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- Ecco come il Parco della Musica è stato negato al jazz! I consiglieri Lobina e Dore scrivono al sindaco Zedda e lui… by vitobiolchini.it
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- Ecco come il Parco della Musica è stato negato al jazz! I consiglieri Lobina e Dore scrivono al sindaco Zedda e lui… by vitobiolchini.it
1 agosto 2014 alle 00:40
Due settimane fa i consiglieri comunali di maggioranza Enrico Lobina e Giovanni Dore hanno inviato questa lettera al sindaco di Cagliari Massimo Zedda, all’assessore alla Cultura Enrica Puggioni e a quello all’Urbanistica Paolo Frau. In assenza di risposta, i due hanno deciso di rendere pubblica la missiva che tratta del noto diniego opposto dal Comune agli organizzatori dello European Jazz Expo’ 2014 per l’utilizzo del Parco della Musica.
La lettera ricostruisce modi e tempi del diniego e mette in luce, a mio avviso, la pretestuosità degli atti prodotti dall’amministrazione per giustificare il rifiuto dello spazio. Rifiuto grave, perché prodotto da atti incongrui, avallati anche da chi dovrebbe vigilare sulla legittimità delle decisioni adottate dall’amministrazione.
Per Lobina e Dore c’è stata una “grossa incongruenza” e questa valutazione politica di quanto accaduto suona evidentemente come un beffardo eufemismo, giacché non di incongruenza si tratta ma dell’ennesimo atto di una lunga serie di una decisioni ostili allo spettacolo e alla cultura a Cagliari portate avanti dalla giunta di centrosinistra. Non di incongruenza dunque si dovrebbe parlare ma logica coerenza, e che presto rischia di essere nuovamente applicata generando ulteriori danni al tessuto culturale cittadino. Quindi ora che si fa?
Tre anni bastano e avanzano per fare un bilancio delle politiche culturali dell’amministrazione Zedda e sarebbe il caso che, a partire da questa lettera, anche la maggioranza che sostiene il sindaco iniziasse a trarre le dovute conclusioni.
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Caro Sindaco, Cari Assessori,
vi scriviamo in merito alla recente e rumorosa polemica sull’organizzazione dell’European Jazz Expò 2014 presso il Parco della Musica che ha coinvolto recentemente la nostra amministrazione e gli organizzatori di “Jazz in Sardegna”.
La polemica è nata nel momento in cui l’iter amministrativo con cui “Jazz in Sardegna” chiedeva l’autorizzazione ad allestire il festival al Parco della Musica, ha ricevuto un diniego da parte degli uffici comunali del Verde Pubblico e della Cultura. L’iter amministrativo è partito il 9 giugno, seguendo la procedura secondo le stesse e identiche modalità della richiesta dell’anno precedente.
Il diniego è arrivato il 19 giugno dal servizio Verde Pubblico, a firma del funzionario competente, con un documento che recita:
“Atteso che l’Amministrazione Comunale ha individuato l’Arena Grandi Eventi quale unico spazio idoneo a ospitare eventi e manifestazioni analoghi a quello di cui alla presente nota, si esclude che il Servizio, Parchi, Verde e Gestione Faunistica rilasci, in deroga al DPCM del 14 novembre 1997 (decreto che fissa i limiti delle emissioni sonore), autorizzazioni per la realizzazione di eventi nel Parco della Musica”.
Lo stesso giorno, prendendo atto di questo diniego, il Servizio Cultura, con una nota, ha comunicato sia la richiesta di alcuni documenti mancanti ma necessari, sia la conoscenza del veto da parte Servizio del Verde Pubblico sull’utilizzo del Parco della Musica, precisando che tale autorizzazione sarebbe la conditio sine qua non per l’esito positivo dell’istruttoria.
