in giro con la lampada di aladin per l’Europa
- Contro il connubio PD/FI, Tsipras o M5S? Andrea Pubusa su Democraziaoggi
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- Europee 2014 ma l’Europa non c’entra nulla. E la Sardegna? Solo Soru spera: ma nei siciliani… Vito Biolchini su vitobiolchini.it
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- Io voto L’altra Europa con Tsipras. Vanni Tola sulla pagina fb
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- Asini, crisi, Europa. Raffaele Deidda su SardegnaSoprattutto
- L’Europa che vorrei. Bellezza e sobrietà. Ma no all’austerità imposta. Tonino Dessì sulla sua pagina fb (buone ragioni per chi domani si astiene dal voto)
- Conversazione sull’Europa con l’ex governatore della Sardegna e candidato Pd alle elezioni europee 2014 Renato Soru. Dal blog di Gavino Minutti
- Alle europee sardi irrilevanti. Nicolò Migheli su SardegnaSoprattutto
QUESTA FOTOGRAFIA RAPPRESENTA, NEL MIO IMMAGINARIO,
L’EUROPA CHE VORREI. BELLEZZA E SOBRIETA’, MA NO ALL’AUSTERITA’ IMPOSTA.
Da giorni volevo condividere questa fotografia, che gira su FB da settimane, come forma di contestazione -che sostengo in pieno- di una certa perniciosa moda femminile anoressica. Constato che sono più le donne, a pubblicarla, rispetto ai maschi. Io la trovo emozionante e persino commovente. Mi è anche utile per mitigare la spigolosità di quel che sto per scrivere.
25 maggio 2014. Si vota per l’elezione del Parlamento Europeo. Tutti ci hanno detto quanto è importante l’Unione Europea e quanto le sue politche incidono sulla nostra quotidianità. Tutto vero, solo che pochi ci hanno detto che su queste politiche il Parlamento Europeo incide ancora assai poco. Le funzioni normative principali e, ancor più, i fondamentali poteri politici li detengono a tutt’oggi il Consiglio e la Commissione, organi nei quali sono rappresentati i Governi. Nessuno, almeno in Italia, ci ha detto che vuole rafforzare e accrescere le funzioni del Parlamento Europeo nell’ambito di un complessivo rafforzamento della rete delle Assemblee rappresentative, democraticamente elette. Sarà un caso.
Comunque l’elezione di un Parlamento è sempre un fatto importante e ha un indubbio significato politico.
In linea di principio bisogna sempre diffidare, quando determinate forze politiche fanno campagna per l’astensionismo. Il fatto che in Sardegna una simile campagna l’abbiano fatta, per dirne una, i Riformatori potrebbe quindi, non senza motivo, indurre a comportamenti opposti.
Io, per parte mia, mi sono un po’ legata al dito la campagna astensionistica che le forze politiche vicine all’allora Presidente della Regione, nel 2008, fecero in occasione del referendum che produsse l’abrogazione di una pessima Legge Statutaria. E sì che, correttamente, avevamo avvertito che non ci piaceva vincere le partite a tavolino.
Comunque viviamo in un’epoca nella quale tutti i comportamenti sono pesati. Il voto e il non voto hanno dei precisi significati sociali e politici.
Se mi venisse chiesto un consiglio da parte di qualcuno che vuole votare, gli suggerirei intanto di non votare i padroni, nè i partiti che sono di proprietà di padroni, nè i padroni in qualunque partito siano candidati: quelli, vicini ai lavoratori non ci staranno sinceramente mai, sarebbe contro natura. Gli suggerirei di non votare chi intende diminuire i livelli di democrazia rappresentativa nel proprio Paese. Gli suggerirei di non votare per chi sostiene che gli equilibri finanziari vanno perseguiti anche restringendo i diritti sociali. Gli suggerirei di non votare per chi non vuole salvaguardare il carattere pubblico dei beni comuni, come l’acqua. Gli chiederei, decisamente, di non votare chi propugna idee razziste o xenofobe. Gli chiederei, altrettanto decisamente, di non votare per chi è contro l’autodeterminazione e i diritti delle donne.
Gli chiederei proprio di non votare, in Sardegna, per chi non si è impegnato affinchè una popolazione storicamente, culturalmente, linguisticamente differente e speciale -una nazionalità, anche se non compiutamente una nazione- abbia la sua rappresentanza nel Parlamento europeo. Altro che Europa dei popoli.
Gli sconsiglierei di votare, infine, per chi usa un linguaggio violento o forcaiolo o propone forme di giustizia sommaria, anche solo mediatica: anche il linguaggio manifesta l’indole, meglio assai che i programmi.
Gli consiglierei, conclusivamente, di votare i restanti. Forse ne restano (al centro e a destra certamente no, mai e poi mai).
