Il Consiglio regionale sul percorso delle riforme (nuovo Statuto e dintorni): prevale un’eccessiva prudenza e la maggioranza va da sola
CONSIGLIO REGIONALE DELLA REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA
Seduta n.23 del 23/07/2014 – XXIII Seduta – Mercoledì 23 luglio 2014
Presidenza del Presidente Gianfranco GANAU
La seduta è aperta alle ore 16 e 16.(OMISSIS)
Discussione e approvazione della risoluzione sul percorso delle riforme. (N. 3 (3 com)). - segue -
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la discussione della risoluzione numero 3 della terza Commissione sul percorso delle riforme. Relatore il consigliere Francesco Agus.
Ha facoltà di parlare per illustrare la risoluzione il consigliere Francesco Agus.
AGUS FRANCESCO (SEL). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, la discussione sul percorso delle riforme istituzionali licenziato all’unanimità dalla prima Commissione avviene in un momento di grande incertezza circa la portata futura della nostra autonomia speciale. Penso sia un atto di serietà nei confronti del Consiglio e dei cittadini portare in un momento come questo la discussione attorno al futuro delle nostre istituzioni nel Parlamento dei sardi in campo aperto.
È bene però avere chiaro lo scenario nel quale ci stiamo muovendo e attorno a questo è opportuno fare una doverosa premessa. In Senato in queste ore si sta ridisegnando il confine dell’autogoverno dei territori, della democrazia locale, della specificità delle autonomie regionali, del loro rapporto con lo Stato e appaiono chiare le tendenze accentratrici di questo nuovo corso; l’autoriforma è una tendenza inarrestabile nel nostro Paese, una storia lunga decenni ormai che ha visto tutte le istituzioni impegnate in una revisione costante di se stesse, delle loro regole, delle carte costituzionali e statutarie. Una revisione messa in campo sino ad ora senza mai cogliere il meglio, senza mai risolvere veramente i problemi generando sempre, quasi sempre reazioni revansciste e successive e mai quasi mai sviluppo economico, progresso sociale, benessere. Dieci anni fa tutti federalisti in maniera diversa ma tutti federalisti, 10 anni dopo tutti centralisti o quasi. Le Regioni sono sprecone, le province da abolire, i comuni da utilizzare come esattori delle tasse.
Allora io credo che davanti a questo scenario nazionale occorra reagire e penso che il modo migliore per difendere l’autonomia della Sardegna sia darle un senso. Mi sono convinto che il modo più efficace per preservare estendere le nostre potestà statutarie è dimostrare di saperle utilizzare appieno, nel modo giusto e per le finalità migliori. Un banco di prova urgente e simbolico ce lo dà decisione in merito al nuovo assetto da dare agli enti locali dell’Isola. Inizio da qui perché penso che il combinato disposto tra il referendum dello scorso anno, la situazione attuale delle province e dell’istituzione regionale della Provincia di Cagliari commissariata dalla Giunta uscente, l’approvazione a Roma della legge Del Rio i cui principi valgono anche per noi Regione a Statuto speciale e l’urgenza di dare vita a processi nazionali e internazionali come l’istituzione delle città metropolitane diminuisca sensibilmente i tempi a disposizione per iniziare un percorso serio e di riforma. Penso però che la discussione attorno al nuovo assetto degli enti locali non possa essere a se stante ma debba inquadrarsi nel quadro di un’ampia riforma della Regione, della sua organizzazione interna, delle sue regole, delle sue ramificazioni.
Lo Statuto sardo conferisce alla Sardegna una potestà legislativa in materia di enti locali, non sfruttarla appieno nel campo ampio delle prerogative statutarie sarebbe una colpevole mancanza per la classe dirigente alla guida dell’Isola. Occorre quindi mettere mano all’assetto attuale degli enti locali ragionando sulle esigenze del territorio dell’Isola diverso da qualunque altro in Italia, diverso da una parte all’altra della Regione. E bisogna evitare di commettere gli errori del passato, in passato per ciò che concerne la potestà legislativa in merito agli enti locali, è bene dircelo, non siamo stati all’altezza dell’articolo 3 del nostro Statuto ed è importante quindi evitare in questo processo di riforma di farci dettare la linea da quello che sentiamo al bar del nostro quartiere o del nostro paese. Lo spirito del bar è quello, per inciso, che nel 2001 chiedeva l’istituzione delle nuove province e che nel 2012 con la stessa forza ne ha chiesto lo scioglimento. Nella modulazione del nuovo assetto del territorio occorrerà tener conto delle caratteristiche che rendono diversa l’Isola rispetto al resto del territorio e peculiare ogni territorio dell’Isola rispetto agli altri, attuare quindi forme avanzate che valorizzino l’autogoverno dei territori e la democrazia locale, tener conto delle professionalità presenti tra il personale di ruolo e tra quello precario delle province e tener conto di ciò che esiste nella realtà, nei rapporti tra enti e tra cittadini senza mortificare l’esistente o pretendere di sovrapporre la Sardegna reale a una Sardegna irreale che forse esiste solo nelle canzoni di Mogol.
E serve un quadro omogeneo, la riforma degli enti locali deve essere concepita come il primo tassello di una complessiva riforma della Regione non quali province ma quali GAL, quali ASL, quali perimetri dare ai distretti sanitari, ai PLUS, alle comunità montane, ai distretti per lo smaltimento dei rifiuti, quali poteri e quali confini dare alle unioni dei comuni e quali rapporti costruire tra questi e la macchina regionale.
Laconi, per citare un comune lontano da casa mia, decide le sue politiche scolastiche e ambientali insieme a Bosa, le sue politiche sociali e sanitarie insieme ad Ales, il piano di sviluppo locale con Villamar e Barumini e per tutto il resto condivide la gestione di importanti servizi con Orroli e Seulo. È un sistema che può funzionare questo? Serve una riforma complessiva che parta da un’analisi puntuale di quello che sono oggi le istituzioni e i bisogni della Sardegna in periferia come al centro. Il mese passato abbiamo ampiamente discusso dei problemi della nostra organizzazione regionale con circa 40 soggetti diversi auditi in Commissione dagli ex Presidenti della Giunta e dei consiglieri regionali e parlamentari della Repubblica alle forze sindacali, alle associazioni dei comuni, ai rettori delle università, altri ancora verranno auditi nei prossimi mesi a cominciare dalla nuova dirigenza dell’ANCI eletta durante il congresso della settimana scorsa. Questo perché le riforme istituzionali devono essere concepite nel quadro di un’unità politica più ampia della maggioranza di governo, più ampia delle forze politiche e dell’individualità che esprime il Consiglio regionale. Le riforme vanno fatte bene, vanno fatte presto; perché la macchina regionale non ce la fa più, è urgente cambiare le sue regole, mettere mano alle leggi fondamentali. Un primo passo è stato fatto dalla Giunta con le modifiche alla legge numero 31 del 1998 da ieri all’attenzione della prima Commissione.
Cambiare le regole serve per smuovere ciò che è fermo. Negli anni sono aumentati i compiti, competenze importanza degli enti regionali per esempio, delle agenzie, delle società partecipate dalla Regione non sempre utile ad onor del vero, non sempre virtuose, non sempre nel lungo periodo in grado di fare meglio di quello che avrebbe potuto fare l’amministrazione centrale se ne avesse avuto la possibilità hanno sopperito ad un problema organizzativo dato da una macchina centrale elefantiaca e visibilmente inadatta a dare oggi risposte per oggi. Hanno messo una pezza su un buco esattamente come hanno fatto le centinaia di lavoratori precari inseriti nella nostra amministrazione. Ora sono arrivate a un punto in cui le tante pezze applicate nei decenni passati rischiano di esplodere in assenza di un intervento di sistema. Occorre dare impulso alla Giunta regionale affinché il prima possibile licenzi i progetti di riforma organica della Regione e li metta all’attenzione dell’Aula consiliare.
Riguardo alla materia statutaria le audizioni in Commissione hanno fotografato una situazione la macchina regione da affrontare in maniera decisa nel breve periodo ma hanno anche messo sul tavolo i problemi quelli del passato che hanno ostacolato e reso sterili i tentativi di riformare le leggi fondamentali della regione e quelli del presente dato dalla situazione politica nazionale. Occorre quanto prima procedere all’elaborazione di una legge statutaria che valorizzi pienamente l’autonomia e la specificità consentita dallo Statuto e occorre capire sino a che punto è possibile estenderne le competenze. Su questo punto abbiamo diffusamente discusso in Commissione, il vicepresidente Tunis mi corregga dopo se sbaglio, mi sembra che ci sia trovati sostanzialmente d’accordo sull’obiettivo comune di provare a lavorare una statutaria ampia che spanda il più possibile sui confini che almeno in questa fase di grave instabilità limitare gli interventi sullo Statuto a stralci per quanto strettamente necessario alla riorganizzazione della macchina regionale lasciando invece alla statutaria la normativa attorno alla disciplina della forma di governo della Regione e il sistema di controlli dell’attuazione delle leggi ma anche la valutazione degli effetti delle politiche regionali, perché ricordo ai colleghi che la relazione della Commissione d’inchiesta della precedente legislatura sull’attuazione delle leggi regionali e le sue conclusioni sconfortanti non penso che sia possibile continuare senza prenderne atto e attuare doverosi provvedimenti.
Serve una statutaria che detti principi in materia di organizzazione amministrativa regionale sul ruolo e sulle funzioni del CAL in materia di bilanci e di enti locali. Questo perché su quel tipo di provvedimento questo Consiglio ha una solennità diversa, più ampia, più incisiva, più decisiva rispetto a quella che avrebbe in una revisione dello Statuto. Quest’Aula può essere in grado di partorire lo Statuto più avanzato del pianeta ma nulla ci assicura che non verrebbe triturato dal Parlamento nazionale. Troppe sono le variabili che non possiamo controllare. Una proposta nata in quest’Aula o votata in quest’Aula dopo una discussione in una sede diversa come può essere l’assemblea costituente dovrà comunque affrontare un iter parlamentare lungo e complicato che aprirebbe una discussione nel campo aperto del Parlamento, un campo dove è presente, è innegabile, un’ampia maggioranza ostile, nemica delle autonomie speciali regionali, una maggioranza che vorrebbe oggi ridimensionare i poteri all’autonomia delle regioni a Statuto speciale. Il rischio che corriamo, e sul quale dovremmo riflettere attentamente da oggi, è quello di armare la mano a chi ha nelle corde l’idea di limitare la nostra autonomia invece di accrescerla. Occorre vigilare, e penso che il Presidente della Regione, la sua Giunta e questo Consiglio nella sua interezza non debbano far mancare il contributo. Sicuramente in questa difesa storica dell’autonomia intensificare il rapporto con i parlamentari, con gli europarlamentari, con i componenti sardi del Governo non può che essere di aiuto. Le regioni a Statuto speciale del nord Italia hanno un’autonomia costruita su base culturale e linguistica, e hanno delegazioni parlamentari più coese e più caratterizzate territorialmente della nostra. Occorre colmare il divario e in questo credo che il Consiglio regionale debba necessariamente essere motore, e in questo quadro, per colmare distanze verso un’autonomia cementata da un’identità culturale linguistica che, almeno sulla carta, e solo sulla carta, è più forte della nostra, occorre concepire il percorso delle riforme come una strada da percorrere insieme da sardi, nel rispetto dei ruoli istituzionali, quello del Presidente, quello della Giunta, quello del Consiglio e delle Commissioni, quello dei parlamentari e degli europarlamentari, e dei sindaci che rappresentano la democrazia locale, e nel rispetto delle parti politiche, quelli che hanno il compito di governare l’isola, quelli che svolgono un ruolo di opposizione e quelle non rappresentate in quest’Aula, ma esistenti nella società e nella sensibilità dell’elettorato sardo. Le riforme, o hanno l’ambizione di riscrivere le regole del gioco condiviso o non servono, e fanno la fine delle controriforme degli ultimi vent’anni di politica nazionale, che avevano l’ambizione di cambiare tutto affinché nulla cambiasse, che sono servite per strappare un titolo sul giornale o un’intervista a qualcuno, ma non hanno migliorato la condizione di vita dei cittadini e hanno aperto la strada a drammatici ritorni al passato. Per questo occorre volare alto, con la collaborazione di tutti, ognuno con il suo ruolo e ognuno per il suo ruolo, avendo però cura in particolar modo, in primo luogo, dell’interesse della Sardegna, del suo popolo e del futuro della sua gente. Grazie.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.
