A che punto è il gas?
Pubblichiamo, riprendendola da Sardegnasoprattutto, una riflessione importante e opportuna dell’amico Raffaele Deidda sulla vicenda che sinteticamente chiamiamo Galsi. Si dovrebbe aggiungere “la questione della metanizzazione della Sardegna”, ma, allo stato sulla metanizzazione in Sardegna c’è (o c’era) solo Galsi non esistendo alcun progetto che abbia, nonostante tutto, la concretezza e “lo stato di avanzamento” del Galsi. E’ pertanto una questione che non può essere liquidata con decisioni rapide e definitive. Così ragiona Raffaele Deidda quando avanza perplessità più che legittime sulle decisioni al riguardo assunte dalla Giunta Pigliaru, la quale ascrive la decisione di uscire dal Galsi (ma afferma pure che potrà rientrarvi in futuro!) nel programma politico di “rilancio della metanizzazione della Sardegna”. In sostanza a un progetto concreto quale è il Galsi e, ripetiamo, nonostante tutto (lentezze, incertezze, criticità geo-politiche, etc) si contrappone una grande nebulosità, che le dichiarazioni di Francesco Pigliaru, Raffaele Paci e Grazia Piras, contribuiscono a creare. Guardatevi al riguardo il video della conferenza stampa riportata sul sito web della Regione, ma anche leggetevi la delibera della Giunta regionale (DELIBERAZIONE N. 17/14 DEL 13.5.2014), a cui Presidente e Assessori continuamente rimandano nelle loro dichiarazioni. Della serie: e se non volete capire di più leggete la delibera. Vero è che la delibera rinvia il grande problema a “un apposito gruppo di lavoro interassessoriale coordinato dall’Assessorato dell’Industria e composto da rappresentanti della Presidenza della Regione e dell’Assessorato della Programmazione, Bilancio, Credito e Assetto del Territorio che, secondo la vigente normativa, potrà avvalersi del supporto tecnico della SFIRS previo apposito incarico, nonché potrà prevedere l’individuazione di un advisor specializzato nel settore che possa supportare l’Amministrazione nell’analizzare gli scenari e orientare l’azione amministrativa”; il gruppo di lavoro dovrà altresì “monitorare e accelerare i progetti di intervento dei privati aggiudicatari degli interventi di realizzazione delle reti di distribuzione del gas, individuando le eventuali criticità e supportandone la soluzione”. Troppo poco, anzi, quasi niente rispetto alla portata del problema. La Giunta in questo modo e solo per salvare gli 11 milioni di euro, da a tutta la questione un valenza “ecnomicista”, incapace di inquadrarla invece rispetto a uno scenario complesso. Insomma non è solo questione di bilancio. Pigliaru, Paci e Piras prima di decidere questo come ulteriori passi devono capire in quale contesto geo-politico si muovono l’Italia e la Sardegna (interessanti al proposito le dichiarazioni e gli scritti di Giulio Sapelli, utilmente liberi e provocatori). Non andiamo oltre in questa riflessione, impegnandoci a riprenderla. Certo è che c’è necessità di un grande e approfondito dibattito che innazitutto ricuperi il lavoro fatto in questi anni sotto la denominazione “Galsi”, che tenga in conto anche le opposizioni al progetto Galsi, che sappia inquadrare il tutto sia nella materia “politica energetica” sia nella materia dei rapporti della Sardegna con i paesi della sponda Sud del Mediterraneo, in particolare con i paesi del Nord Africa. Per questo allo stato avvertiamo una grande inadeguatezza delle politiche della Giunta regionale, che va superata con il pieno coinvolgimento del Consiglio Regionale e soprattutto del popolo sardo, con tutti i mezzi possibili perchè vi sia un’effettiva partecipazione al dibattito e alle scelte che ne devono scaturire. Una piccola proposta a tutte le persone e le organizzazioni che sono interessate a questi temi: organizziamo un dibattito pubblico su “Galsi, questione energetica e posizionamento geopolitico della Sardegna”? Gli intellettuali, non solo ma soprattutto loro, non stiano a guardare!
