Oggi martedì 25 novembre 2014


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In giro con la lampada di aladin…
Politica. il caso spagnolo
La rivoluzione di Podemos,
il populismo di sinistra

Luciano Marrocu su La Nuova Sardegna, 25 novembre 2014

Programmi definiti, intervento su questioni concrete sono alla base del movimento popolare che sta riscuotendo grande successo in Spagna
Si può, se si vuole, definirlo un partito populista. Podemos, la formazione di nuova generazione che almeno a guardare le intenzioni di voto è ormai la prima forza politica spagnola. Questo purché ci si intenda su cosa sia un partito populista, magari superando alcune delle categorie sinora usate per definire tanto la destra xenofoba francese e britannica quanto i nostri 5 Stelle e Lega. Per capirne qualcosa si può cominciare da uno dei suoi leader, Pablo Iglesias Turriòn, attuale segretario generale del partito ed eurodeputato, che dopo una tesi di dottorato sui “disobbedienti” italiani e spagnoli, è attualmente professore di Scienze Politiche nella università “Complutense” di Madrid. Il percorso di Pablo Iglesias, che ha 36 anni, affonda le radici nella storia della sinistra antifranchista: suo nonno, Manuel Iglesias, subì una condanna a morte dal regime franchista e lui stesso tra i quattordici e i ventun anni è stato un esponente molto attivo della gioventù comunista. Lo svolta, insieme politica e scientifica, la ebbe circa dieci anni fa quando avvicinatosi ai movimenti di disobbedienza civile li fece anche oggetto delle sue ricerche accademiche. Così come Pablo Iglesias, Miguel Urban, 34 anni, anche lui artefice di Podemos, ha alle spalle l’esperienza di Izquierda Anticapitalista, senza la quale sarebbe difficile capire il nuovo movimento. Per questo colpisce ancora di più l’affermazione di Urban che Podemos “non è né anticapitalista né antiliberista ma rappresenta la risposta alla crisi economica e alla crisi della politica in Spagna”. E’ appunto per avere tentato di dare una risposta concreta e non ideologica a questa doppia crisi, secondo Urban, che il partito è riuscito a raccogliere in poco tempo un vasto consenso anche elettorale. La filosofia di Podemos non è, ovviamente, quella della rappresentanza quanto quella dell’empowerment, dell’azione diretta di movimenti popolari capaci di intervenire su questioni concrete, dopo aver elaborato su di esse giudizi articolati e motivati. Qui siamo, evidentemente, sul terreno del populismo classico, quello basato sulla dicotomia popolo/antipopolo e sull’idea che il popolo sia dotato di un istinto politico pressoché infallibile. Ma Podemos se ne allontana non condividendo affatto un’altra fondamentale caratteristica del populismo classico, la sostanziale mancanza di programmi (viene in mente, al riguardo, una figura di spicco del populismo spagnolo, José Antonio Primo de Rivera, quando diceva che le sue idee erano troppo ambiziose per ingabbiarle in programmi definiti). I programmi di Podemos sono invece definiti e, per quanto mantengano una intonazione spiccatamente di sinistra e si incentrino sul tema della eguaglianza sociale, partono da una sostanziale accettazione del quadro istituzionale ed economico dato. Interrogato sulla eventuale intenzione di far uscire la Spagna dall’euro. Pablo Iglesias non ha dubbi: “Non è possibile uscire dall’euro. Bisogna ripartire da Maastricht, superando gli errori che hanno creato l’Europa delle diseguaglianze. Questo attraverso un’alleanza dei paesi del Sud dell’Europa.” La proposta per la Spagna è quella di un governo di emergenza che affronti i temi decisivi della convivenza sociale: la scuola, la salute, la casa per tutti. Un altro aspetto che differenzia Podemos dai populismi di casa nostra è la mancanza di un qualche leader maximo che parli direttamente al popolo, di una caudillo tonitruante alla Grillo o alla Salvini. Lo stile di Pablo Iglesias è tutt’altro. Alla domanda se sarà lui il candidato premier di Podemos, risponde: “Sono disponibile, ma come dice el Cholo Diego Simeone dell’ Atletico Madrid, si vedrà partita dopo partita.”

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