Universidade de Sardigna Università della Sardegna University of Sardinia
di Franco Meloni
Il treno veloce Cagliari-Sassari e viceversa (auspicabilmente esteso ad altre tratte, Olbia in primis) trainerà anche la realizzazione dell’Università della Sardegna. Unica Università o federazione tra i due Atenei storici? Questo è da decidere. Allo stato risulta si propenda per la loro federazione, “al fine di salvaguardarne maggiormente la storia e la tradizione”, ma pur sempre sotto l’egida comune di Università della Sardegna. Però la federazione deve essere vera, come avverte il competente Ministero, che nel documento di programmazione 2013-2015 del sistema universitario italiano delinea le caratteristiche dei “modelli federativi di università su base regionale o macroregionale… ferme restando l’autonomia scientifica e gestionale dei federati nel quadro delle risorse attribuite”. Precisamente devono prevedersi: “a) unico Consiglio di amministrazione con unico Presidente; b) unificazione e condivisione di servizi amministrativi, informatici, bibliotecari e tecnici di supporto alla didattica e alla ricerca”. Siamo allora ben lontani dal debole patto federativo firmato dai due Atenei alcuni anni fa. Nella pratica non si va ancora in tale direzione; assistiamo invece a un atteggiamento prudente e defatigatorio. E non ne sono prove contrarie l’intensificarsi tra gli Atenei degli accordi di programmazione formativa e di collaborazione per la ricerca scientifica (peraltro sempre esistiti). Tutte cose positive, ma, al contrario, perdura l’incapacità di gestione unitaria di importanti attività, come, ad esempio, i progetti di formazione professionale di grandi dimensioni (lo fu Itaca per il paesaggio), o il consorzio per l’Università telematica della Sardegna o i Centri di competenza tecnologica: iniziative fortemente incentivate dall’Unione Europea, dallo Stato e dalla Regione, sempre più ridotte a operazioni di piccolo cabotaggio. Così non si potrà continuare perché l’unificazione (o la vera federazione) è ormai un fatto ineludibile, che la spending review governativa impone, anche attraverso progressive penalizzazioni nel trasferimento di risorse statali se non si procederà nella direzione indicata, ma come peraltro imporrebbero criteri di razionalità nella gestione complessiva delle risorse – e non solo – nell’interesse della Sardegna. Almeno così pensiamo in molti, in prevalenza fuori dall’accademia, nella quale invece prevalgono la conservazione di antichi privilegi e posizioni di potere, quando anche giustificati da nobili motivazioni. Lo riconosciamo: il discorso è complesso e il percorso per arrivare all’obbiettivo dell’unica Università della Sardegna, in una delle possibili forme, non è facile, ma, appunto per questo, occorre agire da subito vincendo la paralizzante prudenza. Qualche segnale della volontà in tal senso arriva dall’esordiente Rettore dell’Università di Sassari, Massimo Carpinelli, che in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico ha parlato di “un progetto capace di promuovere l’Università della Sardegna, che preservi le specificità dei due Atenei, la loro storia e la loro tradizione”, per questo appellandosi particolarmente alla Regione Sardegna “che deve dialogare con gli Atenei e i centri di ricerca [per] costruire un’unica struttura che possa far crescere la formazione, la scienza e la cultura nella nostra Regione”. E’ già qualcosa, ma occorre andare rapidamente oltre le parole e passare ai fatti, prima che qualcun altro, anche in questa circostanza, decida per la Sardegna. La Regione, chiamata giustamente in causa, deve intervenire per favorire questo processo di unificazione/federazione, smettendo di fare solo la parte di bancomat che trasferisce risorse alle Università sarde. E poi, occorre che il dibattito si allarghi, cogliendo anche l’occasione dell’ormai imminente elezione del Rettore dell’Università di Cagliari, perché, come ripetiamo spesso: l’Università è troppo importante per essere lasciata nelle mani dei soli professori, come la guerra in quelle dei generali.
- Di seguito i riferimenti citati
- Nell’illustrazione: particolare del dipinto di Filippo Figari “Sardegna universitaria”, aula magna Rettorato Università di Cagliari.
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* L’articolo di Franco Meloni viene pubblicato anche sui siti di FondazioneSardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto.