Ne ha facoltà per sei minuti, e durante l’intervento si può accedere alle prenotazioni per la discussione.
FLORIS MARIO (Sardegna). Quanti minuti ho, Presidente, sei o dieci?
PRESIDENTE. Sei minuti, onorevole.
FLORIS MARIO (Sardegna). Ma lo ha deciso la Conferenza dei Capigruppo?
PRESIDENTE. No, è il Regolamento.
FLORIS MARIO (Sardegna). Perché per tutti gli altri sono dieci minuti, sei minuti sono per la replica, non mi risulta che ci sia un articolo di Regolamento.
PRESIDENTE. Facciamo una verifica, ma dovrebbe essere così.
FLORIS MARIO (Sardegna). Io ho letto il Regolamento proprio prima di intervenire.
PRESIDENTE. Sei minuti mi confermano, onorevole.
FLORIS MARIO (Sardegna). Presidente, questa mi pare che sia la trecentesima volta che questo Consiglio regionale si occupa di problemi relativi alle riforme. Io ho potuto dare una lettura veloce, non abbastanza approfondita, ma ho la sensazione che ci sia alquanto confusione, confusione derivante anche dal metodo e dal modo in cui siamo arrivati a questo, questa risoluzione ancora non è neanche nel sito della Regione, non è stata consegnata, io non l’ho trovata. Casualmente un collega stamattina, al bar, mi ha detto che dobbiamo discutere nell’ordine del giorno il problema relativo alle riforme regionali. Ora, perché c’è questa confusione, Assessore? C’è questa confusione perché stiamo inventando, prima ancora di stabilire quali saranno i nuovi organismi che dovranno prendere le competenze delle vecchie Province, assistiamo oggi all’Assessore che dice che abbiamo costituito già i distretti e ritorneremo ai comprensori. Gli altri che vengono a dire di fare qualche cosa relativa alla riforma degli enti locali. Abbiamo fatto tutto un ragionamento relativo all’agricoltura, li abbiamo separati, abbiamo avuto l’AGRIS, LAORE e ARGEA, si parla di una riaggregazione. Abbiamo avuto il problema, la grande intuizione storica, una delle grandi intuizioni storiche di Soru, al quale certamente si poteva dire tutto, ma aveva un concetto di partito e un concetto di modello di Regione alquanto chiaro, aveva abolito l’ESIT, l’ISOLA, l’EPT, le aziende di soggiorno, che avevano bene operato, le aveva frantumate aveva creato Sardegna Promozione, adesso Sardegna promozione non c’è più, e così via. Stiamo assistendo veramente a questo modo di comportarsi, che non denota certamente una linea, tantomeno un programma e tantomeno un progetto, e non si può dire che ci sia qualcosa nelle dichiarazioni programmatiche perché non c’è assolutamente nulla di niente. Per quanto attiene la modifica dello Statuto, la confusione, a mio giudizio, è alimentata soprattutto dal fatto che noi non conosciamo gli accordi che la Giunta regionale ha sottoscritto in sede di conferenza delle regioni e di conferenza unificata Stato-Regioni, il Consiglio regionale non possiede questo documento. Parrebbe che sia stato sottoscritto un accordo per quanto concerne le regioni a Statuto speciale, così hanno dichiarato l’Assessore e anche il Presidente, con una sorta di moratoria che rappresenta molto di più una partita che si deve ancora giocare, piuttosto che la garanzia che non si toccherà nulla, come noi chiediamo, dei diritti acquisiti in Costituzione, e tantomeno quelli che a nostro giudizio sono indispensabili per consentire alla Sardegna di avere regole nuove per il divenire economico, sociale e culturale della Regione. Ma c’è di più, alla base dei presunti accordi sottoscritti, la Giunta regionale non ha acquisito, al di là dei pochi elementi indicati nei recenti dibattiti, gli elementi fondamentali di riforma dello Statuto di autonomia che vogliamo, che devono nascere qui, che non possono nascere altrove. Poi possiamo discutere ancora e sempre delle procedure per vedere come modificare il nostro Statuto, possiamo rimpallarci la palla sull’Assemblea costituente e quant’altro, ma questa sicuramente è la sede nella quale le direttive e gli orientamenti devono essere dati alla Giunta regionale perché si muova nella direzione che il Consiglio regionale dice che si deve muovere. Noi dobbiamo riscrivere lo Statuto, ovvero la Carta costituzionale della Sardegna nella quale siano salvaguardati e rinforzati i poteri reali di sovranità e di autogoverno del popolo sardo.
Allora, prima di parlare della riforma interna, e concludo, occorre definire il percorso della riforma delle riforme, lo abbiamo già detto le altre volte, ovvero il nuovo Statuto di autonomia che rappresenta il cardine e la madre di tutti gli altri percorsi. Siamo dunque in presenza di due questioni nettamente distinte, che devono avere due percorsi distinti e convergenti, due linee rette anche se non, come diceva Moro, parallele. Semmai alla riforma dello Statuto va collegata l’attuazione dei punti che ancora non sono stati toccati dallo Statuto vigente, e adeguati alle norme di attuazione presentando allo Stato un progetto e indicando i rappresentanti di spicco della Commissione paritetica, che devono seguire le indicazioni della Regione. Perché anche questo, ogni volta che abbiamo mandato i rappresentanti delle commissioni paritetiche, poveracci, sono andati a portare il loro pensiero, perché non c’era una guida e non c’era un’indicazione. La legge statutaria noi la possiamo varare sulla base dello Statuto vigente. Ma se lo Statuto vigente, Assessore, non ci sarà più, che cosa stiamo facendo? Stiamo facendo una legge statutaria che poi potrebbe trovarsi monca perché ci aboliscono l’articolo 14 e l’articolo 15 dello Statuto…
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Stefano Tunis. Ne ha facoltà.
TUNIS STEFANO (FI).Credo sia utile, e non correggerò il Presidente Agus, ripercorrere ciò che ci ha portato a questa risoluzione, perché il lungo periodo, le numerose audizioni, la fattiva collaborazione con altri livelli istituzionale, con i rappresentanti della Giunta regionale, che senza fretta e con metodo hanno affrontato con noi questo argomento, sono poi sfociati in una iniziativa che, non senza difficoltà, lo ammetto, ho sostenuto e ho deciso di sottoscrivere dopo aver sentito il mio Gruppo di appartenenza, perché l’alba di questa legislatura non ci ha regalato francamente un clima costituente, non ci ha regalato un rapporto dialogante tra maggioranza e opposizione, ci ha piuttosto portato in uno scenario dove l’Assemblea è costretta a sostenete sempre e comunque l’iniziativa della Giunta. Cosa è avvenuto in questa discussione? Il fatto che mano a mano ci siamo resi conto che il valore della nostra autonomia, il valore dello Statuto va sostenuto, ma non va solamente sostenuto in termini di presenza, di posizionamento, va sostenuto con l’azione, va sostenuto con l’utilizzarne le capacità e le potenzialità, e questo, in tanti d’accordo, si è pensato possa avvenire attraverso lo strumento della legge statutaria, all’interno della quale, potenziata, arricchita, certamente completata con una serie di elementi di traduzione autonomista, sardista, sovranista, si possa darle un contenuto non soltanto di meccanica istituzionale, ma anche di richiamo dei valori che sono propri di quello statuto che in altre sedi, con altri metodi, in termini come abbiamo detto muscolari, dobbiamo essere capaci di difendere e di sostenere. Ed è proprio su questi temi, su questo metodo e su questa volontà, credo abbiamo individuato, attraverso questa risoluzione, una proposta concreta da fare al Consiglio, una proposta importante, perché si sta chiedendo a questo Consiglio se se la sente di assumersi la responsabilità di scrivere assieme, come dice la risoluzione e come abbiamo detto tutti, con tante mani, con tanto metodo e tanto tempo, come direbbe l’Assessore Demuro, probabilmente, il nuovo strumento operativo della nostra autonomia. Non sono cose da farsi con fretta, non sono cose da farsi con una colorazione, sono degli strumenti che devono poter contenere lo spettro più ampio di sensibilità, devono poter contenere tutto il consenso che ha portato tutti noi 60 in questo Consiglio regionale. E non deve apparire che si cerca di estromettere dall’iniziativa primaria la Giunta regionale, deve invece, piuttosto, emergere che si vendica in questa Assemblea il ruolo che c’è stato attribuito, quindi quello di un consenso primario, di un consenso che è venuto a noi da centinaia di migliaia di cittadini che ci hanno chiesto di difendere la nostra autonomia e ci hanno chiesto di estrinsecarla in uno strumento normativo che funzioni. Ora, se questa Assemblea ritiene di potersi assumere questo obiettivo alto, se questa Assemblea ritiene di poter essere veramente il legislatore che merita questa Regione, se questa Assemblea ritiene di potersi decolorare dall’appartenenza politica e confrontarsi, senza steccati, senza schemi, sul tema più importante che noi possiamo affrontare in questa legislatura, allora oggi questa Assemblea voti questa risoluzione. Se questa Assemblea ritiene che ci possa essere un punto di dialogo, un momento di confronto per il quale non ci si senta obbligatoriamente a favore o contro di questa Amministrazione regionale, se questa Assemblea ritiene che si possa delegare un lavoro preliminare della Commissione, certamente, ma soprattutto ritrovarsi a lungo, per molte ore all’interno di quest’Aula, a confrontarsi, con tutti quelli che ci vogliono stare e che ci possono stare, sul come scrivere questo strumento, allora questa Assemblea oggi voti questa mozione. Se però, e lo dico senza nessuna polemica, ma assolutamente con spirito costruttivo, non ci si sente liberi di fronte a un normale vincolo di maggioranza, se non ci si sente in grado di mettere da parte la propria appartenenza, esattamente come è capitato di fare al sottoscritto in quella Commissione, se non ci si sente davvero pronti a perseguire un obiettivo così alto, si lasci perdere e si lasci perdere un oggi, perché per il modo in cui la nostra autonomia impatta, come ha detto correttamente il Presidente Agus, nella nuova economia della Sardegna, per come impatta nella vita di ognuno di noi, per come impatterà sulla riscrittura del nostro sistema degli enti locali, questo documento merita di essere spontaneo…
PRESIDENTE. E’ iscritto a parlare il consigliere Salvatore Demontis. Ne ha facoltà.
