in giro con la lampada di aladin…
– CULTURA E RISPETTO PIÙ FORTI DELL’ODIO
di Ferdinando Camon, su La Nuova Sardegna on line.
- DISEGNO DI SANGUE. Tommaso Di Francesco, su il manifesto.
- “Cosa c’è davanti e dietro l’assalto a Charlie Hebdo. Come finirà”. Franco Cardini, su Intelligo .
- Strage Charlie Hebdo, Pennac: “Solo ora capiamo che per le nostre guerre lontane rischiamo di morire qui a casa”.
Dopo la strage e lo shock, lo scrittore riflette sulle cause dell’assalto: “La Francia ha esportato il conflitto in paesi come Mali e Afghanistan, credendo che gli estremisti non avrebbero colpito. C’è un solo rimedio: combattere sempre violenza e intolleranza”. Intervista a cura di Fabio Gambaro su Repubblica.it.
-Samir Amin: «Un atto odioso, ma la colpa è di Francia e Stati uniti». Giuseppe Acconcia, 8.1.2015 il manifesto
- CULTURA E RISPETTO PIÙ FORTI DELL’ODIO
di FERDINANDO CAMON su La Nuova Sardegna on line di sabato 10 gennaio 2015
Sugli islamici offesi dai disegni blasmefi dei vignettisti francesi le opinioni sono controverse: tra libertà, satira e senso di oltraggio a sentimenti religiosi
Sugli islamici offesi dai disegni blasfemi dei vignettisti francesi le opinioni nel mondo stanno cambiando. “Financial Times”, “New York Times”, “Telegraph”, NBC News” e un’altra dozzina di testate ripetono che la satira dev’essere libera, ma non può oltraggiare i sentimenti religiosi. Concordo. Se un filosofo, per esempio Immanuel Kant, vuol dimostrare che Dio non c’è e scrive la “Critica della Ragion Pura”, io leggo quel libro interrogandomi su ogni parola. E alla fine, consentendo o dissentendo, resto grato all’autore. Ma se uno, per dimostrare che Dio non c’è, gira per le strade bestemmiando come un turco, e a qualcuno dà fastidio e questo qualcuno lo denuncia, io penso che questo qualcuno esercita un diritto e il bestemmiatore no: libertà di parola non significa libertà di bestemmia. Se uno sostiene che Cristo era un uomo, nient’altro, e come tale è morto e non è resuscitato, e aveva tutte le pulsioni dell’uomo, fame sete sonno, e i Vangeli che parlano di lui parlano di un grande uomo che dalla Terra si alza verso il cielo e non di un Dio che dal cielo scende sulla Terra, insomma parla di Cristo restando ateo, come ha fatto Pasolini col film “Il Vangelo secondo Matteo”, io lo ascolto e non lo dimentico e conserverò verso di lui gratitudine. Ma se un regista, per dimostrare che Cristo era soltanto un uomo, lo fa convivere con una puttana che si chiama Maddalena, e inizia il suo film con Maddalena che esercita il suo mestiere in una stanza da letto e riceve i clienti, e nella stessa stanza Cristo la osserva seduto per fare il voyeur, questo regista, anche se si chiama Martin Scorsese, mi disturba e mi ripugna: un conto è narrare una storia sacra da non credente, altro conto è sputare su chi crede. Non ditemi: “Ma tu paghi il biglietto per vedere quelle scene”, perché non è vero: le foto e le scene finiscono sulle copertine dei settimanali, negli spot pubblicitari e ti seguono per le strade. Se un grande regista, come Buñuel, per presentarci uno che recita una preghiera senza fede, ci mostra San Simeone che si gratta la barba perché non la ricorda più, io ammiro regista e attore e scena. Ma se un altro regista, per la stessa ragione, ci mostra Isabelle Huppert che recita “Ave Maria, piena di m…”, provo ripugnanza, e penso che quel regista sostituisce con la bestemmia la mancanza d’ispirazione. Gli islamici credono che il Corano sia Dio, credono cioè nel “Dio incartato”: la peggior tortura che gli americani gl’infliggevano a Guantanamo era buttare per terra il Corano e pisciarci sopra. Era una tortura, fuori dalla legge. Ma i vignettisti parigini disegnano sulla copertina una raffica di mitra che trapassa il Corano e colpisce il petto di un imam che esclama: “Il Corano non ferma le pallottole, è una merda”. Quella copertina parla dalle edicole a tutti i parigini, islamici compresi. Che dunque sono sotto tortura. Moravia diceva: “Chi ragiona così è un fobico, e un fobico non può governare la società”. È vero. Chi crede in qualcosa di sacro e non vuole che sia violato, è un fobico. Ma chi lo vìola per professione e per divertimento è un sadico, può un sadico governare la società? Siamo tutti malati di storia e d’ideologia, non possiamo cercare una convivenza? Noi non sentiamo la sacralità di Maometto: è un nostro diritto. Ma ci sono popoli che la sentono: è un loro diritto. Se io visito una moschea, non prego Allah ma mi levo le scarpe. Ciò detto, una cultura deve portare l’uomo a rispettare gli altri, se lo porta ad offenderli è sbagliata. E una religione deve portare l’uomo ad amare gli altri, se lo porta a ucciderli è sbagliata.