Universidade de Sardigna Università della Sardegna University of Sardinia
Riferimenti
- Programmazione 2013-2015 o anche
Decreto Ministeriale 15 ottobre 2013 n. 827
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 gennaio 2014 n. 7. “Linee generali di indirizzo della programmazione 2013-15″
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Decreto Ministeriale 15 ottobre 2013 n. 827
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 gennaio 2014 n. 7 – Linee generali di indirizzo della programmazione 2013-15
Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
VISTO il decreto legge 16 maggio 2008 n. 85, convertito con modificazioni dalla legge 14 luglio 2008, n. 121 e, in particolare, l’art. 1, commi 1 e 5, con il quale è stato, rispettivamente, istituito il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e sono state trasferite allo stesso le funzioni del Ministero dell’Università e della Ricerca;
VISTO il d.p.r. 27 gennaio 1998, n. 25 (regolamento relativo alla programmazione del sistema universitario), e in particolare, l’art. 2, comma 5, lett. a), c) e d), con il quale sono dettate disposizioni, rispettivamente, per l’istituzione di nuove Università statali, per l’istituzione di nuove Università non statali e per la soppressione di Università;
VISTO l’art. 26, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall’art. 4, comma 1-bis, della legge 14 maggio 2005, n. 80 (relativo alla formazione universitaria a distanza), il quale ha, fra l’altro, disposto che per le Università telematiche trova applicazione “quanto previsto … dall’articolo 2, comma 5, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25″ e cioè la stessa norma relativa alla istituzione delle Università non statali nell’ambito della programmazione;
VISTO l’art. 1-ter del decreto legge 31 gennaio 2005 n. 7, convertito dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e in particolare:
- il comma 1, il quale prevede che “le Università, anche al fine di perseguire obiettivi di efficienza e qualità dei servizi offerti, entro il 30 giugno di ogni anno, adottano programmi triennali coerenti con le linee generali d’indirizzo definite con decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sentiti la Conferenza dei Rettori delle Università italiane, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti universitari…I predetti programmi delle Università individuano in particolare:
a) i corsi di studio da istituire e attivare nel rispetto dei requisiti minimi essenziali in termini di risorse strutturali ed umane, nonché quelli da sopprimere;
b) il programma di sviluppo della ricerca scientifica;
c) le azioni per il sostegno ed il potenziamento dei servizi e degli interventi a favore degli studenti;
d) i programmi di internazionalizzazione;
e) il fabbisogno di personale docente e non docente a tempo sia determinato che indeterminato, ivi compreso il ricorso alla mobilità.”;
- il comma 2, il quale prevede che “i programmi delle Università di cui al comma 1, …sono valutati dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e periodicamente monitorati sulla base di parametri e criteri individuati dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, avvalendosi del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, sentita la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane…”
- il comma 3, che abroga le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998 n. 25, ad eccezione dell’art. 2, commi 5, lettere a), b), c) e d), 6, e 7 nonché dell’articolo 3 e dell’articolo 4;
VISTA la legge 16 gennaio 2006, n. 18, con la quale è stato riordinato il Consiglio universitario nazionale (CUN);
VISTA la legge 9 maggio 1989, n. 168, la quale prevede, all’art. 1, comma 2, che il Ministero “dà attuazione all’indirizzo e al coordinamento nei confronti delle Università… nel rispetto dei principi di autonomia stabiliti dall’art. 33 della Costituzione”, e che, pertanto, la valutazione dei programmi di cui trattasi non può che essere effettuata ex post, mediante il monitoraggio e la valutazione dei risultati dell’attuazione dei medesimi;
VISTO il decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286;
VISTO il d.p.r. 1 febbraio 2010, n. 76, con il quale è stato adottato il regolamento di istituzione dell’ANVUR e in particolare l’art. 2, comma 4, il quale dispone che l’ANVUR “svolge, altresì, i compiti di cui…all’art. 1-ter del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito…dalla legge 31 marzo 2005, n. 43;
VISTA la legge 30 dicembre 2010, n. 240 in particolare gli articoli 3, 5, 18 e 24 e successive modificazioni e integrazioni;
VISTO il d.Lgs 27 gennaio 2012, n. 19;
VISTO il d. Lgs. 29 marzo 2012, n. 49 in particolare l’articolo 10 “Programmazione finanziaria triennale del Ministero”;
VISTO l’art. 2 (misure per la qualità del sistema universitario) del decreto legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, il quale prevede misure “al fine di promuovere e sostenere l’incremento qualitativo delle attività delle università statali e di migliorare l’efficacia e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse… prendendo in considerazione:
a) la qualità dell’offerta formativa e i risultati dei processi formativi;
b) la qualità della ricerca scientifica;
c) la qualità, l’efficacia e l’efficienza delle sedi didattiche;
VISTO il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013, n. 98 e in particolare l’articolo 60 “Semplificazione del sistema di finanziamento delle università e delle procedure di valutazione del sistema universitario”;
SENTITI i pareri resi dal Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU) del 21 dicembre 2012, dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) del 21 marzo 2013, dal Consiglio Universitario Nazionale (CUN) del 24 gennaio 2013.