Il giorno 23.06.2014 il Servizio Cultura, comunica l’esito negativo dell’istruttoria e propone l’alternativa location dell’Arena S.Elia. Riscontriamo alcune criticità nella modalità con cui si è strutturata la posizione dell’Amministrazione. Infatti i nostri documenti citano come “causale” del diniego la Delibera di Giunta n. 70 del 24.06. 2014, la quale individua l’Arena S.Elia come unico spazio cittadino dedito all’esecuzione di concerti che non siano “da camera” o comunque in acustico e dentro i limiti di decibel previsti dal DPCM di cui prima.
Ci sembra una forzatura perché la Delibera di Giunta n.70 è successiva, di 5 giorni rispetto alla nota di diniego del Servizio Verde Pubblico e di un giorno rispetto alla comunicazione di esito negativo da parte del Servizio Cultura, viene quindi citata e fatta valida preventivamente.
Inoltre va fatto notare che se da un lato, il Comune, pone all’attenzione la mancata adozione di Piano Acustico Comunale come vuoto regolamentare che non permetterebbe di eseguire concerti al Parco della Musica e altrove, dall’altro, la stessa nostra delibera non fa riferimenti chiari alla mancanza del piano.
La Delibera 70 non sembra poi chiarissima, lasciando ampi margini di discrezionalità, quando parla di possibilità fatta salva, di fare fuori dall’Arena Sant’Elia, i concerti cosiddetti “piccoli” senza precisare in nessun modo quali debbano essere i parametri. Infine andrebbe sottolineato che, date anche le ingenti risorse investite per realizzarlo, limitare alla sola musica da camera, sembrerebbe assai riduttivo rispetto a quello che dovrebbe essere l’utilizzo del Parco della Musica.
Con questo non si vuole in nessun modo sostenere che il Parco, in pieno centro abitato, debba ospitare concerti voluminosi tutti i giorni o in orari tardivi, ma certamente potrebbe essere utilizzato per una decina di concerti stagionali e non da camera con termine entro la mezzanotte.
E a onor del vero, va ricordato che recentemente ovvero il 28 aprile 2014 in occasione dei festeggiamenti de Sa die de Sa Sardigna, si sono tenuti i concerti diversi concerti in chiave elettica proprio al Parco della Musica.
Inoltre, dalla seconda metà di luglio sino alla prima di settembre presso il Bastione San Remy, abbiamo notizia che, il Teatro Mobile, ospiterà diversi concerti il cui l’allestimento dovrebbe essere fisso.
Questa fitta calendarizzazione di eventi , assolutamente positiva, confonde ancora più le idee su quali siano in effetti le problematiche e le criticità, e cosa sia realmente lecito , tollerato o viceversa. Per esempio resta in dubbio, considerando sempre la delibera, quali siano i decibel consentiti e quale sia la soglia di tolleranza. Inoltre, andrebbe aggiunta una considerazione di ordine prettamente artistico e cioè che, l’Arena Sant’Elia, per quanto idonea ad ospitare “grandi eventi” per ciò che concerne il volume di pubblico, non ci sembra per forza adatta ad ospitare tutti i concerti che per numero o per decibel si possano considerare “grandi”. Il jazz ad esempio, a seconda dell’esecuzione e a differenza di alcuni concerti rock, per caratteristiche musicali intrinseche risulta spesso più godibile in ambienti maggiormente raccolti di quello che è l’Arena.
A tale proposito, essendosi Cagliari, negli ultimi decenni, distinta come una delle città italiane capofila del movimento jazzistico nazionale con numerosi festival di primo piano di valore internazionale, auspichiamo che, anche per il futuro, l’amministrazione si adoperi per creare le condizioni perché dette manifestazioni possano svolgersi in una idonea cornice acusticamente idonea ed accogliente per il pubblico, dimostrando, in questo modo, che l’inclusività e la varietà di operatori ed offerta artistica sono l’elemento distintivo di “Cagliari Capitale della Cultura 2019″.
