Israele siamo noi
di Nicolò Migheli *
Jeffrey Goldmann in un articolo pubblicato da Linkinchiesta scriveva che nel fine settimana del 27 luglio, mentre gli sguardi del mondo erano rivolti all’orrore di Gaza, in Siria erano state uccise altre 700 persone in una guerra civile dove ne sono morte già 170.000. Il giornalista si aspettava che la notizia fosse riportata dai mezzi di comunicazione internazionale, ma non è stato così. Goldamann si chiedeva come mai il dramma dei palestinesi ci coinvolga così tanto mentre altre guerre ed altre vittime non siano degne di attenzione. La risposta che dava era che sia Israele che la Palestina di Abu Mazen ricevono finanziamenti americani, di conseguenza l’interesse della grande stampa. – segue –
A giudicare dal mio piccolo osservatorio telematico, ho avuto la stessa sensazione di un coinvolgimento totale dei più su Gaza. Mi è capitato di leggere “In questo momento l’antisemitismo è l’ultimo dei miei problemi”. “Non parteciperò mai più alla giornata del ricordo dell’Olocausto”, “ Tutti gli anni a scuola abbiamo ricordato il 27 gennaio, non so se in futuro lo farò”. Alcuni, siccome gli israeliani per l’82% – secondo i sondaggi- sono d’accordo con l’operato del governo, adombrano la responsabilità collettiva. Responsabilità che non esclude gli altri ebrei.
Il clima antigiudaico, perché di questo si tratta, sta montando in tutta Europa. Secondo Newsweek, il 30% degli ebrei sta pensando di emigrare dai paesi europei; scappare negli Usa o in Israele. Dalla Francia nel 2013 sono emigrati in Israele 3.386 ebrei, per quest’anno a Tel Aviv ne sono attesi 6.000. A Wuppertal è stata incendiata la sinagoga. Il capo della comunità ebraica tedesca dichiara che sente aria di anni ’30. Eppure il 18% degli israeliani è contrario all’assedio di Gaza, la scrittrice americana Naomi Wolf dichiara :”Gaza assomiglia sempre di più al ghetto di Varsavia, tocca a noi ebrei dell’estero schieraci”.
In Italia Moni Ovadia ha pronunciato parole di fuoco contro Netanyahu. Nessuno ricorda che i primi avversari del sionismo sono stati pensatori e comunità ebraiche. Gli stessi sopravvissuti ai campi di sterminio vennero accolti in Israele con vergogna, erano i perdenti, quelli che non avevano voluto resistere al nazismo. Solo dopo il processo Eichmann ci fu il riconoscimento. Non si considera che le persecuzioni degli ebrei europei sono funzionali alla politica di Netanyahu, che vorrebbe il ritorno di tutti gli ebrei per concludere la colonizzazione della Palestina. Resta però la domanda: perché le sofferenze dei palestinesi ci coinvolgono così tanto? Solo perché è una guerra che dura da 66 anni? In realtà da 100, da quando ci furono i primi insediamenti ebraici in Palestina.
La risposta è molto più complessa, ci tocca nelle viscere, è alla fonte del nostro essere europei. Il nostro fondo culturale comune – anche quello dei laici- è una eresia ebraica ibridata con il pensiero greco romano. Se oggi proviamo compassione, patiamo insieme, per il popolo palestinese lo dobbiamo alla Bibbia, il primo racconto di chi è vittima. Se fossimo rimasti greco-romani, proveremmo ammirazione per il vincitore. Lo sconfitto avrebbe solo la damnatio memoriae. Il pensiero ebraico è uno dei fondamenti di quel che siamo, il concetto di progresso, il socialismo ed anche il pensiero liberale vengono da loro. Così molta psicanalisi e fisica, per citare solo alcune dottrine.
