Tsipras chi?
di Maurizio Salvi, su Rocca
Con la crisi economica e finanziaria entrata ormai nel suo sesto anno, l’Unione europea (Ue) si avvicina a grandi passi alle elezioni previste nei 28 Paesi che ne fanno parte per maggio prossimo.
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Tsipras chi?
Maurizio Salvi, su Rocca
Con la crisi economica e finanziaria entrata ormai nel suo sesto anno, l’Unione europea (Ue) si avvicina a grandi passi alle elezioni previste nei 28 Paesi che ne fanno parte per maggio prossimo.
Ma è una Europa timorosa, incerta, priva degli slanci che ne hanno segnato la nascita e lo sviluppo quella che si appresta a vota- re per rinnovare il Parlamento europeo di Strasburgo. Lo dimostrano chiaramente i temi posti sul tappeto e che riguardano i rischi di crack bancari ancora persistenti, gli eccessivi deficit di bilancio degli Stati nazionali, la necessità di tagliare la spesa pubblica (quasi sempre in settori giudicati onerosi come istruzione, salute e pensioni). E poi lo spettro della disoccupazione, che colpisce la maggioranza dei giovani, specie nell’area mediterranea, e infine quello che nei sentimenti popolari sembra diventato il vero male su cui concentrare la rabbia elettorale: l’immigrazione. Un tema che è stato a lungo in prima pagina nei media europei, agitato spesso indebitamente come uno spauracchio per nascondere i guai strutturali di cui soffre l’economia del vecchio Continente. Comunque, questo complesso di fattori ha fatto suonare un campanello di allarme sulla stessa tenuta della Ue, come ha di- mostrato un recente sondaggio dell’Eurobarometro, organismo di rilevazione statistica della Commissione europea, secondo cui solo il 30% degli europei sostiene l’Unione, contro il 60% che si registrava in media prima dello scoppio della crisi.
Si deve rilevare che questo disamore verso il «sogno» europeo si accompagna secondo vari analisti ad una ascesa della destra ed in particolare dell’estrema destra che potrebbe ottenere dei risultati inediti a maggio.
Il pericolo destra
Si veda il caso emblematico della Francia dove il Fronte nazionale di Marine Le Pen, secondo un sondaggio di TNS Sofres, piace al 34% dei francesi che sono pronti a votarlo alle europee. In Francia, come in altri Paesi (fra cui Olanda, Austria e Gran Bretagna) il vento in poppa a questo trend ultraconservatore è offerto dal rigetto degli immigranti «che vengono per imporci il loro modo di fare e la loro cultura» e da un crescente nazionalismo, inteso come sistema di valori minacciati dall’arrivo degli stranieri.
I massimi dirigenti europei – dal presidente centrista della Commissione europea José Manuel Barroso al presidente socialdemo- cratico del Parlamento europeo Martin Schulz, passando per l’ex presidente del Consiglio italiano Enrico Letta – si sono detti convinti che l’estrema destra trarrà i maggiori benefici dalla crisi economica in Europa. Ma perché non dire che sono stati pro- prio i governi europei da loro sostenuti che hanno deciso di far pagare le operazioni «allegre» delle banche e le «bolle» finanzia- rie costruite con denaro virtuale alla gente comune, imponendo poi politiche di auste- rità senza precedenti nella storia del dopo- guerra? Questi governanti non hanno alzato un dito per denunciare l’utilizzazione di ricette che in passato (si veda il caso argentino) hanno fallito i loro obiettivi.
Un vento nuovo
Ma un invito a dire no all’ineluttabilità di questa situazione, a sostenere che esiste un altro cammino possibile per l’Europa è venuto in modo un po’ inatteso dalla Grecia, Cenerentola economica comunitaria. È qui che è nato e cresciuto Alexis Tsipras, un gio- vane ex dirigente studentesco, proiettato ormai nel firmamento europeo dopo aver sorprendentemente riportato un risultato eccellente nelle ultime elezioni politiche greche del 2012. Il suo partito Syriza (Sinistra radicale) è schizzato al secondo posto nei favori dell’elettorato greco dietro Nuo- va Democrazia (centro-destra di Antonis Samaras). Ed addirittura Tsipras ha, a quanto sembra, grandi possibilità, se si votasse ora in Grecia, di conquistare l’incarico di premier ad Atene.