Tutti questi piccoli elementi ci sembrano creare una grossa incongruenza e per questo riteniamo che si possa e si debba valutare con una maggiore elasticità di quella avuta la pratica autorizzativa in questione e altre “sui generis” che in un futuro prossimo si potrebbero presentare in attesa che il Comune si doti di un vero e proprio Piano Acustico.
Enrico Lobina
Giovanni Dore
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L’Istat: «Si è fermata l’emorragia, ma i ragazzi tra 15 e 24 anni restano indietro»
Critica la Cgil: «Inadeguate le risposte del governo». La Cisl: «Il Paese è fermo»
Disoccupazione giovanile
Nuovo record con il 43,7%
ROMA Non è mai stata così alta la disoccupazione giovanile. A giugno ha toccato il 43,7%, secondo i dati provvisori dell’Istat, il livello più alto raggiunto dall’inizio delle serie storiche nel 1977. I ragazzi tra i 15 e i 24 anni sembrano rimanere sempre più indietro in un mercato del lavoro che, secondo l’istituto di statistica, «ha registrato i primi segnali di miglioramento». Si è ridotto infatti il tasso di disoccupazione generale al 12,3% (dal 12,6% di maggio) e sono aumentati gli occupati di 50mila unità in un mese. I ricercatori Istat osservano che «ormai da qualche mese si è fermata l’emorragia di occupazione» anche se «le attese di breve periodo non segnalano ancora una chiara inversione di tendenza». Su base annuale c’è infatti un nuovo aumento del tasso di disoccupazione di 0,1 punti, le persone in cerca di lavoro sono più degli abitanti di Roma (3 milioni e 153mila) e sono aumentate di 26mila unità rispetto al 2013. Tra i disoccupati, oltre uno su cinque ha meno di 25 anni. I ragazzi in cerca di occupazione sono 701 mila, l’11,7% dei loro coetanei. A loro si aggiungono 4 milioni e 376mila inattivi, che hanno un peso sempre maggiore tra i giovani (fino al 73,2%). A livello generale, invece, l’inattività è in calo e riguarda 14 milioni 311mila persone, lo 0,9% in meno rispetto al 2013. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, interpreta l’aumento dell’occupazione degli ultimi mesi come «una possibile tendenza ad un consolidamento di una leggera ripresa occupazionale» anche se segnala la gravità della situazione giovanile e un’accentuazione del divario territoriale. La nuova occupazione, infatti, si concentra nelle Regioni del Centro-Nord. Anche il sottosegretario Teresa Bellanova segnala «qualche elemento di speranza» a partire dall’aumento dell’occupazione femminile, che è «ancora troppo bassa» (al 46,5%) e si impegna a rilanciarla con misure come il voucher per il nido o la baby sitter che il governo sta rivedendo «in senso più favorevole alle neomamme» portando l’assegno mensile dal 300 a 600 euro, ampliando i tempi e criteri per fare domanda ed estendendo la misura anche alle dipendenti pubbliche. Le risposte del governo Renzi sul lavoro vengono bocciate come «inadeguate», dal segretario confederale della Cgil Serena Sorrentino, visto che continuano «sulla strada fallimentare di sottrarre diritti a chi ce li ha senza darne a chi ne è privo». Il segretario confederale Uil Guglielmo Loy, contesta «l’idea che il lavoro si crea solo con altre regole nuove e non con uno straccio di progetto di politiche produttive e industriali e una radicale riduzione della pressione fiscale». «Siamo nel pieno dell’emergenza economica ed occupazionale, – conclude Raffaele Bonanni, Cisl – Il Paese è fermo. Abbiamo superato la soglia dei tre milioni di disoccupati e almeno 140mila persone rischiano di essere espulse dal ciclo produttivo nel 2014».
(Da La Nuova Sardegna, 1 agosto 2014)
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Addio agli iperconsumi.
Crisi, Pil ed economisti nel pallone: in realtà è la fine di un sistema.