D E C R E T A
Art. 1 – Programmazione 2013 – 2015
1. In relazione a quanto previsto dall’art. 1-ter (programmazione e valutazione delle Università), comma 1, del decreto legge 31 gennaio 2005 n. 7, convertito dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e dall’articolo 10 del d.lgs 29 marzo 2012, n. 49, con il presente decreto sono definite le linee generali d’indirizzo e gli obiettivi della programmazione del sistema universitario per il triennio 2013-2015.
2. Le linee generali d’indirizzo sono finalizzate ad incentivare la programmazione autonoma delle università, anche in raccordo con gli Enti Pubblici di Ricerca nei diversi territori, e la capacità di conseguimento e consolidamento dei relativi risultati attraverso la qualità dei servizi offerti dal sistema universitario e l’efficienza nella gestione degli stessi.
3. In relazione a quanto previsto dal predetto comma 2 ogni Università potrà concorrere al termine del triennio di programmazione 2013 – 2015 al consolidamento a valere sul Fondo di finanziamento ordinario o del contributo di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243 delle assegnazioni ottenute ai sensi del presente decreto.
Art. 2 – Linee Guida e Obiettivi di sistema
1. La programmazione del sistema universitario nazionale, costituito dall’insieme delle Università statali, dagli Istituti universitari ad ordinamento speciale, dalle Università non statali legalmente riconosciute, dalle Università telematiche, è finalizzata al raggiungimento degli obiettivi di seguito indicati:
a) Promozione della qualità del sistema universitario.
b) Dimensionamento sostenibile del sistema universitario.
2. La “Promozione della qualità del sistema universitario” è realizzata dalle Università attraverso una o più delle seguenti azioni:
I. Azioni di miglioramento dei servizi per gli studenti:
a) azioni di orientamento in ingresso, in itinere e in uscita dal percorso di studi ai fini della riduzione della dispersione studentesca e ai fini del collocamento nel mercato del lavoro;
b) dematerializzazione dei processi amministrativi per i servizi agli studenti;
c) formazione a distanza erogata dalle Università non telematiche;
d) verifica dell’adeguatezza degli standard qualitativi delle università telematiche.
II. Promozione dell’integrazione territoriale anche al fine di potenziare la dimensione internazionale della ricerca e della formazione:
a) Programmazione e realizzazione di obiettivi congiunti tra università ed enti di ricerca;
b) reclutamento di studiosi e docenti attivi all’estero;
c) attrazione di studenti stranieri;
d) potenziamento dell’offerta formativa relativa a corsi in lingua straniera di I, II e III livello anche in collaborazione con Atenei di altri Paesi con rilascio del Titolo Congiunto e/o del Doppio Titolo;
e) potenziamento della mobilità a sostegno di periodi di studio e tirocinio all’estero degli studenti.
III. Incentivazione della qualità delle procedure di reclutamento del personale accademico anche al fine di incrementare la quota minima del 20% delle assunzioni di professori provenienti da ruoli o da percorsi di ricerca esterni alla sede chiamante, prevedendo nel regolamento di ateneo l’applicazione uniforme delle seguenti misure:
a) presenza maggioritaria nelle commissioni di selezione di cui agli articoli 18 e 24 della legge 240/2010 di docenti esterni all’ateneo, in possesso di un elevato profilo scientifico a livello internazionale;
b) presenza, almeno nelle commissioni di selezione dei professori ordinari di cui all’articolo 18 della legge 240/2010, di almeno uno studioso di elevato profilo scientifico attivo in università o centri di ricerca di un Paese OCSE.
3. Il “Dimensionamento sostenibile del sistema universitario” è realizzato dalle Università attraverso una o più delle seguenti azioni che di seguito vengono indicate in ordine di priorità anche ai fini dell’attribuzione delle relative risorse:
I. Realizzazione di fusioni tra due o più università.
II. Realizzazione di modelli federativi di università su base regionale o macroregionale, con le seguenti caratteristiche, ferme restando l’autonomia scientifica e gestionale dei federati nel quadro delle risorse attribuite:
a) unico Consiglio di amministrazione con unico Presidente;
b) unificazione e condivisione di servizi amministrativi, informatici, bibliotecari e tecnici di supporto alla didattica e alla ricerca.