Quel che oggi viene definito come cultura occidentale è frutto del nostro incontro con loro. Israele nel bene e nel male è la nostra proiezione. Allo stesso tempo sugli ebrei ha pesato l’anatema di essere gli uccisori di Cristo, banchieri dediti allo sfruttamento della cristianità, orditori di trame per il dominio del mondo. Un rapporto conflittuale che non ha escluso un reciproca inseminazione di idee che hanno fatto in modo che quel popolo prendesse dall’Europa virtù e difetti. Anche loro hanno vissuto la ricerca della libertà per la loro nazione solo a spese delle altre, così come si è visto troppe volte in Europa. In questo Israele si è comportata come noi con il colonialismo e le apartheid realizzate per il mondo.
Gli ebrei sono stati per secoli un popolo senza terra, emarginato e violentato. Quelli che poi sono diventati Israele hanno dovuto fare i conti con l’essere un paese come tutti gli altri. Il loro bisogno di sicurezza li ha spinti verso una società escludente per chi non fosse ebreo. Una ripetizione tragica delle loro sofferenze. L’abusato che diventa abusante, non avendo altri modi per relazionarsi con il diverso, visto come aggressore. Adriano Sofri raccontava di un militare che rivolgendosi ad un suo coetaneo palestinese che gli lanciava dei sassi, lo apostrofava con un: “Vuoi altro gas?” senza rendersi conto di quanto in quell’espressione ci fosse rovesciamento semantico del destino del suo stesso popolo.
Israele ha scoperto che dentro il sionismo poteva nascondersi un nazionalismo tanto estremo da essere fascista come quello professato da Vladimir Jabotinskij. ll resto del mondo come nemico, perché quella è la sua storia. In questi giorni terribili Tel Aviv ignora gli avvertimenti Onu, quelli degli stessi Usa, macchiandosi di atti che sono crimini di guerra. Tutti quei morti, quei laghi di sangue, quelle distruzioni non sono solo israeliane, ci appartengono. Sono la storia dell’Europa e della sua relazione con il resto del mondo. Israele paese normale per molti è un sollievo, relativizza l’Olocausto che diventa, ai loro occhi, uno dei tanti avvenimenti della storia. Allo stesso tempo il dramma palestinese diventa il nuovo senso di colpa, quello legato ai colonialismi europei. Sensi di colpa e sollievo perché questa volta i responsabili degli eccidi sono le vittime di un tempo.
* su SardegnaSoprattutto
Ora dopo decenni di paci negate sia per responsabilità israeliane che arabe, l’unica speranza resta che in qualche oscuro carcere del Negev vi sia un Mandela palestinese che sappia ricostruire i fili spezzati, che si faccia promotore del perdono reciproco. Se continuerà la guerra perpetua, il futuro potrebbe essere tremendo per tutti: israeliani, palestinesi ed anche per noi europei, vissuti dalle pubbliche opinioni arabe come complici.
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Ali A. Rizvi
7 cose da considerare prima di schierarsi nel conflitto israelo-palestinese
Pubblicato: 13/08/2014 15:46 CEST Aggiornato: 13/08/2014 15:57
Sei filo-israeliano o filo-palestinese? Sono già stato accusato di essere entrambe le cose. Questi termini mi affascinano perché si riferiscono direttamente alla natura ostinatamente tribale del conflitto israelo-palestinese. Non ci si riferisce universalmente in questa maniera a molti altri paesi. Perché questi due? Sia gli Israeliani che i Palestinesi sono complessi, con storie e culture diverse, e due religioni incredibilmente simili (anche se controverse). Schierarsi totalmente da una parte piuttosto che da un’altra non mi sembra sia del tutto razionale.
