in giro con la lampada di aladin…
Sintesi del Programma di sviluppo regionale. Su L’Unione Sarda on line.
Regione, pioggia di miliardi per creare lavoro e imprese
- Ecco che cosa prevede il Programma di sviluppo regionale per arginare la crisi.
Prendete l’industria. Se in Sardegna si è sviluppata negli anni ’70 e ’80 è stato solo perché gli investimenti sono stati sostenuti da ingenti risorse pubbliche. Finiti i soldi, è finita l’industria. Ed è iniziata l’emorragia di posti di lavoro. Nel frattempo i paesi emergenti hanno attirato nuovi industriali da tutto il mondo grazie, soprattutto, a costi bassissimi. E in Sardegna è rimasto il deserto. Significa che l’industria è finita? Secondo il governo Pigliaru no, come dimostrano Gran Bretagna, Germania e Usa dove nonostante l’alto costo dei dipendenti l’industria manifatturiera ha ripreso quota puntando su innovazione e alte competenze, sulla semplificazione burocratica, sul calo delle tasse, su infrastrutture e trasporti migliori. Parte da qui la madre di tutte le battaglie della Giunta: quella per creare lavoro.
Nelle 169 pagine del Piano di sviluppo regionale, presentato giovedì alle parti sociali, ci sono gli strumenti con i quali il governo regionale ritiene di poter raggiungere questo e gli altri sei obiettivi strategici che si è dato, che spaziano dal turismo all’agricoltura, dai trasporti alla formazione. E per i quali ha a disposizione 32,6 miliardi da qui al 2019 (di cui circa 12, proiettando i numeri attuali, di spese obbligatorie).
LAVORO Nessuna politica del lavoro può prescindere dal Governo dell’emergenza. Per questo una parte degli interventi è indirizzata ai disoccupati e ai 24 mila cassintegrati in deroga che tra breve non avranno più assistenza. Per loro la Giunta prevede, tra gli altri provvedimenti, percorsi personalizzati di formazione, uno dei quali è Garanzia giovani, progetto già attuato al quale hanno già aderito in 13 mila. Riqualificati – è l’idea della Giunta – gli ex disoccupati saranno appetibili per le imprese che nel frattempo arriveranno dall’estero in una Sardegna finalmente libera dalla burocrazia. E grazie al progetto Aie (Attrazione investimenti esterni) la cui pietra miliare, per Pigliaru, è la Qatar foundation con il San Raffaele.
IMPRESE Per ora le imprese in Sardegna sono poche, piccole, sottocapitalizzate e solitamente hanno un bacino locale o nazionale. La Regione proverà innanzitutto ad aumentarne la densità, cioè a farle crescere numericamente. Poi a farne espandere fatturati e mercati. Ma non lo farà più attraverso politiche di settore ma con iniziative «di fattore». Creerà, cioè le macro-condizioni per favorirne nascita e sviluppo.
ZONE FRANCHE Tra gli strumenti, nel disegno della Giunta ci sono le zone franche doganali. Che in realtà sono un sogno dal ’98 quando una legge ne ha istituito sei (Cagliari, Olbia, Porto Torres, Oristano, Portovesme, Arbatax). Peccato che non siano mai stati emanati i decreti della presidenza del consiglio dei ministri che ne devono stabilire i perimetri. Anzi in 16 anni ne è stato emanato uno, nel 2001, e non ha sbloccato nulla. La prima zona franca – se e quando arriverà – dovrebbe essere quella di Cagliari che dal 2011 ha un piano operativo.
STRUMENTI FINANZIARI Tornando alla realtà, c’è un problema stringente: le banche non finanziano più le imprese. Per quelle innovative la Regione intende favorire l’istituzione di un fondo di “venture capital”, concedere garanzie agli intermediari, rafforzare gli strumenti di ingegneria finanziaria (compresi quelli che aumentino la liquidità del sistema del credito) e far crescere i consorzi fidi costituendo un fondo unico a regia regionale e a programmazione pluriennale per la loro gestione.
Fabio Manca, L’Unione Sarda on line
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