Oggi 16 gennaio 2015 venerdì

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Dopo parigi
Un’Europa non fondata sull’economia ma faro di civiltà nel mondo

di Paolo Fois, su La Nuova Sardegna on line di venerdì 16 gennaio 2015
Il recente discorso di Matteo Renzi a Strasburgo in occasione della conclusione del Semestre italiano di presidenza dell’Unione europea si presenta articolato in due diverse, anche se connesse, fasi. Una prima serie di affermazioni del nostro Presidente del Consiglio riprendono, comprensibilmente, quanto da lui dichiarato sei mesi fa, sempre davanti al Parlamento europeo, nel corso della cerimonia di avvio del Semestre. Come si ricorderà, nell’illustrare il programma della Presidenza italiana, nel suo discorso Renzi aveva posto l’accento sulle seguenti priorità: 1) costruire un’Europa meno dominata dagli “eurocrati” di Bruxelles e più vicina, invece, ai cittadini, finalizzata al raggiungimento di un obiettivo strategico sul piano politico, quello della creazione degli Stati Uniti d’Europa; 2) impostare una politica europea finalmente orientata verso la crescita e l’occupazione, con un progressivo abbandono del precedente indirizzo, ispirato al rigore ed alla austerità; 3) rivendicare il contributo determinante che l’Italia, paese fondatore negli anni ’50 delle Comunità europee, intendeva offrire in vista dell’affermazione dell’auspicato cambiamento a livello europeo. Le anticipazioni recentemente apparse sulla stampa per la penna dei suoi più stretti collaboratori avevano fatto ritenere altamente probabile che nel rivolgersi all’Assemblea di Strasburgo da Matteo Renzi si sarebbe pronunciato un discorso in cui, rivendicando i risultati conseguiti nei sei mesi di Presidenza italiana, avrebbe adottato una linea di sostanziale continuità rispetto ai punti qualificanti del programma iniziale. In effetti, alcune delle affermazioni di mercoledì scorso vanno chiaramente in questo senso: il potere degli eurocrati di Bruxelles è stato fortemente ridimensionato, in coerenza con il principio che le decisioni politiche spettano agli Stati membri, e non già ai funzionari dell’Unione; anche la nuova Commissione europea, presieduta da Jean-Claude Juncker, condivide ora una linea più flessibile, maggiormente orientata verso la crescita e l’occupazione; i cittadini europei si sentono più vicini all’Unione, che finalmente risponde alle loro attese dando risposte concrete ai problemi di tutti i giorni; l’Italia, con “i compiti fatti a casa” e le riforme interne avviate, è stata protagonista del Semestre e potrà contare di più a livello europeo anche in futuro. Non tutte queste affermazioni, per la verità, convincono pienamente: basti considerare che sull’auspicata flessibilità, fondamentale per favorire la crescita e l’occupazione, restano profonde divergenze con il Governo tedesco e con la Commissione europea. Ed anche sul ruolo degli eurocrati non sono mancati gli scontri verbali con lo stesso Presidente della Commissione. In presenza di un bilancio non particolarmente esaltante, è quindi comprensibile che Renzi, nella seconda parte del suo discorso, abbia preferito concentrarsi sul futuro dell’Europa, con una riflessione che i tragici fatti i di Parigi rendono quanto mai urgente e necessaria. L’Europa evocata è un’Europa fondata non sull’economia ma sui valori, sulla libertà, sul dialogo tra religioni e culture diverse, sui diritti fondamentali della persona. Un’Europa faro di civiltà nel mondo, che non può chiudersi in una fortezza, paralizzata dalla paura e dal ricatto del terrorismo. Sono questi principi sicuramente da condividere, come del resto i cittadini europei, in stragrande maggioranza, condividono da decenni. Resta da chiedersi se, richiamati in un bilancio del Semestre, non risultino alquanto fuor di luogo.

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