La Dea ricerca
di Michela Loi
Una delle finalità della L.R. 7 agosto 2007, n. 7 recante la Promozione della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica in Sardegna è di sviluppare, attrarre e mantenere nel sistema regionale della ricerca un capitale umano altamente qualificato (comma 2, lettera b dell’articolo 1).
Il senso è chiaro, soprattutto quello della parola mantenere. È così nei fatti? Questa strepitosa legge, perchè di fatto lo è e dovremmo andarne fieri, sta veramente riuscendo a mantenere qui il capitale umano altamente qualificato? E se sì, quali sono le condizioni economiche e lavorative che segnano il percorso di questo capitale umano coinvolto dalla legge? Perchè se il contesto non comprende il significato della parola mantenere, dietro questa finalità si nasconde qualcosa che non definisco vantaggioso, almeno per chi ne usufruisce in ultima istanza.
Infatti, chi partecipa come borsista della legge 7, quali prospettive ha di continuare a poter usare la propria intelligenza e tutto ciò che ha imparato di nuovo, per svolgere attività di ricerca che avvantaggino anche la sua carriera, una volta concluso il progetto finanziato? In sintesi, qual è il vantaggio, per questo capitale umano, di dare anni della propria vita partecipando a un sistema che lo butterà via come una batteria scarica alla chiusura del progetto? Era questa l’idea della legge? E dell’esperienza, anch’essa ricca, qualificata e qualificante, cosa se ne farà il contesto produttivo di una Regione allo sfascio? È possibile riuscire a conciliare l’idea dell’avanzamento scientifico, con l’idea di tenersi strette le persone che danno risultati, che sono in grado di contribuire veramente all’avanzamento scientifico? La mia risposta è no.
È come se chiedessimo alle nuove generazioni, illuse di poter scegliere, di immolarsi per amore della ricerca. Di dare il proprio sangue alla Dea Ricerca, e poi sparire.
Credo sia giunto il momento di dire no. Credo che questo capitale umano qualificato debba iniziare a pensare a se stesso e, possibilmente, anche allo sviluppo economico della Regione Sardegna. Prima di abbandonarla, con la stessa passione con cui si sogna di essere parte del mondo della ricerca, dovrebbe impegnarsi a creare nuove opportunità di sviluppo e di lavoro per sé e per altre persone, magari dando qualche possibilità agli esodati degli esodati, dando lavoro a chi lo ha perso e a chi certamente non lo riavrà, se starà in Sardegna.
Veramente, oggi dovremmo usare tutta la nostra intelligenza per realizzare vere alternative e sottrarci a un sistema che non è in grado di dare le risposte che avremmo voluto, che non può presentarci soluzioni perchè ne è incapace. Non si può più stare ad ascoltare i fiumi di parole che raccontano di un futuro prospero, quando la povertà si tocca a piene mani e quelle mani sono sempre le nostre. Ma non si può neanche andare via, semplicemente.
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