Dai movimenti degli anni settanta alla Sardegna di oggi. Ricordando Riccardo Lai
I MOVIMENTI TRA IERI E OGGI
- In attesa degli atti del Convegno continuiamo con la pubblicazione di alcuni interventi (abbiamo iniziato ieri con quello del direttore oggi ospitiamo quello di Vanni Tola). Mano a mano che ci perverranno pubblicheremo anche gli altri e inoltre daremo conto della pubblicazione delle relazioni in altre news. Avvertiamo che si tratta di interventi che ci sono pervenuti per iscritto e che durante il Convegno sono stati per lo più arricchiti “a braccio”. Salvatore Cubeddu ha comunicato che quanto prima sarà disponibile nel sito della Fondazione Sardinia l’intera registrazione video delle due giornate di lavori del Convegno. .
- La pagina fb dell’evento.
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Comunicazione di Vanni Tola*
Ricordare Riccardo Lai, il suo operato di giovane militante impegnato, attraverso la rilettura delle caratteristiche e delle peculiarità dei movimenti che lo videro protagonista o partecipe mi pare un’ottima scelta degli organizzatori del convegno.
Lo vorrei ricordare parlando della legge 285 con particolare riferimento alla costituzione di cooperative nelle campagne e al movimento per il recupero produttivo delle terre incolte.
Anni settanta, tre problemi preponderanti nel sistema Sardegna: a) fallisce il piano di industrializzazione per poli petrolchimici, non si realizza quel processo di industrializzazione diffusa che tali insediamenti avrebbero dovuto determinare; b) non decolla, se non parzialmente, la riforma del comparto agro-pastorale e la creazione del monte dei pascoli che avrebbe dovuto rappresentare la risposta alternativa al fallimento dei piani di rinascita; c) cresce la disoccupazione giovanile e riprende l’emigrazione.
Nel 1977 arrivò la legge 285 – provvedimenti per l’occupazione giovanile. Una buona legge (pur con i suoi molti limiti) che meriterebbe una rivisitazione critica per riscoprirne proposte che potrebbero ancora oggi essere considerate valide.
Il provvedimento dedicava grande attenzione al comparto agricolo. Prevedeva l’impiego straordinario di giovani in attività agricole, il finanziamento di programmi regionali di lavoro produttivo per opere e servizi socialmente utili; l’incoraggiamento dell’accesso dei giovani alla coltivazione della terra; attività di formazione professionale con contratti di formazione; la costituzione, presso i comuni, di liste speciali di collocamento per i giovani tra i 15 e i 29 anni.
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L’art 18 del provvedimento, in particolare, stabiliva che Le regioni avrebbero dovuto favorire nel settore agricolo la promozione e l’incremento della cooperazione a prevalente presenza di giovani per la messa a coltura delle terre incolte, per la trasformazione dei terreni demaniali o patrimoniali , per la trasformazione dei prodotti agricoli, per la gestione dei servizi tecnici per l’agricoltura.
La risposta dei giovani disoccupati non si fece attendere. Si crearono cooperative giovanili in quasi tutti i paesi, si individuarono dappertutto terre incolte pubbliche o appartenenti ai privati sui quali poter realizzare i progetti, ci si mobilitò con creatività e fantasia per superare le difficoltà burocratiche per la costituzione delle cooperative e si costituirono forme di coordinamento fra giovani disoccupati nel territorio.
Una statistica (sicuramente incompleta per difetto) indica che in quegli anni si costituiscono nell’isola oltre 40 cooperative agricole giovanili, con più di 500 soci e con una richiesta di terre che superava i 5.200 Ha.
Un movimento reale dunque, che si caratterizzò e si collocò naturalmente a sinistra. Le parole d’ordine quali l’uso sociale delle terre, la redistribuzione della terra a chi la lavora lo qualificarono inevitabilmente come la naturale prosecuzione delle lotte bracciantili e contadine degli anni del dopoguerra.
Con una ulteriore peculiarità. Nelle cooperative agricole, diversamente dalle altre, era molto forte l’esigenza di organizzare il lavoro in modo diverso, di stare insieme, discutere ( più che vendere al meglio la propria forza lavoro), di stabilire, attraverso la creatività del lavoro agricolo, una dinamica di realizzazione individuale differente e di esprimere, attraverso tutti questi rapporti, modi di vita antagonisti al processo capitalistico.
Si costituirono coordinamenti regionali e nazionali. Il più importante e rappresentativo di questa realtà fu il Coordinamento Cooperatori Nuova Sinistra che operò pubblicando diversi numeri di un Bollettino nazionale per la diffusione delle esperienze e furono promotori di importanti Coordinamenti nazionali (Bologna, a Roma, Ariccia, Torrinpietra), alcuni specifici per le cooperative agricole, ai quali parteciparono attivamente anche cooperatori della Sardegna.
