bancomat, milioni di euro in sussidi sociali che non provocano nessun incentivo alla riqualificazione produttiva e all’emancipazione in chi li riceve. Al contrario, si abitua una piccola e povera casta all’assistenzialismo.
Se quelle stesse risorse, di concerto con altri comuni e con attività di accompagnamento pubbliche, fossero spese per garantire una emancipazione personale ed uno sviluppo produttivo guidato da quei nuclei familiari, non avremmo fatto un enorme passo in avanti?
Lavorare per una comunità produttiva, libera e felice significa anche rigettare l’assistenzialismo, senza mai lasciare indietro nessuno.
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* L’articolo di Enrico Lobina viene pubblicato anche sui siti di FondazioneSardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto.
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Se il rifiuto nucleare diventa un affare
di Nicolò Migheli **
Smentendo gli annunci, il governo non rivelerà il 2 di aprile i siti possibili per il Deposito Unico delle scorie nucleari. Questa volta non si vuole correre il rischio del 2003 quando la scelta di Scanzano Jonico fatta dal governo Berlusconi, venne bloccata dalla rivolta degli abitanti e dal sindaco di quel comune. La Sogin vuole il coinvolgimento della comunità della località prescelta, in modo da evitare qualsiasi sindrome Nimby. Se le indiscrezioni riferite dall’ex presidente Cappellacci hanno un fondamento, la Sardegna e il Lazio sarebbero le regioni candidate. Il movimento antinucleare, forte del referendum con l’90% di no avutosi in Sardegna, già si organizza. Immagina una resistenza classica, con manifestazioni e blocchi ai porti dei container che trasportano i rifiuti. In realtà la mobilitazione potrebbe essere l’ultimo atto e con nessuna possibilità di successo. L’amministratore delegato della Sogin Riccardo Casale, in una intervista a Panorama del 29 settembre 2014, aveva raccontato come intendano muoversi. La dismissione delle centrali nucleari è l’affare del secolo. Lo smantellamento ha un costo previsto di 6,7 miliardi di euro che vengono già reperiti con le bollette elettriche. Intorno al deposito verrà costruito un parco tecnologico. Ipotizzati mille posti di lavoro tra diretti ed indiretti. Impieghi molto specializzati con una forte presenza di ricercatori. Secondo l’IEA, l’agenzia internazionale sull’energia, nel mondo ci sono 147 reattori in fase di fermata. Dei 434 reattori attivi a fine 2013, 200 dovranno essere smantellati entro il 2040. Un affare da 100 miliardi di dollari. Di sicuro molti di più perché nell’industria atomica come in quella militare, l’aumento dei costi è una costante. L’Italia primo paese ad aver rinunciato al nucleare, si trova in posizione di vantaggio. Il mercato che si apre potrebbe vedere l’industria italiana protagonista. Il deposito unico dovrà essere realizzato entro il 2025, vi è un obbligo europeo a cui a non ci si può sottrarre. La Sogin questa volta intende muoversi con molta cautela utilizzando tutte le strategie possibili di convincimento. Mutuando l’esperienza francese verrà utilizzato il débat public, un metodo di partecipazione e coinvolgimento delle popolazioni. In Francia lo si usa quando gli investimenti per le Grandi Opere superano i 300 milioni di Euro. Il débat è aperto a tutti e le sue conclusioni sono vincolanti. Qualsiasi risultato impegna il maître d’ouvrage, l’istituzione o l’azienda che propone l’opera; se sarà negativo non verrà realizzata. Però non è chiaro cosa la Sogin intenda per dibattito pubblico. Casale imputa il fallimento della scelta di Scanzano ad una cattiva comunicazione. È pensabile che questa volta i metodi partecipativi saranno utilizzati come strumenti per costruire il consenso. Ne sono così sicuri che si attendono candidature di località per ospitare il deposito. L’amministratore delegato della Sogin riferiva il caso di due città svedesi – senza farne il nome – che si sarebbero disputate la collocazione del deposito nucleare di quel paese. Per il momento non sono previste agevolazioni compensative per le popolazioni, come taglio delle bollette o altro. Decisione che spetta al governo e non è stata ancora presa; faranno di tutto per rendere l’opzione più che appetibile. Per la Sardegna si pongono non pochi problemi. In questi anni vi è stata una continua riduzione della partecipazione dello Stato al bilancio regionale. I tagli si sono fatti talmente pesanti da mettere in dubbio le prestazioni minime come quelle della sanità, per citare la più drammatica. Il tasso di disoccupazione è in continua crescita. Metti che il governo decida di oltrepassare