in giro con la lampada di aladin…
- Il segretario della Cna Porcu: «Apertura di credito alla giunta se impiegherà i fondi Ue per gli investimenti». Alfredo Franchin su La Nuova Sardegna.
- Europa, per uscire dalla crisi serve la repubblica federale. Andrea Saba su La Nuova Sardegna.
(La Nuova Sardegna on line, 12 settembre 2014) Il segretario dell’associazione di categoria: «Apertura di credito alla giunta se impiegherà i fondi Ue per gli investimenti»
Porcu (Cna:) ora serve un piano anticrisi
di Alfredo Franchini
CAGLIARI La Sardegna è al centro di una crisi che è insieme politica, economica e sociale. Troppi ritardi hanno fatto lievitare la sub cultura della decadenza: «La giunta sta operando da pochi mesi e da parte nostra c’è un’apertura di credito ma ora si deve passare ai fatti», sostiene Francesco Porcu, segretario della Cna sarda nell’intervista alla Nuova. Stavolta il fattore tempo è determinante per le imprese che hanno poco lavoro e che spesso rischiano di fallire non per debiti ma per le fatture mai saldate dalla pubblica amministrazione. Tutte le forze politiche riconoscono che l’artigianato e le piccole imprese sono l’asse portante del sistema economico ma poi sono anche le più tartassate. I politici non sanno leggere le potenzialità del settore? «È vero, dopo gli annunci che in genere si fanno, il settore gode di poca attenzione. Ma in Italia i luoghi delle decisioni spesso non sono quelli che conosciamo: poteri forti, corporazioni, interessi che non appaiono evidenti hanno condizionato da sempre il nostro sistema economico». Le piccole aziende come stanno rispondendo alla crisi? «I dati che abbiamo non sono confortanti. Ai primi di ottobre avvieremo l’indagine sull’andamento congiunturale dell’artigianato in Sardegna. Ma è chiaro che le imprese sono prostrate dalla crisi più lunga e il tessuto produttivo in Sardegna è in una condizione di debolezza straordinaria». I numeri sono negativi per credito, ordinativi ma anche per le aspettative. Qual è la sua analisi? «Le imprese ma soprattutto le famiglie sono preoccupate. Siamo sull’orlo dell’emergenza sociale. L’effetto della crisi ha ridotto la ricchezza finanziaria per le imprese mentre resiste il risparmio delle famiglie». Come si spiega? «Il dato è della Banca d’Italia: risulta che si è ridotto il reddito ma le famiglie riducono i consumi e tendono a mettere da parte quello che possono. Significa che si allunga la spirale recessiva perché le persone sono preoccupate per il futuro». Da una crisi come questa, senza precedenti da mezzo secolo a questa parte, si può uscire solo con l’intervento della mano pubblica? «La Cna ha avanzato una proposta che riguarda l’utilizzo dei fondi europei, avvolti ora in un meccanismo infernale». In che modo vorreste utilizzare i fondi europei? «La giunta può rimediare a quel meccanismo decidendo di utilizzare una parte considerevole dei fondi per un piano di investimenti pubblici». Molto dipenderà anche dalle politiche di Bruxelles. «Sì non possiamo pensare che la Sardegna da sola possa invertire un ciclo economico. Vediamo se l’Ue riuscirà a mitigare la politica del rigore e se la Bce farà quel proramma di investimenti di titoli pubblici che tutti attendono. Ma questo non toglie che i compiti a casa li dobbiamo fare anche noi». E in cosa consistono i compiti a casa della Regione? «Riuscire a definire il riordino degli enti strumentali e delle Partecipate è fondamentale. Poi le attese sono sul piano paesaggistico, sulla legge urbanistica e la semplificazione amministrativa». Perché il decreto Sblocca Italia non vi ha convinto? «Quando sentiamo dire che per le infrastrutture in Sardegna ci sarebbero 200 o 300 milioni di euro da destinare alle strade si tratta di opere i cui primi lotti dovrebbero essere avviati nel 2015 e poi più avanti, dilazionati in tempi lunghissimi. Non ci siamo: c’è l’urgenza di utilizzare risorse in opere che possano dare lavoro nell’immediato». E quali sono le opere da avviare subito? «È un cavallo di battaglia delle imprese artigiane da molto tempo: parliamo di riqualificazione, di rigenerazione urbana. Le grandi opere infrastrutturali, per quanto importanti sul lungo periodo, non producono occupazione in tempi brevi». Oggi in giunta, l’assessore Paci porta l’assestamento di bilancio. Cosa vi aspettate? «Non porterà notizie positive, ci saranno da fare tagli consistenti. Speriamo solo che i tagli vadano a colpire ambiti di spesa che non siano quelli che hanno ripercussione sulla domanda delle imprese». Il problema del credito è sempre più grave ed è cambiato il sistema: alle banche non basta la garanzia degli immobili e le imprese hanno bisogno di prestiti da usare come liquidità e non per investimenti. «La verità è che le banche non prestano i soldi perché hanno il timore di non rientrare e poi il meccanismo saltato è un altro. Alle imprese delle costruzioni e dei trasporti i prestiti sono negati a priori, senza nemmeno vedere qual è la situazione dell’azienda che li richiede».
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(La Nuova Sardegna on line 12 settembre 2014: l’euro e i governi)
Europa, per uscire dalla crisi
serve la repubblica federale
di Andrea Saba
La Bce non basta più: necessarie autorità economica comune e unità politica altrimenti l’Ue corre il rischio di svanire nelle nebbie della storia.