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Disegno di sangue
Tommaso Di Francesco, il manifesto, 7.1.2015
Ripreso da Democraziaoggi: proseguiamo la riflessione sulla mattanza di Parigi con questo editoriale de Il Manifesto.
Non solo libertà di stampa. Un crimine che non si può non definire fascista. I disastri dell’Occidente, con la Francia in prima linea dalla Libia al Mali e alla Siria, e i jihadisti di ritorno. Troppe le zone d’ombra
Scrivevamo di «crudeltà crescenti» concludendo il 2014 e non volevamo certo essere confermati nel giudizio, invece ecco che da Parigi si annuncia un 2015 altrettanto feroce e di sangue.
La strage terrorista nella sede di Charlie Hebdo, proprio durante la riunione di redazione, ci ferisce. L’uccisione a sangue freddo di un agente ferito, l’esecuzione di tanti giornalisti, del direttore Charbonnier (Charb) e di altri tre tra i più grandi vignettisti europei, Cabu, Tignous e Wolinski ci lascia sgomenti. Pensare che qualcuno, nel nome di Maometto, abbia voluto uccidere lo “sguaiato” George Wolinski, forse tra i più grandi satirici del mondo e che fa sicuramente parte della nostra formazione immaginaria dal ‘68, ci fa soltanto piangere. E ci riduce quasi al silenzio. Pur restando convinti che riusciremo a testimoniare questo avvenimento che non ha eguali, non con il solo sentimento di scoramento che rischia di sconfinare nella retorica, né con la tradizionale freddezza che usiamo per spiegare il fenomeno del terrorismo di matrice islamista-integralista.No, stavolta non esitiamo a definire questo orrore come fascismo puro. Già lo Stato islamico al potere in Siria e in Iraq manifesta questa tendenza crudele punendo fisicamente o uccidendo in modo barbaro ogni diverso, ogni essere umano che per i propri comportamenti personali contraddice le regole di quelli che si sono autoproclamati i nuovi testimoni del profeta. È un insopportabile attacco non solo alla libertà di stampa e ai diritti occidentali — spesso vilipesi anche dai nostri governi — ma tout court al diritto di vivere. Un crimine quello di Parigi che intanto sembra fatto apposta per alimentare il protagonismo della destra nazionalista del Front National, il clima islamofobico già latente in tutta Europa e ormai più che evidente in Germania.Siamo però altrettanto convinti che non sarà una pioggia di retorica a illuminare la scena del crimine che è stato commesso ieri per le strade di Parigi. Per il quale chiamano erroneamente in causa «cellule dormienti» o «lupi solitari» risvegliati in Francia (e in Europa) dall’imam integralista di turno che parla dal lontano Medio Oriente in guerra, come per altri attentati recenti in Francia e in Gran Bretagna. Al contrario oltre che di un attacco premeditato, si è trattato di un’azione “professionale” e fredda e “in perfetto parlare francese”, perché non è facile sparare con armi automatiche e tantomeno è facile uccidere con lo stile dell’esecuzione mirata dando ordini nella lingua d’appartenenza. O è manovalanza malavitosa oppure, più credibilmente, ci troviamo di fronte a miliziani che tornano dal fronte, cioè al tour operator terrorista della guerra in Siria e in Iraq. È stato Obama solo un mese fa a dichiarare che tra le fila del Califfato militano almeno 15mila occidentali, tanti gli americani e altrettanti quelli europei.
