Disoccupazione giovanile: l’eterno ritorno

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di Michela Loi

 È sorprendente accorgersi che in Italia appare essere cambiato poco dal 1977 ad oggi, almeno per quanto riguarda la situazione dell’occupazione giovanile. Ho sotto mano il numero 199 – anno 2 del Tutto Quotidiano (1977) e in prima pagina appare il grande titolo “Difficoltà per l’occupazione giovanile”. L’allora Ministro Tina Anselmi riferiva al consiglio dei ministri le difficoltà legate all’attuazione della legge sull’occupazione giovanile (L. 1° giugno 1977, n.285), che prevedeva l’iscrizione dei giovani a liste di collocamento speciali alle quali il settore privato e pubblico potevano attingere godendo di opportuni sgravi (art. 9). Tra le criticità riportate dal Ministro emerge il vizio della Pubblica Amministrazione di “[...] far passare per servizi socialmente utili attività normali di istituto.” Anche allora come oggi si parlava di crisi economica e la legge era considerata Ponte per la sua potenzialità di collegare il presente al futuro. Anche allora non c’era posto di lavoro, nel settore privato, per i giovani diplomati e laureati e si concedeva che le assunzioni potessero avvenire anche per via nominativa, andando in deroga alla legge. Anche allora la preoccupazione del Ministro era che si superasse la logica dell’assistenzialismo e infatti la legge prevedeva che i datori di lavoro potessero accendere nuovi contratti di formazione solo a seguito dell’assunzione della metà dei precedenti giovani assunti con tale contratto. La dotazione finanziaria per il quadriennio prevista dalla legge era di 1060 miliardi delle vecchie lire, il 70% da destinare al sud per attività produttive, anche agricole.

Anche oggi come allora servono incentivi per rendere più appetibile l’assunzione di un giovane. Le leggi cambiano, ma la sostanza resta. Viene da chiedersi dove sia il potere della norma di innovare e di cambiare la cultura di un Paese. Lo si vede osservando il caso dell’attualissimo Master and Back, per il quale la Regione Sardegna stanzia per il solo 2012 18 milioni di euro (complessivamente insieme ad altre misure sull’alta formazione 21,5 ml di euro). Spesa giusta per dare possibilità di formazione e di esperienza professionale ai giovani sardi, ma cosa ci fa pensare che il mercato del lavoro sappia trasformare la spesa regionale in vera occupazione? L’ombra dell’assistenzialismo è ancora tra noi. Forse è ora di chiedersi e di darsi immediatamente risposta se la strada giusta sia spendere i soldi incentivando l’assunzione a tempo, anziché spendere  massicciamente per formare una nuova classe imprenditoriale e dirigenziale.

 

Legge 1° giugno 1977 n.285:

http://www.cliclavoro.gov.it/informarmi/Documents/Ldi/L.%201%20giugno%201977,%20n.%20285.pdf

Le risorse della finanziaria regionale 2012:

http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_50_20120307193214.pdf

 

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