in giro con la lampada di aladin…
- Servitù militari e San Raffaele: Pigliaru, troppi segreti (e troppa propaganda). Intanto a Sant’Anna Arresi… Vito Biolchini su vitobiolchini.it
- La ministra tacque e il vicepresidente se ne dolse. Nicolò Migheli su SardegnaSoprattutto
Servitù militari e San Raffaele: Pigliaru, troppi segreti (e troppa propaganda). Intanto a Sant’Anna Arresi…
20 agosto 2014 alle 14:15
No, non sono giorni felici per Francesco Pigliaru. Una infezione lo ha costretto al ricovero (sinceri auguri di pronta guarigione) e come se non bastasse ci sono le servitù militari, il San Raffaele, e ora perfino il festival jazz di Sant’Anna Arresi che salta: il presidente di Confindustria Sardegna sarà anche entusiasta di questa giunta (leggere l’intervista all’Unione di oggi) ma la realtà è un’altra ed è ben distante dall’azione di propaganda ormai incessante portata avanti dall’esecutivo e dalla sua maggioranza, una marea di conferenze e comunicati stampa che sembrano scritti solo per poi essere graziosamente “copiaicollati” dal quotidiano amico senza nessun spirito critico.
Informazione ad uso e consumo dei giornali, non dei sardi. Propaganda allo stato puro secondo l’insegnamento di Serge Moscovici. Cosa dice lo studioso francese? I sistemi di comunicazione si articolano in tre ambiti: se nella “diffusione” prevale la finalità informativa senza nessuna volontà di influenzare e persuadere, nella “propagazione” si cerca si minimizzare le contraddizioni rivolgendosi ad un gruppo particolare per spingerlo ad attuare precisi atteggiamenti. Quando parliamo di “propaganda” le cose invece cambiano. La propaganda si sviluppa in un cima conflittuale con l’obiettivo di rafforzare l’identità del gruppo ma anche banalmente di dimostrare solamente che la propria causa è giusta e quella dell’avversario è sbagliata. Il mondo viene diviso in due e il suo prodotto finale e il rafforzamento dello stereotipo.
Basta leggersi gli ultimi comunicati stampa degli assessori Arru sull’ospedale di Alghero, Paci sull’accordo sulle entrate in risposta a Cappellacci, Firino sui fondi alla cultura, Morandi sulla stagione turistica e l’incredibile comunicato del presidente Pigliaru che con un semplice “tutto risolto” voleva chiudere l’incresciosa vicenda della visita in Sardegna del ministro della Difesa Pinotti, per rendersi conto che la macchina propagandistica di questa giunta (con poche, pochissime eccezioni) lavora a pieno regime. Ma la realtà che la Sardegna sta vivendo è un’altra e ai sardi non interessano risposte del tipo “state zitti voi che per cinque anni non avete combinato nulla”. Perché sono risposte che non spiegano niente.
Uno dei maggiori successi sbandierati dal presidente nella conferenza stampa dei primi cento giorni di governo, cioè l’accordo per l’apertura dell’ospedale privato san Raffaele di Olbia, oggi improvvisamente torna in altro mare. Ieri il rappresentante del Qatar Lucio Rispo ha contattato i rappresentanti dell’Unione Sarda e della Nuova Sardegna e li ha intrattenuti per chissà quanto tempo per non dire loro assolutamente nulla di giornalisticamente rilevante ma solo per mandare un pesante avvertimento alla giunta. “Subito la firma o salterà tutto” titola a caratteri cubitali il quotidiano amico. Sì, ma per quale motivo?
“Ci sono ancora due punti su cui la discussione non è chiusa e sono fondamentali. Senza questo accordo entro il 29 l’ospedale non si fa più”. Ma Rispo non va oltre, non spiega quali sono questi ostacoli che impediscono l’accordo.
Rispo dunque non spiega, ma il quotidiano amico gli offre comunque gentilmente una pagina intera e il titolo di apertura di prima per lanciare il suo misterioso “ultimatum”. Più parca l’Unione Sarda (che però cade nella trappola qatariota, mettendo sotto pressione la macchina regionale e accusandola di inefficienza), che alla domanda “Su cosa si discute ancora?” si è sentita rispondere “E’ meglio non scendere nei particolari”. Ma allora di cosa stiamo parlando? A cosa serve il giornalismo se non anche a scoprire ciò che il potere non vuole rendere pubblico? La notizia, nell’intervista a Rispo, sta nel tentativo intimidatorio dei rappresentanti del Qatar ai danni di questa amministrazione regionale e nulla più.