Si dice che la maggior parte dei musulmani nel mondo supportano i Palestinesi, mentre la maggior parte degli Ebrei supporta Israele. Questo è naturale – ma è anche problematico. Significa che non c’è qualcuno che ha torto o che ha ragione quanto piuttosto una tribù o nazione alla quale essere fedele. Significa che quelli che supportano i Palestinesi sarebbero supporter altrettanto ardenti di Israele se fossero nati a Israele o da famiglie ebree, e vice versa. Significa che i principi guida per la maggior parte delle persone su questo conflitto sono in gran parte dati dalla nascita – e che in qualunque modo noi intellettualizziamo ed analizziamo i componenti della faccenda mediorientale, quella rimarrà fondamentalmente un conflitto tribale.
Per definizione, i conflitti tribali prosperano e sopravvivono quando le persone si schierano. Scegliere una parte in questo genere di conflitti alimenta e aggrava la polarizzazione. E peggio di tutto, ci si sporca le mani. Quindi prima di scegliere da che parte stare nell’ultimo conflitto israelo-palestinese, considerate queste 7 domande:
1. Perché tutto diventa più difficile quando c’entrano gli Ebrei?
Più di 1000 persone sono morte a Gaza. Le polemiche dei musulmani si sono sollevate in tutto il mondo. Ma è davvero a causa dei numeri? Bashar al-Assad ha ucciso più di 180mila Siriani, principalmente musulmani, in due anni – più del numero degli uccisi in Palestina in due decadi. Migliaia di musulmani in Iraq e in Siria sono stati uccisi dall’ISIS negli ultimi due mesi. Decine di migliaia sono stati uccisi dai Talebani. Mezzo milione di musulmani di colore sono stati uccisi dai Musulmani Arabi in Sudan. La lista va avanti.
Ma è Gaza a fare parlare i Musulmani in tutto il mondo, sia sunniti che shiiti, in maniera diversa da tutte le altre. Il conteggio giornaliero dei morti e le orribili fotografie dei cadaveri di bambini a Gaza scorrono sui social tutti i giorni, senza fine. Se fosse solo una questione di numeri, non si darebbe la precedenza ad altri numeri? Qual è il punto allora? Se io fossi Assad o l’ISIS, penserei “Grazie a Dio non sono ebreo”.
Sorprendentemente, molte delle immagini di bambini morti attribuite ai bombardamenti israeliani che circolano online vengono in realtà dalla Siria, come evidenziato da un report della BBC. Molte di quelle foto che vedete sono di bambini uccisi da Assad, supportato dall’Iran, che sostiene anche Hezbollah e Hamas. Cosa può esserci di peggio che attribuire ai tuoi nemici delle foto di innocenti bambini morti uccisi in realtà dai tuoi stessi alleati, semplicemente perché non eri abbastanza attento quando “i tuoi” stavano uccidendo “i tuoi”? Questo non scusa in alcun modo l’avventatezza, la negligenza, e talvolta la totale crudeltà delle forze israeliane. Ma sottolinea chiaramente la probabilità che l’opposizione del mondo musulmano a Israele non sia solo una questione di numeri.
Ecco una domanda per quelli che sono cresciuti in Medio Oriente e in altri paesi a maggioranza musulmana, come me: se Israele si allontanasse dai territori occupati domani, tutto d’un colpo – e tornasse ai confini del 1967 – e desse ai Palestinesi la parte est di Gerusalemme – pensate onestamente che Hamas non troverebbe qualcos’altro a cui aggrapparsi? Pensate onestamente che non abbia nulla a che vedere con il fatto che sono Ebrei? Vi ricordate quel che guardavate e sentivate sulla tv pubblica crescendo in Palestina, Arabia Saudita, Egitto? Sì, c’è un’occupazione ingiusta e illegale laggiù, e sì, c’è un disastro umanitario. Ma è anche vero che una buona parte è motivata dall’anti-semitismo. Chiunque abbia vissuto nel mondo arabo/musulmano per più di qualche anno lo sa. Non c’è sempre una colpa chiara, di uno o dell’altro, in queste situazioni, come vogliono fare credere i vostri Chomsky e Greenwald. È di entrambe le parti.
