in giro con la lampada di aladin… focus sulla lista L’Altra Europa con Tsipras
Tutti i rischi della lista Tsipras. STEFANO RODOTÀ su La Repubblica
- Il sito ufficiale della Lista L’Altra Europa con Tsipras
- Perché Tsipras è una occasione per la Sinistra europa. Francesco Martone su SEL news
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Tutti i rischi della lista Tsipras
di STEFANO RODOTÀ, su La Repubblica
06 marzo 2014
Dinamiche forti attraversano il sistema politico italiano, e lo stanno cambiando profondamente. Ma, se pure questo processo è stato accelerato dalle iniziative di Renzi, per comprenderlo bisogna andare oltre la stretta attualità, gettare lo sguardo sull’intera fase che abbiamo alle spalle.
Altrimenti si rimane prigionieri di formule ingannevoli – “Aspettiamo Renzi alla prova dei fatti”, “Se fallisce, è la fine” – che rivelano non tanto una deriva personalistica, quanto piuttosto una sfiducia nella possibilità stessa di condurre analisi politiche. E invece proprio dalla politica bisogna ripartire, registrando che siamo alla fine di un ciclo che si è dipanato attraverso l’emergenza montiana, le larghe intese e le piccole intese, senza offrire né soluzioni a breve né prospettive, sì che Renzi finisce con l’apparire come una sorta di curatore fallimentare. Il suo obiettivo è visibilmente quello di strutturare il sistema politico intorno a due poli, non due partiti, e proprio qui scatta l’impossibilità di liberarsi con una mossa tutta volontaristica dell’eredità del passato. “Padrone”, almeno nelle apparenze, di un partito che aveva conquistato senza combattere, Renzi ha poi rivolto lo sguardo dall’altra parte e, muovendo da una sottovalutazione del suo partner di governo, il Nuovo Centro Destra, si è lanciato verso la rilegittimazione di Berlusconi, impigliandosi però nei prevedibili conflitti determinati dall’affidarsi all’astuzia della “doppia maggioranza”.
Ora la nuova “intesa” intorno alla legge elettorale mostra come egli non debba solo fare i conti con i fallimenti del passato, ma pure con l’esito infelice del suo stesso azzardo. Indicata come un passaggio necessario per un chiarimento del quadro politico, la nuova fase della riforma elettorale produce, al contrario, una inquietante confusione istituzionale, destinata a sfociare in conflitti (ricatti?) incrociati, rendendo più soggetta a condizionamenti l’azione di governo e più esposta la nuova soluzione a chiari vizi di incostituzionalità. Frutto evidente di pure strumentalità partitiche, dissolve la logica, già precaria, della doppia maggioranza, spinge tanto Berlusconi quanto Alfano a perseguire le proprie convenienze, a rafforzare la propria identità, aprendo la via a conflitti inevitabilmente destinati ad influire su tempi e scelte del governo. L’apertura a Berlusconi era stata, nei fatti, una evidente sfida ad Alfano, così come la precedente apertura su lavoro e diritti civili lo era stata nei confronti di Letta. Cambiati i ruoli, mutato Renzi da sostanziale sfidante ad alleato obbligato di Alfano, quale sarà in concreto la linea della maggioranza ora rinsaldata?
Bisogna tornare, a questo punto, alla questione dei due poli, in vista dei quali è stata confezionata la nuova legge elettorale, con chiusure conservatrici a favore di chi già è insediato all’interno del sistema, introducendo così una ulteriore rigidità di cui, prigionieri di una poco riflessiva furia “riformatrice”, non sembra siano stati adeguatamente valutati tutti gli effetti. Sul versante berlusconiano, è evidente l’intenzione di costruire una coalizione nella quale sarà obbligato ad entrare tutto il pulviscolo dei gruppi e gruppetti che si agitano a destra in questo momento per dare l’impressione di una autonomia del tutto finta, poiché sanno benissimo che la nuova legge elettorale, quali che siano le soglie fissate, precluderà loro ogni possibilità di accesso al Parlamento. Si creano così le premesse per negoziati opachi, per contropartite d’ogni genere, mantenendo le condizioni che hanno in passato inquinato il nostro sistema politico e anticipando alla fase preelettorale il potere dei gruppi marginali, ma indispensabili per assicurare il successo della coalizione. Inoltre, l’alta soglia dell’8%, imposta alle liste autonome, diventa un potente disincentivo per avventure solitarie del Nuovo Centro Destra.
