in giro con la lampada di aladin…

lampada aladin micromicro- La legge di instabilità. Analogie tra Italia e Sardegna. Paolo Savona su L’Unione Sarda.
- Svimez: Sardegna sempre più povera Pil a -4,4%, boom di giovani disoccupati. Su L’Unione Sarda on line.

La legge di instabilità
Paolo Savona – Analogie tra Italia e Sardegna

L ‘instabilità della Legge di stabilità è sotto gli occhi di tutti. Protestano le Regioni e i Comuni, si lamentano i lavoratori e gli imprenditori, soprattutto e giustamente quelli operanti nell’edilizia in grave crisi, e chiede chiarimenti (è un palese eufemismo) l’Ue. Il Presidente Renzi reagisce dicendo agli enti locali che devono risparmiare, elargendo piccole concessioni ai secondi e affermando che l’Europa deve portare al centro della sua politica la crescita. Come sovente accade il termine usato, quello della stabilità, appare fuori luogo sia all’interno che all’esterno, come accertato dal più noto Patto di Amsterdam, detto “di stabilità e crescita”, che non ha dato né l’una, né l’altra; ma ufficialmente la maggioranza dei paesi europei, Germania in testa e Bce al seguito, continua a sostenere che è in condizione di darci entrambe, come dimostra la crescita del Portogallo e della Grecia, che hanno fatto meglio le riforme, restando indifferenti che la disoccupazione è pari a un quarto della popolazione abile al lavoro. La Sardegna è in preoccupante analoga situazione, per giunta senza sintomi di ripresa della crescita, anzi. All’atto del suo insediamento, il neo Commissario europeo Junker ha rinnovato la promessa che entro fine anno partirà la sua proposta di realizzare un Piano di investimenti di 300 miliardi di euro. Lo attendiamo al varco della realizzazione. I Trattati europei mostrano la loro inadeguatezza nelle istituzioni e nella politica alle quali ha dato vita, ma si mantengono in vita dispensando speranze che il futuro migliori e timori per ciò che verrebbe dopo se li abbandonassimo. Poiché mancano poco più di due mesi alla fine dell’anno, è giusto far credito a Junker, ma anche chiedergli di preparare a dimettersi se non mantiene la parola.
Tornando alla Legge di stabilità italiana va detto che essa è giusta se la pubblica opinione continua a chiedere, come nella seconda fase della Prima Repubblica, il pesce e non la canna da pesca, ossia assistenza. È sbagliata se invece la pubblica opinione chiede investimenti che creino occupazione.
Dalla precedente esperienza degli 80 euro dati ai lavoratori con redditi modesti abbiamo ricavato l’informazione che la spinta ricevuta dalla domanda è inferiore alla cifra spesa di circa 9 miliardi di euro (se le stime sono corrette) e l’effetto occupazionale nullo.
La detassazione dell’Irap alle piccole imprese e piccole altre concessioni, del costo di circa 5-6 mld (se i calcoli preventivi sono corretti), decisioni tutte giustificabili secondo un’ottica individuale e di gruppo, dovrebbe avere lo stesso effetto delle agevolazioni precedenti, ossia spingere meno della spesa preventivata. Se invece queste somme fossero state impiegate per avviare investimenti in costruzioni, il motore che regge l’economia con le esportazioni, l’effetto di moltiplicazione del reddito sarebbe stato di oltre 2 volte la spesa effettuata e sull’occupazione di circa 1,3 volte. Non c’è dubbio che nel secondo caso il moltiplicatore dei voti sarebbe molto minore, ma è appunto ciò che il c.d. “popolo sovrano” deve chiedere o non chiedere ai governanti. Se non lo fa, Governo e Parlamento continueranno a offrire pesci e non canne da pesca. Junker promette di finanziare nuove canne da pesca, ma dietro l’offerta si cela un trabocchetto per l’Italia e, in particolare, il Mezzogiorno, che più ne avrebbe bisogno: non abbiamo progetti esecutivi pronti, come ci ha detto a Napoli il vice Presidente della BEI, l’italiano Scannapieco, mentre i soldi ci sarebbero. La Sardegna, ad esempio, se avesse un progetto per l’Alta velocità ferroviaria tra Porto Torres e Villasimius, con progetti di raccordo con altri importanti centri turistici e commerciali, potrebbe creare una zona di attrazione occupazionale per l’intera Isola, che sosterrebbe nell’immediato reddito e occupazione, aprendo una via di crescita per il futuro da molti punti di vista. La Regione è in ritardo, ma potrebbe colmarlo chiedendo alle Università sarde di mobilitare 10 tesi di laurea in questa direzione. Sono certo che i giovani ingegneri e esperti di finanza si butterebbero a capofitto nell’opera, mentre la Giunta si darebbe da fare a Bruxelles per entrare nella lista delle opere da finanziare scommettendo di farcela a presentare il progetto.
Come consuetudine, questa mia darà avvio alle obiezioni che non si può fare, invece di stimolare all’azione. Pronti a smentirmi?
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Svimez: Sardegna sempre più povera Pil a -4,4%, boom di giovani disoccupati
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Sardegna sempre più povera, con una disoccupazione giovanile allarmante, e in “recessione” anche come natalità, tanto che per per la prima volta in quasi un secolo nel Sud ci sono stati più morti che nati.

Ma un po’ a sorpresa l’Isola spunta il segno più nell’occupazione industriale (+2,1%), in controtendenza rispetto a tutte le altre regioni meridionali. In calo invece (-9,6%) il dato degli occupati nei servizi. Tante ombre e pochissime luci anche per la Sardegna nel Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2014 presentato oggi a Roma. Nel 2013 il Pil nel Meridione è crollato del 3,5%: la forbice resta compresa tra il -1,8% dell’Abruzzo e il -6,1% della Basilicata, fanalino di coda nazionale. E anche l’Isola è in flessione: -4,4%. Nel Mezzogiorno la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l’Abruzzo (21.845 euro), seguita dal Molise (19.374). La Sardegna è terza (18.620), mentre la Calabria è la più povera. Il Rapporto parla di un Sud a rischio “desertificazione umana e industriale”, dove si continua a emigrare (116 mila abitanti nel 2013) e a non fare figli: l’ultima volta che si era verificato un fenomeno così grave risale al 1918, dopo la Grande Guerra. Nel 2013 il numero dei nati ha toccato il suo minimo storico, 177 mila, il valore più basso mai registrato dal 1861. E secondo lo Svimez nei prossimi anni sul Sud si abbatterà un vero e proprio tsunami, con previsioni di 4,2 milioni di abitanti in meno nei prossimi 50 anni.

Martedì 28 ottobre 2014, L’Unione Sarda on line.

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