Ecco dove investire: scuola, scuola, scuola

SCUOLA-SATTA

IL PROBLEMONE
Dal BLOG di VITO BIOLCHINI. Altro che Tuvixeddu, lo stadio o il Poetto! Ma lo sapete qual è il problema, anzi IL VERO PROBLEMA della città di Cagliari? Vediamo chi indovina!

Pubblicato il 28 febbraio 2012

Tutti si lamentano, tutti pretendono qualcosa: “Uno stadio nuovo subito!”, “Il parco di Tuvixeddu subito!”, “La metropolitana leggera subito!”, “Qualunque cosa subito!”. Le richieste alla nuova amministrazione cagliaritana di centrosinistra, guidata dal sindaco Massimo Zedda, in realtà raccontano molto di chi le avanza.
Le classi popolari sono molto affascinate dal tema stadio, come se dalla costruzione di un nuovo impianto calcistico per il Cagliari dipendessero le loro sorti economiche della città. Per una certa élite della sinistra impegnata invece esiste solo e soltanto Tuvixeddu, e più in generale l’eterna battaglia contro il cemento. Anche per le élite della destra il problema è solo il cemento, ma in senso opposto ovviamente.
Poi ci sono quelli che senza i baretti del Poetto “Cagliari non è più Cagliari”. E così via.
Per carità, non che questi non siano problemi veri e annosi: ma non lo sono fino al punto di oscurare tutto il resto. Anche io vorrei uno stadio nuovo (e lo vorrei veramente, perché la lamiera della Curva Nord è fredda è triste), ma capisco che le priorità della città sono altre; vorrei anche un bel parco a Tuvixeddu (e qui siamo tutti d’accordo) ma non valuto l’amministrazione solo da come affronta questo tema; ai baretti non ci vado ma capisco che sono importanti per tanti giovani, e comunque un anno senza baretti si può vivere tranquillamente.
Però se anch’io dovessi indicare un problema, se anch’io fossi chiamato a indicare il mio “Vorrei, subito!”, io non avrei dubbi: al cima delle mie priorità c’è la lotta alla dispersione scolastica in città.
A rilanciare l’allarme è stato un articolo pubblicato oggi su Sardegna Quotidiano, che riprende il rapporto di Save the Children secondo cui uno studente sardo su quattro viene bocciato alle superiori e “l’area di Cagliari viene considerata a rischio come quella di Napoli e Caserta”. Niente di nuovo, direte voi; appunto, ribatto io. (…)

——-continua la lettura sul BLOG di Vito Biolchini———

RISPOSTE/PROPOSTE
Ecco dove investire: scuola, scuola, scuola
di Maria Silvia Sacchi (dal suo blog 27esimaora)

La scuola va rimessa al centro della vita del Paese.