Ma cosa dice di tanto diverso dai politici del coro questo «Sexy Alexi», come lo chiamano i suoi fan? Nato il 28 luglio 1974, tre giorni dopo la fine della dittatura dei colonnelli, è passato dalle lotte studente- sche alla militanza nella Gioventù comu- nista, prendendo parte attiva alla creazio- ne del Social Forum greco (sulla scia di quello di Porto Alegre), e partecipando a tutte le più importanti proteste e marce internazionali contro la globalizzazione neoliberale. Nelle elezioni del 2006 ha ot- tenuto l’ingresso nel consiglio comunale della capitale, preferendo l’anno successivo saltare il voto parlamentare, affrontato invece nel 2009 e poi ancora tre anni dopo. In quest’ultimo appuntamento il risultato è stato clamoroso con il sorpasso in sciol- tezza da parte di Syriza dello storico partito socialista greco (Pasok), e l’assunzione del ruolo di capo dell’opposizione par- lamentare.
Dalla Grecia all’Europa
Il salto dal palcoscenico greco a quello europeo è avvenuto lo scorso dicembre a Madrid, quando è stato incoronato candidato alla presidenza della Commissione europea con oltre l’84% dei voti dei delegati al Congresso del Partito della Sinistra europea. Una candidatura che ha accettato con entusiasmo definendola «un’opportunità storica» per la Sinistra del continente per presentare una proposta «contro coloro che hanno costruito questo modello europeo». Le sue idee sono assolutamente di rottura, che lui assicura però «non settaria», con una Europa considerata «ir- riconoscibile» perché basata ormai su di- suguaglianze crescenti fra ricchi che diventano sempre più ricchi e poveri sempre più numerosi e più poveri. E lacerata fra una Ue dei ricchi guidata dalla Germa- nia, ed una dei poveri, periferica e incaricata di diventare base di produzione di beni ad intensità di lavoro con stipendi minimi per gli addetti e scarsa protezione sociale.
«Non sono un socialdemocratico», ama ricordare Tsipras a chiunque gli chieda chiarimenti sulla sua posizione politica. Aggiungendo subito dopo però che «il dialogo e le alleanze politiche fanno parte del Dna del mio partito Syriza, come componente essenziale del reperimento di una via democratica al socialismo con libertà e democrazia». Non vi è dubbio che «l’ossessione» del giovane leader greco sia ridare dignità ad una Europa «ormai posta esclusivamente al servizio della finanza».
L’impegno programmatico preso a nome della Sinistra europea per le prossime ele- zioni europee parte dal presupposto che «il capitalismo non può essere umanizzato» e che sia necessario costituire una piattaforma, la più ampia possibile, con le forze socialiste, comuniste, ecologiste, femministe e repubblicane per «proporre un paradigma alternativo a quello neoliberista».
In questo ambito Tsipras ritiene che sia urgente «una riappropriazione pubblica di alcuni settori strategici». Da qui il pro- posito di «combattere con fermezza ogni tipo di privatizzazione», per sottolineare che «l’educazione deve essere pubblica, libera e di qualità, accessibile a tutti». E che «la sanità pubblica vada ricostruita e sviluppata, rendendola accessibile a tutti» mentre casa, acqua e energia elettri- ca, diritti umani fondamentali, devono essere gestiti pubblicamente».
Per quanto riguarda le ricette macroeconomiche, il leader greco esclude che l’uscita dall’euro possa rappresentare una solu- zione, perché «non tocca il potere dei mer- cati finanziari». Anzi essa «rischierebbe di accrescere la concorrenza fra gli Stati e di far esplodere i debiti pubblici». In alternativa Tsipras e la Sinistra europea intendono trasformare la Banca centrale euro- pea (Bce) e l’euro in strumenti di cooperazione al servizio dei popoli: «La Bce (con il ruolo di prestatore di ultima istanza) e le banche nazionali devono dunque essere sottoposte al controllo pubblico e democratico».
Positiva sarebbe, una volta per tutte, l’introduzione della Tobin Tax sulle transazioni finanziarie. Ed «una lotta senza quar- tiere ai prodotti finanziari tossici e ai paradisi fiscali». Un altro cavallo di battaglia del programma è poi la cancellazione di parte del debito insostenibile europeo ed una moratoria per i Paesi più indebitati, come peraltro si fece nel secondo dopo guerra per aiutare la Germania uscita a pezzi dal conflitto. Inoltre, dice infine, «una banca pubblica potrebbe finanziare a tasso zero la spesa pubblica degli Stati membri».
Maurizio Salvi
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