Nacque all’interno della Lega delle Cooperative la componente Cooperatori Nuova Sinistra che espresse alcuni membri del Direttivo Nazionale . Gli organi di stampa della sinistra (Lotta Continua, Il Manifesto, Il Quotidiano dei lavoratori) e importanti riviste di Economia e Politica agraria si occuparono del movimento e ne diffusero proposte e programmi ( fra queste Agricoltura e lotta di classe, edizioni Cescat – Roma).
Un movimento di massa quindi che raccolse consensi, organizzò manifestazioni, denunciò l’inefficienza degli organismi politici che avrebbero dovuto provvedere all’assegnazione delle terre, occupò diversi terreni incolto. Ma fu anche un movimento che creò apprensione nel mondo agricolo.
E’ importante ricordare, soprattutto ai più giovani, che in quegli anni le campagne erano saldamente controllate (politicamente, elettoralmente e finanziariamente) dall’alleanza tra la DC, la Coldiretti, e il grande padronato agrario (che controllava e gestiva la Federconsorzi). Ovviamente un movimento che metteva in discussione l’organizzazione capitalistica del lavoro nei campi e minacciava gli interessi dei grandi proprietari terrieri non poteva non essere duramente ed efficacemente contrastato. E cosi fu.
Il “blocco agrario” democristiano, con una certa complicità della Sinistra del compromesso storico, mise in atto una serie di azioni di contrasto. Si rallentarono e si boicottarono le pratiche di richiesta terre, le concessioni di finanziamenti alle nascenti cooperative ma, soprattutto, si mise mano alla riforma della legislazione per l’assegnazione delle terre incolte.
Nacque cosi la legge 440//78 per una nuova e diversa regolamentazione delle procedure per l’assegnazione delle terre incolte e malcoltivate.
Questa legge rese molto più difficile, se non quasi impossibile, ottenere l’assegnazione delle terre ai giovani cooperatori contribuendo a ostacolare gravemente l’attività del movimento che da allora vedrà un lento declino, pur con i molti successi di alcune realtà cooperative che ancora operano.
Alcune considerazioni conclusive
Quale influenza abbia avuto questo movimento negli anni successivi è facile rilevarlo.
Certamente ha riproposto con forza la necessità, l’urgenza e la possibilità concreta di realizzare il rilancio dell’agro-pastorizia e dell’industria agro-alimentare con l’impiego di giovani disoccupati.
Da quegli anni di lotta e di speranza si sono diffuse in Sardegna aziende agricole condotte da giovani con un buon livello di scolarizzazione e talvolta con titoli di studio specifici per quelle attività.
Constatiamo una diffusa tendenza e mettere a coltura terreni prima abbandonati. I giovani nelle campagne costituiscono una presenza determinante nel settore dell’agriturismo e delle fattorie didattiche, nel recupero di produzioni agro-alimentari tradizionali, nella conduzione di aziende per l’allevamento e le produzioni vinicole, nell’agricoltura biologica.
Sono aumentate le imprese agricole condotte da giovani del 4,2%, gli occupati del 10,1 % .
Uno studio della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) riporta che il 90 % degli agricoltori sotto i 30 anni ha una scolarità medio-alta.
Nell’anno 2013 si sono costituite in Italia oltre 11.500 nuove imprese agricole (pari al 10% del totale delle nuove imprese) e il 17 % di queste ha un titolare di età inferiore ai 30 anni.
Oggi le 161.000 aziende con conduttori di età inferiore ai 40 anni realizzano utili netti maggiori (23 % contro il 7%) rispetto a quelle con conduttori di età superiore ai 55 anni.
Si registra un aumento delle iscrizioni di giovani negli istituti professionali agricoli del 29 % e negli istituti tecnici agrari del 13 % . Le università di agraria hanno fatto registrare un picco di immatricolazioni del + 40 % a fronte di un calo nelle immatricolazioni delle altre facoltà . I laureati della nostra facoltà di Agraria aumentano ed hanno un ottimo indice di collocamento nel mondo del lavoro.
Nella facoltà che ci ospita (Chimica e Farmacia) oltre che in quella di Agraria i nostri studenti si specializzano nello studio della bioingegneria, delle biotecnologie, nelle tecniche e professionalità funzionali alla bioeconomy.
Molti giovani riscoprono lo strumento della cooperativa come momento di aggregazione e di costruzione collettiva di una prospettiva occupazionale.
Insomma, l’agricoltura rimane e si riconferma una possibilità per le nuove generazioni.
Ci piace pensare che tutto ciò rappresenti un’eredità positiva dell’impegno di quelli della 285 e delle terre incolte.
(*) l’intervento non è stato presentato al Convegno di Sassari del 29/30 Novembre per improvvisa indisposizione
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