in giro con la lampada di aladin…
- Lo spopolamento della Sardegna. Gianfranca Fois sul manifesto sardo.
- Un documento dei Vescovi sardi sulle emergenze sociali, con specifico richiamo alla questione dello spopolamento.
- Approfondimenti su spopolamento e accoglienza su Aladin.
Lo spopolamento della Sardegna
di Gianfranca Fois sul manifesto sardo
Si discute in questi giorni, in seguito ad alcuni provvedimenti di riordino scolastico della nostra regione, su pluriclassi o chiusura di istituti scolastici.
E’ una discussione che presa di per se stessa mi sembra sterile e parziale se non si affronta seriamente il problema dello spopolamento dei paesi della Sardegna, in particolar modo di quelli delle zone interne, e su come intervenire.
Sono numerosi i motivi della rottura di quell’equilibrio tra uomo e territorio che per secoli ha caratterizzato la nostra regione, così come il resto d’Italia, sarebbe lungo e complesso affrontarne le molteplici cause. Mi limiterò perciò a individuare i motivi a noi più vicini.
Anzitutto un distorto sviluppo ha privilegiato le zone costiere a discapito di quelle interne. Nel tentativo di raggiungere a qualunque prezzo il massimo profitto, come vuole imporci una visione capitalista e neoliberista della società, si è individuata proprio nelle zone costiere, ricche di paesaggi bellissimi e facilmente vendibili a un’élite disposta a pagare l’esclusività dei luoghi, questa possibilità con conseguenti spostamenti di investimenti, interessi e attività varie. In un secondo momento c’è stata, sempre sulle coste, una sfrenata costruzione di seconde case, spesso in orribili e finti villaggi, per la media e piccola borghesia. Il risultato è che in Sardegna abbiamo migliaia di case invendute o non abitate per 9 mesi all’anno.
L’abbandono dei paesi e delle aree montane e rurali dell’interno è determinato anche dall’allontanamento dei giovani, soprattutto laureati e diplomati, cioè quelli su cui la comunità ha maggiormente investito, che per mancanza di opportunità abbandonano non solo i propri paesi ma spesso la Sardegna emigrando verso il resto del mondo.
E’ uno spopolamento che nel giro di pochi decenni potrebbe portare alla scomparsa di numerosi paesi sardi, alla desolazione e degrado di grandi estensioni di territorio. Le conseguenze sarebbero devastanti non solo per il territorio interessato ma per tutta l’economia e la qualità della vita dei cittadini sardi.
Le conseguenze di questi squilibri territoriali le stiamo già vedendo: miseria diffusa, sofferenza mentale in aumento, diffusione delle tossicodipendenze e dell’alcolismo, invecchiamento della popolazione, paesi che vedono chiudere i luoghi simbolici dello stato: scuole, uffici postali, fermate dei pullman e quindi un isolamento grave per una popolazione per lo più anziana e frequentemente priva di strumenti che la colleghino col mondo sia fisicamente che mentalmente.
Perciò il problema non è tanto pluriclassi si pluriclassi no quanto piuttosto riuscire a vedere il problema inserito in una visione più ampia e articolata che blocchi lo spopolamento, che non condanni all’isolamento e alla disperazione migliaia di persone ma valorizzi le risorse locali, tutte e sono numerose, a partire dal paesaggio ai terreni e ai boschi, dall’acqua al clima, dai monumenti ai mestieri, alle case e alla cultura. Una valorizzazione che tenga presente e coniughi saperi tradizionali e memoria della nostra civiltà con intelligenza, creatività, competenza, scoperte scientifiche e tecnologia che molte persone in Sardegna, soprattutto giovani, possiedono.
Contemporaneamente guardiamo ad altre parti del mondo dove esistono progetti di vario respiro per ripopolamento, per agricolture nuove ma non di rapina, sono idee che si possono sviluppare anche da noi, adattandole alle nostre peculiarità. Penso alle iniziative di diversi paesi della Francia, al crowdfundig di Barnraiser studiato negli USA per il finanziamento dal basso di progetti legati alla creazione di cibo di qualità e agricoltura ecosostenibile, al ripopolamento di paesi del Meridione d’Italia o di altre parti del mondo grazie alla presenza di immigrati che hanno ripreso antichi mestieri ridando così vita a comunità profondamente in crisi. Insieme cercano di superare pregiudizi, diffidenze e paura, un processo di inclusione che, nel rispetto dell’identità di ognuno, crei un ricco e fecondo scambio culturale.
Si tratta di iniziative che per avere successo necessitano del coinvolgimento delle popolazioni e anche naturalmente della pratica della solidarietà, parola che spesso è stata assente in Sardegna e è assente nel vocabolario politico attuale.
E’ solo quindi in un contesto e in una programmazione più ampia che si può trovare la soluzione del problema perché non può esistere una soluzione che veda gli stessi paesi privati contemporaneamente della scuola, dell’ufficio postale, della fermata del bus e della stazione dei carabinieri. Bisognerebbe quindi intervenire per decentrare nel territorio le diverse istituzioni in modo che nessun paese ne rimanga completamente privo.
Sicuramente esistono anche paesi isolati, mal collegati con gli altri, per questi bisognerebbe trovare altre possibilità, grazie alle nuove tecnologie ad esempio si potrebbero tenere lezioni a distanza come avviene per gli scolari di isole lontane dalla terraferma, prevedendo comunque, ogni tanto, possibilità di incontro fisico fra i bambini.
