Ma l’Università di Cagliari è in Sardegna?

Riproponiamo un articolo datato 29 marzo 2012 sulla “mancanza di Sardegna” negli Statuti delle Università della Sardegna, soprattutto dell’Università di Cagliari, che su questa tematica è addirittura regredito rispetto allo Statuto precedentemente in vigore. Lo facciamo oggi, cogliendo l’occasione della campagna elettorale per il nuovo Rettore dell’Università di Cagliari, che va avviandosi in questi giorni. E’ auspicabile che i candidati Rettori si esprimano su questa tematica, recependo l’esigenza di un adeguamento dello Statuto dell’Ateneo rispetto al suo “posizionamento” in Sardegna. Bisogna anche ricordare che lo Statuto della Regione Autonoma della Sardegna ignora l’esistenza dell’Università, un’ulteriore ragione per riscriverlo secondo le nuove esigenze, per quanto possa essere possibile rispetto ai vincoli del rapporto con l’Italia; al riguardo segnaliamo il testo dell’attuale Statuto della Regione Lombardia, che, seppure fosse totalmente “prelevato” e inserito nel nostro futuro Statuto sarebbe parziale rispetto alle esigenze di definizione del rapporto Università-Sardegna, ma comunque decisamente un di più rispetto al vuoto dell’attuale Carta costituzionale sarda in materia di istruzione superiore. (f.m.)

Ma l’Università di Cagliari è in Sardegna?
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- La foto a corredo è una riproduzione di un parziale di una foto di Giancarlo Morgante.
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- Dal sito Unica
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LA POLITICA DIFENDA LA SPECIFICITÀ DEL SISTEMA UNIVERSITARIO SARDO

Cagliari, 14 gennaio 2015 – Questa mattina il Rettore Giovanni Melis è stato sentito dalla Commissione Bilancio del Consiglio regionale nel corso di un’audizione dedicata alla Finanziaria 2015, in discussione in questi giorni nell’assemblea di via Roma. Pubblichiamo il testo del suo intervento:

A partire dal 2008 la difficile situazione economica e le politiche ministeriali che hanno ridotto gli investimenti per migliorare la qualità del capitale umano, l’innovazione tecnologica e culturale, hanno comportato per il sistema universitario italiano un significativo ridimensionamento delle risorse con la conseguente contrazione dell’offerta formativa. Nel periodo 2009-2013 il fondo di finanziamento ordinario è passato da 7,5 a 6,5 miliardi.L’Università è l’unica pubblica amministrazione finanziata in rapporto ai risultati ottenuti.

In questo difficile e complesso contesto l’Ateneo di Cagliari, anche grazie al sostegno lungimirante dell’amministrazione regionale, ha fino ad oggi attenuato gli effetti delle politiche ministeriali e mantiene in equilibrio l’indice di solidità economica-finanziaria, parametro che il Ministero utilizza per consentire il recupero del turnover e per l’attivazione di corsi di laurea.

In pari tempo, si è garantita stabilità ed adeguato sostegno alle attività formative e alla ricerca. È in corso un sostenuto programma di rinnovo del corpo docente (160 nuovi ricercatori, chiamata di 118 professori) dando una risposta significativa ai giovani ricercatori che hanno conseguito le abilitazioni nazionali. Il rientro dell’Ateneo fra i 21 Atenei Italiani compresi fra i primi 500 al mondo nel 2014 Shanghai Ranking of World University per la qualità della ricerca, è un segnale significativo dei progressi realizzati.

Con il decreto n 815/2014 il Ministero individua i nuovi criteri per l’assegnazione complessiva del Fondo di Finanziamento Ordinario che, per l’Ateneo cagliaritano, evidenzia una flessione di 2,6 ml, (- 2,36%), da attribuire essenzialmente alla introduzione del criterio del costo standard per studente regolare. Di fatto si ignora la presenza dei costi da sostenere per circa 40% di studenti fuori corso (12.083). Tale criterio è destinato ad attribuire progressivamente il 70% dell’intero finanziamento statale.

Il sistema universitario regionale deve fronteggiare una competizione sempre più incalzante per acquisire il finanziamento statale. Peraltro, la posta non consiste nell’assegnazione di risorse aggiuntive, ma, semplicemente, nella possibilità di limitare i tagli. Non si contesta che il merito premi gli Atenei con i risultati migliori, ma la competizione deve svolgersi con pari opportunità.