III. Riassetto dell’offerta formativa da realizzarsi attraverso uno o più dei seguenti interventi:
a) accorpamento o eliminazione di corsi di laurea e di laurea magistrale su base regionale, macro regionale o nazionale in funzione della domanda, della sostenibilità e degli sbocchi occupazionali;
b) riduzione del numero di corsi di laurea e di laurea magistrale attivati presso sedi universitarie decentrate non sorretti da adeguati standard di sostenibilità finanziaria, numerosità di studenti, requisiti di docenza, delle infrastrutture e di qualità della didattica e della ricerca;
c) trasformazione o soppressione di corsi di laurea con contestuale attivazione di corsi ITS (Istruzione tecnica superiore) affini.
Tenuto conto di quanto previsto ai punti I, II e III, i relativi progetti dovranno essere disposti secondo quanto previsto dall’articolo 3 della Legge 240/10.
Art. 3 – (Sviluppo Sostenibile del Sistema Universitario)
1. Per gli anni accademici 2013/2014, 2014/2015, 2015/16, tenuto conto degli obiettivi definiti ai commi precedenti si prevede altresì:
a) il divieto di istituire nuove università statali e nuove università telematiche, se non a seguito di processi di fusione di cui al comma 3 dell’articolo 2;
b) la possibilità di istituire nuove università non statali legalmente riconosciute, con esclusione di quelle telematiche a seguito di proposta corredata da apposita documentazione che sarà specificata nel sito del Ministero da far pervenire, a pena di esclusione, al competente comitato regionale (ovvero provinciale) di coordinamento entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale. Entro i successivi 20 giorni il comitato trasmette la predetta proposta corredata dal motivato parere ai fini della successiva valutazione da parte degli organi ministeriali competenti e dell’ANVUR, sulla base, in particolare, dei seguenti requisiti:
- documentata attività pluriennale di ricerca dei soggetti promotori;
- offerta formativa relativa a corsi di laurea e corsi di laurea magistrale, dei quali almeno uno integralmente in lingua straniera, con esclusione di corsi appartenenti alle classi di studio, nelle quali non si ravvisa l’opportunità dell’aumento dell’offerta formativa a livello nazionale relative alle discipline giuridiche, delle scienze politiche, delle scienze della comunicazione, delle disciplina della musica, dello spettacolo e della moda, delle scienze agrarie, della medicina veterinaria; nel caso di corsi di medicina e chirurgia, l’istituzione è altresì subordinata al parere della Regione in cui si colloca l’ateneo, che si esprime avendo valutato le specifiche condizioni dell’offerta formativa nel settore in ambito regionale e la sua interazione con l’assistenza sanitaria;
- piena sostenibilità finanziaria, logistica, scientifica, del progetto formativo a prescindere da eventuali contributi statali, prevedendo la verifica annuale dell’attività dell’Università e al termine del primo quinquennio la verifica della completa realizzazione del progetto formativo medesimo il cui esito non positivo comporta la disattivazione e la soppressione dell’Università non statale legalmente riconosciuta.
Art. 4 – Programmazione delle Università
1. Nell’ambito delle risorse messe a disposizione per la programmazione triennale le Università possono concorrere per l’assegnazione delle stesse, adottando e inviando al Ministero entro 45 giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale, secondo modalità telematiche definite con Decreto Direttoriale, il proprio programma triennale coerente con le linee generali di indirizzo e gli obiettivi di cui all’art. 2.
2. Nell’ambito del rispettivo programma ogni Università, ovvero, gruppo di Università nel caso di Progetti comuni, è tenuta a:
a) Indicare l’azione o l’insieme di azioni per cui intende partecipare relativamente al triennio di programmazione, riportando:
- lo stato dell’arte, gli interventi pianificati nel triennio (incluso il cronoprogramma) e l’obiettivo che si intende perseguire per ciascuna azione proposta;
- l’ammontare di risorse finanziarie richiesto (indicando l’ammontare minimo al di sotto del quale non si ritiene realizzabile l’intervento previsto) tenendo conto che l’ammontare massimo di risorse attribuibili a ciascuna Università non può superare il 2,5% di quanto attribuito a ciascuna a valere sul Fondo di finanziamento ordinario dell’anno 2012 ovvero, per le università non statali legalmente riconosciute, il 2,5% del contributo dell’anno 2012 di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243.
