in giro con la lampada di aladin…
- Una crisi grande, una classe dirigente piccola piccola. Paolo Fadda su SardiniaPost. Articolo pubblicato il 25 luglio 2014 – Sardegna-Europa: concluso nei tempi previsti il primo step dell’Iter della programmazione dei fondi europei 2014-2020
- L’Assessorato dell’Agricoltura ha inviato alla Commissione Europea il Programma di Sviluppo Rurale 2014/2020.
- Caro Pigliaru, il governo è nemico per definizione. Pubblicato da Anthony Muroni su Blog.UnioneSarda.it/ 27 lug 2014
C’è bisogno di una classe dirigente forte e autorevole
Una crisi grande, una classe dirigente piccola piccola
Paolo Fadda su SardiniaPost. Articolo pubblicato il 25 luglio 2014
Le occasioni e le motivazioni che danno tristezza e sconcerto, per noi poveri sardi di questo 2014, per dirla con una frase banale, purtroppo ”non finiscono mai”. All’affaire “Fondazione-Bper” s’è aggiunto ora quanto va accadendo (od è già accaduto) alla Camera di commercio di Cagliari, un’istituzione storica della città, con oltre un secolo e mezzo di vita, travolta da uno squallido tsunami di accuse ed addebiti da liti fra comari.
Ho inteso mettere insieme queste due vicende, pur molto dissimili nella loro patologia, perché ambedue inducono a riflettere sullo “stato” delle nostre classi dirigenti. Non tanto per la (eventuale) grave rilevanza degli errori, delle omissioni o delle disattenzioni imputati o commessi, quanto per avere messo in chiara luce l’impreparazione e la conseguente inadeguatezza delle élite poste alla guida delle nostre istituzioni regionali.
Non è, questo, un problema da nulla, da sottovalutare. Sono infatti “arciconvinto” che l’attuale, profondo e triste declino dell’isola (della sua appannata coscienza autonomistica, delle sue carenze nell’autogovernarsi, delle sue incapacità a disegnarsi un futuro) dipenda soprattutto dal decadimento morfologico delle sue classi dirigenti. E questo non soltanto nella politica, ma anche in altri campi della società attuale, dall’imprenditoria alla cultura, dalle attività artistiche e del tempo libero fin’anche alla Chiesa.
Abbiamo infatti assistito, con rapida successione, all’emergere di figure, tanto mediocri nella preparazione quanto eccellenti nelle scalate al potere, che hanno “occupato” sedie e poltrone, mossi soltanto da bramosie di soddisfazioni personali, e non certo dal dover mettere a disposizione dell’interesse pubblico le proprie esperienze ed i propri saperi.
Mi è difficile fare paragoni con il passato, ma ricordare che importanti realizzazioni cagliaritane come il porto commerciale e l’area industriale nell’anteguerra, o come coraggiose iniziative come la Sardamare, l’Airone ed il porto container nel dopoguerra, ebbero il loro fertile laboratorio nel palazzo camerale del Largo Carlo Felice, non può che stridere con le piccole e sterili liti per le costose infiorate o per i catering a gogò dell’oggi.
È la borghesia d’un tempo che era magari piccola ma pensava in grande, mentre quella d’oggi, magari più numerosa, che pensa e agisce soltanto in piccolo. E in quel “grande” e in quel “piccolo” ci sono due differenti modi d’intendere il ruolo di dover essere classe dirigente: nell’operare perché cresca e si consolidi uno sviluppo pubblico generale e, al contrario, perché crescano ed aumentino i propri personali valori.
Forse, e lo dico qui sottovoce, le Camere di commercio, così come sono oggi strutturate in un’esasperazione corporativa delle loro governance, non paiono più istituzioni utili all’imprenditoria di questi nostri tempi, ridotte, come sono, ad essere niente più che un esoso gabellotto ed un burocratico documentificio per le imprese.
