La vecchia classe dirigente è un freno per la crescita

Sardegna-bomeluzo22
Riproponiamo un articolo di Aldo Berlinguer (insegna nell’Università della Sardegna – Università di Cagliari), apparso su L’Unione Sarda del 13 settembre 2013, che avevamo condiviso e che rimane di immutata validità. In questa sede ci interessano soprattutto le considerazioni sulla situazione sarda e ancora la riproposizione di alcuni interrogativi, che dovrebbero essere tra gli argomenti principi del dibattito elettorale [i neretti sono nostri]. Non sappiamo che consistenza abbiano le voci di Aldo Berlinguer come possibile candidato del centro sinistra alla presidenza della nostra regione. Sappiamo che da alcuni giorni è stato nominato assessore all’ambiente della regione Basilicata. Certo è che sarebbe un buon nome da spendere anche per la nostra regione, non necessariamente nel ruolo principale, per il quale peraltro sembra possedere titoli adeguati, ma anche per altri possibili impieghi al servizio della nostra comunità. Vedremo! (f.m.).
I problemi comuni di Italia e Sardegna.
La vecchia classe dirigente è un freno per la crescita.

di Aldo Berlinguer
Cresce la spesa pubblica, cresce il peso, ormai schiacciante, della burocrazia, regna l’instabilità politica, con il Governo, e il Paese, appesi al filo di contese tra partiti, a loro volta ostaggio di vicende personali dei loro leader.
Non si placano neppure le reazioni provocate dalla pubblicazione dell’indice di competitività regionale 2013 della commissione Ue, dal quale l’Italia esce malissimo: 18^ in Europa; la Lombardia al 128° posto, l’Emilia e il Veneto rispettivamente al 141° e al 158°, la Sardegna al 222°.
Eppure Regioni come la Lombardia continuano a primeggiare in vari indicatori. Prima in assoluto per valore aggiunto nell’industria, seconda dopo l’Île-de-France per valore aggiunto totale, commercio, trasporti e turismo, terza per agricoltura ma anche per finanza e servizi alle imprese. Anche Veneto ed Emilia mostrano buone performances e il Pil pro capite è tra i più alti in Europa.
Ma allora perché una simile débâcle? I dati peggiori vengono dalla stabilità macroeconomica (che comprende il debito pubblico), dotazione infrastrutturale, istruzione di base, superiore e lifelong learning, innovazione. Ma ciò che più colpisce è la qualità delle istituzioni, la corruzione, il rispetto delle regole e l’ordine pubblico, le capacità di governo, la trasparenza ed efficacia dei sistemi elettorali, la libertà di informazione. Qui, è tutto il sistema Italia a crollare, 24^, avanti solo a Romania, Ungheria, Bulgaria e Grecia. La Sardegna, con tutto il mezzogiorno, è tra le ultime regioni della Ue: 227^ su 262, dietro solo alcune regioni dell’est Europa. Pessimi anche i dati sardi sull’istruzione superiore (222^), sulle infrastrutture (231^), sull’efficienza del mercato del lavoro (230^), sull’innovazione (230^).