DEMONTIS SALVATORE (PD). Noi abbiamo iniziato, in prima Commissione, una discussione ragionando sulla possibilità e sull’opportunità di rinegoziare la nostra autonomia, la nostra specialità, quindi con lo Stato e, in particolare, con questo Governo; quale strumento utilizzare, se l’Assemblea costituente o invece una consulta che accompagnasse il Consiglio regionale, sostenesse il Consiglio regionale, e anche con quale forma di partecipazione dei sardi. Io credo che ai sardi, e voglio parlare principalmente di statuto e di statutaria, se abbiamo 6 minuti, io credo che principalmente ai sardi interessi soddisfare i propri bisogni e che debba finire il tempo della filosofia e che occorra pragmatismo. Credo che occorrano riforme che impattino immediatamente, e non solo nel medio e lungo periodo, e credo anche che non dobbiamo fare l’errore, anche in questo mandato, in questa consiliatura, di arrenderci a questioni di metodo perché, altrimenti, anche in questo mandato non arriveremo a niente, e questa volta però non ce lo possiamo permettere perché non ci possiamo esimere dal farlo. Dicevo: abbiamo discusso se fosse opportuno richiedere altri livelli di autonomie, di specialità, o se invece non fosse opportuno richiedere una specialità diversa, anche perché sono d’accordo con il Presidente Agus, in passato l’abbiamo spesso utilizzata molto male, e farei esattamente lo stesso esempio, l’esempio delle nuove 4 Province che poi, dopo 10 anni, vengono… io sono favorevole all’abolizione delle Province, beninteso, ma dopo 10 anni, quindi dopo i 10 anni che le Province trovano il modo di avviarsi e di funzionare, vengono cancellate, cioè abbiamo fatto un disastro utilizzando la competenza primaria sull’ordinamento degli enti locali, ma, dicevo, abbiamo parlato del contesto, perché è vero, questo non è un Governo particolarmente sensibile all’autonomia regionale, e lo dico da sostenitore del Presidente Renzi, da convinto sostenitore del Presidente Renzi, da quando, l’ho detto più volte in quest’Aula, … ho respirato un’aria di cambiamento che non respiravo da tanto tempo. Però, su questo punto, sulla questione “autonomia regionale” non sono d’accordo, non sono d’accordo su quella parte del disegno di legge Del Rio che affronta il Titolo V, mentre condivido l’aspetto della riforma sul superamento del bicameralismo, dei costi del funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL, ma la modifica e le modifiche del Titolo V in prima stesura erano davvero troppo impattanti, definiamole così, cioè svuotavano, non voglio usare mezzi termini, ma svuotavano le Regioni a statuto speciale, e non solo, anche quelle a statuto ordinario, delle competenze primarie, cioè in termini di sanità, di ambiente, di urbanistica, di industria, di turismo. È stato emendato il testo originario, è stato emendato sempre dal Partito Democratico, questo lo voglio sottolineare, e oggi è già qualcosa di diverso. Il disegno di legge Del Rio, pone una clausola di salvaguardia per le Regioni a statuto speciale, che è ovviamente obbligata, vista la natura pattizia del nostro statuto, cioè il fatto che non si possa cambiare unilateralmente, e, come dire, non assegna un tempo ad oggi, ma io credo che sia nelle cose, visto il taglio Renziano, definiamolo così, io credo che ci verrà assegnato un tempo, e anche a breve. Se si va a vedere gli emendamenti che riguardano il disegno di legge Del Rio, spesso si sentono 90 giorni perché le Regioni a statuto speciale dichiarino il loro assenso e il loro diniego all’adeguamento dello statuto. Quindi io sono convinto che il testo di legge non possa venir fuori in nessun modo più favorevole alle Regioni, credo che questo sia il massimo raggiungibile, quello che adesso è in discussione al Senato, e che poi andrà in discussione alla Camera, e lo dico perché i nostri parlamentari dovrebbero certamente salvaguardare ciò che è stato fatto fino adesso, ma non credo che possa essere elaborato un testo più favorevole alla nostra regione e alle altre regioni a Statuto speciale. Questo lo evidenzio perché la nostra difesa, a questo punto, siamo davvero noi. Certo, dobbiamo chiamare tutti i parlamentari a presidiare ciò che è stato raggiunto con gli emendamenti, però, dico, la vera difesa siamo noi e mi riferisco non a una difesa passiva, cioè io non credo che porci con l’assoluta intoccabilità del nostro Statuto possa essere una difesa congrua. Io credo che, invece, occorra in questa legislatura affrontare da prima, o forse anche contestualmente, la statutaria e in termini pesanti, cioè approvare una statutaria pesante anche perché la statutaria ce la approviamo noi, e quindi non abbiamo bisogno di parere favorevole dello Stato, e la statutaria, come dice la risoluzione, può affrontare molte questioni di grande rilievo, ovviamente entro i termini dettati dalla Costituzione, non possiamo fare niente di diverso, e poi credo che si debba lavorare allo Statuto…
PRESIDENTE. Onorevole Demontis, il tempo a sua disposizione è terminato.
E’ iscritto a parlare il consigliere Roberto Deriu. Ne ha facoltà.
DERIU ROBERTO (PD). Presidente, a me pare che la risoluzione in discussione costituisca la migliore risposta di questo Consiglio regionale rispetto a una domanda complessiva di cambiamento che investe anche le nostre istituzioni. Non mi pare casuale l’assenza dei rappresentanti dei Riformatori proprio mentre si parla di riforme. Li abbiamo già conosciuti nella passata legislatura a tenere in scacco il presidente Cappellacci, esplicitamente ricattato sulla base delle loro piattaforme di riforma. Queste piattaforme hanno previsto tutte quelle misure sciaguratamente assunte nella passata legislatura che oggi ci consegnano un quadro di cortocircuito istituzionale, costituzionale, giuridico e il più grande disordine amministrativo che l’isola abbia mai conosciuto dall’inizio dell’autonomia ad oggi. È di dominio pubblico che le strade provinciali non vengono manutenute; abbiamo dovuto fare in questa legislatura una legge per provvedere alla disinfestazione dagli insetti nocivi abbandonata dalle grandi riforme dei Riformatori; dobbiamo salvare il bilancio di decine e decine di enti locali dalla lungimirante legislazione inesistente che ha consegnato a noi una Sardegna completamente da ricostruire. Hanno fatto bene i Riformatori ad uscire da quest’aula perché in questo momento il Consiglio regionale, come detto dai colleghi che mi hanno preceduto, assume la responsabilità di iniziare un percorso di riforme che non può che essere meditato, unitario e nascere da una riflessione sulla società reale, sulla Sardegna reale, per come è, anche certo per come la vorremmo, ma prima di tutto per come è. E allora una Sardegna che è stata Stato sovrano, anzi quattro Stati sovrani perché i giudicati tutti avevano una dignità statuale e legale che li teneva al pari degli Stati dell’epoca, allora una Sardegna che ha dentro di sé il portato storico, direi ancestrale, della sovranità, oggi si trova a dover misurare la sua capacità di ridisegnare le regole comuni e dare ai propri figli un nuovo progetto, fatto di contenuti, fatto di aspirazioni, fatto di ispirazione, creatività, ma fatto anche di regole, le regole fondanti della convivenza civile, e questa convivenza va misurata sulla reale disposizione delle forze, delle culture, delle tradizioni storiche che noi in quest’Aula siamo chiamati non solo a rappresentare, ma anche a interpretare in una funzione altissima e lungimirante che ci deve vedere impegnati non certo da questi banchi in una azione di continua denuncia dei propri errori attribuendoli agli altri, come anche oggi siamo stati costretti a vedere e a sentire. Dobbiamo semmai impegnarci in un magistero di esplorazione della storia, di scandagliamento della storia della Sardegna, alla ricerca del vero significato della nostra tradizione e del nostro ordinamento per una nuova ipotesi che ci veda impegnati sul fronte del nuovo Statuto nella misura in cui questo non mina le conquiste del passato, che ci rivede impegnati nella redazione della esecuzione della nostra autonomia attraverso una legge statutaria, nel grande lavoro che deve coinvolgere l’intero Consiglio, tutte le Commissioni, tutte le donne e gli uomini qua eletti a rappresentare il popolo sardo, per attuare, svolgere, immaginare un disegno complessivo di riforma della Sardegna, non soltanto nelle istituzioni, ma anche e soprattutto nelle regole che consegnano ai sardi la speranza di una vita civile associata felicemente in una Sardegna autonoma e, se ce lo lasciano sperare, all’interno della Costituzione della Repubblica, un’isola sovrana del proprio destino.
PRESIDENTE. E’ iscritto a parlare il consigliere Paolo Zedda. Ne ha facoltà.
(Segue la traduzione in lingua italiana dell’intervento del consigliere svolto in lingua sarda)
ZEDDA PAOLO (Soberania e Indipendentzia). La proposta di risoluzione, che meglio potremmo chiamare una integrazione della risoluzione della prima Commissione perché è una forma di completamento di un pronunciamento da parte di un organismo più ampio, riguarda un grande panorama, ampio e vasto. In una direzione si volge allo Statuto, che è la nostra Costituzione, dall’altra alla legge statutaria, che dà regole al funzionamento interno delle nostre istituzioni, soddisfa un anelito di semplificazione e di efficientamento delle norme, a una riforma degli enti locali. Sono due direzioni ben differenti. In una diciamo quali sono le norme interne di funzionamento, come dobbiamo muoverci in casa nostra, nell’altra poniamo i confini tra noi e lo Stato, dove finisca la nostra sovranità e dove inizi quella statuale. Questo secondo è l’argomento centrale, secondo me, dell’autonomia, il cuore dell’autodeterminazione dei sardi e del concetto di sovranità, dal quale noi, come Gruppo, abbiamo preso il nome.
Nello Statuto si trova l’autodefinizione dei sardi, come popolo o come nazione, cioè che cosa noi crediamo di essere, che cosa vogliamo essere, che cosa aspiriamo di essere. Nello Statuto è scritto quali sono i valori fondanti della nostra nazione, di quella che noi crediamo sia una nazione. Nello Statuto è scritto quali sono i rapporti tra noi e lo Stato italiano e quali sono i confini del potere legislativo, sino a dove noi possiamo legiferare e da dove invece comanda lo Stato. Noi crediamo che in questa stagione che viviamo, la scrittura nuova dello Statuto sia il punto centrale, la ragione per la quale noi dobbiamo combattere con tutte le nostre forze. Dobbiamo far sentire quanto più alta possibile la nostra voce. Crediamo che in questa stagione debba affermarsi il concetto di nazione sarda, almeno in senso culturale, identitario, linguistico e storico se non statuale. Si deve affermare l’autonomia scolastica e che queste regole debbano essere scritte chiaramente nello Statuto.
Crediamo che debba affermarsi la dimensione linguistica propria della Sardegna, come già gli organismi internazionali hanno fatto, perché la lingua è una delle ragioni più forti di tutela dell’autonomia, dall’assemblea generale dell’ONU alle convenzioni del Consiglio d’Europa, all’OCSE, alle Conferenze generali dell’Unesco e alle risoluzioni dell’Unione europea e noi ancora non l’abbiamo detto, e sarebbe ora che lo facessimo. Dobbiamo dare forza all’autonomia fiscale in modo che noi siamo garanti dei patti tra noi e lo Stato e non altri. Dobbiamo dar gambe al progetto dell’Agenzia sarda delle entrate che è un nostro progetto e dobbiamo avere competenze più forti e scriverlo chiaramente nello Statuto, in materia di ambiente e di energia, perché la nostra terra non è la terra italiana, i venti che noi abbiamo non sono quelli che soffiano in Italia, le risorse del sottosuolo non sono le stesse di quelle italiane.
La riforma dello Statuto è la più urgente e dobbiamo subito individuare un percorso, una tabella di marcia. Perché subito? Per varie ragioni e perché vi è stato un referendum nel 2012 e il 95 per cento dei sardi ha risposto positivamente alla domanda: “Siete favorevoli alla riscrittura dello Statuto per mezzo di un’Assemblea costituente?” Bisogna riscrivere lo Statuto. Perché è stata pubblicata un’indagine da chi oggi è Assessore delle riforme dalla quale è risultato che più dell’80 per cento dei sardi vogliono dare più poteri al Consiglio regionale e che i sardi vogliono che i poteri siano riconosciuti nello Statuto.