Se non si ha il coraggio di fare luce su questa zona d’ombra di connivenze criminali, non se ne viene fuori. Quei militanti islamisti occidentali, nel rifiuto completo dei valori occidentali, sono andati combattere ingrossando le fila dello Stato islamico, proprio nel periodo in cui molti paesi europei del fronte degli «Amici della Siria» si accorgevano che le armi, la logistica e l’addestramento da loro organizzati per destabilizzare il regime di Assad, erano finiti indiscriminatamente a tutta l’opposizione armata siriana, vale a dire anche alle frange più radicali come Al Nusra affiliata ad Al Qaeda.
Insomma, se non si viene a capo del disastro che ha visto la Francia in prima fila, prima contro la Libia di Gheddafi (ora a Derna e a Bengasi — la stessa che vide nel 2006 la rivolta contro la provocazione della t-shirt del ministro leghista Calderoli — c’è l’Emirato islamico e le due città sono il santuario politico-militare del Califfato); poi con l’intervento in Mali contro gli integralisti che si erano armati, come quelli siriani, grazie alla crisi libica; per continuare a intervenire dal Ciad in Libia contro gli stessi islamisti che Parigi aveva aiutato ad andare al governo a Tripoli; e ancora continuare a sostenere l’armamento e l’addestramento dei combattenti anti-Assad, e intanto fare trattati militari con le petromonarchie come l’Arabia saudita impegnata contro le proteste democratiche degli sciiti in Barhein e alla fine, dopo averlo incoraggiato, contro il dilagare dell’Isis in Iraq.
Non è satira purtroppo, è quello che è accaduto in questi tre anni e mezzo. A quasi quattordici anni dall’11 settembre 2001, il terrorismo di ritorno è il meno che ci possa accadere se non si sbroglia la matassa di questa schizofrenia occidentale.
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Franco Cardini: “Cosa c’è davanti e dietro l’assalto a Charlie Hebdo. Come finirà”
- Su Intelligo
Dalla Parigi colpita al cuore dove si trova per lavoro, Franco Cardini, storico, analizza con Intelligonews cosa c’è davanti e dietro l’assalto a Charlie Hebdo. Con una lettura singolare…
Lei crede alla teoria del complotto? La Rete sembra scettica anche considerando le modalità con cui si sono mossi gli attentatori, dalla carta di identità lasciata in auto, alla Citroen che pare non sia quella giusta, alla scarpa persa e raccolta per strada.
«L’azione è stata compiuta da due persone che hanno avuto un addestramento di qualche tipo perché arrivare ad ammazzare a sangue freddo una decina di persone non è cosa di cui sono capaci tutti; serve comunque un’attrezzatura mentale e tecnica di tipo militare. Ciò premesso, tutti a botta calda devono tirare fuori cose acute e intelligenti per farsi notare, a detrimento dell’attenzione che invece andrebbe posta rispetto alla situazione, perché in questi casi è necessario studiare e invece tutti vogliono parlare. Teoria del complotto? Gruppo spontaneo? Direi che ci sono elementi che fanno pensare all’azione di un gruppetto, magari i soli due fratelli franco-algerini con l’ appoggio di qualche basista. Si dice sono fanatici: ma che vuol dire? Ci può essere un’organizzazione di tipo jhiadista, pare che uno dei due vi fosse legato ma non è sicuro; d’altra parte c’è chi pensa che dietro ci sia il Califfo dell’Isis: tutto è possibile; del resto la teoria del complotto si riassume in questo: c’è un disegno dietro? Forse ce lo diranno i prossimi giorni, ma non è detto, in fondo non abbiamo capito ancora se c’era un disegno nell’attacco dell’11 settembre ma nel frattempo tutti hanno scritto e speculato su ipotesi e letture ».
Sì, la ma sua idea qual è?
«La mia idea è che questo sia uno dei tanti gruppi che agiscono dentro la logica dello jihadismo che è un’ideologia che ha una lontana origine religiosa e che in realtà, è un’ideologia di tipo politico. Da questo punto di vista colpire Charlie Hebdo, significa colpire un bersaglio ‘eccellente’ per fare presa, sì ma su chi? ».