In ogni caso votate bene, amiche e amici. Fatelo anche per me, che non voterò, convinto che il diritto di voto comprenda anche la libertà di non votare, se l’offerta non convince. Come ho già detto una volta, quando il diritto di voto verrà messo in discussione, io sarò tra i primi a scendere in piazza, anche per difendere chi non difenderebbe il mio, di diritto.
Infine, metto subito in guardia: sulla mia decisione di astenermi dal voto, tra le elettrici e gli elettori sardi, accetto critiche e obiezioni solo da chi sono sicuro che in quel referendum regionale del 2008 ando’ a votare, quale che sia stato il suo voto.
Agli altri raccomando prudenza e serietà Non è che la mia pazienza sia infinita.
Buon Sabato e buona Domenica.
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Non ci convincono
Da un articolo su Aladin dell’8 aprile 2014
(…) Le dichiarazioni programmatiche del presidente Pigliaru hanno due “deficit politici”, di fondamentale importanza, che attengono uno alla sardità e l’altro all’europeismo. Tratto queste due questioni in maniera intrecciata, come è giusto che sia. Non è pensabile che il programma del presidente (e della sua coalizione), così come è attualmente formulato, prescinda da una esplicita visione del posizionamento istituzionale della Sardegna, oggi e in prospettiva, in Italia e in Europa. Al riguardo è vero che Pigliaru non poteva sollevare la bandiera dell’indipendentismo o del sovranismo che lo vuole praticare anticipatamente (gli indipendentisti e i sovranisti sono pur sempre una minoranza, seppure importante, della coalizione di centro sinistra), ma la visione che sottende il documento appare francamente riduttiva, niente altro di diverso da un “autonomismo sbiadito”, che non ci porta molto lontano. Pigliaru si guarda bene dal pronunciare parolacce quali indipendentismo e sovranismo e neppure federalismo, utilizza in un passaggio il termine “sovranità” nell’accezione di auto-responsabilità (cito testualmente: “…il principale esercizio di sovranità cui vogliamo dedicare tutta le nostre capacità ed energie, è un’essenziale assunzione di responsabilità verso cui orientiamo la nostra azione di governo”). Non basta certo! Specie nell’attuale momento storico, che ha necessità di una Sardegna rinnovata, anche nelle sue istituzioni, consapevole delle proprie risorse e potenzialità, capace quindi di un suo protagonismo, indispensabile per sopravvivere nel quadro degli attuali rapporti di forza tra entità territoriali (nel confine statuale e in quello europeo). E’ solo in questo quadro, che, come detto, richiede anche una nuova struttura istituzionale della regione, che credo possa iscriversi, come alcuni chiedono: un auspicabile progetto organico di trasformazione e sviluppo, insomma un “nuovo piano di rinascita” della Sardegna. Per fare tutto questo non si può prescindere da una politica sulla lingua sarda, sull’identità sarda, sull’università della Sardegna… in definitiva su chi siamo noi sardi e chi vogliamo o vorremo/vorremmo essere. E, allora: è possibile che Pigliaru non parli della nuova costituente statutaria, a cui siamo tenuti anche in virtù degli esiti referendari sardi? E’ possibile che parli dell’Europa sostanzialmente come vincolo per la nostra economia, come purtroppo è, ma che non necessariamente deve continuare ad essere, o, ancora, come bancomat per prelevare tutte le risorse finanziarie possibili? Importante ma terribilmente riduttivo. E’ possibile che parli d’Europa senza fare cenno all’incredibiie situazione di discriminazione politica dei sardi, impossibilitati, per ottusa e incostituzionale legge italiana (modificabile domani se solo ci fosse la volontà politica dei grandi partiti italiani) ad avere propri rappresentanti nel parlamento europeo? Si chieda Pigliaru se, per fare un esempio, le stesse nostre difficoltà di utilizzare pienamente e con efficacia i fondi europei siano solo problemi organizzativi e di preparazione del personale tecnico, amministrativo e anche politico. Come pur è vero, ma non sono spiegazioni sufficienti a dare conto della situazione. Credo infatti che questo come tanti altri problemi non possano essere disgiunti da uno, più pesante di tutti: l’incapacità della Regione di esercitare un ruolo politico nel quadro europeo, sia nei confronti dell’Italia che s’interpone tra la regione e le istituzioni europee, sia nei confronti dell’istituzioni europee, direttamente, laddove ciò è possibile, anche attualmente, per esempio per incidere, modificandole o integrandole, sulle politiche europee. Ma di tutto quanto detto Pigliaru non si cura, destando il più che legittimo sospetto che per lui bastino l’onesta, la competenza, la tecnica e la razionalità per risolvere i problemi della Sardegna, minimizzando quello che in realtà è soprattutto un problema di Politica. Si dirà che la coalizione del centro sinistra potrà integrare il programma e precisare l’impostazione data dal presidente. Vedremo e vedremmo. Nel mentre parliamo, scriviamo e sottoponiamo i nostri argomenti al presidente, ai politici, ai cittadini sardi…
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Il tempo che passa non da conto di alcun positiva novità. Anzi…
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