elettorando, in giro domenica 16 febbraio con la lampada di aladin…

aladin-lampada-di-aladinews312Mandiamo via gli avvelenatori della vita pubblica e dell’ambiente
Articolo pubblicato il 16 febbraio 2014 da G.M.B. su SardiniaPost
Oggi elezioni-truffa: dovere civico votare o resistere?
di Andrea Pubusa, su Democraziaoggi, 16 Febbraio 2014
La Sardegna al voto, tra Mario Melis e Matteo Renzi
VITOBIOLCHINI 16 febbraio 2014, di Vito Biolchini

SardiniaPost loghettpMandiamo via gli avvelenatori della vita pubblica e dell’ambiente
Articolo pubblicato il 16 febbraio 2014 da G.M.B. su SardiniaPost

Mandiamoli via. E ognuno di noi (di quanti sanno che le istituzioni pubbliche e le loro scelte incidono sulla vita quotidiana e sul futuro dei figli) usi questa giornata non solo per votare, ma per convincere quante più persone a farlo.

Facciamo la fatica di spiegare che non è vero che “sono tutti uguali”. Non sempre è facile, perché c’è chi ha fatto il possibile per annullare le differenze. Ma, nonostante tutto, le differenze rimangono. E sono decisive.

Mandiamo via Ugo Cappellacci e il gruppo di potere che lo sostiene. In questo caso le ideologie, le posizioni politiche, sono quasi secondarie. C’è semplicemente da ripristinare le regole ordinarie della buona amministrazione. Togliere il denaro pubblico dalla mani di chi l’ha utilizzato soprattutto per consolidare il potere proprio e dei propri amici, che ha intrattenuto rapporti con personaggi quali Flavio Carboni, che ha nel suo passato ruoli dirigenti nell’azienda che ha avvelenato il territorio di Furtei, che ha chiuso la legislatura approvando il nuovo piano paesaggistico in assenza del parere degli esperti sugli effetti che esso avrà sull’ambiente.

E’ un problema che viene molto prima della politica. E che ha a che fare col decoro delle istituzioni. Non è un caso che un uomo delle istituzioni come il prefetto Antonio Pitea, eletto col centrodestra, sostenga oggi il centrosinistra. E che la presidente del consiglio regionale Claudia Lombardo, che è di Forza Italia, abbia annunciato che non voterà per Cappellacci.

La Sardegna non può essere governata per altri cinque anni da un gruppo di potere che ha annullato tutti i criteri di merito e di competenza. Da un uomo che è giunto a nominare un sodale politico privo di qualunque requisito alla guida della Carbosulcis – salvo poi fare marcia indietro davanti alle reazioni indignate della sua stessa parte politica – e che, nella speranza di rendersi visibile, si è fatto trattare come un burattino dal Silvio Berlusconi.

Il quale, nell’occasione, ha lanciato l’ennesima promessa: 20 milioni di turisti in arrivo. Cinque anni fa aveva fatto finta di telefonare a Vladimir Putin per risolvere la crisi dell’Euroallumina. Da allora la cassa integrazione in deroga è cresciuta del 500 per cento (il doppio che nel Mezzogiorno), i promessi 100.000 nuovi posti di lavoro sono diventati 80mila in meno e abbiamo raggiunto il record nazionale della dispersione scolastica.

Comprendiamo i dubbi e anche il disgusto di decine di migliaia di elettori sardi. La tentazione di restare a casa. Ma qua si tratta di ripristinare le regole della convivenza civile. Si tratta di fare in modo che i soldi pubblici non vengano buttati al vento per fare regali agli amici editori, agli amici assessori, o semplicemente agli amici.

Mandiamoli via. E convinciamo i delusi e gli scontenti a votare.

La cosa che più temono i detentori dei ‘pacchetti di voti’ è la partecipazione. Perché sanno che i loro sostenitori sicuramente voteranno. Li controllano uno per uno. E meno sono gli elettori, più quei voti comprati valgono.

Ci sarà tempo per regolare i conti con quanti hanno tradito il loro ruolo. Con quanti hanno finto di opporsi ma sono stati conniventi. Questa battaglia comincerà domani, comincerà subito. Ma la condizione perché possa cominciare è che intanto vada via chi ha minato le basi del sistema, le fondamenta della casa di noi tutti.

Mandiamoli via prima che siano loro a cacciar via tutti noi dalla speranza di una vita migliore.