Lei cosa risponde?
«Io non sono d’accordo con la grande maggioranza di chi dice che questi hanno sferrato un attacco all’Occidente, alla libertà di stampa: la libertà di stampa lasciamola fare, è un’altra questione… C’è un attacco ai valori occidentali, ma mi domando: i valori occidentali erano quelli rappresentati da Charlie Hebdo? Qui in Francia conosco tante persone che oggi indossano la maglietta con la scritta ‘Je suis Charlie Hebdo’ ma fino a ieri accusavano il settimanale satirico di essere antisemita, contro la religione cattolica. A Parigi, in Place de la Republique ieri c’è stata una bellissima manifestazione con le persone che mostravano una penna simbolo della libertà di stampa e oggi la televisione francese parla della necessità di arrivare a forme di silenzio per facilitare le indagini: ma allora dove è la libertà di stampa per la quale tutti sono scesi in piazza?».
E proprio stamani le autorità francesi hanno invitato la stampa a non riprendere le immagini dei Raid nello stabile dove si sono asserragliati i due terroristi.
«Ha ragione la polizia, ma allora chi manifestava o era uno sciocco oppure è stata presa in giro. Voglio dire che la realtà è più complessa di quanto si pensi. Ciò che mi sento di poter dire è che i due fratelli franco-algerini sono jihadisti convinti anche se sapere di cosa siano convinti è difficile; sono però convinti del loro militare per un Islam ‘duro e puro’. Il punto è: questo Islam ‘duro e puro ‘ contro chi sta facendo la guerra? Contro il cosiddetto Occidente? Contro la libertà di stampa? No, io credo che la guerra sia nei confronti di altri gruppi islamici per accaparrarsi il più possibile le simpatie degli estremisti a danno di altri gruppi, per dimostrare come fa il Califfo Al Baghdadi quando fa tagliare le teste in pubblico, che è il detentore dell’Islam sunnita vero e che tutti gli altri musulmani sono tiepidi, traditori, alleati degli occidentali che sono crsitiani. C’è una guerra in corso – lo sostengo io sul Mattino e lo dice Eco sul Corsera – ma bisogna capire fra chi. Noi siamo coinvolti, ma la guerra fondamentale è all’interno del mondo musulmano dove si stanno agitando forze fondamentalista che tra di loro si fanno concorrenza per dimostrare a una parte di musulmani, non certo la migliore, che loro sono i veri difensori della fede. Da questo punto di vista l’attacco a Charlie Hebdo rappresentava l’azione perfetta: da anni il settimanale era nel mirino di questi gruppi come rivista che non rispetta il Profeta. Ci sono musulmani serissimi, moderatissimi, filo-occidentali, democratici – e io ne conosco tanti – che dicono: sì, però quelli di Charlie Hebdo devono capire che se per loro è un valore assoluto la libertà di dire ciò che vogliono, noi non siamo d’accordo. E allora, in un mondo che, in generale, non simpatizza per le cose che faceva Charlie Hebdo, c’è una minoranza infima ma che politicamente può essere qualificata e pericolosa, che ritiene che quelle vignette vadano colpite, non tanto in sé e per sé, bensì per insegnare ai musulmani dove sta la verità e quali sono le forze che rivelano la verità. C’è una guerra dentro l’Islam; sciiti contro sunniti, musulmani favorevoli allo Stato-nazione e chi pensa che i Paesi islamici vanno modernizzati ma tenendo presente l’eredità della Sharia e oggi alcuni di questi Paesi sono grandi potenze mondiali. Come facciamo a non renderci conto che quando parliamo di Islam pericoloso, noi siamo alleati con alcune forze musulmano che sono politicamente e culturalmente tra le più retrive, come ad esempio gli Emirati del Golfo dove andiamo in vacanza o a fare affari e dove le donne non possono guidare la macchina, solo per fare un esempio».
C’è chi sostiene che sia in atto uno scontro tra illuminismo degenerato in libertarismo e un Islam che è una religione a vocazione egemonica. Qual è la sua valutazione?