Diversa si presenta la situazione nel centrosinistra, dove Renzi sembra aver ripreso la logica della “vocazione maggioritaria” e, fidando sul proprio appeal, non manifesta aperture verso le diverse realtà esistenti, mostrandosi piuttosto interessato al recupero di una parte dell’elettorato del Movimento 5Stelle (strategia peraltro analoga a quella di Silvio Berlusconi). Peraltro, la sua sbrigativa rilettura di quel che oggi sarebbe la sinistra, unita ai quotidiani slittamenti ai quali lo obbliga la convivenza con gli alfaniani, ha creato condizioni propizie all’apertura di un processo che oggi, sia pure in forme ancora da chiarire, vede coinvolti Sel e il gruppo di Pippo Civati, la lista Tsipras e i parlamentari (e non solo) che si allontanano dal Movimento 5Stelle.
Sono realtà diverse, ciascuna delle quali meriterebbe una analisi specifica, ma di cui qui può essere indicato quello che appare un possibile terreno comune. Civati, con quella che non è soltanto una battuta, ha parlato di Nuovo Centro Sinistra, ponendo così un problema: è possibile un processo, tutt’altro che semplice e breve, che abbia come primo obiettivo quello di liberare il Pd dal legame pericoloso con il Nuovo Centro Destra e, in prospettiva, consenta di lavorare intorno ad una ipotesi di sinistra nuova e non velleitaria? Di questo si dovrebbe tener conto, senza rifugiarsi nelle troppo comode obiezioni “realistiche” che, negli ultimi tempi, hanno privato il centrosinistra di ogni capacità di creare le condizioni pur minime per non essere sempre succube di stati di necessità, veri o costruiti. La politica è anche, talora soprattutto, capacità di assumersi rischi, senza la quale nessuna vera innovazione è possibile. Forse è qui che il proclamato “coraggio” di Renzi dovrebbe esercitarsi pure in questa direzione. E si potrebbe anche cominciare a ragionare fuori da un’altra pesante ambiguità, l’indicazione della durata del governo fino al 2018, che sembra un artificio per tener buono Alfano. Qualora al Senato si creassero le condizioni per liberarsi da questa ingombrante tutela, si potrebbe ragionevolmente discutere di un programma limitato e di un ritorno alle urne secondo una logica politica, e non puramente strumentale, anche se ora contro questa possibilità si leva il pasticcio dell’eventuale elezione differenziata di Camera e Senato.
Ripeto. È un processo non facile, che tuttavia può permettere di avviare un cammino che faccia uscire dal deserto politico nel quale continuiamo ad aggirarci. In questa prospettiva si presenta come assai impegnativa l’iniziativa della lista Tsipras perché, in particolare, la partecipazione alle elezioni europee significherà sottoporsi ad un vero confronto pubblico. È una impresa rischiosa e, proprio per questo, vorrebbe dai suoi promotori un rigore estremo. Dal passato vengono esempi che ammoniscono sul rischio legato a logiche autoreferenziali (il fallimento nelle ultime due elezioni politiche dalla Sinistra arcobaleno e della lista Ingroia). Dal presente viene l’obbligo a riflettere su che cosa significhi, al di là del fatto simbolico, il riferimento a Tsipras e al suo partito, Syriza. Si tratta di una esperienza maturata attraverso un lavoro politico non breve e che si è consolidato grazie ad una intensa presenza sociale. Condizioni, queste, che non trovano corrispondenza nella lista italiana e nella variegata coalizione che la sostiene, che peraltro non ha dato una esaltante prova di sé proprio nella scelta delle candidature, come attestano le cronache di ieri. Per tutti quelli che vogliano andare oltre la semplice critica al governo Renzi, si apre una stagione assai impegnativa. Ma proprio con queste difficoltà bisognerà misurarsi.