2. Perché tutti continuano a dire che non si tratta di un conflitto religioso?
Ci sono tre miti pervasivi che circolano ampiamente sulle radici del conflitto mediorientale:
Mito #1: il Giudaismo non ha nulla a che fare con il Sionismo.
Mito #2: l’Islam non ha nulla a che fare con il jihadismo o con l’anti-semitismo.
Mito #3: questo conflitto non ha nulla a che fare con la religione.
Alla folla del “io mi oppongo al Sionismo, non al Giudaismo!”, chiedo: è una mera coincidenza che questo passaggio dal Vecchio Testamento (enfasi aggiunta) descriva così accuratamente quel che sta succedendo oggi?
“Stabilirò i vostri confini dal Mar Rosso al Mar Mediterraneo, e dal deserto al fiume Eufrate. Vi darò in mano il popolo che vive in quel territorio, e lo caccerete fuori. Non fate patti con loro o con i loro dei.” – Exodus 23:31-32
O quest’altro:
“Vedete, vi ho dato questa terra. Andate e prendete possesso della terra che Dio promise che avrebbe dato ai vostri padri – ad Abramo, Isacco e Giacobbe – e ai loro discendenti dopo di loro”. – Deuteronomio 1:8
E ancora: Genesi 15:18-21, e il Numero 34 per ulteriori dettagli sui confini. Il sionismo non è la politicizzazione o la distorsione del Giudaismo. È la sua rinascita.
E a quelli che dicono “Non si tratta dell’Islam, si tratta di politica!”, questo verso del Corano è senza significato?
“Oh voi che avete creduto, non considerate gli Ebrei e i Cristiani come vostri alleati. In realtà sono alleati l’uno dell’altro. E chiunque tra voi sia loro alleato – allora è uno di loro. Ma Allah non guida le persone che sbagliano.” – Corano, 5:51
Cosa dire dei numerosi versi e hadith citati nella carte di Hamas? E il famoso hadith dell’albero di Gharqad, che ordina esplicitamente ai Musulmani di uccidere gli Ebrei?
Per favore ditemi – alla luce di questi passaggi scritti secoli e millenni prima della creazione di Israele o dell’occupazione – come si può non pensare che c’è la religione alla base di tutto questo, o che almeno è un fattore determinante nel conflitto? Potrete anche roteare gli occhi davanti a questi versi, ma sono stati presi molto seriamente da molti di quelli attivi nel conflitto, da entrambe le parti. Non dovrebbero essere riconosciuti? Quand’è l’ultima volta che avete sentito un’argomentazione buona, razionale e laica che supportasse l’espansione dell’insediamento nella Striscia di Gaza? Rinnegare il ruolo della religione sembra essere un modo di poter criticare le politiche rimanendo apologeticamente rispettosi delle credenze dei popoli per paura di offenderli. Ma quest’apologia e questo rispetto per delle idee disumane valgono la morte di migliaia di esseri umani?
Le persone hanno tutti i tipi di credenze – dall’insistere che la Terra è piatta al rinnegare l’Olocausto. Potete anche rispettare il loro diritto di mantenere queste credenze, ma non siete obbligati a rispettare le credenze in se stesse. È il 2014, e le religioni non devono essere rispettate più di qualsiasi altra idea politica o pensiero filosofico. Gli esseri umani hanno dei diritti. Le idee, no. La spesso citata dicotomia politica e religiosa nelle fedi semitiche è falsa e fuorviante. Tutte le religioni semitiche sono inerentemente politiche.