Insomma, analisi impietosa anzitutto per un dato: le nostre istituzioni, le classi dirigenti, non rappresentano uno strumento inadeguato a fronteggiare la crisi. Anzi, risultano essere una concausa della crisi e rappresentano un handicap formidabile per la ripresa.
Del resto, nulla di nuovo: basti leggere il settimo rapporto “Luiss 2013: generare classe dirigente” e si rimane impietriti. I dati di fondo sono peggiorati rispetto a quelli, già impietosi, del 2007. Abbiamo una prima fila di ultrasessantacinquenni, scarsamente scolarizzata, che si perpetua impedendo ogni forma di ricambio. Per oltre l’88% sono uomini, con scarsissime esperienze estere e con una bassa conoscenza di lingue straniere. Spesso il loro successo si deve più alle conoscenze che alla conoscenza. E ovunque, nel pubblico e nel privato, il leitmotiv è autoreferenzialità. Nel caso della rappresentanza politico-istituzionale vince più il Palazzo che non il Paese, più le logiche interne di riposizionamento dei partiti che non le politiche destinate a governare il Paese reale, più le parole che non i fatti. In quello della rappresentanza dell’economia e del sociale, vince il silenzio rispetto alla proposta, l’attesa rispetto all’iniziativa.
Se poi parliamo di Regioni, come la Sardegna, ove la quota maggioritaria del Pil è pubblica e l’impresa vive una condizione di subalternità, talvolta parassitaria, è chiaro che la rappresentanza degli interessi privilegia una logica di government (della classe politica) rispetto a una logica di governance (della rappresentanza economica).
Risultato: l’economia è al contempo assistita e sedata dalle scelte pubbliche. E ciò genera impoverimento economico, sociale e culturale. Si disseminano fedeltà, servilismo e assistenzialismo, piuttosto che una sana cultura di impresa e del lavoro.
Non è un caso che, nel 2000, l’Italia era 28°, al mondo, nell’indice di libertà economica, 34° nel 2006, 74° nel 2008, 83° nel 2013 (dietro a Montenegro, Khazakistan, Sri Lanka), con dati sconfortanti in corruzione e spesa pubblica.
Negli auspici, l’Italia dovrebbe divenire una delle economie fondate sulla conoscenza (Knowledge economy) più competitive al mondo. Nel frattempo, i dati sulla fuga dei cervelli in Italia (brain drain) peggiorano ogni ora. Gli italiani tra i 20 e i 40 anni residenti all’estero (dati Aire) sono aumentati di 316 mila unità tra il 2000 e il 2010, con oltre 30 mila espatri l’anno.
Ma allora, quali nuove, inedite proposte intendono assumere i partiti per fronteggiare la crisi? Quanti laureati e quali professionalità verranno candidate alle prossime elezioni regionali? Migrati i cervelli, chi governerà l’economia della conoscenza? Sono domande alle quali sarebbe imprescindibile dare una risposta.