Si è letto, peraltro, che l’attuale governo Renzi – nella sua voglia di riformare il Paese – stia pensando ad una riforma anche del sistema camerale, ed è già, questa, una buona notizia: ma quel che occorrerà rompere (e non sarà facile) è quel vulnus corporativo che ne condiziona e ne sterilizza il ruolo di libera ed autonoma rappresentanza della classe imprenditoriale d’un territorio. In modo da ridare loro la possibilità di esprimerne, come guida, “il meglio”, in indifferenza del settore d’appartenenza.
Non so se queste mie riflessioni possano essere o no condivise, ma senza poter o sapere selezionare ed esprimere una classe dirigente capace, attrezzata culturalmente, efficiente progettualmente ed incensurabile eticamente, a mio parere non si va, in Sardegna, da nessuna parte. Perché, in difetto, non ci resta che lamentarci perché le brutte notizie, dalle nostre parti, non finiscono mai…
Paolo Fadda
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L’Unione Sarda, 28 luglio 2014
Gli studenti del Master&back: «Chi torna non trova lavoro»
- L’assessore Mura: «Strumento fondamentale, lo perfezioneremo»
«Il percorso di rientro non deve essere una nuova forma di precariato cosi come è ora». E ancora: «Bisogna pianificare da subito anche il back. Altrimenti non ha nessun senso spendere tanti soldi per formare una persona che o non tornerà mai in Sardegna o, se tornerà, rimarrà disoccupata». Il tenore degli oltre duecento commenti è più o meno lo stesso: i ragazzi che hanno partecipato al Master and back si lamentano della seconda parte del progetto, quella che avrebbe dovuto farli tornare in Sardegna con un biglietto da visita da spendere e sfruttare nel mondo del lavoro sardo. Invece così non è stato: secondo l’analisi fatta dalla società Iris, che ha valutato il programma per conto della Regione, dopo sei mesi dal termine del percorso formativo il 53 per cento dei ragazzi non era tornato in Sardegna.
«Al momento i dati elaborati sono parziali, il rapporto del valutatore indipendente si riferisce esclusivamente alle edizioni 2008 e 2009: sul totale della popolazione nel lavoro di analisi, sono solo circa 900 i destinatari che non erano tornati in Sardegna a un anno dalla conclusione del percorso», spiega l’assessore al Lavoro Virginia Mura, che aggiunge: «Il numero potrebbe essere diminuito successivamente». Insomma: ufficialmente la Regione non sa ancora quanti sono i “cervelli in fuga” dopo l’esperienza del master all’estero. Ma la relazione della società Iris parla di 4.070 progetti approvati e pagati dalla Regione al 31 dicembre 2013. E se le percentuali dei giovani che non hanno fatto ritorno nell’Isola dopo il master (53 per cento a sei mesi dal termine, 48 per cento a un anno) sono attendibili, circa duemila persone sono rimaste nella altre regioni italiane o all’estero.
Per l’assessorato al Lavoro una cosa è certa: «Il Master and back non va “in soffitta” ma continuerà a essere uno strumento di fondamentale importanza nelle strategie della Regione. È infatti un preciso impegno dell’attuale Giunta continuare a lavorare affinché le stesse opportunità siano offerte anche in futuro ai giovani sardi», dice Virginia Mura.
Secondo l’assessore regionali bisogna sottolineare il tasso di occupazione (63,5 per cento) di chi ha completato il Master and back: «Per capire meglio quanto è positivo il dato, è utile il confronto con i dati Alma laurea sui laureati sardi che non hanno usufruito del programma. A un anno dal conseguimento del titolo di studio i laureati sardi sono occupati sono nel 41,6 per cento dei casi». (m. r.)
L’Unione Sarda 28 luglio 2014
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Caro Pigliaru, il governo è nemico per definizione.