3. I programmi presentati saranno valutati dal Ministero eventualmente avvalendosi di una Commissione di esperti nominata con Decreto del Ministro che, tenuto conto di quanto previsto all’articolo 2 ed entro il limite delle risorse disponibili, li ammette o meno ad essere finanziati in relazione ai seguenti criteri:
a) Coerenza rispetto agli obiettivi della programmazione.
b) Chiarezza degli obiettivi e coerenza delle azioni pianificate con gli stessi.
c) Grado di fattibilità del programma, adeguatezza economica, eventuale cofinanziamento diretto aggiuntivo a carico dell’ateneo o di altri soggetti terzi, senza considerare in tale importo la valorizzazione di costi figurativi (es. ore uomo, costi di personale già in servizio, ecc …).
d) Grado e attitudine del programma a determinare un effettivo miglioramento e ad apportare un reale valore aggiunto rispetto allo stato dell’arte.
e) Grado di adeguatezza del programma con i risultati ottenuti nella VQR 2004 – 2010.
4. I Programmi delle Università sono altresì monitorati e valutati annualmente secondo parametri coerenti con le Linee di indirizzo e i criteri di cui al presente decreto, adottati dal Ministro avvalendosi dell’ANVUR e sentita la CRUI.
5. I programmi valutati positivamente e ammessi a finanziamento determinano:
a) Per l’anno 2013 l’assegnazione integrale della quota destinata a ciascun ateneo.
b) Per gli anni 2014 e 2015:
- l’assegnazione di un importo pari al 50% della rispettiva quota di competenza;
- l’assegnazione integrale o parziale del restante 50% a seguito di monitoraggio e verifica annuale dei risultati della programmazione in relazione ai parametri definiti secondo quanto previsto al precedente comma 4.
6. Il Ministero entro il 30 giugno 2016 verifica quanto realizzato da ogni Università o gruppo di Università relativamente a ciascun programma e, conseguentemente, procede a:
a) consolidare a decorrere dall’anno 2016 e a valere sul FFO o sul contributo di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243 gli importi relativi ai programmi che hanno ottenuto nel triennio un finanziamento complessivo pari almeno al 90% rispetto a quanto attribuito all’atto della valutazione di cui al comma 3;
b) recuperare integralmente e in quote costanti annuali a valere sul FFO o sul contributo di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243 nel corso del triennio 2016 – 2018 le somme precedentemente assegnate per i programmi che hanno ottenuto nel triennio un finanziamento complessivo inferiore al 60% rispetto a quanto attribuito all’atto della valutazione di cui al comma 3.
Art. 5 – Programmazione finanziaria 2013 – 2015
1. Tenuto conto di quanto previsto dall’art. 2, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25, di quanto previsto dall’articolo 10 del d.lgs 49/2012, di quanto previsto dall’articolo 60 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013, n. 98 e con riferimento alla programmazione finanziaria triennale relativa al periodo 2013-15 si prevede che:
a) nell’ambito delle assegnazioni annue del Fondo per il finanziamento ordinario e della Programmazione triennale delle Università statali si procede annualmente al riparto del finanziamento non vincolato nella destinazione secondo i criteri e le percentuali di cui alla Tabella 1 che, relativamente agli anni 2014 e 2015, hanno valore esclusivamente ai fini delle percentuali minime di seguito indicate:
Tabella 1 – Voci di riferimento del Finanziamento statale alle Università Statali
FFO + Fondo Programmazione triennale
2013 – 2015
QUOTA DIDATTICA:
- Costo Standard per studente regolare*
- Risultati della didattica
Min 75% – MAX 85%
QUOTA RICERCA:
- Risultati della ricerca
- Valutazione delle Politiche di reclutamento del personale
Min 8% (2013)
Min 12,8% (2014)
Min 14,4% (2015)
QUOTA Programmazione
Min 0,5% – MAX 1,5%
QUOTA INTERVENTI SPECIFICI
- Interventi perequativi
- Interventi specifici
MAX 3,5%
TOTALE
100%
*per l’anno 2013 qualora non sia definito in tempo utile il costo standard, si utilizzerà la quota base FFO 2012
Art. 6 – Disposizioni finali
Le disposizioni del presente decreto trovano applicazione fino all’emanazione del Decreto Ministeriale con cui sono definite le linee guida per la programmazione del triennio 2016 – 2018.
Il presente decreto è trasmesso alla Corte dei Conti e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Registrato alla Corte dei conti il 12 dicembre 2013, Reg. 15, foglio 51
Roma, 15 ottobre 2013
IL MINISTRO
f.to Carrozza
Versione pdf del DM
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Legge 30 dicembre 2010, n. 240
“Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonche’ delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 10 del 14 gennaio 2011 – Suppl. Ordinario n. 11
TITOLO I
ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA UNIVERSITARIO
Art. 1.