«Anche il Cristianesimo è una religione a vocazione egemonica; d’altra parte col tempo, la storia dell’Europa e dell’Occidente ha generato forme di convivenza non sempre pacifica, non sempre perfetta tra chi è fautore di una visione illuministica o libertaria della libertà e chi è fautore di una visione in base alla quale la libertà va regolata. Ci sono tanti modi di concepire la libertà, quello concepito da Russeau o Voltaire e quello concepito dal San Tommaso d’Aquino: Charlie Hebdo è più vicini ai primi, io al secondo ma non per questo faccio le crociate. Noi dimentichiamo, autoassolvendoci, di aver per secoli sfruttato e sottomesso i paesi musulmani alla nostra politica coloniale che non era proprio una logica di libertà ma con la nostra idea di libertà noi ci crediamo i puri, i buoni e tutti gli altri i cattivi. Mi pare una lettura affrettata e semplicistica».
Ci sono proiezioni che ipotizzano nel 2050 un’Europa a maggioranza musulmana. E’ uno scenario credibile?
«I musulmani nel mondo sono un miliardo e mezzo mentre i cristiani sono due miliardi, quindi non è vero che oggi siamo minoranza. Secondo aspetto: i cristiani abitano la parte privilegiata del mondo che ha in mano i destini economici, finanziari e tecnologici dell’umanità; se usiamo male queste leve con politiche sbagliate, la responsabilità è solo nostra . In Occidente l’Islam è una minoranza e se fa proseliti lo fa all’interno dei ceti sottoproletari. Io sono cattolico e quando la domenica mi alzo presto per andare a messa, magari vedo il mio vicino di casa che sogghigna per la mia iniziativa, ma per strada non ho mai incontrato capannelli armati di musulmani che mi impediscono di entrare in chiesa, mentre ho incontrato occidentali che volevano negare ai musulmani il diritto a costruire una moschea, anche nella mia Toscana. Nel 2050 ci sarà una maggioranza musulmana? Ma sulla base di quale computo? Forse quello delle statistiche? Ma la realtà è molto diversa e ha dinamiche che non rispondono alle statistiche bensì alle condizioni di vita delle persone».
Insomma, vedremo sventolare la bandiera nera dell’Isis sulla Cupola di San Pietro?
«Il cancelliere di Hitler, uomo più colto, intelligente e dotato da tutti i punti di vista del Califfo Al Baghdadi, non pensava minimamente a issare la bandiera nazista sulla Cupola di San Pietro ma aveva buone motivi di credere che se i nazisti avessero vinto, avrebbero messo al passo le Chiese cristiane, a cominciare da quella cattolica. La realtà è che Hitler non ce l’ha fatta pur avendo corazzate e essendo a un passo dall’avere l’atomica. Il Califfo può pensare ciò che vuole; anche mia zia Rosina può pensare di diventare imperatrice ma dubito che sia il Califfo che mia zia Rosina ce la faranno».
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Strage Charlie Hebdo, Pennac: “Solo ora capiamo che per le nostre guerre lontane rischiamo di morire qui a casa”
Dopo la strage e lo shock, lo scrittore riflette sulle cause dell’assalto:”La Francia ha esportato il conflitto in paesi come Mali e Afghanistan, credendo che gli estremisti non avrebbero colpito. C’è un solo rimedio: combattere sempre violenza e intolleranza”
di FABIO GAMBARO
09 gennaio 2015 su Repubblica.it
Strage Charlie Hebdo, Pennac: “Solo ora capiamo che per le nostre guerre lontane rischiamo di morire qui a casa”
Daniel Pennac
PARIGI – “SONO tristissimo. Conoscevo bene Tignous e Bernard Maris. E poco tempo fa avevo cenato con Charb e Cabu. Mi era anche capitato d’incontrare Wolinski. Di fronte alla loro morte sono senza parole”. Appena avuta la notizia dell’attacco a Charlie Hebdo, l’altra sera Daniel Pennac si è recato alla manifestazione sulla Place de la Republique, dove insieme a migliaia di altre persone ha protestato contro la barbarie di un odio ingiustificabile.
“Erano persone coraggiose, capaci di continuare a fare il loro lavoro nonostante le molte minacce ricevute. Ma al di là delle qualità professionali erano persone adorabili, lontanissime da ogni violenza e aggressività. Grazie al loro entusiasmo, Charlie Hebdo ha sempre rappresentato la forza e il piacere di un’assoluta libertà di pensiero, che certo poteva scioccare chi preferisce trincerarsi dietro certezze incrollabili. I terroristi hanno voluto assassinare la loro libertà”.