PRESIDENTE. E’ iscritto a parlare il consigliere Giuseppe Meloni. Ne ha facoltà.
MELONI GIUSEPPE (PD). Io sono molto felice oggi perché questa risoluzione, fortemente voluta dalla prima Commissione all’esito di un serrato e interessante percorso di audizioni, rappresenta l’avvio formale di una stagione di riforme che non può, non ce lo possiamo permettere, non portare ad una nuova legge statutaria è stato detto, e non può non essere d’impulso, rappresentare un impulso decisivo per la riscrittura dello Statuto. Io non sono molto anziano per non ricordare, comunque io ricordo che da almeno 25 anni si parla in questa Regione nel dibattito politico di un’esigenza di riscrittura dello Statuto, probabilmente alcuni interventi che sono stati fatti in questi decenni in quest’Aula possono essere copiati e incollati e riproposti e sempre si parlava di riscrittura dello Statuto con le medesime condizioni, l’Assemblea costituente o quant’altro. C’è stato anche qualche tentativo, si è arrivati quasi al traguardo, ma il traguardo non è stato raggiunto. Oggi questo processo di riforme è davvero la tappa obbligatoria per far ripartire quest’isola, non ci possiamo permettere di sbagliare e di fallire questa volta e probabilmente se anche oggi lamentiamo le condizioni in cui versa la nostra autonomia e la nostra specialità, questo è dovuto anche a un fallimento di un percorso che è stato portato avanti in questi decenni e rispetto al quale certi errori non possono essere più commessi. Io penso che sia affascinante l’idea di pensare ad un’assemblea costituente che possa portare alla scrittura di una proposta di riforma (…) dello Statuto ma anche per quanto riguarda un intervento sulla legge statutaria, ma penso che non ci sia più tempo. Non c’è più tempo da perdere, è vero che la fretta rischierebbe di portare a qualcosa di sbagliato, ma noi ci dobbiamo prendere tutto il tempo necessario ma non possiamo perdere ulteriore tempo e penso che quest’assemblea eletta recentemente abbia pieno mandato da parte dei sardi per intervenire per mezzo delle sue Commissioni, è stato detto, ad iniziare dalla prima Commissione ma tutte le Commissioni per quanto di loro competenza per riscrivere la legge statutaria che corrisponda alle esigenze nuove della Sardegna e per fungere da impulso fondamentale di concerto con i parlamentari eletti nel nostro territorio e che siedono nel Parlamento romano, d’impulso fondamentale per avere una riscrittura dello Statuto moderno nel quale venga garantita e conservata un’autonomia e una specialità che serva alla Sardegna. Si è discusso spesso in questi anni riguardo anche le altre regioni a statuto speciale ma la nostra forse ha sofferto ancor di più di questa carenza, di una specialità che è arrivata fino al punto di imbrigliare e di imprigionare le stesse regioni a statuto speciale quando, è accaduto spesso, non hanno saputo sfruttare la loro autonomia e la loro specialità. Questo non dovrà più accadere, io sono d’accordo con il consigliere Demontis che dice che probabilmente quanto è stato raggiunto ad oggi in Parlamento con riferimento alla specialità è già un risultato per come si stavano mettendo le cose in un processo neocentralista che inizialmente ha visto con grossa diffidenza anche per colpa di regioni a statuto speciale il riconoscimento della specialità, io credo che quella che sta licenziando il Parlamento sia una proposta accettabile da migliorare, rispetto a questo occorrerà lavorare per uno statuto che sia davvero adeguato alle esigenze dei sardi e permetta a quest’isola di poter ripartire.
PRESIDENTE. E’ iscritto a parlare il consigliere Angelo Carta. Ne ha facoltà.
CARTA ANGELO (PSd’Az). Io ho letto la risoluzione e poi sto sentendo il dibattito, in effetti c’è una diversità fra quello che c’è scritto nella risoluzione e il dibattito che si sta svolgendo. E partirei dal ruolo del Consiglio che è stato richiamato spesso, un ruolo importante, un ruolo che sembra messo in discussione perché dobbiamo riaffermarlo tutte le volte e dire: “Questo Consiglio deve, questo Consiglio ha, questo Consiglio non può non fare, questo Consiglio…”. Questo Consiglio ha un ruolo che nessuno gli tocca, che non gli viene dal cielo, non gli viene da altro che ad essere legittimato è stato eletto in libere e democratiche elezioni. Quindi il ruolo del Consiglio non è in discussione. Lo si pone in discussione quando io ho ascoltato discorsi di ribellione nei confronti dello Stato, discorsi di attacco nei confronti di uno Stato che sta attaccando le specialità, ribellione verso un governo che sta dimostrando di voler affossare le specialità. Condivido il discorso che ha fatto il Presidente della prima Commissione, condivido il discorso che ha fatto l’onorevole Demontis, perché si sono dette cose giuste, ma allora il ruolo di questo Consiglio come lo vogliamo esternare? Lo vogliamo esternare davanti a questa preoccupazione che è stata espressa, alla quale mi unisco, lo vogliamo esternare dicendo… noi abbiamo deciso di fare il processo di riforma prioritariamente come? Individuando degli ambiti delle disposizioni dello Statuto, cioè andiamo a vedere dove lo Statuto lo possiamo modificare, non stiamo dicendo, come invece qualcuno ha detto, prendiamo lo Statuto e riscriviamolo, perché va riscritto, ma in questa risoluzione diciamo che qualche pezzo di Statuto andiamo a modificarlo. Poi diciamo che ci ribelliamo e difendiamo la Sardegna e il popolo sardo dicendo “nell’elaborazione e nell’approvazione della legge statutaria che indichi il ruolo e la funzione del Consiglio regionale, indichi il sistema di elezione del Consiglio e del Presidente della Regione, diciamo quali sono le cause di ineleggibilità, incompatibilità, incandidabilità e conflitto di interessi”, poi diciamo che ci ribelliamo e difendiamo la Sardegna nell’approvazione di mirate riforme, con l’avvio della… ma scusate! Ma sta svolgendo il ruolo di difensore del popolo sardo il Consiglio scrivendo questa risoluzione? Secondo me stiamo abdicando a questo ruolo. Noi dobbiamo affermare oggi davanti ad un Senato che sta facendo una porcata che questo Parlamento, questo rappresentante del popolo sardo, non l’accetta! E dobbiamo decidere oggi che riscriviamo lo Statuto! Perché quella, come ha detto prima l’onorevole Floris, è la madre di tutto. Non possiamo dire che facciamo pezzettini, non possiamo dire che vediamo quali sono le parti dello Statuto che non disturbano e che possiamo modificare, no dobbiamo dire che modifichiamo il nostro Statuto, dobbiamo dire che facciamo una riforma profonda di questa Regione, facciamo una riforma profonda per riscrivere il rapporto con lo Stato. Perché se vogliamo far uno Stato, non lo possiamo fare a spizzichi e bocconi e facendo una risoluzione di questo tipo. Quindi la nostra proposta è sederci, vedere qual è il testo nel quale ci possiamo riconoscere, nel quale possiamo mettere quelle che sono le questioni fondanti non solo del popolo sardo, ma anche di chi lo rappresenta, e fare una risoluzione dove il ruolo del Consiglio è veramente, è nettamente definito, e viene nettamente fatto sulla base di quello che il popolo sardo ci chiede e ci ha chiesto con il referendum. Vogliamo parlare di assemblea costituente? Vogliamo parlare di riforma di Statuto anzitutto? Che non significa abdicare al ruolo del Consiglio, perché qui passa, qui deve essere approvata, da qui parte allo Stato, non è che si riuniscono quattro sardi, fanno una riforma e la spediscono a Roma, no, qui deve passare! E allora scriviamo una risoluzione degna di questo nome, a questa risoluzione noi diciamo no, così non la votiamo, siamo totalmente e convintamente contrari!
PRESIDENTE. E’ iscritto a parlare il consigliere Emilio Usula. Ne ha facoltà.