Ci vuole l’impegno di tutti. Ognuno prenda per mano un amico o un parente e lo convinca a presentarsi alle urne. Lo scuota dalla rassegnazione e dalle frustrazione. La scelta non manca. Il voto disgiunto consente di determinare il cambiamento senza tradire le proprie convinzioni. Ci vuole lucidità e determinazione. Ogni voto è prezioso. Ognuno faccia la sua parte.
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democraziaoggi loghettoOggi elezioni-truffa: dovere civico votare o resistere?
16 Febbraio 2014, su Democraziaoggi
di Andrea Pubusa

Oggi in Sardegna si svolgono le elezioni regionali. Solitamente, si va a votare. E’ un dovere civico. Oggi però la questione è più complicata. Siamo chiamati a partecipare ad elezioni truccate. Sissignori, truccate, perché regolate da una legge truffa. E’ la legge regionale votata nel giugno scorso da PD e PDL, con la finalità manifesta di ammazzare le minoranze vere, quelle che danno fastidio, le opposizioni ai due partiti più grandi, e ad ammettere solo le minoranze acare, quelle che dicono di essere diverse, ma non lo sono e si riparano, cercando di grattare un seggio, sotto l’ala protettiva dei partiti maggiori. Su questo ho già detto prima e dopo l’approvazione della legge e non mi ripeto. Aspetto solo che quallcuno mi dia la possibilità di portarla alla Consulta per farla a pezzi com’è stato per il porcellum.
La prima questione è dunque questa. E’ meglio partecipare ad lezioni col trucco, concorrere all’elezione di un Consiglio regionale formato in frode alla Costituzione o resistere a questa parvenza di democrazia? Il diritto di voto è sacrosanto, ma lo è anche il diritto di resistenza, ossia il diritto di opporsi in tutti i modi al potere illegittimo. Partecipando al voto, scegliamo chi ci piace di più o ci dispiace di meno, ma legittimiamo questo legge in frode alla democrazia e rafforziamo i loro autori. Se resistiamo e non votiamo prendiamo le distanze da questa porcata in odio alla democrazia e mandiamo un segnale di svolta: torniamo alla Costituzione, restauriamo la democrazia con leggi elettorali legittime e misurate, senza premi di maggioranza che frantumano l’eguaglianza del voto. Sistemi che bilancino ragionevolmente la rappresentanza della maggioranza e quella delle opposizioni, sul presupposto che, comunque e sempre, l’opposizione e le minoranze sono il sale della democrazia.
Si può obiettare, ma il diritto di resistenza oggi, ossia l’astensione, favorisce Cappellacci. Chi la pensa così deve votare Pigliaru senza dubbio. Fra Pigliaru e Cappellacci non c’è partita. Una comparazione è improponibile. Il primo è una persona per bene, autorevole economista, di formazione democratica. Il secondo è un plurindagato e incapace, come attesta la sua quinquennale guida della Regione. Chi ritiene invece che la vera alternativa sia la Murgia, deve votare Sardegna possibile senza lasciarsi fuorviare dalla rozza e fallace campagna sul voto utile. E deve votare la Murgia anche chi ritiene che, in fondo, fra PD e PDL (ora FI) non ci sia grande differenza, visti anche i patti nazionali fra Renzi e B. e prima fra Letta e B., auspice, nell’uno e nell’altro caso, Napolitano.
Ma chi, ritenendo tutto questo, non vuol votare neppure la Murgia perché indipendentista? O perché tutte le liste, compresa la sua, sono infarcite di indagati?Anziché il diritto di voto, può esercitare il diritto di resistenza, che ha pari dignità e fondamento costituzionale. Il primo si esercita in situazioni normali, il secondo in situazioni estreme, in momenti di violazione manifesta del quadro costituzionale e democratico.
Torniamo dunque da dove siamo partiti. Tutto dipende dalla lettura che diamo della situazione: chi ritiene normale votare con una legge anticostituzionale, cucinata dai due partiti maggiori per violare l’uguaglianza del voto e far fuori le minoranze vere, eserciti il voto, turandosi o meno il naso. Chi invece ritenga sia un atto di complicità e adesione partecipare ad elezioni truccate e illegittime perché fondate su una legge elettorale anticostituzionale, può (anzi deve) esercitare il diritto di resistenza. E’ dovere civico l’uno e l’altro. Col voto si dà un segnale di accettazione, con l’astensione un segnale di opposizione ferma alle porcate antidemocratiche bipartisan. Buona domenica, brava gente.