(Principi ispiratori della riforma)
1. Le università sono sede primaria di libera ricerca e di libera formazione nell’ambito dei rispettivi ordinamenti e sono luogo di apprendimento ed elaborazione critica delle conoscenze; operano, combinando in modo organico ricerca e didattica, per il progresso culturale, civile ed economico della Repubblica.
2. In attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 33 e al titolo V della parte II della Costituzione, ciascuna università opera ispirandosi a principi di autonomia e di responsabilità. Sulla base di accordi di programma con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di seguito denominato «Ministero», le università che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonche’ risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca, possono sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica, diverse da quelle indicate nell’ articolo 2. Il Ministero, con decreto di natura non regolamentare, definisce i criteri per l’ammissione alla sperimentazione e le modalità di verifica periodica dei risultati conseguiti.
3. Il Ministero, nel rispetto delle competenze delle regioni, provvede a valorizzare il merito, a rimuovere gli ostacoli all’istruzione universitaria e a garantire l’effettiva realizzazione del diritto allo studio. A tal fine, pone in essere specifici interventi per gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, che intendano iscriversi al sistema universitario della Repubblica per portare a termine il loro percorso formativo.
4. Il Ministero, nel rispetto della libertà di insegnamento e dell’autonomia delle università, indica obiettivi e indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti e, tramite l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) per quanto di sua competenza, ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente con gli obiettivi, gli indirizzi e le attività svolte da ciascun ateneo, nel rispetto del principio della coesione nazionale, nonchè con la valutazione dei risultati conseguiti.
5. La distribuzione delle risorse pubbliche deve essere garantita in maniera coerente con gli obiettivi e gli indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti, definiti ai sensi del comma 4.
6. Sono possibili accordi di programma tra le singole università o aggregazioni delle stesse e il Ministero al fine di favorire la competitività delle università, migliorandone la qualità dei risultati, tenuto conto degli indicatori di contesto relativi alle condizioni di sviluppo regionale.
(omissis)
Art. 3.
(Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dell’offerta formativa)
1. Al fine di migliorare la qualità, l’efficienza e l’efficacia dell’attività didattica, di ricerca e gestionale, di razionalizzare la distribuzione delle sedi universitarie e di ottimizzare l’utilizzazione delle strutture e delle risorse, nell’ambito dei principi ispiratori della presente riforma di cui all’articolo 1, due o più università possono federarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività o strutture, ovvero fondersi.
2. La federazione può avere luogo, altresì, tra università ed enti o istituzioni operanti nei settori della ricerca e dell’alta formazione, ivi compresi gli istituti tecnici superiori di cui al capo II del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell’11 aprile 2008, nonche’ all’articolo 2, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, e all’articolo 2, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88, sulla base di progetti coerenti ed omogenei con le caratteristiche e le specificità dei partecipanti.
3. La federazione ovvero la fusione ha luogo sulla base di un progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi, le compatibilità finanziarie e logistiche, le proposte di riallocazione dell’organico e delle strutture in coerenza con gli obiettivi di cui al comma 1. Nel caso di federazione, il progetto deve prevedere le modalità di governance della federazione, l’iter di approvazione di tali modalità, nonché le regole per l’accesso alle strutture di governance, da riservare comunque a componenti delle strutture di governance delle istituzioni che si federano. I fondi risultanti dai risparmi prodotti dalla realizzazione della federazione o fusione degli atenei possono restare nella disponibilità degli atenei che li hanno prodotti, purché indicati nel progetto e approvati, ai sensi del comma 4, dal Ministero.
4. Il progetto di cui al comma 3, deliberato dai competenti organi di ciascuna delle istituzioni interessate, è sottoposto per l’approvazione all’esame del Ministero, che si esprime entro tre mesi, previa valutazione dell’ANVUR e dei rispettivi comitati regionali di coordinamento di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25.
5. In attuazione dei procedimenti di federazione o di fusione di cui al presente articolo, il progetto di cui al comma 3 dispone, altresì, in merito a eventuali procedure di mobilità dei professori e dei ricercatori, nonche’ del personale tecnico-amministrativo. In particolare, per i professori e i ricercatori, l’eventuale trasferimento avviene previo espletamento di apposite procedure di mobilità ad istanza degli interessati. In caso di esito negativo delle predette procedure, il Ministro può provvedere, con proprio decreto, al trasferimento del personale interessato disponendo, altresì, in ordine alla concessione agli interessati di incentivi finanziari a carico del fondo di finanziamento ordinario, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze.
6. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano anche a seguito dei processi di revisione e razionalizzazione dell’offerta formativa e della conseguente disattivazione dei corsi di studio universitari, delle facoltà e delle sedi universitarie decentrate, ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.
Universidade de Sardigna – Università della Sardegna – University of Sardinia Un intervento del 7 dicembre 2013 su Aladinews, blog di Aladinpensiero: http://aladinews.blog.tiscali.it/2013/12/07/universidadi-de-sa-sardigna-universita-della-sardegna-the-university-of-sardinia/
La Nuova Sardegna, mercoledì 4 febbraio 2015
di ANTONIETTA MAZZETTE
Università di Sassari in crisi, una svolta per sopravvivere
L’Ateneo si avvicina alla soglia dei 10mila iscritti: sarebbero a rischio i finanziamenti dei corsi di laurea e dell’alta specializzazione.
Evitare l’immobilismo.
Riporto l’attenzione sull’Ateneo di Sassari e specificamente su due problemi: i precari e l’offerta formativa per il prossimo triennio. Per ciò che riguarda i primi, ancora oggi, non è chiaro l’orientamento di questa amministrazione. In nessuna sede formale se n’è parlato e i Dipartimenti potrebbero vedere ridotti drasticamente sia il numero di persone che svolgono funzioni amministrative sia quello dei docenti: per i primi il contratto si conclude a marzo, per i ricercatori nell’ottobre 2015. Lo stato del bilancio dell’Ateneo è critico ma, considerato che questo problema dovrebbe essere una priorità per tutti, si è ancora in tempo per avviare una verifica trasparente su come operare forme di risparmio e accantonamento di fondi a favore dei precari. Sono certa che, riqualificando la spesa, sarebbero molte le persone disposte a fare sacrifici per non perdere queste competenze. Per ciò che riguarda l’offerta formativa dell’Ateneo, da oltre tre anni un gruppo nutrito di docenti sottopone all’attenzione del Rettore e degli Organi di governo la necessità di analizzare criticamente tutta l’offerta formativa, a partire dai corsi che soffrono di gravi criticità, in termini di iscrizioni (ve ne sono alcuni che non hanno neppure 10 studenti), di rispetto dei requisiti di docenza, di qualità (vi sono corsi che si collocano stabilmente agli ultimi posti di ogni graduatoria), di spendibilità in termini di occupazione. In questo quadro, questi docenti hanno proposto l’istituzione di un corso di laurea che formi giovani nei settori delle nuove tecnologie dell’informazione. Si tratta, per il momento, dell’unica proposta di innovazione avanzata e, come tale, suscettibile di miglioramenti e integrazioni. Le argomentazioni di questi docenti sono state le seguenti. Avviare corsi innovativi, come quello in Ingegneria dell’Informazione, si traduce immediatamente in crescita del numero degli studenti: l’Ateneo di Sassari si sta avvicinando pericolosamente alla soglia dei 10mila iscritti, soglia che comporterebbe il passaggio da media a piccola università. Questo significherebbe automaticamente contrazione dei finanziamenti, dei corsi di laurea e dell’alta formazione. Inoltre, il sistema produttivo ed economico del Nord-Sardegna è carente di tutte quelle professionalità che rientrano nei settori dell’Ict. E ciò costituisce un ulteriore indebolimento dell’economia del territorio. E ancora, i settori dell’Ict sono considerati una priorità dall’Unione Europea e dal Miur, riconosciuta anche dalla Regione della Sardegna. Mi riferisco al documento Strategia di specializzazione intelligente della Sardegna, pubblicato nella scorsa estate. In questo documento i settori dell’Ict vengono classificati strategici per la programmazione 2014/2020 e, perciò, vengono considerati la priorità 1 perché l’Ict è una “fondamentale tecnologia abilitante per gli altri settori”. Ma tanto la riflessione complessiva quanto l’avvio di un nuovo corso sono stati bocciati, utilizzando due argomenti: l’Ateneo in questo momento non può che ripresentare la medesima offerta di corsi degli anni passati; vi sono (presunte) debolezze tecniche dell’unica proposta avanzata, anche se la verifica tecnica – è bene sottolinearlo – spetterebbe al Nucleo di Valutazione dell’Ateneo e agli enti ministeriali Cun e Anvur. Ormai rassegnati, questi docenti non ripresenteranno più (se non sollecitati da altri) le loro proposte. Che nesso c’è tra la questione dei precari e quella dell’offerta formativa? L’immobilismo per un verso, la non volontà di mettersi in discussione per un altro verso. Stare fermi e “non toccare niente con la speranza di salvarsi” può apparire rassicurante ma, metaforicamente parlando, è come se una nave costretta a navigare nel mare in burrasca venisse lasciata in balia delle onde. Con un solo esito: i membri dell’equipaggio cercherebbero di salvarsi, ognuno per sé, senza pensare ai compagni di viaggio. Rispetto a questo pericolo, a mio avviso c’è un solo percorso praticabile, quello di avviare rapidamente la discussione all’interno degli Organi di governo e coinvolgendo la società locale, con il fine comune di trovare soluzioni condivise.
