Tra identità e utilità: la lezione di James March

Don Chisciotte Picasso

di Michela Loi
Qualche giorno fa Gianfranco Rebora ha postato sul proprio blog (http://gianfrancorebora.org/) il discorso tenuto da James March alla Business School di Stanford in occasione del suo ritiro (per pensionamento). E suona piacevolmente in controtendenza il suo messaggio, rispetto ai principi del nostro tempo che è possibile estrarre dai talk show di informazione, dalle pagine culturali dei quotidiani.
March parla di realizzazione personale il cui unico assunto è quello del rispetto di sé. Scelte e azioni non sono da basarsi sulle possibili conseguenze di entrambi, ma sul fatto che sono espressione di sé, della propria identità. Don Chisciotte è il personaggio che, secondo March, incarna questo principio, infatti egli agisce poiché conosce se stesso e per questo non ha da giustificarsi con nessuno rispetto al possibile non senso delle proprie azioni. I contesti di apprendimento diventano Templi, infatti “A university is only incidentally a market”, dove l’alta educazione è una visione e non un calcolo improntato all’utilità e dove il ricercatore studia e ricerca non per il bene della società, ma per sostenere la conoscenza come oggetto di bellezza e come affermazione dell’umanità.
Se da domani abbracciassimo tutti questo principio, potremmo non sentire più alla televisione emeriti bocconiani insegnarci che i ragazzi sbagliano nella scelta universitaria, perchè non studiano le discipline tecniche, ma filosofia, lettere e perchè no, psicologia. Sparirebbe dagli statuti delle modernissime Fondazioni ITS che uno dei compiti è quello di orientare famiglie e ragazzi alle discipline tecniche. Forse potremmo tutti imparare l’uno dall’altro, assetati di conoscenza, e costruire un sistema che dà posto alle persone in quanto tali e chissà domani le strade di Cagliari potrebbero essere gremite di artisti di strada.
Poiché, come dice March, tutto questo potrebbe essere a romantic madness, potremmo almeno iniziare con poco e chiarire cosa significhi orientamento, almeno per la psicologia del lavoro, così per ricordarci che per quanti studiano l’uomo e il suo comportamento, il sé è da sempre al centro dell’attenzione. Altro piccolo passo sarebbe che chi oggi disegna i percorsi di studio dei nostri universitari, si assumesse la responsabilità delle scelte sbagliate degli studenti.
Galimberti, nel dizionario di Psicologia (ED 2006), alla voce Orientamento, scrive: consapevolezza di sé e del proprio rapporto con la realtà esterna sulla base delle coordinate spazio-temporali e delle relazioni interpersonali. Addentrandoci nell’orientamento scolastico, il significato è di dirigere l’adolescente verso l’insegnamento più consono allo sviluppo delle sue potenzialità, misurabili attraverso tecniche psicometriche e indagini psicodiagnostiche, mentre l’orientamento per l’adulto include la realizzazione della personalità, con criteri di natura diagnostico-attitudinale, caratterologico-affettiva, socioculturale e personalitica.

(rif. blog Rebora http://gianfrancorebora.org/2012/03/03/la-lezione-di-march/). Per connessione con un intervento di analogo contenuto del prof. March: http://www.youtube.com/watch?v=bztgYMoTEjM

 Nei riquadri superiore e inferiore Don Chisciotte e Sancio Panza in un disegno di Picasso. Nella foto James G. March.

 

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