Per l’educazione e la formazione delle nuove generazioni. Per il suo essere privilegiato punto di incontro tra persone e culture. Ma anche per la capillarità delle sue strutture fisiche (i muri, per intenderci) che ne fanno una sorta di “piazza” eletta.
Il patrimonio edilizio pubblico assegnato alle scuole primarie e dell’infanzia in Italia, conta circa 32mila unità, quasi equamente suddivise fra scuola dell’infanzia (sia statale che comunale) e scuola primaria. Le scuole statali risultano assegnatarie del 93% del patrimonio edilizio complessivo, mentre la restante parte e attribuita alle scuole comunali dell’infanzia (2.315 in tutto).
A mostrarne le potenzialità anche sotto il profilo della creazione di nuovi posti di lavoro, di risparmio per le famiglie e di sviluppo di nuovi servizi sono due ricerche che arrivano da fonti diverse.
La prima è firmata da inGenere, rivista on-line di informazione, approfondimento e dibattito su questioni economiche e sociali analizzate in una prospettiva di genere. La seconda arriva, invece, da Retecamere, l’agenzia nazionale di Unioncamere e Camere di commercio.
Vale la pena di rifletterci. Soprattutto oggi che la Commissione europea ha previsto per l’Italia un calo dell’1,3% del Pil (Prodotto interno lordo, l’indicatore della ricchezza di un Paese) anziché la lievissima crescita (+0,1%) stimata lo scorso autunno.
Tornare al tempo pieno.
inGenere propone, in realtà, un vero e proprio “pink new deal”, cioè “un piano di azioni che preveda investimenti pubblici in infrastrutture sociali”, concentrandosi sulla creazione di posti di lavoro riservati a persone con meno di 35 anni”. Ma io vorrei soffermarmi in questo post solo sulla scuola, anche se vi invito a leggere tutto il numero – uscito anche in edizione cartacea come supplemento di Leggendaria – perché contiene molte angolazioni utili a capire non solo le tematiche femminili ma anche la fase di crisi economica e finanziaria in cui ci muoviamo.
Dunque, tornare al tempo pieno. Nell’ipotesi di economisti/e, sociologi/e e giornalisti/e della redazione si prevede “l’assunzione di insegnanti per il tempo pieno nelle scuole, per migliorare il livello dell’istruzione di tutti e sostenere i programmi di integrazione (ricordiamo che i figli da almeno un genitore non nato in Italia sono ormai circa il 10% dei bambini nati nel nostro Paese). Si può pensare anche a convenzioni con centri sportivi privati, per incoraggiare l’attività fisica dei bambini italiani, che nella fascia 6-9 anni registrano la maggiore percentuale di obesi tra gli 11 Paesi europei”. Ancora, la creazione di posti per bambini in età pre-scolare, “non solo per permettere ai genitori di lavorare, ma per garantire stimoli a tutti i bambini e colmare i divari di provenienza sociale che a 6 anni hanno già lasciato tracce troppo profonde”.
Queste due proposte, unite alla creazione di una rete di assistenza domiciliare qualificata per gli anziani, permetterebbe di “creare e mantenere circa 150mila buoni posti di lavoro”.
Scuole aperte 12 mesi l’anno
Tenere le scuole aperte 12 mesi all’anno, per tutto il giorno, permetterebbe di creare più di 1 milione di posti di lavoro, secondo la proposta di Retecamere, e metterebbe in moto un volume di affari complessivo di oltre 29 miliardi di euro, con oltre 31mila imprese potenzialmente coinvolgibili, soprattutto sociali, e quasi 3 miliardi di euro a disposizione delle scuole attraverso i contributi alle spese.
“Molti genitori lavoratori, soprattutto nelle grandi città, non riescono a gestire gli impegni familiari con i figli nella fascia oraria 13.00 – 19.00, cioè da dopo l’orario scolastico ordinario fino al ritorno a casa – spiega Claudio Cipollini, direttore generale di Retecamere -. Ad eccezione della fascia ad alto reddito, in tutte le altre vi è un bisogno diffuso al quale i genitori trovano rimedi (più che soluzioni) episodici, non strutturati e costosi (anche in termini di costo opportunità, come nel caso di ferie e permessi retribuiti). La classe di età dei figli nella quale si manifesta questa esigenza da parte dei genitori, va dai 2 ai 15 anni e corrisponde al periodo degli asili nido e della istruzione scolastica fino al I livello. Le strutture di assistenza all’infanzia e quelle scolastiche sia che svolgano sia che non svolgano attività pomeridiana a tempo pieno, quindi, si prestano ad essere punto di riferimento per servizi di conciliazione dei tempi di vita con quelli lavorativi dei genitori. L’idea è quella di combinare il fabbisogno di servizi per la conciliazione dei tempi di vita e dei temi di lavoro con le potenzialità sottoutilizzate delle infrastrutture scolastiche puntando a valorizzare il patrimonio immobiliare scolastico e le relazioni “fiduciarie” tra famiglie e scuole. I servizi che si ipotizzano sono sottoposti alla condizione imprescindibile di assicurare l’intrattenimento e la crescita culturale dei figli in orario extra-scolastico”.
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Il disegno in alto è tratto dal sito della Direzione didattica S.Satta di Cagliari

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