Commento di Piero Marcialis, su fb.
Già nel 1968 il prof. Giovanni Lilliu aveva parlato della necessità di una Università sarda (una, non due; sarda, non italica) “profondamente radicata nelle strutture, nei contenuti didattici e scientifici”, quando la situazione di allora (e ora?) era di un “ambiente subalterno” dagli “aspetti allarmanti”. Commentava Massimo Pittau: “… le due Università sarde non sono altro che autentiche dépendances delle cosidette grandi Università della Penisola.”
L’UNIONE SARDA di sabato 7 febbraio 2015 / Commenti (Pagina 14 – Edizione CA)
I LIMITI DEGLI ATENEI SARDI
La nuova sfida: assumere i giovani
Giuseppe Marci, Docente universitario
Lo stillicidio di articoli sull’invecchiamento del corpo docente, nella scuola e nell’università, può portare a conclusioni sbagliate: che i docenti in servizio non vogliano nuove assunzioni. La qual cosa è inverosimile, come ciascuno comprende, se ci ragioniamo un po’. Con riferimento all’università, l’accusa in genere diviene anche più diretta ed esplicita. Qualche giorno fa un grande quotidiano intitolava: «Narcisismo e cecità dei baroni uccidono l’università italiana». E nel sottotitolo rincarava: «Autoreferenzialità, fobia digitale, concorsi adattati: è l’Italia che non vuole cambiare».
Può darsi. Può darsi che non voglia cambiare. E può anche darsi che ci siano autoreferenzialità, concorsi adattati, eccetera. Ma rappresentare questi aspetti come fossero l’intero quadro è inesatto e controproducente. Soprattutto nasconde una parte, non la minore, delle responsabilità riguardo a quella “uccisione” dell’università (e della scuola). Il difetto – recitava un antico modo di dire – sta nel manico. E il “manico” solo in parte lo tengono i “baroni”: anche quando siedono in Parlamento e concorrono a fare le leggi. La realtà è che questo Paese, per limiti culturali incancreniti, non crede nella ricerca, se non come fiore all’occhiello da esibire vanitosamente quando uno dei nostri scienziati consegue un riconoscimento internazionale. Se potessimo analizzare serenamente la situazione dei due Atenei sardi, ultimi in Italia riguardo ad alcuni parametri, molte cose potremmo imputare ai docenti che vi hanno operato: anche il narcisismo e la cecità. E per cecità intenderei l’incapacità di prevedere che il periodo delle vacche grasse sarebbe potuto finire e che avrebbero dovuto saviamente attrezzare l’istituzione per il periodo di carestia, che puntualmente è arrivato. Ma non la colpa di non volere nuove assunzioni.
Certo, il neoeletto Rettore di Sassari e il nuovo di Cagliari questa sfida principalmente dovranno affrontare: quella della perdita di docenti che vanno in pensione e non possono essere sostituiti per mancanza di risorse. Dovranno pensare a sinergie lungo l’asse Cagliari-Sassari, se vorranno scongiurare il rischio della chiusura, e a un nuovo rapporto con la Regione: programmatorio e non strumentale come troppe volte è stato. Attento alle esigenze generali: non a quelle di logiche ristrette, accademiche o politiche che siano. Dovranno coinvolgere tutti in uno sforzo collettivo: pensare di risolvere la situazione con l’ingegneria istituzionale è una pura illusione
Attenzione a Renzi! http://www.roars.it/online/renzi-ha-ragione-ridimensioniamo-gli-atenei-di-serie-b-come-firenze-politecnico-di-torino-e-bocconi/
[…] processi di modernizzazione politica e sociale tra le nuove generazioni dei sardi. Infine, un punto di debolezza del sistema universitario sardo, sempre rimarcato dai “riformatori” di ier…. […]