Pubblicato da Anthony Muroni / 27 lug 2014
Non è che abbiamo poca fiducia in Pigliaru e nella sua Giunta. È che non ne abbiamo nessuna nello Stato e nei governi che si sono avvicendati nell’ultimo ventennio. La Sardegna, per loro, è un’entità astratta quando si tratta di mantenere i patti e di risolvere le emergenze che si accumulano con velocità supersonica. È invece qualcosa di molto concreto quando si tratta di servitù militari e di sperimentazioni: abbiamo iniziato col digitale terrestre e proseguito con la «devoluzione» di capitoli di spesa delicatissimi, quali sanità e trasporto pubblico. Inutile dire che entrambe le corsie preferenziali si sono rivelate una grande fregatura per i sardi, per la Regione e per il sistema economico.
Ora ci viene spacciata per grande conquista quella della deroga sul patto di stabilità, che da anni affoga Comuni e imprese, e del pareggio di bilancio. Un’altra sperimentazione, un altro progetto pilota, un ennesimo grido di vittoria che minaccia di trasformarsi in colossale presa in giro.
Del resto, basterà aspettare pochissimo. Già dai prossimi mesi capiremo se lo Stato manterrà le sue promesse e se la Giunta regionale saprà tradurre in atti concreti il grande ottimismo di queste ore. Per intanto prendiamo atto che la firma dell’accordo porta con sé l’automatico ritiro dei ricorsi presentati da viale Trento davanti alla Corte costituzionale. Una pessima notizia per chi, come noi, è convinto che questo sia il tempo della vertenza permanente nei confronti dell’Italia e del governo pro tempore.
Non possiamo fidarci e questo è testimoniato anche dal fatto che la conferenza Stato Regioni sulle servitù militari, quella in cui Pigliaru fece il bel gesto di sbattere la porta e di rifiutare di firmare l’accordo, si è rivelata un’inutile manfrina, uno di quei confronti di facciata che tanto piacciono alla nouvelle vague renziana. Mentre i maggiorenti Pd litigano (o fanno finta di farlo), si prepara il raddoppio del poligono di Teulada, come da noi rivelato in settimana. Con tanti saluti al governo amico e alle promesse da marinaio del ministro di turno. Tra una minaccia di commissariamento sulla peste suina e una litigata sui manager Asl, la Giunta rischia di avvitarsi su se stessa. A Pigliaru e ai suoi assessori chiediamo, quindi, uno scatto d’orgoglio e un minimo di spirito battagliero e identitario.
Sfidiamo il governatore, con tutta la simpatia che continua a ispirarci, su un terreno forse irto ma non più ignorabile: che fine hanno fatto le firme, le proposte di legge e le buone intenzioni sull’Agenzia sarda delle entrate? Provi, presidente, a portare anche questo tema sul tavolo del confronto con Roma: se sono così saggi, amici e comprensivi come si dice, i signori del governo Renzi magari le daranno retta anche su questo
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(Dal sito web della RAS) 28.07.14 – agricoltura
Inviato alla Commissione Europea il Programma di Sviluppo Rurale 2014/2020
L’Assessorato dell’Agricoltura e Riforma agropastorale ha inviato alla Commissione Europea il Programma di Sviluppo Rurale 2014/2020.
La stesura del documento è avvenuta attraverso un processo di analisi della situazione socio-economica regionale, accompagnato da momenti di ascolto dei principali portatori di interesse, che hanno contribuito alla definizione della strategia e alla selezione degli interventi. Inoltre, il Programma tiene conto dei Programmi Nazionali redatti dal Mipaaf (PSRN) e dell’Accordo di Partenariato.
Da questo momento, prende avvio l’iter di approvazione del Programma, che prevede una fase di negoziazione della durata massima di sei mesi tra l’Autorità di Gestione del PSR e la Commissione Europea, che si protrarrà fino alla approvazione definitiva del PSR Sardegna. Il negoziato terrà conto del percorso di approvazione dei PSRN per assicurare la necessaria coerenza e complementarietà.
Le risorse finanziarie a disposizione, per i sette anni di programmazione, sono pari a 1 miliardo e 308 milioni di euro circa.
Consulta la versione del PSR Sardegna 2014-2020 trasmessa alla Commissione Europea
Ultimo aggiornamento: 28.07.14
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