L’introduzione del criterio del numero degli studenti regolari nell’attribuzione del finanziamento ministeriale fa emergere difficoltà strutturali negli Atenei Sardi e meridionali. Quanto meno nel breve periodo è molto difficile ridurre il numero degli studenti fuori corso, quando, come emerge dai test INVALSI, le competenze in ingresso dei giovani immatricolati sono decisamente inferiori di quelle dei coetanei del Centro-Nord Italia. Inoltre i servizi per il diritto allo studio sono meno efficaci, determinando difficoltà nell’accesso agli studi e un forte tasso di pendolarismo, che non aiuta nella regolarità degli studi e penalizza l’attrazione di studenti da altre Regioni.
Il sistema regionale universitario deve adeguatamente articolare l’offerta formativa per offrire pari opportunità agli studenti non potendo realizzare le sinergie con Atenei limitrofi come possibile a livello nazionale, per evitare che ricadano sugli studenti le limitazioni della condizione insulare.

Se poi si hanno presenti le differenze nel reddito medio pro-capite che esistono fra la Sardegna e le Regioni del Centro-Nord, e si prende atto che le possibilità di rinnovare gli organici sono per il Ministero concesse in funzione degli equilibri finanziari dei bilanci e, soprattutto, dell’entità delle tasse incassate dagli studenti, emergono con evidenza le implicazioni politiche sottese all’introduzione di criteri meritocratici che di fatto rafforzano i più forti e non danno tempo ai più deboli di recuperare. In questa situazione, le risorse perse dagli Atenei meridionali vanno a rafforzare quelli del Centro-Nord.

Per contrastare il tendenziale ridimensionamento del sistema universitario regionale è fondamentale che la classe politica regionale ponga con forza all’attenzione del Governo le specificità degli Atenei sardi e che il sostegno al sistema universitario attuato negli ultimi anni non venga meno. Inoltre, va aggiunto che gli Atenei sardi a livello territoriale, non posso contare sulle stesse opportunità collaborative con il sistema delle imprese né tanto meno aumentare le tasse degli studenti fino ai livelli consentiti nelle aree più ricche della nazione.

Nel quadro prospettico delineato, riteniamo fondamentale dare continuità alla collaborazione in corso con la RAS, a sostegno delle politiche finalizzate al potenziamento del capitale umano ed al rafforzamento dell’attività scientifica e formativa a servizio dello sviluppo economico e socio-culturale del territorio.

Si comprendono le difficoltà della manovra finanziaria regionale 2015, e si apprezza che il finanziamento per la L.R. 26/96 sia rimasto invariato nonché l’impegno per il diritto allo studio.
Tuttavia non si possono ignorare significative contrazioni in voci significative nelle politiche attive a favore dell’Università. In particolare rispetto agli anni precedenti
- non è più previsto il finanziamento della mobilità studentesca internazionale (mobilità L.R. 2/2007, 3.2 mln nel 2013) fattore formativo decisivo per inserire i nostri giovani nel contesto culturale internazionale ed indicatore di premialità per il Ministero.
- il finanziamento per la ricerca subisce un ulteriore taglio di 7 milioni L.R. 7/2007, pari a quello già subito nell’assestamento 2014, la somma stanziata per i due Atenei 5 milioni è del tutto inadeguata per dare continuità ai progetti in corso che stanno decisamente migliorando l’accreditamento nel sistema scientifico internazionale.
- il finanziamento per le borse di specializzazione mediche e non mediche viene quasi dimezzato passando da 11.000.000 nel 2014 a 6.900.000 creando una ulteriore penalizzazione nel diritto allo studio dei giovani ed alla formazione del capitale umano regionale.

Nella moderna società della conoscenza gli investimenti in istruzione, formazione, ricerca, così come la maggiore attenzione al sostegno al diritto allo studio, sono condizioni strutturali per lo sviluppo socio-economico della nostra Regione. Le politiche più efficaci per difendere ed accrescere le possibilità occupazionali passano per le capacità conoscitive e relazionali dei quadri che operano nelle imprese e nelle istituzioni, per la creatività e innovazione che i giovani, dotati di adeguata formazione, sanno trasferire nel sistema sociale ed economico.

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