USULA EMILIO (Soberania e Indipendentzia). Presidente, credo si debba dare merito al Presidente della Commissione, l’onorevole Agus, dell’ottimo lavoro fatto sinora e che vede oggi con la discussione di questa risoluzione una tappa fondamentale. È stato un lavoro serio con audizioni di rappresentanti istituzionali e del mondo del lavoro con contributi di grande rilievo e estremamente pertinenti, per me devo dire è stato anche un momento di scuola politica. Le conclusioni ben espresse nel documento che discutiamo, e non riesco a capire tutte le contraddizioni che invece ci vede l’onorevole Carta, le conclusioni costituiscono un chiaro mandato per il lavoro che deve essere avviato e per la direzione e la sollecitudine che l’attività che questo Consiglio deve avere per arrivare alla necessaria e ormai non rinunciabile riscrittura dello Statuto. La prima e irrinunciabile condizione è rappresentata dalla consapevolezza piena, matura, che la Sardegna deve avere un suo specifico, riconosciuto, riconoscibile e autorevole ruolo identitario nell’ordinamento nazionale ed europeo. Per fare questo, sono d’accordo con l’onorevole Tunis, sarebbe anche il caso di cominciare a mostrare una certa muscolarità. Questo obiettivo lo dobbiamo perseguire senza tentennamenti e deve vedere coese tutte le forze politiche sarde. Questo acquista anche un significato ancora più forte visto il clima politica generale, in particolare mi riferisco alla proposta di riforma del titolo V della Costituzione. Un clima, a dirla con un eufemismo, secondo me troppo centralista, teso ad un rafforzamento di poteri in mano all’esecutivo nazionale, in mano al governo, con giustificazioni che vanno dalla necessità di snellire procedure, al dare e accrescere le capacità decisionali dello Stato centrale, dare risposte celeri alla crisi. Attenzione! Non sono in discussione solo poche prerogative autonomistiche della nostra Regione o aspetti marginali delle nostre potenzialità e delle nostre capacità di decisione in merito a tanti temi, sono in discussione di fatto gli spazi di democrazia con una temibile riduzione di diritti e di spazi del cittadino, di partecipazione alla vita democratica e alla elaborazione di proposte in merito. In particolare questo vale per i cittadini sardi, vale per la Sardegna. Sono in discussione gli spazi di rappresentanza politica del popolo sardo. Nessuna crisi economica può giustificare riforme che portino ad una sottrazione di spazi di democrazia. E secondo me c’è una diffusa ipocrisia e superficialità nel dibattito politico sulle cosiddette riforme. Io dico che non c’è sufficiente chiarezza e pochissima condivisione su cosa si intende per riforme, né tantomeno c’è chiarezza ed elaborazione partecipata sugli obiettivi che si vogliono raggiungere con queste, qualche volta dico fantomatiche, riforme. Tutti a dire del grande bisogno di riforme, pochi a sostanziare questo bisogno in atti concreti con precise e definite indicazioni dei risultati attesi, raggiungibili e praticabili. E a chi presenta critiche, dubbi, o perplessità, arrivano strali di tutti i tipi. Avevo “Peste lo colga”, ma di fatto è la stessa cosa. Questo e il clima e non mi piace! A me, a noi Rossomori, noi Sovranisti il quadro che si sta delineando preoccupa non poco. Intanto, come tanti autorevoli costituzionalisti sottolineano, c’è una quantità enorme di riforme e di leggi che vengono fatte con la chiara consapevolezza che rimarranno inapplicate e tali di fatto rimangono, contribuendo spesso solo ad appesantire percorsi burocratici. Altre volte, anche troppo frettolosamente, discusse e messe in atto senza una valutazione del reale impatto sulla vita e sulle condizioni di vita dei cittadini. Se penso solo per citarne qualcuna alle riforme di cui oggi si vedono i risultati dico che bisogna stare molto attenti, e vorrei in qualche modo, se ci riuscissi, suonare l’allarme. Penso alla riforma delle pensioni, sbandierata come uno strumento a tutela delle giovani generazioni, e cosa vediamo? Per i lavoratori la prospettiva pensionistica è sempre più confusa, lontana e mortificante, i pensionati sono alla fame, e per i giovani non c’è mai stato un presente e una prospettiva di futuro così oscura, così nera. Penso alla riforma della scuola, l’abbandono scolastico e il livello di capacità di formazione e di istruzione del sistema scolastico si avvia ad essere uno degli ultimi in Europa, e in Sardegna siamo tra gli ultimi ancora; e gli insegnanti sono demotivati e delusi per non poter svolgere compiutamente la loro professione. Penso solo al demagogico azzeramento delle province. Io dico che con queste valutazioni, con queste preoccupazioni e insieme con la speranza e…
PRESIDENTE. E’ iscritto a parlare il consigliere Christian Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS CHRISTIAN (PSd’Az). Presidente, vorrei ringraziare prima di tutto la Commissione I per il lavoro che ha fatto, perché ci consente oggi di affrontare questo tema, una fase istruttoria che è stata ricordata dai colleghi, ha visto il coinvolgimento di ampie porzioni della società civile e non solo della Commissione in Consiglio. Purtroppo però dobbiamo poi concludere che la posizione finale di questa Risoluzione, Presidente, è piuttosto debole, nel senso che limita all’urgenza che la procedura di riforma debba partire da un confronto ampio tra le forze politiche presenti in questo Consiglio. Allora io da questo vorrei partire e dire senza infingimenti che anche noi, per quanto organo legittimamente eletto e rappresentativo della Regione Sardegna dobbiamo avere cognizione piena di quello che è il risultato che le elezioni ci hanno consegnato. Questo Consiglio regionale rappresenta forze politiche pari al 52 per cento dell’elettorato della Sardegna, dentro questo 52 per cento chi governa e chi fa l’opposizione rappresenta un’ulteriore frazione perché alcune forze sono senza rappresentanza in quest’aula, allora noi crediamo che abbia senso porsi il problema di confrontarsi con tutte quelle sensibilità, a noi statisti interessano quelle lateralità, quelle marginalità che sono fuori da quest’aula e rappresentano secondo noi un patrimonio, un giacimento importante dal quale attingere esperienze, risorse, soluzioni. Noi crediamo per questo che si debba essere coerenti nell’impostazione generale. Ebbene, il collega Zedda prima ricordava i referendum, allora qui noi dobbiamo dirci con chiarezza se il popolo sardo lo consideriamo ad intermittenza o lo consideriamo sempre, perché se facciamo dieci quesiti referendari il popolo sardo si esprime su tutti e dieci e poi noi ci prendiamo la licenza di scegliere, come se fossimo al ristorante, dal menu, quale di questi referendum attuare e quali no, su questo noi Sardisti non ci stiamo! Il popolo sardo ha detto con chiarezza che vuole riscrivere lo Statuto attraverso un’Assemblea costituente che oggi rappresenta uno strumento di partecipazione, è chiaro che poi quella bozza arriverà in questo Consiglio e ciascuno di noi potrà esercitare il proprio ruolo migliorando, approfondendo e facendo la sua parte, però badate, noi crediamo anche che questo tema non sia un leitmotiv sterile, noi crediamo che il processo di riforma dello Statuto debba essere contestualizzato, il contesto con il quale ci confrontiamo qual è? Quello di uno Stato che ha avviato la più grande attività di disarticolazione costituzionale mai tentata da nessuno, noi stiamo assistendo allo smantellamento dell’articolazione territoriale della Repubblica, stiamo assistendo alla disarticolazione del bicameralismo senza sapere quale sia l’idea complessiva di Stato che in questo momento a Roma hanno, perché al di là dei titoli roboanti sul superamento del bicameralismo perfetto, sull’abolizione delle province, su questo cantiere insonne delle riforme che sembra la panacea di tutti i mali, noi non sappiamo a quale modello si stia facendo riferimento. Nessuno parla più di forma di Stato, a quale forma di Stato si voglia arrivare, a quale forma di governo, sappiamo semplicemente che il processo in atto porterà ad uno svuotamento complessivo delle autonomie regionali. Allora, davanti a questo contesto, io credo che il confronto con lo Stato pretenda da parte nostra che solleviamo l’asticella, che andiamo ad avere posizioni di partenza molto più forti e queste posizioni forti possono essere corroborate solo dalla partecipazione dei sardi al processo di riforma. Non possiamo pensare che questo Consiglio regionale sia il motore immobile sospeso nel tempo del cambiamento perché non basta più! Allora io credo che questa Risoluzione abbia un merito, quello di riportare all’attenzione di quest’Aula il tema. Credo e concordo con questo con chi mi ha preceduto intervenendo, dicendo però che non si può concludere con un Consiglio e con una classe politica che non fa altro che avviare percorsi di riforma, nella sanità la stessa cosa, si avvia un processo di riforma, con lo Statuto si avvia il processo di riforma, qui bisogna prima o poi farle davvero le cose, se no avviamo sempre timidamente dei percorsi che e non vedremo mai arrivare a nessun obiettivo e risultato, per questo mi avvio a concludere confermando quanto già anticipato dal collega Carta, noi Sardisti voteremo contro questa Risoluzione non perché non ne condividiamo le premesse ma perché non possiamo ritrovarci sulle conclusioni che sono deboli e che non consentiranno a questo Consiglio, né alla Sardegna, di arrivare ad un confronto serrato e produttivo con lo Stato.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’Assessore tecnico degli affari generali, personale e riforma della Regione.
DEMURO GIANMARIO, Assessore tecnico degli affari generali, personale e riforma della Regione. Grazie onorevoli colleghe e colleghi, grazie Presidente, membri della Giunta, intervengo con grande interesse al dibattito di oggi per esprimere il parere favorevole a questa Risoluzione e per ringraziare per il grande lavoro che è stato svolto con riferimento all’attività della prima Commissione dove più volte mi sono recato e ho potuto verificare la grandissima attenzione per i temi della riforma e il grande livello di ascolto su questi temi. Vorrei partire citando la teoria costituzionale inglese laddove si dice che spesso l’idea di Costituzione più importante è la Costituzione stessa, nel dibattito che ho sentito oggi in quest’aula mi pare che l’idea di Costituzione sia molto radicata, radicata è l’idea che ci sia un patrimonio costituzionale che è rappresentato dal nostro Statuto e da tutto ciò si riferisce al testo dello Statuto, per poter dire che l’idea di autonomia in Sardegna è un’idea molto forte che difficilmente potrà essere battuta. Parto proprio da questo perché questo elemento del radicamento dell’idea stessa di Costituzione è l’elemento più forte che potrà essere portato in ogni luogo e certamente anche di fronte ad un Parlamento. Quindi da questo punto di vista il patrimonio costituzionale così com’è, così come l’abbiamo conosciuto, così come ha fondato l’esistenza stessa di questo Consiglio e le relazioni che si sviluppano, può essere mantenuta in un momento difficile, in un momento storico difficile ma non per le riforme costituzionali che vengono discusse in Parlamento, difficile per la situazione economica che conosciamo, difficile per i vicoli, difficilissimi del debito pubblico che abbiamo, difficile per il contingente, diciamo così, per il momento storico e la contingenza economica. Quindi presentarsi in un momento difficile con una idea forte di Costituzione, con un radicamento dell’idea di autonomia lo trovo una grandissima risorsa per il futuro. Questo badate a mio modo di vedere è assolutamente determinante per il rapporto con lo Stato, è determinante per la serietà e per la serenità con cui la Regione Sardegna si può presentare a discutere ogni tema, dalle questioni finanziarie alle questioni dell’autonomia legislativa, alle questioni relative alle competenze che devono essere ancora trasferite perché questo elemento fondante possa essere rappresentato, quindi mi pare che colga nel segno la Risoluzione nel momento in cui decide di affrontare nel tempo più rapido possibile, dopo i lavori di valutazione culturale che è stato fatto e della discussione che è già stata fatta in quale forma di governo, quale forma di Stato, quale forma di organizzazione la Sardegna vuole darsi attraverso la legge statutaria. E’ stato ricordato molto opportunamente che è una legge regionale che però ha una maggioranza qualificata, una maggioranza qualificata che permette e dovrà poter permettere a tutto il Consiglio regionale di trovare le migliori soluzioni per la prospettiva futura. Da questo punto di vista la Sardegna non ha ancora una legge statutaria o meglio l’ha avuta ma non è più in vigore, e sotto questo aspetto dare la forma alla democrazia è un importantissimo strumento che dovrà essere garantito perché, badate, può sembrare banale ma mi viene da ricordare che le regioni sono l’unica vera novità costituzionale che è prevista dalla nostra costituzione, i comuni e le province esistevano anche prima, se volete la grande novità è stata la democrazia e la democrazia regionale è un pezzo di questa democrazia, quindi da questo punto di vista affermare la propria autonomia, la propria democrazia, dicendo quale idea la Sardegna ha nel suo futuro e quale forma vuole dare alla democrazia significa garantire e mantenere forte quel fondamento dell’autonomia costituzionale che la Sardegna ha molto forte e questo dibattito ha dimostrato. Questo mi viene da dirlo anche e con riferimento ad un altro tema di cui cade il centenario che è la prima guerra mondiale, la nostra autonomia ha una storia anche lì, anche nelle battaglie sul Carso anche nella consapevolezza di questa storia dell’autonomia. Allora se questa risoluzione potrà aiutare e dovrà aiutare a mantenere la consapevolezza del proprio fondamento della garanzia costituzionale, ma nello stesso tempo la proposta di autonomia per il futuro, sotto questo profilo secondo me si rafforzerà la democrazia regionale. La democrazia regionale ha bisogno di essere rafforzata con le istituzioni credibili, le istituzioni, qui scusate faccio un’altra citazione, ed è un libro famoso di Douglass North che è un economista, quindi sarà contento il mio collega professor Paci, cito un economista perché in questo libro c’è scritto in maniera molto chiara che le economie migliori partono soprattutto da regole informali, spesso anche da regole formali, ma ceertamente da regole informali nel momento in cui le istituzioni contano perché senza istituzioni efficienti i sistemi collassano, non riescono più a funzionare. Quindi una democrazia regionale forte, a 100 anni dalla prima guerra mondiale, che mantiene il suo fondamento di autonomia costituzionale e lo rilancia attraverso una legge statutaria moderna, attraverso una forma della democrazia in senso moderno è un auspicio ottimo per il futuro e questo vedrà la Giunta impegnata a supporto della relazione di un testo moderno di legge statutaria e che possa servire allo sforzo di riordino per migliorare le istituzioni che ci possano garantire quella credibilità, quella responsabilità e quella capacità di essere presenti nel dibattito con lo Stato senza che nessuno possa dire che non abbiamo amministrazioni efficienti. Quindi concludo dicendo che siamo a favore di questa risoluzione e che la Giunta farà interamente la sua parte. Grazie.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Floris per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
Chiedo scusa. Ha domandato di parlare il consigliere Francesco Agus in merito ai lavori. Ne ha facoltà.