3. Perché Israele dovrebbe volere deliberatamente uccidere dei civili?
Questa è la questione che innervosisce tutti, e giustamente. Ancora, non c’è giustificazione per l’uccisione degli innocenti a Gaza. E non ci sono scuse per la negligenza di Israele in incidenti come l’uccisione dei quattro bambini sulla spiaggia di Gaza. Ma torniamo indietro e pensiamoci su qualche minuto. Perché mai Israele dovrebbe volere deliberatamente uccidere dei civili? Quando muoiono dei civili, Israele appare come un mostro. Richiama le ire persino dei suoi più stretti alleati. Immagini orribili di innocenti feriti o morti riempono i media. Proteste crescenti anti-Israele vengono organizzate dappertutto dalla Norvegia a New York. E il numero relativamente basso di vittime a Israele (ci arriveremo in un attimo) richiama ripetutamente accuse perché “sproporzionate”. Più importante ancora, le morti di civili aiutano Hamas immensamente.
Come potrebbe mai essere nell’interesse di Israele? Se Israele voleva uccidere i civili, è pessimo nel farlo. L’ISIS ha ucciso più civili in due giorni (700 in più) di Israele in due settimane. Immaginate cosa succederebbe se l’ISIS o Hamas avessero le armi, l’esercito, l’aviazione, il supporto statunitense e l’arsenale nucleare di Israele. I loro nemici sarebbero stati annichiliti molto tempo fa. Se Israele volesse veramente distruggere Gaza, potrebbe farlo in un giorno, dall’alto. Perché allora portare avanti un’incursione da terra più dolorosa e costosa, rischiando la vita dei suoi soldati?
4. Davvero Hamas usa i suoi stessi civili come scudi umani?
Chiedete al presidente palestinese Mahmoud Abbas cosa ne pensa delle tattiche di Hamas. “Cosa stai cercando di ottenere lanciando missili?” chiede, “Non mi piace commerciare il sangue palestinese”. Non è solo una speculazione ormai dire che Hamas mette i suoi cittadini in prima linea. Il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri ha ammesso esplicitamente alla tv nazionale di Gaza che la strategia degli scudi umani si è rivelata “molto efficace”. L’UNRWA, l’organizzazione ONU di soccorso, ha fortemente condannato Hamas dopo avere scoperto dei razzi nascosti non in una, ma in due scuole infantili a Gaza.
Hamas lancia migliaia di razzi contro Israele, raramente uccidendo dei civili o causando dei seri danni. Li lancia da aree densamente popolare, inclusi ospedali e scuole. Perché lanciare dei missili senza creare alcun vero danno all’altra parte, richiamando grandi danni al tuo stesso popolo, e poi mettendo i civili in prima linea quando arriva il contrattacco? Anche quando l’IDF avverte i civili di evacuare le loro case prima di un attacco, perché Hamas gli dice di rimanere fermi?
Perché Hamas sa che la sua causa è aiutata solo quando gli abitanti di Gaza muoiono. Se c’è una cosa che aiuta Hamas – una cosa che gli dà qualsiasi legittimità – sono i civili morti. Razzi nelle scuole. Hamas sfrutta la morte dei suoi bambini per guadagnarsi il supporto del mondo. Li usa come un’arma. Non deve piacervi quel che sta facendo Israele per sconfiggere Hamas. Verosimilmente, Israele e Fatah sono moralmente equivalenti. Entrambi hanno della ragione dalla loro parte. Hamas, da parte sua, non ne ha neanche un briciolo.
5. Perché le persone chiedono ad Israele di interrompere l’occupazione di Gaza?
Perché hanno una memoria breve. Nel 2005, Israele aveva interrotto l’occupazione di Gaza. Ha portato fuori fino all’ultimo soldato israeliano, ha smantellato ogni singolo insediamento. Molti coloni israeliani che rifiutarono di andarsene sono stati portati via di forza dalle loro case, urlanti. Quella fu una mossa unilaterale da parte di Israele, parte di un piano di disimpegno che intendeva ridurre le frizioni tra Israeliani e Palestinesi. Non fu perfetta – Israele continuò a controllare i confini, la costa e lo spazio aereo di Gaza – ma considerando la storia della regione, fu un primo passo alquanto significativo. Dopo l’evacuazione, Israele aprì le frontiere ai confini per facilitare il commercio. Ai Palestinesi furono anche date 3000 serre che già da anni producevano frutta e fiori da esportare negli anni successivi. Ma Hamas scelse di non investire nella scuola, nel commercio o nelle infrastrutture. Al contrario, costruì una rete estesa di tunnel per ospitare migliaia di migliaia di razzi e di armi, inclusi alcuni più nuovi e sofisticati provenienti dall’Iran e dalla Siria. Tutte le serre furono distrutte.