Gli assalitori gridavano “abbiamo ammazzato Charlie”. Ci sono riusciti per davvero?
“Assolutamente no. Charlie Hebdo continuerà a vivere. Io, come molti altri, farò di tutto per aiutarli. Troveremo il modo di far sopravvivere lo spirito libero e irriverente del giornale, scrivendo, disegnando, abbonandosi, aiutando finanziariamente la redazione. L’ironia e l’autoironia sono sempre necessarie: un’anima senza ironia diventa un inferno “.
A chi parla dei limiti della satira, cosa risponde?
“È tutta la vita che ne sento parlare. Chi invoca questo tipo di limiti in realtà vuole solo imporre i propri limiti agli altri. I cattolici, i musulmani, i tradizionalisti, ciascuno vuole far prevalere le proprie regole. Ma ciò non ha senso. Solo una convinzione ottusa e prigioniera di certezze ideologiche e religiose può sentire il bisogno d’imporre un limite all’ironia. Gli unici limiti concepibili sono quelli che l’umorista, l’artista si pone da solo. Io so che ci sono ambiti su cui non scriverò mai, ma questo lo decido io. Nessuno potrà mai impormi gli argomenti su cui scrivere o meno”.
La situazione, però, è diventata da guerra.
“La Francia è in guerra, solo che finora il campo di battaglia era geograficamente lontano, in Mali, in Afghanistan. Quindi ci siamo illusi che gli estremisti contro cui stavamo combattendo non avrebbe mai potuto colpirci. Oggi sappiamo che non è vero. E temo che in futuro assisteremo ad altri attacchi di questo tipo”.
Come spiega la radicalizzazione di certi giovani che imboccano la strada del terrorismo?
“È il risultato di molti fattori, tra cui il capitalismo odierno che fa la guerra ai poveri e non alla povertà. In questo modo marginalizza una parte della popolazione che si sente esclusa e isolata dalla società. Se a ciò si aggiungono le discriminazioni subite, si comprende come certe persone possano progressivamente radicalizzarsi al punto da odiare la società in cui vivono. Spesso manipolati, costoro diventando disponibili alla violenza e alla follia del terrorismo”.
Per la società francese, quali saranno le conseguenze di quanto è accaduto?
“Purtroppo le vittime simboliche di questa strage sono innanzitutto i musulmani di Francia che si ritrovano presi tra due fuochi. Da un lato, ci sono gli assassini che pretendono di parlare in loro nome. Dall’altra, un’opinione pubblica che chiede loro di dimostrare continuamente di essere diversi e lontani dagli assassini. Per i musulmani è una situazione molto difficile. Se i terroristi incarnano una malattia mortale, a modo suo anche l’estrema destra è una malattia mortale, sebbene di un altro tipo. Ma possiamo produrre degli anticorpi”.
Come fare?
“Non dobbiamo cedere alla paura degli altri. Non cedere al terrore è il migliore degli anticorpi”.
La cultura può contribuire?
“Mi piacerebbe rispondere di sì, ma purtroppo l’esperienza del passato c’insegna che non è vero. La cultura non ha mai evitato le catastrofi. La Germania aveva la cultura più avanzata, ma questa non ha potuto evitare la Shoah. La cultura può alimentare le coscienze, non può disarmare gli assassini. Il che naturalmente non significa che non si debba continuare a battersi e a lottare contro tutte le forme d’intolleranza e di violenza”.
La Repubblica.it
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Samir Amin: «Un atto odioso, ma la colpa è di Francia e Stati uniti»
— Giuseppe Acconcia, 8.1.2015 il manifesto
Intervista. Gli errori occidentali e i danni neo-liberisti: Saddam Hussein e Gheddafi sapevano contenere la deriva islamista, ma sono stati abbattuti. In Libia Parigi e Washington hanno sbagliato tutto
Abbiamo raggiunto al telefono a Parigi Samir Amin, filosofo ed economista, direttore del Forum del Terzo mondo, con sede a Dakar, per commentare l’attacco alla redazione di Charlie Hebdo.
Perché i terroristi hanno colpito così duro al cuore dell’Europa?