AGUS FRANCESCO (SEL). Chiedo una sospensione per capire se ci sono gli estremi per presentare un ordine del giorno che chiarisca meglio alcuni punti e tragga anche spunto dal dibattito.
PRESIDENTE. Sospendiamo allora per cinque minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 18 e 47, viene ripresa alle ore 18 e 54.)
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta.
Ha domandato di parlare il consigliere Mario Floris per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
FLORIS MARIO (Gruppo Misto). Presidente, dopo aver sentito anche il dibattito, io credo che questa risoluzione abbia bisogno di essere fortemente rinforzata, in quale modo? Intanto, il Presidente della Regione deve consegnare il testo integrale dell’accordo sottoscritto col Governo nazionale, in ordine alla moratoria che verrebbe inserita nel testo di modifica del Titolo V della discussione in Senato, per verificare la congruità rispetto al reale percorso che deve essere fatto anche in relazione ha i contenuti per la riscrittura della Carta costituzionale. Questo è il primo punto. Il secondo punto è quello di concordare con il Presidente della Regione, e questo l’hanno fermato quasi tutti i partiti politici, e con la Conferenza dei Capigruppo la convocazione urgente di una seduta straordinaria dell’Assemblea regionale, con la partecipazione di tutti i Deputati e Senatori sardi presenti nel Parlamento italiano, per concordare una linea unitaria e condivisa delle istanze della Sardegna da portare all’attenzione del Presidente della Repubblica, del Senato e della Camera coinvolgendo i partiti nazionali affinché venga mantenuta e rafforzata la potestà di autogoverno della Regione della Sardegna. Se non mettiamo questo non stiamo facendo nulla, stiamo ripetendo gli ordini del giorno che abbiamo approvato con ordini del giorno voto, con risoluzioni e con quant’altro, questo ci dà la stura per partire e per partire in una certa maniera.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Francesco Agus. Ne ha facoltà.
AGUS FRANCESCO (SEL). Solo per dire che la risoluzione, votata dalla Commissione ovviamente è uno start, vuol essere un avvio dei lavori e vuole portare il dibattito sulla Costituzione, sullo Statuto, sulla riforma della Regione nel posto che deve vederci protagonisti: il Consiglio. Anche perché, visto quello che è il dibattito nazionale, di cui molti colleghi hanno parlato diffusamente, appare evidente come la forza che ha la Sardegna in questo dibattito è diversa, è necessariamente diversa tra un dibattito che si svolge tra una maggioranza e una Giunta e un dibattito che invece coinvolge tutte le forze politiche, e che addirittura va oltre i limiti di questo Consiglio regionale. Perché mi sembra che sulle riforme, tra le personalità audite dalla Commissione, ci siano stati anche autorevoli esponenti di un partito, il Movimento 5 Stelle, che non ha rappresentati in quest’Aula ma che alle ultime elezioni politiche ha avuto un ottimo risultato e che anche alle elezioni europee non era il primo ma almeno il secondo partito. Ebbene, il lavoro di apertura, che è stato fatto sinora e che continuerà, non può non avere in questo Consiglio un perno, e non può non avere da questo Consiglio una disciplina del lavoro verso la revisione statutaria e dell’organizzazione regionale. Questo ovviamente non volendo considerare la risoluzione partorita dalla Commissione come un punto d’arrivo. Non può essere, perché la legislatura è appena iniziata e non può essere perché questo dibattito è il primo di un qualcosa che dovrà andare avanti necessariamente nei prossimi mesi. Quindi, io credo che la maggioranza e il Consiglio, oltre alle forze che già si sono espresse, debbano sostenere la risoluzione proposta e andare avanti nei prossimi passaggi che caratterizzeranno i processi di riforma della regione.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Christian Solinas per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
SOLINAS CHRISTIAN (PSd’Az.). Avevamo chiesto nelle interlocuzioni informali di poter avere il tempo da qui a martedì mattina per poter votare martedì mattina un ordine del giorno condiviso, chiedevo il tempo di rafforzare il contenuto della risoluzione. Anche perché mi sembra dalle dichiarazioni del presidente Agus che siamo sostanzialmente d’accordo su alcuni passaggi ero dall’altra parte c’è una volontà che si afferma negandosi. E cioè la volontà di coinvolgimento ampio delle forze che non sono in questo Consiglio, ma la risoluzione dice che tale procedura di riforma debba partire da un confronto ampio e approfondito tra tutte le forze politiche presenti in Consiglio. Io non avevo in mente solo il Movimento 5 Stelle che non ha partecipato alla regionali, ma penso a quelle forze politiche che in virtù di una legge elettorale, quale quella che conosciamo, sono fuori da questo Consiglio, ma che rappresentano il 10, il 7 e messe assieme 15, 20 e 30 percento dell’elettorato sardo, faccio i nomi: da Gentes a Comunidades, da Unidos a tante altre liste. Quindi, a mio avviso nell’intento di contribuire a far partire realmente questo processo chiediamo che si faccia una riflessione sull’opportunità di rafforzarne i contenuti. Se questo non dovesse essere nelle corde della maggioranza confermiamo il nostro voto contrario alla risoluzione per le ragioni che ho testé rappresentato.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Augusto Cherchi per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CHERCHI AUGUSTO (Soberania e Indipendentzia). Grazie Presidente, per dichiarazione di voto e per ribadire il nostro voto favorevole a questa risoluzione in quanto l’argomento è un argomento che comunque sia ci deve vedere confrontare e scontrare forse tra noi tutti e ne siamo consapevoli di questo. Perché parlare di questo argomento, parlare di riforme, parlare di riforma dello Statuto o di legge statutaria è un qualcosa che è necessario farlo. È necessario farlo ed è necessario iniziare a farlo vuoi perché dobbiamo farlo, vuoi perché per mettere ordine ad’una macchina istituzionale un assetto territoriale che deve essere ordinato. Per renderlo agile, semplice e in grado di dare risposte complete. Per fare ciò che ci accingiamo a fare dobbiamo farlo ponendoci un orizzonte che tutto può essere fuorché fragile e banale, dobbiamo pensare cose grandi, dobbiamo provocare la grandezza e pensare a sfide più importanti perché solo così possiamo uscire da una logica di rassegnazione e di sopravvivenza. E allora bisogna avviare e percorrere con decisione e coraggio il cammino dell’autodeterminazione del popolo sardo e camminare nella direzione di una sovranità compiuta affermando con forza che il nostro è un diritto dovuto e non concesso. Abbiamo scelto di camminare da soli nella sanità, nei trasporti e allora dobbiamo farlo anche nella cultura, nell’ambiente, nell’istruzione, nell’energia, nella riscossione dei tributi dando certezza delle entrate e programmando con maggiore capacità critica e di bilancio. Dobbiamo riaffermare le esigenze di sovranità culturale e istituzionale prendendo a riferimento anche altre esperienze europee che hanno già percorso che stanno percorrendo questo cammino che pacificamente vede affermarsi il loro diritto storico ad affermarsi come nazione dicevo. Dobbiamo e abbiamo il dovere di farlo pensando di dare risposta a quel 40 per cento dei sardi favorevole ad una Sardegna indipendente e a quel 90 per cento dei sardi a favore della sovranità fiscale. Per fare tutto questo dobbiamo avviare un periodo di riforme che possano tutelare il nostro Stato sardo dall’ondata di neocentralismo che sbarra la strada al nostro diritto all’autodeterminazione e non può essere un elemento dissuasivo porre su due livelli differenti la Regione a statuto ordinario e quelle a Statuto speciale. Bisogna alzare la voce ed evitare il rischio reale come diceva qualcuno degli auditi della Commissione, della prima Commissione di aprire un dibattito con chi non è disposto ad ascoltare specie se si pensa che l’idea di specialità sia superata.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Salvatore Demontis per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
DEMONTIS SALVATORE (PD). Grazie Presidente, secondo me la risoluzione voleva dire questo o meglio la prima Commissione o per quanto meno per come lo intesa io. Allora visto che la riforma del titolo quinto mette in discussione, insidia, troviamo tutti i termini che vogliamo, la nostra specialità e la nostra autonomia come reagiamo a questa cosa, reagiamo con una statutaria pesante come si diceva prima, che affronti tutto ciò che ovviamente è compatibile con la Costituzione e con la riforma dello Statuto. Nessuno ha detto che deve essere una riforma blanda dello Statuto deve essere una riforma dello Statuto in termini moderni, cioè dobbiamo cercare di capire quali livelli di specialità ci occorrono e che specialità ci occorre e anche su quali livelli come dicevo prima.
Qui rischiamo di dividerci su questioni di metodo, andiamo a parlare dell’assemblea costituente, a me piacerebbe molto l’assemblea costituente ma secondo me non c’è più il tempo per assemblea costituente, non c’è più il tempo perché occorrono elezioni, occorrono elezioni, occorrono risorse economiche perché ci vorrà pure l’indennità per i costituenti, probabilmente ci saranno conflitti di competenza con il Consiglio regionale, allora non mi sfugge il fatto che l’assemblea costituente porterebbe ad una condivisione e a una partecipazione del popolo sardo eccezionale ma noi dobbiamo fare le cose con i tempi che abbiamo a disposizione. Ora ci sono altre forme di democrazia partecipata che portano alla partecipazione dei processi decisionali della pubblica amministrazioni che non è necessariamente l’assemblea costituente, troviamo queste forme, non ci sfugge che questo Consiglio regionale è eletto con poco più del 50 per cento e quindi probabilmente, anzi senza probabilmente, non ha la rappresentanza tale per una riforma dello Statuto a porte chiuse evidentemente però, ripeto, non c’è solo l’assemblea costituente, se ci rendiamo conto che non ci sono i tempi e secondo me non ci sono i tempi per assemblea costituente, troviamo altre forme di partecipazione che ci possano portare allo stesso risultato e cioè arriviamo ad approvare una statutaria e a riformare lo Statuto in tempi compatibili con la riforma del titolo quinto. Io non credo che saranno tempi molto lunghi. Grazie.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Gavino Sale per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
SALE GAVINO (Gruppo Misto). Grazie Presidente, questa risoluzione noi la consideriamo come l’inizio di un percorso, è stata la risposta, è stata la reazione naturale alla riforma del titolo quinto della Costituzione italiana dove tendenzialmente vuole affossare la nostra specialità e scatta la reazione ovviamente ha i suoi limiti ma ha il pregio di scatenare il dibattito sia in questa aula e fuori. Credo che abbiamo una responsabilità grossissima, non vorremmo riaffermare la seconda fusione perfetta certificarne la resa e credo che il presidente Pigliaru non si voglia prendere la responsabilità storica di questa firma e tanto meno lei, carissimo professor Demuro, anche perché è necessario rispettare la ricerca che lei stesso ha fatto in questo libro dove certifica scientificamente che le esigenze della nazione sarda sono diametralmente opposte alle esigenze dello Stato italiano e cioè un grande bisogno di sovranità che vada oltre, ben oltre i limiti di questa vecchia carta costituzionale sarda che vada oltre questo Statuto.