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(Da L’Unione Sarda di venerdì 13 settembre 2013)
I problemi comuni di Italia e Sardegna.
La vecchia classe dirigente è un freno per la crescita.
di Aldo Berlinguer

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valentina foto di repertorio
Buon 2014 ! I migliori auguri per la Sardegna e per i sardi. Forza paris nei suoi significati di forza insieme e forza uguali!

di Franco Meloni
PENSIERO CREATIVO PER IL FUTURO GOVERNO DELLA SARDEGNA
Attilio Mastino, presidente
Salvatore Cubeddu, vice presidente
Giuseppe Pulina/ Sandro Dettori, agricoltura
Michela Murgia/ Vito Biolchini/ Nicolò Migheli, cultura e sport
Gianni Loy/ Piera Loi/ Salvatore Melis, lavoro
Aldo Berlinguer/ Tore Cherchi, economia e bilancio
Alessandro Bianchi/ Cristiano Erriu, urbanistica e enti locali
Maria Del Zompo/ Ettore Cannavera, salute e assistenza
Massimo Dadea/ Antioco Gregu/ Bustianu Cumpostu lavori pubblici
Gianfranco Bottazzi/ Andrea Murgia, industria,
Paolo Maninchedda/ Gianfranco Fancello, trasporti
Aide Esu/ Francesco Soddu, turismo
Vanni Tola/ Vincenzo Migaleddu, ambiente
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E’ una provocazione? E’ una proposta? Come volete. Il mio intento è solo affermare che nel centro sinistra e nei raggruppamenti indipendentisti e sovranisti ci sono persone di grande capacità, affidabili e prive di coinvolgimenti giudiziari. Ne elenco solo alcune, prese dentro le variegate componenti di quell’area e avuto naturale riguardo alla rappresentanza di genere, generazionale e alla provenienza sociale e territoriale. Non guardate troppo alle assenze. Qualcuno potrebbe giustamente dolersi di non esserci. Si può fare di meglio? Certamente. E poi c’è da lavorare per tutti, per tutti gli uomini di buona volontà che vogliono mettere a disposizione scienza e impegno per la Sardegna, costruendo fiducia e alleanze tra generazioni. Solo come appunto (punta ‘e billettu) ricordo che c’è da costruire buone teorie su come sviluppare l’economia, in sintonia con l’impegno planetario, al riguardo seguendo sollecitazioni di varie provenienze, tra le quali mi piace richiamare quelle di papa Francesco. Tornando alla situazione sarda e alla contingenza politica, si potrebbe anche obiettare che ci sono persone rispettabili e competenti anche nel centro destra. Vero. Ma ritengo che il compito di governare la Sardegna spetti oggi al centro sinistra, dopo cinque anni di autentico disastro delle giunte Cappellacci. E’ possibile che il medesimo giudizio sia condiviso dalla maggioranza degli elettori sardi e che dunque il centro sinistra vinca le elezioni e riesca a portare al governo della Regione quanto di meglio dei figli della Sardegna? E’ possibile. Io lo credo. La condizione è che tutte le componenti di quest’area trovino un programma condiviso, una candidatura comune per un presidente che rappresenti tutti e che tutti rispetti, senza illusioni leaderistiche. Ci vuole responsabilità nei confronti della Sardegna e dei sardi, pensando soprattutto alle giovani generazioni, e consapevolezza che si vince insieme. Forza paris dunque, nei suoi significati di forza insieme e forza uguali! E’ il migliore augurio che possiamo farci. Per quanto possiamo, anche dalle pagine di questa nostra news contribuiamo a questo scopo, nella via pratica indicataci da Gramsci del pessimismo della ragione e dell’ottimismo della volontà.
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GramsciPessimismo della ragione, ma ottimismo della volontà.
La foto di Valentina vuole rappresentare proprio questo bellissimo concetto del nostro conterraneo Antonio Gramsci
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vanitasvanitatemLa Sardegna senza Sardi?
Demografia e sviluppo nel prossimo futuro