Ancora una volta gli emiri mettono una pistola carica sul tavolo delle trattative e non mi stupirei se il livello delle intimidazioni salisse ancora, magari con un pezzo di fuoco contro la Regione Sardegna ospitato sul Corriere della Sera (è già capitato). Pigliaru ora sarà anche sorpreso di questa uscita di Rispo: però quali sono i due punti ancora in discussione con il Qatar? Il presidente avrà il coraggio di scoprire le carte? Quali segreti nasconde la trattativa? Ci sono delle parti non scritte che magari riguardano gli interessi immobiliari del Qatar in Sardegna? quali sono i due punti in discussione che rischiano di far saltare un accordo sui cui tutto il consiglio regionale si è già espresso?
Voltiamo pagina. Nella vicenda che lo ha visto contrapposto al ministro Pinotti il presidente ha fatto evidentemente una magra figura, arrivando perfino a smentire il comunicato stampa inviato il giorno prima dal vicepresidente Paci, per poi subire il tweet finale del ministro che ieri ha parlato nientemeno che di “visita concordata”. Per la giunta un disastro politico facilmente evitabile: bastava lasciare che il comunicato di Paci fosse l’unico inviato dall’amministrazione e quasi si sarebbe fatta una bella figura. Perché allora Pigliaru ha sentito il dovere di intervenire?
Quando alla “diffusione” si preferisce la “propaganda” è chiaro che la verità si perde per strada e allora si è costretti a prese di posizione acrobatiche che ai profani sembrano inverosimili ma che sono invece assolutamente coerenti con ciò che sta accadendo ma che viene tenuto nascosto.
Se la visita alle basi sarde era concordata (e non c’è motivo per non credere all’affermazione del ministro), e se Paci invece ha ritenuto doveroso intervenire per stigmatizzare la mancanza di tatto istituzionale da parte della Pinotti, è forse campato per aria ipotizzare che Pigliaru (e solo lui) sapesse della visita del ministro e che abbia lasciato all’oscuro anche il suo vicepresidente? Nella vertenza riguardante le servitù militari il presidente Pigliaru sta condividendo tutte le informazioni in suo possesso con la giunta, con la maggioranza e, per quello che si può, con l’opinione pubblica isolana? È vero, come si sente dire in ambienti qualificati, che in questi mesi ha più volte incontrato riservatamente i vertici militari e che sarebbe già chiuso un accordo da 90 milioni di euro per potenziare l’attività di una importante azienda di armamenti nel poligono di Perdasdefogu? In tal caso la necessità tenersi buono il ministro con un imbarazzante “tutto risolto” sarebbe più che comprensibile.
Infine il jazz. “Cosa c’entra?” direte voi? C’entra, c’entra.
Basilio Sulis non è nuovo ad annunci come quello affidato alla colonne dell’Unione Sarda di oggi (“Fondi in ritardo, salta il festival di Sant’Anna Arresi”) ma stavolta veramente sembrano non esserci speranze. Ci voleva un assessore regionale alla cultura di Sel per far saltare la più prestigiosa rassegna jazz isolana. Non solo i fondi per lo spettacolo sono stati clamorosamente tagliati (meno trenta per cento rispetto allo scorso anno) ma l’immobilismo degli uffici della Regione è tale che tutte le organizzazioni di spettacolo sono allo stremo. Il presidente conosceva la situazione perché in campagna elettorale gli è stata più volte esposta: bisognava fare in fretta, scegliere un assessore che non fosse alle prime armi, e questo per accelerare i tempi di liquidazione delle somme corrisposte perché altrimenti le banche si mangiano “un contributo ogni dieci anni” come mi ha spiegato l’altro giorno (proprio in banca) un operatore culturale.
Tagli mostruosi e ritardi intollerabili: chiaro che poi saltano le rassegne e si perdono posti di lavoro. Mai dare un assessorato alla cultura in mano alla sinistra, mai: errore fatale (e un giorno vi spiegherò il perché).
No, non sono giorni felici per Francesco Pigliaru. Ora però aspettiamo frementi il comunicato stampa che darà la colpa dei tagli alla cultura e dell’immobilismo degli uffici dell’assessorato ad una giunta che non c’è più. È la propaganda, bellezza.
Post scriptum
Questo post è dedicato a a.m.b. Grazie per le belle parole.
