Francesco Cocco. “I vitalizi consiliari: la degenerazione di una conquista democratica in assurdo privilegio”

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Francesco Chicco CoccoFrancesco Cocco su enricolobina blog *
Solo ora mi è possibile intervenire sulla questione dei vitalizi consiliari. Lo faccio volentieri perché ritengo il problema fondamentale per la salvaguardia delle nostre istituzioni democratiche. Mi rendo conto che è estremamente difficile richiamare la necessità e l’opportunità di una riflessione che respinga la facile canea. Credo sia dovere di noi tutti non abbandonarci agli istinti di “pancia” e fare uno sforzo di razionalità perché il rischio è la perdita di un istituto giuridico che nel tempo è andato degenerando ma ha la sua genesi in una conquista democratica.
Più volte ho denunciato la natura di “privilegio” che hanno finito per assumere le indennità parlamentari ed il loro prolungamento nel cosiddetto “vitalizio”. Nel 1990 mi opposi in Consiglio regionale a che si modificasse il rapporto tra indennità consiliare ed indennità parlamentare. Mi opposi cioè all’aumento dell’indennità consiliare e conseguentemente dei vitalizi che ne sarebbero derivati. Già dimissionario cinque anni prima dal mio impiego per esercitare senza condizionamenti il mandato, mi dimisi anche da consigliere (non mi mancavano possibilità d’impegno alternativo), ma su insistenza del mio partito ritirai le dimissioni. Nel farlo riconosco oggi che commisi un errore, ma quello era il mio modo di sentire l’impegno politico ed istituzionale. - segue -
Ricevetti la denigrazione dei colleghi, tranne qualche lodevole eccezione. E così io che ero stato assessore alla cultura, presidente di varie commissioni, vicepresidente del Consiglio non venni più proposto per nessun incarico di rilievo ed unico consigliere venni escluso dall’ assegnazione di una stanza nel nuovo palazzo di via Roma. Mi si voleva umiliare, io al contrario ne ricevetti stimolo per non deflettere ed accentuare l’ impegno. Il mio non era il rifiuto di una equa indennità, semplicemente il richiamo alla necessità di una giusta misura , all’ opportunità di non esagerare nell’auto-attribuzione di emolumenti.
L’istituzione dell’indennità parlamentare è stata infatti una conquista democratica nella quale, già nell’ Ottocento, si era distinto il deputato Giovanni Antonio Sanna. Aveva dovuto assistere alle dimissioni del suo collega G. B. Tuveri, che povero di mezzi economici, non poteva concedersi il soggiorno a Torino durante le sessioni parlamentari. Ed il grande Giorgio Asproni doveva utilizzare i moccoli delle candele che residuavano dall’illuminazione degli uffici della Camera, per avere un po’ di luce nella modesta stanza in cui era costretto a vivere nel soggiorno torinese. Ecco perché mi preoccupa certa canea che in nome di legittime esigenze potrebbe minare un istituto d’ alta valenza democratica.
Il problema non è quello di abolire l’istituto ma di meglio regolamentarlo per evitare gi eccessi. Questo per quanto attiene all’indennità ma vale soprattutto per i vitalizi. Conosco situazioni in cui i benefici finiscono, tra nipoti e pronipoti, per arrivare alla terza generazione. Siamo all’assurdo di privilegi che non hanno alcun fondamento di “diritto quesito” e richiamano situazioni da pre-rivoluzione francese più che da stato di diritto.
Anche qui il problema è quello di una equilibrata regolamentazione giuridica se non si vuol limitare il diritto costituzionale ad assolvere un ruolo di rappresentanza istituzionale. Il rimedio è possibile anche se la soluzione non è semplicistica. Il vitalizio non dovrebbe mai garantire un di più rispetto a quel che ad una persona investita di una funzione pubblica dovrebbe ricevere sulla base del suo precedente rapporto di lavoro e conseguentemente pensionistico.
Per quanto più strettamente attiene alla mia situazione personale so che ho concluso il mio rapporto istituzionale con una buonuscita (tecnicamente il termine è altro ma tale è nella sostanza) di almeno tre volte inferiore a quanto avrei percepito se avessi mantenuto il mio precedente impiego, e che anche la pensione sarebbe ben superiore a quanto mi deriva dal vitalizio di consigliere regionale.
Al di là di queste considerazioni personali occorre una completa regolamentazione della materia. La soluzione non è in gesti personali, viziati da distorsioni populistiche in versione grillina. Penso sia necessario un movimento che imponga una disciplina normativa. Quindi una proposta di legge e soprattutto un movimento popolare a sostegno della stessa. Questa ritengo debba essere la soluzione che gli “eredi della sinistra” devono saper realizzare con determinazione e tenacia.

* Francesco Cocco.
Illustre intellettuale e politico della sinistra, che in passato nella regione e nella nostra città ha ricoperto importanti ruoli istituzionali. Ricordiamo per particolare pertinente riferimento all’articolo che Francesco Cocco è stato consigliere regionale e assessore regionale alla Cultura.
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