Andrea Saba su La Nuova Sardegna, 1 agosto 2014
Nel 2007, all’inizio della crisi, il maggior economista vivente, Paul Samuelson, il primo dei premi Nobel, scrisse che la natura della crisi era così complessa nella sua globalità e nella natura sconosciuta di molte variabili determinanti, che gli economisti erano del tutto impotenti ad individuare una terapia. Aveva ragione. Oggi è abbastanza patetico vedere economisti, politici e giornalisti affannarsi a individuare politiche che, dopo qualche tempo si rivelano prive di senso. Tutti aspettano la ripresa e spiano il Pil e le sue variazioni millimetriche come foriere di fondamentali significati. Il Pil- Prodotto interno lordo- è un indicatore rozzo della evoluzione della produzione nazionale di reddito che, specie durante una crisi complessa, può variare in alto e in basso di variazioni minime che son frutto della malattia in atto (come se ad un paziente gli salisse o scendesse la febbre di due o tre gradi). Non a caso un noto economista scozzese dichiarava che se uno sposa la propria domestica il Pil diminuisce: ed aveva ragione, la domestica divenuta moglie non ha più un salario e quindi vi è un reddito in meno nel calcolo del Pil. Figuriamoci in Italia dove sembra che trentamila anziani abbiano sposato la propria badante che disastro per il povero Pil. Se la ripresa arrivasse e il Pil crescesse del 2% la disoccupazione si ridurrebbe al massimo un centinaia di migliaia e ci rimarrebbero sempre almeno tre milioni di disoccupati. Il Pil viene stimato ogni tre mesi da ministero del Tesoro,Istat, Banca d’Italia, Confindustria, Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale. Non ci azzecca nessuno. O meglio. Ognuno dice quello che gli pare, CFrisipoi si incontrano tutti in un elegante caffè vicino a via Nazionale fra il Tesoro, la Banca d’Italia e l’Istat, e parlano per ore tutti insieme del Pil, ed il caffè si trasforma in un pollaio. Propongo che anche il Pil venga tradotto in inglese – come era una volta – Gnp, cioè Gross National Product, almeno, come tutte le manovre di politica economica scritte in inglese, nessuno sa che cosa siano e a che cosa servano. Hanno iniziato con le Authorities. Quella sulla Privacy dovrebbe tutelare la riservatezza degli italiani e viviamo in un paese dove se starnutisci al telefono lo vengono a sapere anche in Cina: vengono intercettati e le conversazioni pubblicate uomini politici, imprenditori, dirigenti, calciatori, principi in esilio ed excorts (che sarebbero le mignotte in italiano) e dicono che la riservatezza è tutelata. Poi è nata la spending review,che sarebbe il taglio delle spese inutili e credo che per vederne i risultati benefici ci vorranno venti anni; poi c’è il fiscal compact, che nessuno ha veramente capito cosa sia, ma dovrebbe ridurre il debito pubblico italiano, che continua a crescere nel frattempo; bellissimo è il job act (questo non lo capirebbero neppure gli inglesi). E così via. Se il Pil si chiamasse Gnp saremmo tutti più tranquilli. La ripresa arriverà quando aumenteranno i consumi interni che però non possono aumentare se non aumenta il reddito – cioè il Pil- e così continuiamo a girare, non solo in Italia e in Europa, ma in tutto il mondo occidentale e in Giappone. In realtà questa crisi segna la fine di un sistema basato sugli iperconsumi: tutta la società, dalla televisione all’educazione, alla forma delle città,ha il fine esplicito di trasformarci tutti esclusivamente in insensati consumatori. Questa crisi segna la fine di questo sistema. Il pianeta non lo regge, la morale e la religione – vedi papa Francesco – lo condannano esplicitamente. Sempre più le persone civili si orientano verso scelte e comportamenti che non sono più puro consumo. È meglio così, ma il problema dell’occupazione deve essere visto non più come dipendente da una inattendibile variazione del Pil. O meglio del Gnp.
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