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A che punto è il gas?
di Raffaele Deidda *
E’ utile rileggere l’articolo pubblicato (maggio 2010) da Equilibri – Centro Studi di Geopolitica e Relazioni Internazionali. Vi si evidenzia come gli interessi dell’Italia e dell’Algeria avessero trovato un punto d’incontro nel GALSI (Gasdotto Algeria-Sardegna-Italia), che avrebbe collegato i due Paesi tramite la Sardegna. Occasione vantaggiosa per l’isola per variare il mix energetico, troppo squilibrato a favore dei prodotti petroliferi. Per l’Associazione Italiana degli Economisti dell’Energia (AIEE), i prodotti petroliferi sono, infatti, il 77% delle fonti energetiche sarde, mentre i combustibili solidi contribuiscono per circa il 19%. La debolezza strutturale per l’assenza di una rete del gas in Sardegna comporta rischi e costi anche per l’inquinamento ambientale e i benefici per l’isola sarebbero stati interessanti anche per la comparazione col restante territorio nazionale dove il mix energetico è costituito da combustibili solidi per il 9%, da prodotti petroliferi per il 43% e dal gas naturale per il 36%. I dati dell’AIEE indicano inoltre che su 452 milioni di tonnellate di CO2 emesse in Italia, circa 16 milioni sono in Sardegna, proprio per l’eccessiva dipendenza dalle risorse petrolifere. Il gas algerino avrebbe consentito di ridurre di circa il 20% le emissioni di CO2. Non meno importante il dato occupazionale, con una previsione di 10.000 nuovi occupati. Di cui il 60% fissi e il 40% stagionali.
La realizzazione del gasdotto avrebbe soddisfatto i bisogni interni di produzione energetica, alleggerendo il costo della bolletta per imprese e consumatori sardi. La Sardegna sarebbe diventata un crocevia per la gestione del flusso di gas dal Nord Africa, ipotizzando, con il GALSI, un transito di 8 miliardi di metri cubi annui. L’Italia diventava il nuovo hub del gas dell’Unione Europea nel Mediterraneo, commercializzando il gas nel mercato italiano e vendendolo ad altri operatori europei. Il vantaggio per l’Algeria sarebbe consistito nell’avere uno sbocco nel promettente mercato europeo, massimizzando la posizione privilegiata di fornitore naturale di gas con l’obiettivo di diventare il primo fornitore dei Paesi europei mediterranei.
Dopo infinite discussioni, ripensamenti, conflitti fra ambientalisti, sovranisti e indipendentisti, convegni, rinvii “tecnici” dovuti principalmente alle perplessità della società algerina Sonatrach sulla convenienza di confermare la partecipazione al GALSI in riferimento alle formule di prezzo che gli altri soci avrebbero voluto imporre, la parola fine l’ha posta la giunta di Francesco Pigliaru: Il GALSI non s’ha da fare! E’ stata deliberata l’uscita della Finanziaria regionale Sfirs dal Consorzio, riscattando 11 milioni di euro della quota di partecipazione.
Eppure il progetto fu ritenuto una conquista per la Sardegna, non solo in termini energetici ma anche “sovranisti”, con un decisivo contributo del governo Prodi e della giunta di centrosinistra prima di quella deleteria di Cappellacci. Questi si era distinto per la totale inattività nel promuovere l’avvicinamento delle imprese sarde al progetto e nel non fornire ai cittadini e alle amministrazioni locali alcuna informazione sullo stato dell’arte del progetto GALSI.
Perché Pigliaru e la sua giunta hanno rinunciato al gas metano attraverso una condotta sottomarina proprio adesso che la crisi russo-ucraina farebbe ritenere il gasdotto dall’Algeria ancora più strategico? Cosa significa che la Regione non rinuncia alla metanizzazione e che la soluzione operativa dovrà essere indicata da un “advisor” da scegliere con un bando? Ci sono alternative al “tubo” sottomarino, diverse dalle navi metaniere e dai rigassificatori? Quale il livello di discussione politica per una tale iniziativa? Quali il coinvolgimento e la partecipazione della società sarda nelle sue articolazioni? Sono decisioni eterodirette che la Sardegna subisce come ai bei tempi di Nino Rovelli? Viene il dubbio che la ricerca di nuove soluzioni sia referente di una preoccupante estemporaneità e di obiettivi tutt’altro che chiari. La decisione allontana comunque la possibilità di dotare la Sardegna di infrastrutture energetiche che la pongano alla pari delle altre regioni.