Quindi prima di tutto riscrivere assolutamente il nuovo Statuto con le nuove maturazione storiche che esistono in Sardegna e convocare subito in seduta solenne i tutti parlamentari sardi in Consiglio regionale e dare una risposta chiarissima e netta allo Stato italiano che non siamo minimamente d’accordo su questa nuova traiettoria. Grazie.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Stefano Tunis per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
TUNIS STEFANO (FI). Grazie Presidente, devo dire, lo dico in anticipo, non posso negare il voto a questa risoluzione però non posso non sottolineare che tutte le osservazioni che sono venute dall’onorevole Floris, dal Gruppo dei Sardisti sono comunque assolutamente pertinenti e contribuiscono ad arricchire un dibattito che come abbiamo detto dall’inizio deve essere il più possibile inclusivo. Davanti alla dimensione dell’obiettivo, davanti alla possibilità di raggiungere davvero le convergenze più ampie io auspico che il Presidente della Commissione, che il presidente Agus voglia riconsiderare l’ipotesi di non aspettare sino a martedì, sono solo pochi giorni per consentire anche a chi in questo momento ha bisogno di un approfondimento, ha bisogno di trovare all’interno di questo documento le motivazioni per addivenire ad un ordine del giorno che sarebbe ancora più forte di quello che certamente riusciremo ad esitare in questo momento. Non vi è dubbio che se votiamo in questo momento la risoluzione passa, ci rimarrà comunque sempre il dubbio che se ci fossimo concessi qualche giorno di riflessione, saremmo comunque potuti arrivare a un obiettivo più ampio. Troviamo questa forza, troviamo questo coraggio. Presidente Agus, troviamo il momento per stabilire che questo Consiglio si concede il famoso tempo che gli occorre per arrivare a un risultato che più è ampio più è di qualità.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Paolo Zedda per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
(Segue la traduzione in lingua italiana dell’intervento del consigliere svolto in lingua sarda)
ZEDDA PAOLO (Soberania e Indipendentzia). Sì, grazie Presidente, noi interpretiamo questa risoluzione nel senso più ampio, nel senso di una promozione di un confronto democratico che instradi un percorso riformista verso la nostra autodeterminazione. Che questo sia solo l’inizio! E che questa Assemblea di oggi sia solo un dibattito! Voglio ricordare che questa legislatura ha visto un consenso ai partiti sovranisti e indipendentisti che non si è mai vista nella storia dell’Autonomia sarda. Più di 18 mila voti, sopra il 50 per cento dei votanti, e più del 22 per cento dei voti, considerando i partiti rappresentati in quest’Aula e quelli che sono rimasti fuori. Noi abbiamo un incarico da parte dei Sardi, e l’incarico importante è quello di tornare a scrivere lo Statuto, di dare più Autonomia, di dare forza all’autodeterminazione dei Sardi, e di dare spazio alla sovranità. Questo è l’incarico che noi abbiamo avuto con parole chiare e forti. E questa è la condizione con la quale noi votiamo a favore di questa risoluzione. Se noi falliamo in questo incarico e in questo compito che gli elettori ci hanno affidato domani possiamo ridare le chiavi della stanza al quinto piano dove ci sono i nostri Gruppi…
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Roberto Desini per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
DESINI ROBERTO (Centro Democratico). Per esprimere il voto favorevole per questa risoluzione e soprattutto per evidenziare e ringraziare il presidente della prima Commissione Agus, e i suoi componenti, per l’impostazione del lavoro che si sta dando a questo processo. Noi abbiamo una grande opportunità, cioè siamo all’inizio della nostra legislatura, stiamo vivendo direttamente un processo riformatore all’interno della nostra Repubblica che sicuramente non ha precedenti. Allora, in un momento così straordinario e così importante penso che ci sia la necessità che tutte le forze politiche, e non solo, che siano all’interno e all’esterno di questa Assemblea, ricoprano un ruolo importante e determinante. Soprattutto, io mi ricordo quando nelle dichiarazioni programmatiche del presidente Pigliaru qualcuno diceva che la nostra coalizione eterogenea sarebbe stata un problema. Io in quell’occasione dissi che invece era la nostra vera risorsa, perché il fatto di avere la fortuna all’interno della coalizione di maggioranza, ma intendo all’interno di questo Consiglio regionale, delle forze sovraniste, indipendentiste e sardiste penso che sia un valore aggiunto. Questo valore aggiunto lo dimostreremo con i fatti, anche con il taglio che è stato dato. Mi rivolgo al mio ex presidente Deriu, che poc’anzi citava i Riformatori che non sono assenti in questo momento, in questo dibattito, e noi abbiamo l’onere di affrontare gli spot che loro … e questo dissesto istituzionale che ci ha portato una Sardegna così frammentata, e soprattutto un caos istituzionale che non ha precedenti. Presidente Deriu, la ricordo così con affetto quando ero uno dei suoi consiglieri all’UPS, mi sembra di rivivere quello che ho visto la prima volta, mi sembra di rivivere ciò che ho vissuto alle scuole medie quando ho organizzato insieme ad altri compagni il primo sciopero, e con una decina di compagni di classe avevamo deciso di bloccare cancelli. Ebbene, quando il giorno dopo abbiamo bloccato i cancelli eravamo in otto, non più in dieci come avevamo concordato il giorno prima. Però lo sciopero riuscimmo ugualmente a farlo, soltanto che otto dei presenti, nostro malgrado, sono dovuti andare accompagnati dai loro genitori, gli altri due invece no. Eppure l’obiettivo lo abbiamo raggiunto. Allora dico a coloro i quali non sono presenti oggi in quest’Aula, che ci hanno portato e hanno contribuito a essere in questa condizione, noi porteremo avanti questo processo delle riforme anche senza la vostra…
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Angelo Carta per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CARTA ANGELO (PSd’Az). Io ho fatto vela spesso a scuola, confesso, però in effetti non ho capito, sembrerebbe quasi che ci stiano dicendo: “Fate quello che vi pare perché tanto noi andiamo per la nostra strada”. Non mi sembra assolutamente che fosse questo il tono del dibattito che si è svolto, non mi sembrava questo il tono del Presidente della Commissione, non mi sembrava quello che si stava svolgendo in quest’Aula. Detto ciò, perché abbiamo chiesto anche la possibilità di un rinvio? Due cose volevamo inserire. Una che ha chiesto e che ha detto ora Gavino Sale, il discorso della modifica dello Statuto. Diciamolo che vogliamo modificare lo Statuto. Questo volevamo inserire. La seconda, quello che ha detto Paolo Zedda, individuiamo la possibilità di un percorso per fare l’Assemblea costituente. Naturalmente, se così non si può fare, è chiaro che a queste condizioni noi voteremo contro, perché non risponde a quello che secondo noi oggi il Consiglio regionale avrebbe potuto e dovuto esprimere.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giuseppe Fasolino per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
FASOLINO GIUSEPPE (FI). Sono in grande difficoltà, perché siamo partiti con una decisione, il dibattito in aula ha manifestato delle lacune da parte di questo documento riconosciuto da tutti, si è chiesta una sospensione per cercare di migliorarlo, però a un certo punto si vuole andare per forza su quella strada, con la consapevolezza che questo è un documento incompleto, con la consapevolezza che questo è un documento che va migliorato. Ed è un peccato questo, è un peccato perché si rischia di buttare all’aria un lavoro che avete fatto, un ottimo lavoro che avete fatto in prima Commissione. Ci state mettendo in difficoltà, ci state facendo riflettere su una decisione che avevamo già preso. Se abbiamo capito che questo documento è un documento che va migliorato, se abbiamo capito che questo documento è un documento che va rafforzato per l’importanza del documento stesso, per l’importanza del lavoro che voi avete fatto in prima Commissione, perché non fermarsi un attimo per migliorarlo? Onorevole Desini, non togliamo niente a nessuno. Fermarsi per riflettere e migliorare un documento, come abbiamo già fatto tante altre volte, non è mica la prima volta questa. Quante volte ci siamo fermati per migliorare un documento presentato, non stiamo levando valore al documento, anzi stiamo dando più valore al documento, quindi riflettiamo su questo perché io seriamente sono in difficoltà. Grazie.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pietro Pittalis per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
PITTALIS PIETRO (FI). Io, dal dibattito, ho colto non una confusione istituzionale che si sarebbe determinata per effetto di non so quali addebiti che possano, anche legittimamente, essere fatti a chi ha avuto responsabilità di Governo nella precedente legislatura, ma rilevo una confusione di idee terribile, che smentisce e contraddice il senso di quel lavoro che, noi lo abbiamo apprezzato, è stato fatto in prima Commissione. Se il proposito è quello dell’esercizio, ancora una volta, muscolare, anche sul tema delle riforme, che già è tanto ipotizzare che si possano avviare nel chiuso di una ovattata sala, come questa del Consiglio regionale, perché richiederebbe forse un apporto partecipativo di forze non presenti qui, di organizzazioni, soprattutto quelle sociali, economiche, culturali della nostra Regione, e se l’onorevole Desini però ha una idea, e fosse quella della maggioranza tutta, che si deve andare ad ogni costo avanti lo stesso, fatevele, noi abbiamo un’altra idea di come si debbano fare le riforme, e non è questa. Ci sorprende, ci delude, ed è la ragione per la quale ci dispiace, a nome del Gruppo di Forza Italia, ritirare la firma su quella risoluzione. Chiaritevi le idee, signori della maggioranza, perché noi amiamo il confronto, la dialettica, abbiamo apprezzato gli interventi pacati che sono venuti dai banchi della maggioranza, su quella strada noi siamo pronti al confronto, tenuto conto della delicatezza della materia, e se l’impostazione è quella data dal Presidente Agus, pur nella diversità delle posizioni che assumiamo, ci stiamo, se è quella che ne dà qualche altro consigliere della maggioranza, noi non ci stiamo. E quindi, per questo, io chiedo che forse quella risoluzione va sospesa, e va sospesa in attesa di avere qualche chiarimento, altrimenti approvatevelo voi. Non è questo il modo di procedere.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Modesto Fenu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
FENU MODESTO (Sardegna). In attesa che i genitori accompagnino gli scioperanti provo a introdurre un elemento di riflessione, che penso e spero serva a noi, così come alla maggioranza. Io ho molto apprezzato l’intervento dell’onorevole Demontis, che ho ritenuto intellettualmente onesto nel momento in cui l’ha fatto, quando ha detto: “Nonostante appoggio il Governo Renzi che mi rappresenta, ho molta difficoltà a sostenere la sua forte volontà di modificare il Titolo V della Costituzione e limitare l’autonomia e le specificità delle Regioni a statuto speciale”. Allora, di fronte ad una considerazione così forte, così importante, anche per gli alleati dell’attuale maggioranza, ma non viene il dubbio che forse, per difendere il nostro statuto, la nostra autonomia, la nostra specificità, la nostra volontà di popolo sardo di autodeterminare il nostro futuro, non sia meglio coinvolgere in un dibattito così importante tutti i sardi, anziché limitarci a parlarne solamente in quest’Aula? Sapendo benissimo che molti rappresentanti politici del nostro popolo non sono rappresentati in quest’Aula. Ma di fronte a questo, di fronte a questa esigenza, ma cosa c’è di meglio, per tutti noi, a prescindere, maggioranza e opposizione, cosa c’è di meglio per tutti noi che rispettare un referendum che c’è stato, dove i sardi hanno espresso la volontà di creare una costituente su questo tema; cosa c’è di meglio! Mi sembra il minimo! Mi sembra il minimo riconoscimento nei confronti del nostro popolo, che rappresentiamo in quest’Aula. Perché su certe tematiche, che riguardano tutti, vogliamo continuare ad andare avanti a colpi di maggioranza, senza capire, invece, che chi ci ha votato vuole che su questi temi marciamo uniti. Allora, noi non stiamo dicendo che siamo contrari, vi stiamo dicendo: “Rafforziamo quel documento, condividiamolo ancora di più, facciamolo uscire fuori da quest’Aula e facciamo in modo che tutti i sardi, parlamentari compresi, condividano con il Consiglio la volontà di modificare lo statuto, la volontà di un percorso che vede la Sardegna finalmente quanto meno indipendente dal punto di vista economico”. Non possiamo andare avanti a rinunciare a fette della nostra sovranità, solo perché su questo tema non siamo uniti.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Anna Maria Busia per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