Hamas non costruì alcun rifugio anti-bomba per il suo popolo. Anzi, ne costruì alcuni per i suoi leader per nascondersi durante gli attacchi aerei. Ai civili non fu dato accesso a quei rifugi per esattamente la stessa ragione per cui Hamas ordina loro di stare a casa quando stanno per arrivare le bombe. A Gaza fu data una grande opportunità nel 2005, che Hamas ha sprecato trasformandola in un magazzino di armi anti-Israele invece di uno stato palestinese florido che, con il tempo, avrebbe potuto diventare un modello per il futuro di tutta la Striscia di Gaza. Se Fatah aveva bisogno di un’altra ragione per aborrire Hamas, eccolo servito.
6. Perché ci sono così tante più perdite a Gaza che a Israele?
Il motivo per cui muoiono meno civili israeliani è che li raggiungono meno razzi. È perché sono protetti meglio dal governo. Quando i razzi di Hamas si dirigono verso Israele, le sirene partono, si attiva l’Iron Dome, e i civili corrono verso i rifugi anti-bomba. Quando i missili israeliani si dirigono verso Gaza, Hamas dice ai civili di stare a casa e affrontarli. Mentre il governo israeliano dice ai civili di allontanarsi dai razzi lanciati verso di loro, il governo di Gaza impone ai civili di mettersi davanti a quelli lanciati contro le loro case.
La spiegazione popolare è che Hamas è povero e non ha le risorse per proteggere il suo popolo come fa Israele. La vera ragione, però, sembra avere più a che fare con le sue priorità distorte che con le risorse mancanti (vedi #5). Ha tutto a che vedere con la volontà, non con la possibilità. Tutti quei razzi, missili, e tunnel non sono economici da costruire o acquistare. Ma sono priorità. E non è che i Palestinesi non hanno dei vicini di casa ricchi di petrolio che possano aiutarli nel modo in cui gli Usa aiutano Israele. Il problema è che se le vittime civili a Gaza diminuiscono, Hamas perde l’unica arma che ha nella sua guerra di relazioni pubbliche incredibilmente efficace. È nell’interesse nazionale di Israele proteggere i suoi civili e minimizzare le morti della gente di Gaza. È nell’interesse di Hamas fare esattamente l’opposto su entrambi i fronti.
7. Ma se Hamas è così cattivo, perché in questo conflitto non sono tutti filo-israeliani?
Perché i difetti di Israele, anche se minori in numero, sono di entità maggiore. Molti Israeliani sembrano avere la stessa mentalità tribale della loro controparte palestinese. Celebrano il bombardamento di Gaza allo stesso modo in cui molti Arabi celebrarono l’11 settembre. Un report ONU recentemente ha scoperto che le forze israeliane torturavano dei bambini palestinesi e li usavano come scudi umani. Picchiano gli adolescenti. Sono spesso incoscienti nei loro attacchi aerei. Hanno degli accademici che spiegano come lo stupro possa essere l’unica vera arma efficace contro il loro nemico. E molti di loro festeggia spietatamente e pubblicamente la morte di innocenti bambini palestinesi.