Nessun paese europeo che abbia adottato l’euro può condurre una politica economica che consenta di superare la crisi. Per gestire un sistema economico sono necessarie due leve, una che controlla la velocità di circolazione monetaria – e questa non può essere che la Bce – ed un’altra autorità che decide l’incremento di quantità di moneta – e questa non può essere che un ministero del Tesoro poiché la decisione richiede una espressa volontà politica. La Banca Centrale europea non può “stampare moneta” come hanno fatto la Federal Reserve o la Bank o Japan che sono state autorizzate da una decisione dei rispettivi governi. È ora necessario che, oltre ad un incremento ragionevole della flessibilità, un incremento di liquidità in Europa, ma ciò richiede l’assenso di diciotto governi. Quando concludemmo la prima fase dei lavori per creare la moneta unica – serpente monetario – il governatore della Banca d’Italia, Paolo Baffi – persona di livello altissimo – disse: “Speriamo che il Padre Eterno illumini i governanti europei in modo che capiscano che, con la moneta unica, devono creare una unica autorità di politica economica europea”. Era il 1978. Avevamo terminato a mezzanotte la riunione, alla Banca d’Italia, sul serpente monetario, e Baffi disse: “Scusatemi, ora la porta di via Nazionale è chiusa, dobbiamo uscire in via dei Serpenti!”. “E basta con i serpenti!” esclamai e ridemmo per la concidenza. Nacque l’euro, ma i governi ancora non hanno capito che la Bce non basta, bisogna creare una autorità economica comune. E cioè muoversi verso la creazione della repubblica federale europea. Mica possiamo passare altri venti anni seduti fra due sedie! Una telefonata di Draghi alla Merkel (o della Merkel a Draghi) ha suscitato grandi discussioni. Promosse da un giornale considerato serio, Der Spiegel, che ipotizzava dissensi e contrasti. La Merkel è, con tutta evidenza, il principale personaggio politico europeo, non solo perchè è capo della Germania, ma perchè mostra saggezza politica in ogni occasione. Sarebbe un ottimo presidente dell’Europa.Draghi è il più autorevole esponente della finanza europea. Mi pare ovvio che si tengano in contatto telefonico. Non c’è un problema di contrasti, ma anche dai recenti provvedimenti, di vede come Draghi sia arrivato al limite delle competenze della Bce ,con l’acquisto di buoni a garanzia speciale di vario genere, sta tentando di creare liquidità da immettere nel sistema europeo. Ma non è sufficiente. E del resto il fatto che il tasso di interesse si sceso allo 0,5% dimostra, anche ai non esperti, che siamo ormai al fondo del barile. Non c’è dubbio che in molti paesi membri sia necessario attuare riforme per consentire una realizzazione più efficace della politica europea, ma per passare dalla situazione di “divieti europei da non superare” a “spinte europee da agevolare al massimo” passa una grande differenza, ed è ormai una differenza del tutto politica. Con l’euro si è creato un nuovo ed originale sistema economico: se si ha un unico sistema di prezzi ne deriva che le risorse produttive si distribuiscono guidate dalla dinamica dei prezzi relativi. Gli investimenti si dirigeranno verso quei settori in cui i prezzi aumentano, per fare profitti, e si ritireranno da dove i prezzi diminuiscono – e dove quindi si rischiano perdite. È la regola base dell’economia di mercato. Ma sono necessarie istituzioni di governo politico perchè il sistema funzioni, se no si inceppa, come dimostra Douglass North -Nobel nel 1993. La crisi ha accelerato la corsa verso il declino. Se non si crea l’unità politica l’Europa svanirà nelle nebbie della Storia.
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Barroso. Italia gran paese ma in ritardo su tutti gli indicatori
Intervista alla Stampa del presidente uscente della Commissione (ASCA) – Roma, 11 set 2014 – Barroso boccia l’Italia, titola oggi la Stampa sintetizzando il senso di una lunga intervista al presidente uscente della commissione Ue Barroso. Al quotidiano Barroso dice: l’Italia è un grande paese, l’Europa la aiuterà ma resta il fatto che è in ritardo su quasi tutti gli indicatori: accesso ai finanziamenti, ricerca e sviluppo, innovazione, interazione nel mercato unico.
Jose’ Manuel Barroso si presenta mostrando un foglio A4, la tabella che misura la competitività italiana rispetto ai altri partner di Bruxelles e non invita a fare festa. Parliamo dei fatti – spiega tranquillo -. Abbiamo appena finito il rapporto sulla competitivit europea. L’Italia è in ritardo su quasi tutti gli indicatori: accesso ai finanziamenti, ricerca e sviluppo, innovazione, interazione nel mercato unico. Questa è la realtà. Dalla quale, è il messaggio, si esce solo attuando sino in fondo le riforme annunciate.
I dati sulla competitività – prosegue – sono evidenti. Mi chiedo sempre come possa un paese che ha creatività, capacità di lavoro e gente così straordinaria, conseguire risultati così sotto il suo potenziale in molti settori? Guardi l’esecuzione dei fondi strutturali 2007-2013. L’Italia è al 58%, quintultima. Se la vede solo con chi è appena entrato nell’Unione, come la Croazia. E’il solo paese fondatore a trovarsi così indietro. Com’e’ possibile?
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