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Perché Tsipras è una occasione per la Sinistra
europa
Tsipras
di Francesco Martone, su SEL news
L’Europa e la sinistra si trovano ad un bivio: veder crescere i movimenti antieuropeisti e di estrema destra nazionalista. o trovarsi in una situazione contraddittoria tra retorica “ufficiale” della crescita e rilancio dell’economia, e la pesante eredità del Fiscal Compact e delle politiche d’austerità imposte dalla Troika.
Alexis Tsipras con la sua candidatura e la proposta rivolta alle sinistre in Italia ci chiama pertanto alla responsabilità di contribuire a spostare a sinistra l’asse della discussione e della proposta programmatica, guardando all’Europa politica come parte essenziale della soluzione piuttosto che progetto da rigettare. Sinistra Ecologia Libertà si è confrontata – secondo il mandato dato dal proprio recente Congresso – con i promotori della Lista e con Tsipras in persona, per verificare le condizioni e le possibilità di una propria adesione, poi confermata dall’Assemblea nazionale del partito. Oggi ci apprestiamo ad un percorso comune con vari soggetti politici e sociali, e personalità del mondo della cultura, dei movimenti e della società civile.
Una scelta che non è in antitesi rispetto alla scelta già fatta da SEL di collocarsi nell’ambito del Socialismo Europeo chiedendo di aderire al PSE, ma piuttosto un contributo affinché si affermi in Europa una visione larga di sinistra socialista, progressista, ambientalista e federalista. Un’esortazione anche al PSE ed al suo candidato alla Presidenza della Commissione Martin Schulz affinché consolidino ulteriormente le proposte alternative e critiche verso il neoliberismo e l’austerity già presenti in buona parte nel proprio programma, riconfermate dallo stesso Schulz nel suo discorso di chiusura del Congresso del PSE a Roma. Perché ciò sia possibile, si dovrà scongiurare l’eventualità di una GrosseKoalition a livello europeo, creando cioé le condizioni per una maggioranza alternativa in Parlamento Europeo, che comprenda e trascenda le famiglie politiche tradizionali, quelle dei Verdi, del PSE e della Sinistra Europea, con le loro declinazioni in seno al Parlamento Europeo.
Uno spazio ancora tutto da definire, dove forte è il rischio che uno dei suoi potenziali abitanti, il PSE, penda verso altri orizzonti, quelli delle larghe intese. O altri verso una sinistra identitaria o puramente di testimonianza. Per chi deciderà di abitarlo saranno necessarie capacità e determinazione di mettersi in discussione, lanciare ponti, costruire relazioni e non perdere mai di vista l’obiettivo. Un obiettivo che deve essere caratterizzato da un forte messaggio per la dignità delle persone, i diritti e la giustizia sociale. Una proposta politica credibile per l’Europa dovrà infatti trarre la sua origine dalle condizioni di vita materiali delle persone, affondare le sue radici nelle contraddizioni e nella sofferenza che la crisi sta generando.
Si pensi che secondo i dati della Croce Rossa Internazionale e di Oxfam, in Europa si prevede che entro il 2020 ci saranno 150 milioni di poveri. 1 cittadino dell’Unione su 4 oggi e in situazione di povertà ed uno su otto della forza lavoro disoccupato, un lavoratore su 5 precario. Oggi la povertà minaccia circa 150 milioni di persone, pari al 24% della popolazione. Un proposta per l’AltraEuropa, per essere credibile e concreta, dovrà quindi contenere pragmatismo ed idealismo.