Per essere giusti, quel genere di cose accade da entrambe le parti. Sono le inevitabili conseguenze di diverse generazioni cresciute per odiarsi nel corso di più di 65 anni. Tenere Israele su uno standard più alto significherebbe guardare ai Palestinesi con il razzismo di aspettative abbassate. Tuttavia, se Israele si innalza a uno standard più alto come dice – bisogna allora fare molto di più per dimostrare che non è ai bassi livelli dei suoi vicini. Israele si sta via via auto-conducendo verso un crescente isolamento e verso un suicidio nazionale per due motivi:
1. L’occupazione;
2. L’espansione dell’insediamento.
L’espansione dell’insediamento è semplicemente incomprensibile. Nessuno capisce veramente il suo scopo. Virtualmente ogni amministrazione statunitense – da Nixon a Bush a Obama – si è inequivocabilmente espressa in maniera contraria. Non c’è giustificazione se non nella Bibbia (vedi #2) il che rende un po’ più difficile ancora considerare laiche le motivazioni di Israele.
L’occupazione è più complicata. Da vecchio, Christopher Hitchens aveva ragione quando diceva, riguardo all’occupazione israeliana del suolo palestinese:
“Se Israele vuole entrare a far parte dell’alleanza contro quello che possiamo chiamare barbarie religiose, teocratiche, aggressioni teocratiche termonucleari o nucleari teocratiche, non può, dovrà prima interrompere l’occupazione. È evidente.
Potete farne una questione di stile europeo, da stato occidentale, ma Israele non può governare altri popoli contro la loro volontà. Non può continuare a rubare la loro terra nel modo in cui fa ogni giorno. Ed è incredibilmente irresponsabile da parte degli Israeliani, conoscendo la posizione degli Stati Uniti e dei suoi alleati nel mondo, continuare a credere fermamente in questa posizione incosciente. E temo di sapere troppo sulla storia del conflitto per pensare a Israele come una piccola isoletta circondata da un mare di lupi affamati. Voglio dire, ne so abbastanza di come è stato fondato quello stato, e della quantità di violenza ed espropriazioni che sono state necessarie. E sono prigioniero di quella consapevolezza. Non posso smettere di saperlo”.
Come si è visto con Gaza nel 2005, è più semplice parlare del ritiro unilaterale che metterlo effettivamente in pratica. Ma se Israele non si impegna di più per la soluzione di un doppio stato (forse un triplo stato, causa Hamas), allora dovrà fare la brutta scelta tra l’essere uno stato a maggioranza ebrea o una democrazia. È ancora troppo presto per chiamare Israele “uno stato apartheid”, ma quando John Kerry ha detto che Israele sarebbe potuto finire così nel futuro, non ci aveva visto del tutto male. È semplice matematica. C’è un numero limitato di modi in cui uno stato ebraico bi-nazionale con una popolazione a maggioranza non ebrea può mantenere un’identità ebrea. E nessuno di quei modi è felice.
Facciamocene una ragione, quella terra appartiene ad entrambi ormai. Israele è stato creato in Palestina per gli Ebrei dagli Inglesi negli anni ’40 proprio come la mia patria, il Pakistan, è stata creata in India per i Musulmani all’incirca nello stesso periodo. Il processo è stato doloroso, ed ha portato allo sfollamento di milioni di persone in entrambi i casi. Ma sono passati quasi 70 anni. Ora ci sono almeno due o tre generazioni di Israeliani che sono nate e cresciute in quel paese, per le quali è veramente una casa, e che spesso sono ritenute responsabili e fatte pagare per delle atrocità per le quali non hanno alcuna responsabilità. Sono programmate per opporsi “all’altro” proprio come i bambini palestinesi. In fondo, questo è un conflitto religioso tribale che non sarà mai risolto finché le persone non smetteranno di schierarsi da una delle due parti.
Quindi, in realtà, non dovete scegliere tra essere filo-israeliani e filo-palestinesi. Se state dalla parte della laicità, della democrazia e della soluzione con due stati – e se siete contro Hamas, contro l’espansione degli insediamenti e contro l’occupazione – potete essere entrambe le cose. Se continueranno a chiedervi di scegliere da che parte stare dopo tutto questo, ditegli che state dalla parte dell’hummus.
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