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Per correlazione
- L’illustrazione è tratta dal libro di Fernando Codonesu su Le servitù militari
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La ministra tacque e il vicepresidente se ne dolse. Nicolò Migheli su SardegnaSoprattutto
By sardegnasoprattutto / 20 agosto 2014 / Società & Politica
Grande scandalo. La ministra Pinotti, in vacanza in Costa Smeralda, prende un elicottero e va a vistare il poligono di Teulada, visita segreta con accompagnamento di troupe televisiva. La politica dell’esserci lo esige. In serata missione a Santo Stefano, dove pare siano conservate le ami sequestrate in un cargo durante le guerre jugoslave. Quest’ultima ispezione incuriosisce. La ministra avrà voluto vedere con i propri occhi. Le armi esistono o sono l’ennesimo annuncio di Renzi? Avrà preso un AK47 a caso e in qualche poligono di tiro sotterraneo ne avrà verificato il funzionamento sparando qualche raffica?
Si sa gli italiani spesso passano per magliari – tutto il rispetto per la professione, ma non si sfugge a stereotipi consolidati- e i curdi essendo gente seria provvista di petrolio è meglio non urtarla. Qualsiasi cosa abbia fatto la Pinotti non ha informato il nostro governo regionale, provocando lamentele e dichiarazioni sconfortate. Come ha potuto? Proprio a noi che siamo fedeli, noi che abbiamo agito diversamente dai trentini? Noi che abbiamo accettato la remissione del debito?
D’altronde il segretario della difesa Usa quando va in visita a Guantanamo, mica informa Raul Castro con cui non ha neanche rapporti diplomatici. Insomma il governo italiano questo agosto con Pinotti e Galletti ha fatto di tutto per essere amato dai sardi. Dovremmo ringraziarla l’Italia se siamo ancora qui. Se non hanno agito come gli inglesi a Diego Garcia nell’Oceano Indiano dove hanno espulso la popolazione, per poi affittare la base agli Usa. Si potrà obiettare che un ministro della repubblica ha tutto il diritto di muoversi nel suo territorio senza darne conto a nessuno. Giusto. Peccato che la Sardegna sopporti la quasi totalità di servitù militari di tutta Italia. Peccato che dopo anni di vediamo, discutiamo, sì è il caso di alleggerire, gli alti comandi decidano di raddoppiare il poligono. Peccato che per questo autunno siano in programma esercitazioni di bombardamento aereo Nato ed israeliano.
Tutto questo mentre nessuna intesa Stato Regione è stata firmata. In compenso si equiparano gli indici di inquinamento a quelli industriali, così sarà possibile bonificare, ben sapendo che la penisola della base di Teulada è irrisanabile, tanta è la quantità di proiettili inesplosi in terra e in mare. Cornuti e impalati. Esiste però un tavolo, come per tutte le questioni irrisolte dell’isola. Da quando? Da sempre.
Eppure Galletti e Pinotti vanno ringraziati. Ancora una volta hanno dimostrato ai sardi che non esistono governi amici. Che il contrasto con l’Italia non è solo quello di una regione in difficoltà ma di prospettive diverse, di diritti negati, di prezzi che la Sardegna paga e l’Italia no. Come sostiene Vincenzo Migaleddu, il motore è a Milano e il tubo di scappamento qui da noi. Il silenzio ministeriale rivela la totale marginalità del governo regionale e nostro. Non ci vedono, non interessiamo, siamo comprabili con specchi e perline.
Poveri, tenuti poveri a bella posta. Appesi a sussidi e pensioni. Con una capacità di sopportazione stoica. Questo siamo. Occorre che chi ci governa pro tempore ne prenda coscienza. Lo dico soprattutto agli amici del PD, la nostra è una storia diversa da quella degli italiani. Renzi ci è amico quanto lo sono stati Berlusconi, Monti e Letta. Se ne dovrebbe convincere anche la giunta regionale. Fino ad ora è vissuta sperando e credendo di poter contrattare da pari il rapporto con Roma. Non pare sia così. Loro la pensano diversamente. L’interesse nazionale degli italiani non coincide con quello dei sardi. Siamo noi a dovercene convincere.
Siamo in un passaggio storico, i nostri figli guarderanno a noi, a come abbiamo agito, a quanto siamo stati capaci di non farci cancellare come popolo. Presidente Pigliaru si faccia interprete di queste aspirazioni. Lei, come chiunque abbia avuto il suo ruolo, sarà oggetto di storia. Lei ha la possibilità di scegliere come vorrà essere ricordato.
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