Sono domande che necessitano risposte esaustive certamente più della dichiarazione di Pigliaru: “Siamo convinti che dobbiamo rilanciare la metanizzazione in questa direzione, abbandonando Galsi, senza perdere tempo rispetto ad una prospettiva sempre meno (?) improbabile. Questo atto ci obbliga a ragionare sempre più velocemente perché il metano arrivi in Sardegna, iniziando un percorso più adeguato ai tempi, rispetto ad una tipologia rigida come quella di un tubo che arriva dall’Algeria” (sic!).
* By sardegnasoprattutto
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- Il Convegno di Cagliari del 23 novembre 2009
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Algeria – Italia: nel progetto GALSI molti vantaggi reciproci
Nel grande gioco delle connessioni energetiche europee molta attenzione è stata riservata alle condutture che provengono dalla Russia e dai Paesi del Caucaso. Paesi non molto vicini all’Italia, e sicuramente più lontani rispetto all’Algeria, ricca di gas e petrolio e desiderosa di espandere la sua produzione e la vendita delle sue risorse per sostenere il suo sviluppo economico. Gli interessi dell’Italia e dell’Algeria hanno trovato un punto d’incontro nella costruzione del GALSI, il gasdotto che collegherà i due Paesi attraverso la Sardegna.
Umberto Profazio
Equilibri.net (14 maggio 2010)
La crisi economica e le risorse naturali
La crisi economica del 2007 ha affossato le economie dei Paesi occidentali creando all’interno dei sistemi produttivi degli Stati industrializzati una depressione economica simile a quella del 1929. Mentre in Europa, negli Stati Uniti ed in Giappone dopo due anni ci si trova ancora in una fase di transizione particolarmente delicata, la cosa che salta più agli occhi è la crescita dei Paesi in via di sviluppo, in particolar modo di quelli che hanno a disposizione ingenti risorse naturali da sfruttare. Se il caso della Russia è emblematico al riguardo, non può certo sottovalutarsi la crescente influenza di alcuni Paesi del Maghreb che possono contare su giacimenti di gas e di petrolio tanto più preziosi per far decollare le proprie economie, quanto indispensabili per sostenere la ripresa economica dei Paesi industrializzati in crisi. Tra questi un ruolo di primo piano spetta sicuramente all’Algeria.
La Repubblica Democratica Popolare, guidata da Abdelaziz Bouteflika, dopo aver affrontato i sanguinosi anni della guerra civile degli anni’90, ha sviluppato una politica economica non troppo basata sul libero mercato, quanto sulle necessità più stringenti della comunità algerina. Eletto Presidente nel 1999 infatti Bouteflika ha lanciato il suo primo piano quinquennale, che echeggia gli standard tipici dell’economia pianificata del socialismo reale. il Presidente del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), ottenuta la rielezione nel 2004, ha presentato un piano quinquennale soprannominato Piano Complementare di Crescita Economica. In questo nuovo piano si è dato maggiore spazio all’occupazione ed all’importanza della gestione delle fonti energetiche petrolifere e del gas naturale, affidate alla compagnia di Stato Sonatrach, presieduta da Mohamed Meziane. La ricchezza di risorse energetiche algerina è immediatamente evidente ove si tenga conto che l’Algeria è il 17° Paese produttore al mondo di petrolio (le sue riserve petrolifere sono stimate in 12,2 miliardi di barili), ed il 10° Paese produttore di gas (riserve stimate di 4500 miliardi di metri cubi). Ed è proprio grazie alla gestione redditizia di tali risorse, che l’Algeria sta diventando un protagonista della politica energetica mondiale.