È una conseguenza diretta della politica occidentale in Libia. In particolare il Sud del paese è diventato una base di approvvigionamento gigantesca. Quella regione è stata strategica per la Francia, senza di essa l’esercito francese non sarebbe potuto intervenire in Sahel. Dirò di più. Credo anche che la tempistica degli attacchi abbia una relazione con l’avanzata dell’esercito francese dal Ciad dei giorni scorsi. I jihadisti hanno voluto riaffermare che il Sud della Libia deve rimanere la loro base e una terra di nessuno. Ovviamente tutto questo è poi conseguenza diretta degli attacchi della Nato contro il colonnello Muammar Gheddafi del 2011.
Chi è quindi il vero responsabile di queste azioni. È forse il caso di mettere in discussione la politica occidentale in Medio oriente?
Si tratta di un odioso atto di terrorismo di sedicenti islamisti che hanno una comprensione del tutto particolare dell’Islam e della religione. Ma la responsabilità di questi attentati è di Francia e Stati uniti. Le potenze occidentali continuano a sostenere Arabia Saudita, Qatar e paesi del Golfo. Consentono tutto a questi paesi, che danno un appoggio gigantesco al terrorismo. Per essere più chiari, le potenze occidentali considerano l’alleanza con i paesi del Golfo un fondamento della politica neo-liberale. Il secondo errore occidentale è di aver combattuto gli autocrati che hanno cercato di porre un freno all’Islam politico, da Saddam Hussein a Muammar Gheddafi. Per esempio in Iraq Saddam Hussein sebbene riuscisse ad assicurare la coesistenza tra sciiti e sunniti è stato brutalmente deposto. E Gheddafi aveva chiaramente contenuto le derive islamiste in Libia.
Ci sono delle responsabilità specifiche della Francia?
La Francia ha una responsabilità in più: aver sostenuto gli islamisti in Algeria, presentandoli come vittime della dittatura dell’esercito. Una parte di questi islamisti si è rifugiata in Arabia Saudita ma anche in Europa: in Gran Bretagna ancor più che in Francia.
Perché le potenze occidentali hanno interesse a continuare a fomentare il terrorismo internazionale?
Il solo obiettivo delle potenze occidentali è portare avanti la loro politica neo-liberale. Per questo, per loro, il mondo si divide in due: i paesi che appoggiano incondizionatamente il neo-liberismo sono i soli amici dell’Occidente, anche se si tratta di odiosi islamisti; i paesi recalcitranti sono invece nemici della dittatura del capitale internazionale. In altre parole, le potenze occidentali hanno un solo criterio: il liberismo assoluto. A chi lo sostiene gli si perdona tutto. E la democrazia non ha niente a che vedere con questo.
Alcuni degli attentatori avrebbero fatto riferimento ad Al Qaeda in Yemen durante gli attacchi.
Non mi stupisce, in Yemen per anni gli islamisti sono stati sostenuti dagli Stati uniti in funzione anti-comunista, insieme all’Arabia Saudita. In quel caso la battaglia era contro il “pericolo” nazional popolare dell’ex Yemen del Sud.
È plausibile poi che si tratti di jihadisti con passaporti europei, come spiega questo fenomeno?
Le potenze occidentali hanno tollerato che cittadini europei partissero per la Siria per combattere Bashar al-Assad. Questo meccanismo è stato sostenuto dalla Turchia e dagli altri governi occidentali. Ma bisogna stare attenti a non cadere nell’islamofobia. La maggioranza schiacciante degli immigrati che vivono in Francia, credenti e non, non sono per nulla fanatici dell’Islam reazionario. Invece non è da sottovalutare che siano coinvolti molti atei e convertiti in questi movimenti radicali. Gli attentatori, come al solito, sono ben preparati. Lo stesso avvenne con i Taliban in Afghanistan che erano stati addestrati dalla Cia in Pakistan. E così questi “jihadisti europei” non sono amatoriali, probabilmente si sono formati in Siria e in Iraq. Per questo sono stati estremamente efficaci.
Perché è stata scelta proprio la stampa come obiettivo?
Gli attentatori hanno scelto un obiettivo “intelligente”. Il loro scopo è di diffondere terrore nei media. L’obiettivo, in ultima analisi, è quello di costringere l’Occidente a rinunciare alla laicità e alla libertà di espressione.
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