Il pragmatismo di impegnarsi fin da subito per l’adozione di una serie di misure immediate per contribuire a affrontare le drammatiche ricadute sociali del modello di austerità. L’idealismo di costruire un’Europa federale, solidale, ancorata sulla democrazia reale e su ideali cosmopoliti, propri dell’utopia di Altiero Spinelli degli Stati Uniti d’Europa. Un tale spazio, la “terra di mezzo”, ha senso pertanto solo se serve per praticare degli obiettivi chiari per una netta inversione di tendenza delle politiche europee, dalla critica radicale al fiscal compact, al rilancio delle politiche europee di welfare.
Si può proporre un Patto di Stabilità Sociale come chiave di volta per affrontare a breve termine gli effetti devastanti delle politiche di austerità, ed a lungo termine ricostruire un sistema istituzionale democratico di governo dell’economia. Ciò implica , oltre alla critica radicale ed al contrasto al Fiscal Compact, la richiesta forte di stanziamento di fondi per un programma europeo di sostegno di emergenza sopratutto nei settori della sanità, e verso le categorie maggiormente colpite dalla crisi, anziani, giovani e bambini, ed un reddito minimo europeo. Il finanziamento dei deficit dei governi della Eurozona andrebbe mutualizzato attraverso l’emissione di Eurobond. Per far ciò la Banca Centrale Europea dovrà diventare “prestatore di ultima istanza” e messa in grado di emettere Eurobond.
Al contempo dovranno essere adottare misure fiscali quali una “vera” tassazione sulle transazioni finanziarie ed un sistema fiscale redistributivo fondato su una “patrimoniale” su scala europea. Che servano non solo a assicurare la giustizia fiscale ma anche a finanziare politiche di welfare, e rilancio della piena e buona occupazione attraverso programmi europei di conversione ecologica dell’economia e dei sistemi produttivi, quello che viene definito “Green New Deal”. Debito finanziario e debito ecologico sono anch’essi facce della stessa medaglia, Per questo dovrebbe essere proposto con determinazione un progetto radicale di conversione del sistema produttivo, che contribuisca alla costruzione dell’Europa attraverso la promozione e tutela dei beni comuni, acqua, cibo, salute, aria, saperi e non della loro mercificazione.
Accanto alla richiesta di un pacchetto di misure immediate, per l’unione fiscale, per la separazione delle banche commerciali da quelle “speculative” si potrebbe proporre l’introduzione progressiva – nel quadro della revisione dei Trattati – di elementi di federalismo e democrazia reale nell’architettura politica, economica e finanziaria dell’Unione per ovviare a quel deficit di democrazia che rischia di far collassare definitivamente il progetto europeo. Proprio in tal senso, prioritaria sarà la proposta di rafforzamento del potere di iniziativa legislativa del Parlamento Europeo, di controllo e definizione del bilancio europeo, nonché l’introduzione di nuovi strumenti di democrazia diretta di tipo referendario che permettano ai cittadini e cittadine europee di partecipare direttamente alla definizione delle politiche europee, e recuperare quel “demos” così essenziale per il rilancio del progetto di un’altra Europa possibile.
Un’Europa che deve anche guardare al proprio esterno come attore globale responsabile, in sostegno alla pace, alla solidarietà internazionale, alla tutela dei diritti umani, al disarmo. Sono queste le ascisse e le ordinate di quella “terra di mezzo” nella quale SEL intende operare con l’obiettivo di costruire insieme assieme alle altre forze e soggetti che oggi lavorano nella lista Per un’AltraEuropa con Tsipras una “roadmap” per l’AltraEuropa. Un ipotesi di lavoro comune che possa essere, anche all’indomani delle elezioni europee, base di una collaborazione più stretta tra le varie famiglie socialiste, progressiste, ambientaliste e di sinistra europee, passando da una fase di contrasto alle politiche ordoliberiste, ed i suoi corollari “politici” (ossia larghe intese o Grosse Koalition, a maggior ragione nell’ipotesi da scongiurare che tale formula possa prender piede anche a livello europeo), ad una fase di costruzione dell’AltraEuropa. Una fase costituente, che non può e non deve essere lasciata esclusivamente nelle mani dei partiti politici europei, ma andrà condivisa con movimenti, sindacati, soggetti sociali e politici al fine di ricostruire insieme uno spazio comune di cittadinanza, diritti e dignità.
di Francesco Martone su SEL news
L’Europa e la sinistra si trovano ad un bivio: veder crescere i movimenti antieuropeisti e di estrema destra nazionalista. o trovarsi in una situazione contraddittoria tra retorica “ufficiale” della crescita e rilancio dell’economia, e la pesante eredità del Fiscal Compact e delle politiche d’austerità imposte dalla Troika.