Il progetto GALSI e l’interesse della Regione Sardegna
Per sfruttare al meglio le sue risorse energetiche l’Algeria ha bisogno delle infrastrutture necessarie per poter vendere il proprio gas nel Vecchio Continente. E vista la lontananza sia fisica che psicologica con l’ex madrepatria francese, è l’Italia il partner principale per Algeri. Nell’Italia infatti Bouteflika ha trovato un interlocutore attento ed interessato, non solo per via del gioco di alleanze mediterraneo, ma anche per la necessità endemica dell’Italia di incrementare le proprie importazioni di gas e di diversificarle. Se infatti il partner principale di Roma, sia in termini energetici, che economici sembra essere la Russia di Putin e Medvedev, il collegamento con l’Algeria è da considerarsi strategico per l’Italia, per evitare di essere legata ad un unico fornitore, con tutti i rischi che ne conseguono. Proprio da questo ragionamento nel 2007 è nato l’accordo tra il Presidente Bouteflika e l’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi sull’estensione dei contratti di fornitura di gas algerino all’Italia.
Tra i vari accordi fu firmato anche un protocollo tra l’ex Ministro per lo Sviluppo economico Bersani e l’attuale Ministro algerino Chabik Khelil, che ha previsto la costruzione di un gasdotto in grado di trasportare il gas algerino in Italia. Si tratta del GALSI, acronimo di Gasdotto Algeria-Sardegna-Italia. L’inclusione della Regione sarda in questo trinomio è stata resa esplicita il 23 novembre 2009 a Cagliari durante il Convegno “Il Gasdotto GALSI, nuova energia per la Sardegna”. Il convegno è stato organizzato da GALSI appunto, che in questo caso è da intendersi come il consorzio incaricato di costruire il gasdotto stesso. Il consorzio, di cui è Presidente Roberto Potì ed il cui amministratore delegato è l’algerino Mohamed Yousfi, è controllata al 36% dall’algerina Sonatrach, per il 18% da Edison, per il 13% da Enel, per il 13,5% dal gruppo tedesco Wintershall, per il 9% da Hera e per il 10% dalla Sfirs, finanziaria della Regione Sardegna. Regione Sardegna che ha il problema di variare il mix energetico dell’isola, troppo squilibrato verso i prodotti petroliferi. In base ai dati forniti al Convegno citato dall’Associazione Italiana degli Economisti dell’energia (AIEE), i prodotti petroliferi costituiscono il 77% delle fonti energetiche sarde, mentre i combustibili solidi contribuiscono ad un 19% circa. Una debolezza strutturale causata dall’assenza di una rete del gas da Cagliari in su, e che comporta rischi e costi in termini di inquinamento ambientale. Se si pensa che sul restante territorio nazionale italiano il mix energetico è costituito da combustibili solidi per il 9%, da prodotti petroliferi per il 43% e dal gas naturale per il 36% si capisce subito che la Sardegna sarà la principale beneficiaria del progetto in questione.
Ne beneficerà anche la Snam ReteGas, a cui sarà affidata la costruzione del tratto italiano del GALSI, e che dovrà realizzare la diffusione capillare del gas nel territorio sardo, completamente sprovvisto di metano. I dati dell’AIEE ci dicono infatti che su 452 milioni di tonnellate di CO2 emesse in Italia circa 16 milioni provengono dalla sola Sardegna a causa proprio della eccessiva dipendenza dalle risorse petrolifere. Il gas algerino consentirebbe in un periodo di dieci anni circa (entro il 2020) di riequilibrare la bilancia energetica della Regione autonoma in base ad un 39% di combustibili solidi, 22% di prodotti petroliferi, 24% di gas e 15% di rinnovabili. Una scelta più verde, certificata anche da Legambiente, grazie soprattutto all’afflusso di gas algerino, che consentirà di far risparmiare sia le famiglie che le imprese sarde (consentendo a queste ultime di abbattere i prezzi e migliorare la competitività), di diminuire le emissioni di CO2 di 2,5 milioni di tonnellate (circa il 20% delle emissioni attuali, secondo quanto dichiarato da Potì) e degli altri inquinanti, e di creare nuova occupazione fino a 10.000 nuove unità, di cui il 60% fisso ed il 40% stagionale.