la Regione che ha espresso pubblicamente la sua contrarietà, e dialoghi con un comune in cui vi sia una amministrazione compiacente. Che si evochi l’interesse nazionale, quello italiano naturalmente. Che si convincano gli abitanti che quella scelta sarà la soluzione di lavoro e occupazione che cercano invano. A quel punto come ci si potrà opporre? Anche per la petrolchimica erano stati usati argomenti simili: posti di lavoro e ricchezza. Stesse argomentazioni per il furto-voltaico, -termine non mio ma efficace-. Le vicende dei cardi e delle canne non fanno ben sperare. Bisognerà inventarsi efficaci contromisure, essere consapevoli che ci si sta impegnando con una ipoteca pesantissima per i prossimi secoli. Supponendo che il Deposito Unico sia sicuro come affermano i nuclearisti, è comunque una scelta che spazzerà ogni speranza di autodeterminazione, con una ulteriore militarizzazione dell’isola. È impensabile, che materiali così pericolosi vengano lasciati incustoditi in un Mediterraneo turbolento. Tutto può succedere però. In tal caso prepariamoci ad adottare per la nostra isola il significato di Sardigna che ancora compare nel dizionario Treccani. «Sardigna s. f. [da Sardigna, variante ant. di Sardegna, prob. per il clima insalubre e l’aria malsana attribuiti, sin dall’età classica, alla Sardegna] 1. a. In passato, luogo nelle vicinanze di una città dove si depositavano le carogne e i rifiuti della macellazione. b. Attualmente, la zona del reparto sanitario del macello o macello contumaciale destinato alla distribuzione o alla trasformazione delle carni infette che non possono essere usate per l’alimentazione.» Così è.
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** L’articolo di Nicolò Migheli viene pubblicato anche sui siti di FondazioneSardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto.
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In argomento. Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Comunicato della Delegazione regionale dei direttori degli Uffici diocesani di pastorale sociale e del lavoro in vista della pubblicazione dell’elenco dei siti in cui si intenderebbe realizzare il deposito unico nazionale per i rifiuti nucleari.
CONFERENZA EPISCOPALE SARDA UFFICIO REGIONALE PER LA PASTORALE SOCIALE E DEL LAVORO
c/o Curia arcivescovile – Via mons. G. Cogoni, 9, 09121 Cagliari
COMUNICATO
Cagliari, 25 marzo 2015
La Delegazione regionale dei direttori degli Uffici diocesani di pastorale sociale e del lavoro, riunitasi a Oristano il 23 marzo scorso, ha dedicato la propria attenzione ai problemi ambientali che caratterizzano la nostra Regione, con particolare riferimento alla prossima pubblicazione dell’elenco dei siti in cui si intenderebbe realizzare il deposito unico nazionale per i rifiuti nucleari.
Si ribadisce, innanzitutto, un no deciso all’ipotesi che la Sardegna sia sottoposta a quella che i Vescovi sardi, poco meno di un mese fa, hanno definito «una servitù insopportabile» che rischia di infliggere all’Isola «un colpo mortale alla sua naturale e indispensabile economia agro-pastorale e turistica». Si eleverebbe, infatti, un’ulteriore barriera alla creazione di quel futuro più dignitoso e sicuro che la società sarda attende ormai da tempi troppo lunghi.
Preoccupa, inoltre, la costatazione di alcuni inspiegabili silenzi su questo delicatissimo tema. Ci si attende che una presa di posizione chiara e decisa non sia riconducibile solo ad alcune componenti partitiche, sindacali e associative, ma goda della partecipazione consapevole e attiva di ogni compagine impegnata nell’animazione culturale, politica e sociale. I problemi relativi all’ambiente sono di tutti e non solo di alcuni.
Le stesse comunità cristiane sono sollecitate, soprattutto in questi giorni che precedono la Santa Pasqua, a favorire la riflessione, l’azione e la preghiera affinché in ciascuno si sviluppi il senso di responsabilità nella custodia del creato e nel realizzare i presupposti per un’esistenza salubre e serena da assicurare alle future generazioni.
+ mons. Giovanni Paolo Zedda
VESCOVO DELEGATO
Don Giulio Madeddu
DIRETTORE UFFICIO REGIONALE
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La visita dell’arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio al Comitato No Scorie, Palazzo del Consiglio regionale mercoledì 1 aprile 2015
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Pigliaru promette: niente scorie in Sardegna (Palazzo del Consiglio regionale mercoledì 2 aprile 2015)
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Ganau e Pigliaru: no scorie!
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