Alexis Tsipras con la sua candidatura e la proposta rivolta alle sinistre in Italia ci chiama pertanto alla responsabilità di contribuire a spostare a sinistra l’asse della discussione e della proposta programmatica, guardando all’Europa politica come parte essenziale della soluzione piuttosto che progetto da rigettare. Sinistra Ecologia Libertà si è confrontata – secondo il mandato dato dal proprio recente Congresso – con i promotori della Lista e con Tsipras in persona, per verificare le condizioni e le possibilità di una propria adesione, poi confermata dall’Assemblea nazionale del partito. Oggi ci apprestiamo ad un percorso comune con vari soggetti politici e sociali, e personalità del mondo della cultura, dei movimenti e della società civile.
Una scelta che non è in antitesi rispetto alla scelta già fatta da SEL di collocarsi nell’ambito del Socialismo Europeo chiedendo di aderire al PSE, ma piuttosto un contributo affinché si affermi in Europa una visione larga di sinistra socialista, progressista, ambientalista e federalista. Un’esortazione anche al PSE ed al suo candidato alla Presidenza della Commissione Martin Schulz affinché consolidino ulteriormente le proposte alternative e critiche verso il neoliberismo e l’austerity già presenti in buona parte nel proprio programma, riconfermate dallo stesso Schulz nel suo discorso di chiusura del Congresso del PSE a Roma. Perché ciò sia possibile, si dovrà scongiurare l’eventualità di una GrosseKoalition a livello europeo, creando cioé le condizioni per una maggioranza alternativa in Parlamento Europeo, che comprenda e trascenda le famiglie politiche tradizionali, quelle dei Verdi, del PSE e della Sinistra Europea, con le loro declinazioni in seno al Parlamento Europeo.
Uno spazio ancora tutto da definire, dove forte è il rischio che uno dei suoi potenziali abitanti, il PSE, penda verso altri orizzonti, quelli delle larghe intese. O altri verso una sinistra identitaria o puramente di testimonianza. Per chi deciderà di abitarlo saranno necessarie capacità e determinazione di mettersi in discussione, lanciare ponti, costruire relazioni e non perdere mai di vista l’obiettivo. Un obiettivo che deve essere caratterizzato da un forte messaggio per la dignità delle persone, i diritti e la giustizia sociale. Una proposta politica credibile per l’Europa dovrà infatti trarre la sua origine dalle condizioni di vita materiali delle persone, affondare le sue radici nelle contraddizioni e nella sofferenza che la crisi sta generando.
Si pensi che secondo i dati della Croce Rossa Internazionale e di Oxfam, in Europa si prevede che entro il 2020 ci saranno 150 milioni di poveri. 1 cittadino dell’Unione su 4 oggi e in situazione di povertà ed uno su otto della forza lavoro disoccupato, un lavoratore su 5 precario. Oggi la povertà minaccia circa 150 milioni di persone, pari al 24% della popolazione. Un proposta per l’AltraEuropa, per essere credibile e concreta, dovrà quindi contenere pragmatismo ed idealismo.
Il pragmatismo di impegnarsi fin da subito per l’adozione di una serie di misure immediate per contribuire a affrontare le drammatiche ricadute sociali del modello di austerità. L’idealismo di costruire un’Europa federale, solidale, ancorata sulla democrazia reale e su ideali cosmopoliti, propri dell’utopia di Altiero Spinelli degli Stati Uniti d’Europa. Un tale spazio, la “terra di mezzo”, ha senso pertanto solo se serve per praticare degli obiettivi chiari per una netta inversione di tendenza delle politiche europee, dalla critica radicale al fiscal compact, al rilancio delle politiche europee di welfare.