I vantaggi reciproci di Italia e Algeria
La costruzione del gasdotto, che inizierà nel 2014, prevede un tragitto di 900 km di cui 600 km offshore divisi in due parti: la prima da El-Kala, sulla costa algerina, fino a Porto Botte, a sud di Cagliari; e la seconda da Olbia fino alla toscana Piombino, dove GALSI si connetterà con la rete nazionale dei gasdotti. Il progetto costerà 3 miliardi di euro, avrà una capacità di trasporto di 8 miliardi di metri cubi l’anno e toccherà una profondità sottomarina di 2.824 metri nel Canale di Sardegna, segnando il record mondiale di profondità.
Ma a parte i dettagli tecnici, quello che più conta è il vantaggio reciproco di Italia ed Algeria. Per l’Italia si tratta di gestire milioni di metri cubi di gas, sia per soddisfare i bisogni interni di produzione energetica, sia per alleggerire il costo della bolletta per le imprese ed i consumatori sardi, che potranno sicuramente risparmiare grazie al metano. L’analisi critica di molti analisti prevede la trasformazione dell’Italia, e della Sardegna in particolare, in un crocevia importante per la gestione del flusso di gas dal Nord Africa: degli 8 miliardi di metri cubi annui che passeranno attraverso GALSI infatti, 2 saranno di competenza di Edison e di Enel ed 1 di Hera (Sonatrach ne avrà invece 3). E’ancora presto per dire se l’Italia sarà il nuovo hub fondamentale del gas dell’Unione europea nel Mediterraneo, considerato il vantaggio della Grecia in termini di vicinanza alle sorgenti di gas del Caspio, ma è certo che la costruzione di GALSI consentirà al nostro Paese di fare molti passi in avanti in questa speciale classifica, poiché consentirà di commercializzare il gas nel mercato italiano e di venderlo anche ad altri operatori all’interno del mercato europeo (si pensi soprattutto ai Paesi che si affacciano sulla sponda settentrionale del Mediterraneo).
Per l’Algeria il vantaggio è la possibilità di saggiare la redditività del mercato europeo del gas grazie ad un flusso diretto dal proprio territorio. Si tratta quindi di avere uno sbocco immediato nel ricco e promettente mercato europeo, in modo da massimizzare la posizione privilegiata di fornitore naturale di gas. Fare forza sulla propria posizione di fornitore del mercato europeo, puntando a divenire primo fornitore dei Paesi europei mediterranei. E se si seguono le indicazioni fornite dal Ministro dell’energia algerino Chabib Khelil, che ad inizio novembre ha sostenuto la necessità di creare una OPEC del gas per coordinare i principali Paesi produttori, non può che constatarsi che l’Algeria è divenuta sempre più consapevole della propria preziosa risorsa e intende sfruttarla per far decollare uno sviluppo economico che ancora tarda ad arrivare.
Conclusione
In conclusione, per l’Italia il GALSI rappresenta un’opera importante, in grado di creare un’alternativa all’approvvigionamento proveniente esclusivamente dai Paesi dell’Est e dal Mar Caspio in generale. Senza addentrarci più di tanto nei costi delle materie prime, difficilmente prevedibili nel breve ed a maggior ragione nel lungo periodo, si può senz’altro analizzare il costo di realizzazione dei vari gasdotti: il prezzo del GALSI è, come detto, di 3 miliardi di euro, circa il doppio rispetto al Trans Adriatic Pipeline (TAP, 1,5 miliardi di euro) ed il triplo dell’Interconnector Italy Greece (IGI, 1,1 miliardi di euro), ma sicuramente inferiore rispetto alle opere faraoniche del Nabucco o del South Stream, di più difficile realizzazione.
Il GALSI inoltre ha la stessa portata dell’IGI (per entrambi è prevista una capacità di 8 miliardi di metri cubi), ma inferiore al TAP (che a pieno regime trasporterà 20 miliardi di metri cubi). Con la differenza fondamentale che sia l’IGI che il TAP non partono da Paesi esportatori di gas, ma dalla Grecia, Paese di mediazione energetico che attende le sue forniture dall’instabile regione del Caucaso. Mentre il GALSI consente una fornitura diretta dal produttore all’esportatore senza passaggi obbligati. E già questo può considerarsi un vantaggio fondamentale.
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