di Vanni Tola
“La Sardegna senza Sardi?”. Era questo il titolo di un convegno svoltosi a Sassari nei giorni scorsi. Un importante momento di discussione che ha stimolato ulteriori riflessioni nel merito di un problema poco esaminato: l’evoluzione demografica della Sardegna. Da decenni nell’isola si registra un incremento demografico negativo. In altri termini, il numero dei nuovi nati e degli immigrati è notevolmente inferiore a quello degli emigrati e dei deceduti. Gli studiosi di fenomeni demografici, elaborando dati reali (censimenti Istat in particolare), hanno indagato sul fenomeno e formulato delle previsioni prefigurando scenari futuri e realizzando ipotesi di evoluzione dell’andamento demografico fondate e attendibili. La considerazione che deriva dalla sintesi di tali elaborazioni è che la Sardegna rischia nei prossimi decenni un’implosione demografica. Una situazione che potrebbe essere caratterizzata da una consistente riduzione del numero dei sardi (alcuni parlano di 300-400 mila unità in meno, ed è l’ipotesi meno pessimistica), dalla scomparsa di centinaia di comuni minori, da un costante invecchiamento della popolazione attiva e da un insufficiente inserimento di intelligenze giovanili nel sistema Sardegna. Ipotesi preoccupanti, difficili da accettare perché pongono in discussione certezze consolidate. La millenaria civiltà isolana messa in crisi dal fenomeno delle “culle vuote”? Eppure è cosi. L’indice di natalità dell’isola è notevolmente inferiore, circa la metà, di quello che sarebbe necessario per mantenere costante la popolazione. L’indice dell’incremento demografico è negativo ormai da decenni in quasi tutta la Sardegna con l’unica eccezione di alcune limitate aree costiere (della Gallura, del Cagliaritano e del Sassarese). Centinaia di paesi potrebbero scomparire per mancanza di abitanti già dai prossimi decenni. La programmazione economica della Sardegna, i programmi di sviluppo, le strategie delle forze politiche impegnate nell’ennesima tornata elettorale, non possono più ignorare il problema, devono anzi considerarlo il punto di riferimento per qualunque nuova ipotesi riguardante lo sviluppo dell’isola. Alcuni esempi. Non ha più senso oggi, per la maggior parte delle amministrazioni comunali, predisporre piani urbanistici di sviluppo considerato che si va incontro a importanti decrementi della popolazione. Allo stesso modo occorre rivedere la progettazione e il ridimensionamento di una serie di servizi pubblici (in primo luogo sanità, edifici scolastici e altri) con riferimento alle previsioni di spopolamento delle aree amministrate. Naturalmente le previsioni demografiche sono appunto delle previsioni, non sono realizzate con la speranza che si concretizzino ma soprattutto per consentire la possibilità di intervenire in modo adeguato per governare le dinamiche in atto. Già alcuni studiosi propongono una lettura meno pessimistica degli scenari di decremento della popolazione, qualcuno formula perfino l’ipotesi che il decremento della popolazione possa perfino rappresentare una opportunità per determinare migliori condizioni di vita per i Sardi “residui”. Altri propongono di esaminare la possibilità di invertire le tendenze demografiche registrate e prevedibili per il futuro prossimo. Una proposta molto interessante e innovativa e che farà certamente discutere è quella avanzata dal prof. Pulina direttore del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari. Partendo dalla considerazione che in Sardegna si registrano tassi di natalità che sono tra i più bassi al mondo e che i giovani continuano a emigrare, Pulina propone di attivare interventi concreti ed efficaci per invertire la tendenza ad un significativo spopolamento della Sardegna e delle zone interne in particolare. La principale attività dell’isola, l’agro-pastorizia, stante l’attuale andamento demografico tende a diventare nei prossimi decenni una attività praticata quasi esclusivamente da lavoratori anziani, e perfino a essere fortemente ridimensionata nel suo ruolo e nelle sue potenzialità economiche. La soluzione indicata è quella di programmare, per i prossimi dieci anni, l’accoglienza di quindicimila coppie di immigrati, un vero e proprio progetto di ripopolamento o se preferite di riantropizzazione di vaste aree dell’isola come è avvenuto in altre parti del mondo, per esempio in Argentina e Australia. Un progetto che non deve essere inteso esclusivamente in termini di trasferimento di forza lavoro bensì come progetto di inclusione di persone nella nostra realtà garantendo loro progetti di vita validi e accettabili a cominciare dal diritto di cittadinanza per i loro figli. La realizzabilità di tale progetto potrebbe essere favorita da finanziamenti europei già disponibili, ad esempio le risorse del programma Horizon 20.20 per le politiche di integrazione. Milioni di euro che potranno essere spesi dal 2014, se si avrà il coraggio, la capacità e la lungimiranza di predisporre adeguate programmazioni. La Sardegna potrebbe essere la prima realtà europea a realizzare un piano di questo tipo. L’isola si candiderebbe così a diventare un’area geografica di accoglienza e gestione programmata di flussi migratori che potrebbero, a loro volta, concorrere a rivitalizzare una società tendenzialmente minacciata di estinzione o comunque di un drastico ridimensionamento del proprio ruolo nel mondo. Ancora una volta la discussione, il confronto, lo studio di ipotesi di sviluppo valide e alternative alle logiche e alle scelte del passato ci pone drammaticamente di fronte alla necessità di compiere uno sforzo straordinario di elaborazione politica, di crescita culturale, di formulazione di strategie economiche alternative con le quali ci dovremo misurare. Saremo in grado di farlo?
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VT Van Gogh Il seminatore Vanni Tola

One Response to La vecchia classe dirigente è un freno per la crescita

  1. […] PARIS. Il pistolotto insieme ai nostri Auguri. (…) Ci vuole responsabilità nei confronti della Sardegna e dei sardi, pensando soprattutto alle […]

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