BUSIA ANNA MARIA (Centro Democratico). Presidente, colleghi, io sono allibita per come è andata la discussione che ha ad oggetto questa risoluzione, perché ad un certo punto la discussione ha preso una piega che evidentemente non doveva avere, posto che oggi si doveva discutere un punto di partenza. Tutti abbiamo condiviso la necessità che dobbiamo arrivare a delle riforme, tutti abbiamo detto, chi di noi era presente in Commissione, ma è stato detto anche all’inizio di questa discussione, che naturalmente non era certamente argomento di oggi decidere il metodo, poi, a un certo punto, la discussione è diventata una discussione che è muscolare su una cosa che muscolare non deve essere, però non siamo stati noi, non è stato Desini, non è stato nessuno della maggioranza che ha posto e che ha detto che la questione doveva essere risolta con una contrapposizione forte tra maggioranza e minoranza; vi abbiamo invitato, e l’invito è sempre valido, siete voi che avete chiesto di prolungare dei tempi che rendono inutile e che prorogano una discussione su un punto di partenza. Che senso ha rimandare la discussione a martedì, posto che si sta parlando di un punto di partenza. Chi ha escluso che si debba arrivare ad un’assemblea costituente? Qui si è proposto semplicemente, si è arrivati ad una discussione che verte sul fatto che forse la necessità del momento porta a considerare la necessità di una legge statutaria, ma nessuno ha escluso che la discussione debba essere il più ampia possibile, che si debba tener conto anche di quanto avevano detto i sardi nella consultazione referendaria. E allora, perché questa trasformazione? Ecco perché io dico che bisogna votare subito, bisogna votare ora, perché l’urgenza, perché la necessità che si arrivi ad una riforma dello statuto, perché si arrivi alla riforma della macchina regionale, perché si contrapponga quello che è l’interesse della Sardegna a quello che è l’interesse invece individuato da Roma, e lo si debba fare subito, perché questo è il punto di partenza; ci attende un duro lavoro, e non credo che perdere altri giorni a discutere se introdurre una frase o una parola in un documento che deve essere invece oggetto di condivisione, sia utile per la Sardegna.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Marco Tedde per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
TEDDE MARCO (FI). Io sono molto perplesso; a sentire gli interventi dei colleghi della maggioranza, sembra che l’obiettivo che noi ci poniamo non sia quell’obiettivo strategico, importantissimo, fondamentale a cui tutti aneliamo, ma sia un obiettivo minimale, residuale, un obiettivo bagattellare. Come si fa, io mi chiedo, pensare di poter raggiungere un obiettivo di cotanta portata, se in quest’Aula abbiamo soltanto il 52 per cento delle forze politiche presenti in Sardegna, e se in quest’Aula, che già è riduttiva rispetto alle forze politiche che ci sono in Sardegna, soltanto una parte, una parte qualificata quantitativamente, soltanto una parte ha condiviso e condivide un determinato percorso, ha condiviso e condivide un determinato documento. Facciamo un passo indietro, un passettino indietro per poi farne 2, 3 in avanti; cosa cambia approvare oggi questa risoluzione con un braccio di ferro, che a nulla serve, o approvarla fra una settimana, fra 10 giorni, con una condivisione di massima che dà forza, che da base, che da fondamenta a questo percorso che vogliamo creare, a questo obiettivo che vogliamo raggiungere? State partendo senza avere delle fondamenta solide, se volete partire da soli; non si può assolutamente fare le riforme da soli, le riforme le deve fare tutta l’Aula, anzi oserei dire che le deve fare tutta la Sardegna, tutte le forze politiche presenti in Sardegna. La temperie culturale e politica che stiamo vivendo in tema di autonomismo, in tema di specificità, in tema di sovranità è delicatissima. Siamo sotto lo schiaffo di Renzi, siamo sotto lo schiaffo, comunque, di un’opinione pubblica che probabilmente non capisce che cosa è la Sardegna, cosa è la specificità della Sardegna, per quale motivo noi abbiamo questa specificità, che non è una regalia, non è un dono, è soltanto un modo per i riequilibrare i nostri problemi, riequilibrare l’handicap dell’insularità. Quindi stiamo uniti, stiamo assieme, facciamo un passo per volta, ma partiamo da una base solida, diversamente stiamo rischiando di fallire prima ancora di essere partiti.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Daniele Cocco per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
COCCO DANIELE (SEL). Presidente, io voglio tranquillizzare gli amici dell’opposizione che non vogliamo assolutamente fare questo percorso da soli e lo abbiamo dimostrato. Io tirerei le orecchie in maniera violenta al Presidente della prima Commissione perché se lui non avesse chiesto quei cinque minuti di sospensione noi avremmo votato all’unanimità la risoluzione perché dagli interventi si evinceva chiaramente questo, e quindi ha ragione nell’ultimo intervento l’onorevole Tedde, quando dice: “non costa niente fare due passi avanti o tre indietro”; infatti non costa niente! Abbiamo detto e avete detto che questo è solo l’inizio di un percorso che vogliamo condividere non solo con le forze presenti dentro questo Consiglio regionale, che probabilmente non sono neanche la maggioranza dei rappresentanti del popolo sardo, ma con tutti coloro, forze politiche e non, che sono presenti fuori dal Consiglio regionale. Perché non siamo – diceva l’onorevole Tedde – sotto lo schiaffo di Renzi, e oserei dire anche di Berlusconi e anche di altri, però noi abbiamo dimostrato, anche con la proposta di risoluzione approvata in Commissione, che c’è la volontà di affrancarci da quel modo di pensare per la nostra isola. Io ve lo chiedo sommessamente perché so che siete persone responsabili e voi, come noi, volete il bene per la nostra isola, per le nostre comunità e per il nostro popolo, io credo che davvero per iniziare bene questo percorso il primo passo sia di votare questa risoluzione che avete fatto voi insieme a noi, quindi davvero non vedo nessun motivo, nessuna voglia di fare forze muscolari per voler segnare una differenza fra chi è in questo momento in maggioranza e chi è all’opposizione. Sulle riforme credo che ci sia davvero bisogno di tutti.
Vi chiedo di votare la risoluzione e avremo tempo per fare tutto il resto insieme. Questo non è che un piccolissimo passo. Fosse questa la cosa importante oggi, che poteva risolverci davvero tutti problemi; purtroppo non è così. Avremo necessità di grande fatica, di grande sacrificio e di grande sudore per arrivare insieme a quello che ci auguriamo per la nostra isola.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pietro Cocco per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
COCCO PIETRO (PD). Presidente, qua siamo in presenza di un documento che la prima Commissione ha approvato all’unanimità e anche il dibattito che oggi si è svolto mi pare incanalato su una discussione condivisa delle cose dette. Va ricordato che siamo in presenza di una risoluzione; una risoluzione non è una proposta di legge, non sono argomenti che, come dire, vengono scritti sulla pietra. È una risoluzione che è stata chiamata un primo passo, che se ne faccia uno per volta e io sono assolutamente d’accordo che sia così. Non è nostra intenzione mettere in difficoltà nessuno, al contrario, però condivido anche l’idea che è stata testé sostenuta dall’onorevole Floris, il quale dice che questo Consiglio regionale è pieno di ordini del giorno che sono rimasti inascoltati, e ancora una volta, se dobbiamo dividerci – ed è francamente quasi inverosimile dirlo e anche pensarlo – anche su una risoluzione approvata all’unanimità in Commissione, sapendo che questa è una risoluzione, e portandola all’infinito, per dieci giorni, per cinque o sei giorni, questo Consiglio regionale veramente appare, agli occhi di chi ci guarda, ingessato. Voglio dire, una virgola in più, un punto e virgola, un punto esclamativo sono questi davvero gli elementi che possono modificare l’atteggiamento dei colleghi di opposizione nell’approvazione di una risoluzione come questa? Io credo che francamente sia una cosa davvero difficile da capire, non da noi, che sappiamo come funzionano i lavori qua dentro, ma da chi ci ascolta. Una risoluzione è un documento semplice, un primo passo. Qua non c’è chi ha la verità in tasca e che pensa a colpi di maggioranza di fare le riforme in quest’Aula. Non è questa la nostra intenzione. La nostra intenzione è lavorare assieme, tentare di fare un cammino comune, perché le riforme poi si fanno e non le si fanno per me o per noi tutti, le si fanno nel tentativo di dare a questa regione uno strumento migliore, di dare più potere ai cittadini della Sardegna, di scrivere delle cose delle quali in tanti hanno parlato con padri nobili che hanno scritto e possono essere presi come esempio. Questa è una piccola risoluzione, importante, approvata dalla Commissione all’unanimità. Io direi di tenere in piedi questa con l’impegno da parte di tutti, noi per primi, di lavorare assieme dal primo giorno in cui si metteranno i tasselli veri delle riforme che devono essere fatte per la Sardegna. Quindi un invito ai colleghi di votare la risoluzione senza intestardirsi troppo sulle virgole che in questo momento credo che possano essere assolutamente trascurate.
PRESIDENTE. Poiché nessun altro domanda di parlare, metto in votazione la risoluzione.
Ha domandato di parlare il consigliere Christian Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS CHRISTIAN (PSd’Az). Chiedo la votazione nominale.
Votazione nominale
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della risoluzione numero 3.
(Segue la votazione)
Risultato della votazione
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
(Il Consiglio approva).
Il Consiglio è convocato domani mattina alle ore 10.
La seduta è tolta alle ore 19 e 37.
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La mozione arrovata
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Consiglio disegna iter nuovo Statuto
Maggioranza e opposizione si dividono in Consiglio regionale
Dopo il via libera all’unanimità della risoluzione della commissione Autonomia sulla riforma del Titolo V della Costituzione, in Consiglio regionale maggioranza e opposizione si dividono sul percorso di avvio della revisione dello Statuto e sulla scrittura di una nuova legge Statutaria.
Il documento, infatti, è stato approvato a maggioranza (32 voti favorevoli e 16 contrati) dopo che le opposizioni, su tutti il Psd’Az, avevano chiesto uno slittamento del voto a martedì per modificare il testo. La risoluzione indica che riforma dovrà partire “da un confronto ampio e approfondito tra tutte le forze politiche presenti in Consiglio” e le diverse iniziative dovranno essere inserite “all’interno di una cornice unitaria anche attraverso il coordinamento delle attività del Consiglio e della Giunta e in sinergia con i parlamentari sardi o eletti in Sardegna per i temi di loro competenza”.
Secondo il presidente della commissione, Francesco Agus (Sel), “bisogna agire velocemente per difendere la specialità della Sardegna, in primo luogo utilizzando al meglio i poteri in capo all’istituzione regionale, applicando lo Statuto in maniera decisa ed efficace”. Agus propone una riforma dell’assetto degli enti locali dentro una più complessa riforma della Regione, valorizzando le situazioni positive esistenti ed eliminando quelle che creano un blocco al decollo dell’economia. Il leader dell’Uds, Mario Floris, ha evidenziato le innumerevoli occasioni in cui il Consiglio ha discusso del tema delle riforme e rimarcato un generale clima “di confusione” nel dibattito odierno.
“Dobbiamo riscrivere la nostra Carta fondamentale – ha spiegato l’esponente dell’opposizione – per rafforzare i poteri di sovranità e autogoverno del popolo sardo, mentre la riforma interna (enti locali) e la grande riforma che riguarda la specialità sarda (Statuto) sono due percorsi distinti anche se convergenti”.
L’Unione Sarda Mercoledì 23 luglio 2014 21:47
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