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Vito Biolchin occhialiniiLa Sardegna al voto, tra Mario Melis e Matteo Renzi
VITOBIOLCHINI 16 febbraio 2014, di Vito Biolchini

Finalmente si vota. Non se ne poteva più di questa campagna elettorale, soprattutto l’ultima settimana è stata penosa, ricca solo di polemiche e poverissima di contenuti. Ora ognuno farà le sue scelte e tutti assieme attenderemo l’esito delle urne, che arriverà domani.

Credere nella democrazia vuol dire avere fiducia nella capacità di una comunità di prendere collettivamente la decisione migliore per il proprio futuro. Il risultato che uscirà dalle urne dovrà dunque essere rispettato da tutti.

Dobbiamo rispettare anche chi oggi non andrà a votare. Per la prima volta l’astensione assume una valenza politica e non è sinonimo di disimpegno ottuso, di lontananza dai destini di una comunità. Per troppi anni la politica ha promesso e non ha mantenuto, troppe sono state le delusioni. Molti tra coloro che oggi non andranno ai seggi hanno maturato questa scelta perché realmente disorientati, impossibilitati a prendere una decisione pienamente consapevole: dobbiamo rispettarli.

E dobbiamo resistere anche alla tentazione di ragionare col “senno del poi”. Ogni voto in realtà è una scommessa, quasi un azzardo direi, e ognuno sceglie seguendo la ragione ma anche l’istinto (c’è un fortissimo elemento emotivo in ogni croce sulla scheda) e soprattutto vota mettendo a frutto le informazioni di cui dispone. Ogni voto è purtroppo (o per fortuna) è quasi una cambiale in bianco data al candidato che scegliamo e ai partiti. Che poi ne fanno quello che vogliono, e spesso disattendono le nostre attese. Ma prendere una decisione, votare, è giusto.

Comunque vada a finire, da domani lo scenario politico sardo non sarà più lo stesso. Nuove forze si stanno proponendo all’attenzione della società e quelle vecchie sono chiamate a rinnovarsi profondamente se non vogliono correre il rischio di sparire. Le elezioni di oggi sono solo il primo passo verso la costruzione di una politica sarda nuova di cui tutti ormai sentiamo il bisogno.

C’è un grande lavoro da fare. La gente si chiede: “Perché la politica non esprime più valori e idealità?”. Perché è passata dall’essere un luogo di elaborazione collettiva ad uno in cui si selezionano le singole individualità, ad uso e consumo della battaglia elettorale. Solo le organizzazioni creano senso: invece oggi i partiti sono debolissimi, quasi inesistenti come spazio di pensiero e servono solamente a spartire il potere (cosa peraltro necessaria ma non sufficiente per dare senso ad un partito). Ergo, bisogna creare nuovi partiti e nuove forme di organizzazione politica, bisogna pensare un modo per migliorare la partecipazione alla politica anche di soggetti che ora non sono pienamente riconosciuti quali portatori di interessi reali: non c’è alternativa. Dai risultati di domani capiremo chi tra le forze in campo è già a buon punto su questa strada.

Poi c’è l’Italia. Uno strano caso del destino ha voluto che l’elezione del presidente della Regione Sardegna coincidesse con l’incarico al nuovo presidente del consiglio, Matteo Renzi. Per noi sarà un vantaggio, perché ci sarà la possibilità di far ripartire da zero un rapporto che dovrà essere giocoforza conflittuale. Il prossimo presidente della Regione, chiunque esso sarà, avrà infatti nel governo nazionale non un alleato ma una vera controparte.

Il nuovo presidente della Regione dovrà far pesare in maniera decisa le richieste della Sardegna e pretendere che siano riconosciute nel nuovo programma di governo di Renzi. Se così non sarà, la storia della prossima legislatura sarà identica a quella che si è appena conclusa, segnata dall’incapacità del centrodestra isolano di essere ascoltato da Berlusconi anche per la soluzione di problemi evidenti come quello dei trasporti o della crisi dell’industria.

La regola da seguire è molto semplice e la fissò il leader sardista Mario Melis che nel 1981 disse:

“L’italianità dei sardi si misura entro i limiti della sardità degli italiani”.

Ecco, sarebbe bello che domani il nostro presidente eletto mandasse un telegramma a Renzi con questa frase.

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