Si può proporre un Patto di Stabilità Sociale come chiave di volta per affrontare a breve termine gli effetti devastanti delle politiche di austerità, ed a lungo termine ricostruire un sistema istituzionale democratico di governo dell’economia. Ciò implica , oltre alla critica radicale ed al contrasto al Fiscal Compact, la richiesta forte di stanziamento di fondi per un programma europeo di sostegno di emergenza sopratutto nei settori della sanità, e verso le categorie maggiormente colpite dalla crisi, anziani, giovani e bambini, ed un reddito minimo europeo. Il finanziamento dei deficit dei governi della Eurozona andrebbe mutualizzato attraverso l’emissione di Eurobond. Per far ciò la Banca Centrale Europea dovrà diventare “prestatore di ultima istanza” e messa in grado di emettere Eurobond.
Al contempo dovranno essere adottare misure fiscali quali una “vera” tassazione sulle transazioni finanziarie ed un sistema fiscale redistributivo fondato su una “patrimoniale” su scala europea. Che servano non solo a assicurare la giustizia fiscale ma anche a finanziare politiche di welfare, e rilancio della piena e buona occupazione attraverso programmi europei di conversione ecologica dell’economia e dei sistemi produttivi, quello che viene definito “Green New Deal”. Debito finanziario e debito ecologico sono anch’essi facce della stessa medaglia, Per questo dovrebbe essere proposto con determinazione un progetto radicale di conversione del sistema produttivo, che contribuisca alla costruzione dell’Europa attraverso la promozione e tutela dei beni comuni, acqua, cibo, salute, aria, saperi e non della loro mercificazione.
Accanto alla richiesta di un pacchetto di misure immediate, per l’unione fiscale, per la separazione delle banche commerciali da quelle “speculative” si potrebbe proporre l’introduzione progressiva – nel quadro della revisione dei Trattati – di elementi di federalismo e democrazia reale nell’architettura politica, economica e finanziaria dell’Unione per ovviare a quel deficit di democrazia che rischia di far collassare definitivamente il progetto europeo. Proprio in tal senso, prioritaria sarà la proposta di rafforzamento del potere di iniziativa legislativa del Parlamento Europeo, di controllo e definizione del bilancio europeo, nonché l’introduzione di nuovi strumenti di democrazia diretta di tipo referendario che permettano ai cittadini e cittadine europee di partecipare direttamente alla definizione delle politiche europee, e recuperare quel “demos” così essenziale per il rilancio del progetto di un’altra Europa possibile.
Un’Europa che deve anche guardare al proprio esterno come attore globale responsabile, in sostegno alla pace, alla solidarietà internazionale, alla tutela dei diritti umani, al disarmo. Sono queste le ascisse e le ordinate di quella “terra di mezzo” nella quale SEL intende operare con l’obiettivo di costruire insieme assieme alle altre forze e soggetti che oggi lavorano nella lista Per un’AltraEuropa con Tsipras una “roadmap” per l’AltraEuropa. Un ipotesi di lavoro comune che possa essere, anche all’indomani delle elezioni europee, base di una collaborazione più stretta tra le varie famiglie socialiste, progressiste, ambientaliste e di sinistra europee, passando da una fase di contrasto alle politiche ordoliberiste, ed i suoi corollari “politici” (ossia larghe intese o Grosse Koalition, a maggior ragione nell’ipotesi da scongiurare che tale formula possa prender piede anche a livello europeo), ad una fase di costruzione dell’AltraEuropa. Una fase costituente, che non può e non deve essere lasciata esclusivamente nelle mani dei partiti politici europei, ma andrà condivisa con movimenti, sindacati, soggetti sociali e politici al fine di ricostruire insieme uno spazio comune di cittadinanza, diritti e dignità.
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