Insomma occasioni di lavoro e di intervento ce ne sarebbero tante, senza progetti faraonici che in genere non portano a niente, senza aiuti finanziari che, abbiamo sperimentato, servono a saccheggiare i soldi pubblici, ma con erogazione di servizi, interventi mirati, opera di mediazione e con un monitoraggio continuo e preciso dei progetti. Essenziale rimane comunque il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, in particolar modo i cittadini.
Intanto però non sembrano esserci all’orizzonte interventi concreti né progetti alternativi di sviluppo che possano avere ricadute reali e misurabili sulle condizioni di vita della popolazione sarda.
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Informazioni/lettura carta Sardegna sullo spopolamento.
(…) risultati di uno studio molto recente della RAS (2010). In base alla reiterazione del fenomeno di spopolamento si è distinto in:
- episodio singolo di spopolamento: diminuzione della popolazione ad un dato censimento rispetto al precedente e, quindi, aumento degli abitanti in quello successivo;
- episodio di spopolamento continuato: diminuzione della popolazione in due o più censimenti consecutivi;
- episodio di spopolamento continuato ripetuto: episodi di spopolamento continuato e ripetuto in tempi diversi (due volte nell’arco temporale considerato);
- episodi di spopolamento continuato reiterato: episodi di spopolamento continuato e ripetuto in tempi diversi (più di due volte nell’arco temporale considerato).
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Comunicato della Conferenza episcopale sarda
CES
Nel corso della riunione tenutasi a Cagliari nei giorni 23-24 febbraio u.s, presso il Seminario Regionale, la Conferenza Episcopale Regionale al completo, presieduta da Monsignor Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari, oltre alle questioni più propriamente inerenti alla Chiesa in Sardegna e ai suoi organismi regionali, in particolare il Seminario Regionale e la Pontificia Facoltà Teologica, ha dedicato ampio tempo e attenzione ad alcune tematiche relative al contesto socio-economico della Sardegna, come già aveva fatto nel recente passato con la Lettera pastorale del marzo 2014.
Pur comprendendo le difficoltà dello Stato e della Regione a risolvere i molteplici e gravi problemi che nel tempo si sono andati accumulando, i Vescovi ritengono doveroso far sentire la propria voce su alcune questioni che rendono pesante il presente e denso di ulteriori nubi il futuro del popolo sardo.
Del drammatico problema della disoccupazione e della crescente povertà di fasce sempre più larghe di popolazione si era ampiamente parlato nella su citata Lettera pastorale.
A tale fenomeno si associa il progressivo spopolamento delle zone interne e dei piccoli centri, con l’arretramento dei tradizionali presidi dello Stato, dalle scuole alle caserme, e con l’allontanamento di servizi essenziali. Senza che risulti chiaro all’opinione pubblica quali reali alternative si vogliano mettere in atto per arrestare il fenomeno e invertire il pauroso impoverimento economico e demografico dei piccoli paesi, tale spopolamento rappresenta oltre che un decadimento in termini economici anche una grave frustrazione sul piano psicologico e di speranza per il futuro.
Altro tema caldo appare quello della sanità. Non si conoscono i dettagli delle ipotesi di riforma regionale. I Vescovi sentono tuttavia il bisogno di affermare che accanto alla qualità del servizio nei confronti di tutti e ad un’equa distribuzione delle prestazioni essenziali nei territori, data l’endemica inadeguatezza delle vie di comunicazione interna, occorre grande decisione nell’eliminare gli sprechi e le spese inutili, soprattutto al fine di evitare il più possibile le scomode e dispendiose trasferte nei centri specializzati della Penisola.
Che dire, poi, del triste e diffuso fenomeno degli attentati ai Sindaci e ad altri Amministratori pubblici? Ne è sicuramente causa un degrado morale e culturale generale, ma anche l’isolamento in cui essi spesso vengono lasciati di fronte ai mille problemi che quotidianamente e con esigue risorse debbono affrontare, senza adeguata tutela della loro sicurezza personale e familiare.
Non minore preoccupazione desta la ventilata ipotesi che la Sardegna possa diventare, sul piano nazionale, un deposito di scorie radioattive. Oltre che una servitù insopportabile sotto il profilo ambientale, per la fragilità del sistema geologico e morfologico dell’Isola, sarebbe un colpo mortale alla sua naturale e indispensabile economia agro-pastorale e turistica. La Regione ha già dato tanto in termini di servitù militari, senza averne avuto in cambio concreti ed efficaci riscontri.
Un’ultima considerazione la Conferenza Episcopale ha ritenuto opportuno esprimere sulle scuole paritarie pubbliche, cattoliche e non, che svolgono un importante servizio sociale. Esse, oltre che rappresentare un diritto delle famiglia circa la libera scelte dei percorsi formativi per i figli, costituiscono anche un notevole risparmio di risorse per lo Stato e per la Regione. Se infatti fossero in capo a questi, i costi per l’istruzione pubblica sarebbero di gran lunga maggiori. I Vescovi lamentano il fatto che le scuole paritarie vivono un momento di grande difficoltà: vengono ridotti ogni anno i già scarsi contributi pubblici, e quelli assegnati arrivano con notevole ritardo, ponendo molte di esse nel serio imbarazzo di dover chiudere per l’impossibilità di far fronte alle spese.
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