in giro con la lampada di aladin…
(Da SardiniaPost) Regionali: Cappellacci entra nel gruppo misto: niente firme per i movimenti Zona Franca
LA MOSSA FALSA (E ILLEGITTIMA) DEL PRESIDENTE IN CARICA NONCHE’ CANDIDATO UGO CAPPELLACCI
la smaschera Carlo Mannoni
ATTENZIONE, NON E’SOLO QUESTIONE DI FORMA
A comizi elettorali da lui stesso convocati il presidente della Regione – per tale aspetto al di sopra delle parti in quanto garante del corretto svolgersi della competizione elettorale – dovrebbe astenersi da qualsiasi atto, anche nella funzione di consigliere regionale, che possa determinare un vantaggio indebito per questo o quel gruppo politico che per norma regionale dovrà raccogliere le firme per la presentazione delle proprie liste.
Cappellacci – che non è garante neanche di se stesso – con questo atto tradisce la sua funzione di garanzia agevolando un gruppo politico, quello della Randaccio Zona franca, che nelle prossime elezioni sarà collegato alla lsta di Cappellacci.
ATTENZIONE, NON E’SOLO QUESTIONE DI FORMA MA DI SOSTANZA. UN RICORSO AGLI ORGANI DI GIURISDIZIONE PREPOSTI POTREBBE NVALIDARE, A MIO AVVISO, QUESTA TETRA OPERAZIONE ARCHITETTATA E MESSA IN CAMPO DA CAPPELLACCI
——————————————————–
Apriamo le finestre: c’è bisogno di aria nuova.
Cappellacci? Pensavamo si dimettesse perché indagato, invece ironizza in maniera puerile
di ATTILIO MASTINO*
(segue)
Il sofferto ritiro dalla competizione elettorale di Francesca Barracciu, alla quale auguro di uscire al più presto a testa alta dalla spiacevole vicenda che l’ha coinvolta, fa emergere alcuni elementi positivi, pur nella sua drammaticità: la generosità della persona che continua a rappresentare una risorsa, l’attenzione per la questione morale che diventa bandiera impugnata con orgoglio, la determinazione a voler mantenere una forte convergenza tra il mondo cattolico, quello socialista e quello progressista, in un pacchetto elettorale che combatta quella frammentazione del centrosinistra che non può che causare sciagure alla nostra isola. Mentre ad Oristano si svolgeva un prezioso confronto interno al Pd a valle delle primarie, pensavamo tutti che il presidente Cappellacci si dimettesse anch’egli da candidato governatore in quanto indagato. E invece, nel silenzio generale, ha con un colpo di mano anticipato di due settimane la scadenza elettorale, dopo aver annunciato di voler concordare una data con i suoi avversari. In più, si è spinto fino ad ironizzare pesantemente sul prossimo candidato governatore del centro sinistra con toni inutilmente puerili («sarà Topo Gigio»). Un osservatore distaccato quale mi ritengo (pur essendo chiamato in causa in questi giorni, a mia insaputa, da diversi organi di stampa) non può non reagire con sdegno a tali provocazioni, che tendono a perpetuare un potere grazie ai meriti che il presidente della Regione uscente ha acquisito davanti a chi l’ha scelto. Ma mi chiedo: è possibile che la classe dirigente del Pd rimanga paralizzata proprio nel momento in cui la Sardegna ha un disperato bisogno di politiche progressiste? C’è un solo sardo che pensa oggi di poter dare il suo voto a un partito conservatore ? Che cosa si vuole conservare in Sardegna? Si vuole conservare la crisi, la disoccupazione giovanile, l’emigrazione, lo smantellamento del sistema industriale, la fila indegna davanti alla Caritas ? Gli ultimi dati della Banca d’Italia “raccontano” a che livello è la condizione di povertà, testimoniata dal basso reddito degli under 25, del precariato, dal disagio sociale, dalla crisi del mercato del lavoro, dalla situazione finanziaria delle imprese, dal crollo dell’export, dalla riduzione del credito, dalla scarsa efficienza dei servizi pubblici e in particolare dei servizi sanitari. Mentre restano sul tappeto i cruciali temi dell’inquinamento e degli investimenti speculativi, le mancate bonifiche a Porto Torres e nel Sulcis, il degrado dell’ambiente, il dissesto idrogeologico del territorio, le minacce al patrimonio archeologico. Il Parco geominerario in crisi: in qualunque parte del mondo le aree minerarie dismesse sono un valore aggiunto. E poi le politiche dei Parchi ferme a vent’anni fa. Infine il tema dell’insularità e dell’isolamento, lo spopolamento inarrestabile delle aree interne, una catena da spezzare per crescere, per ridare speranza ai giovani, alle donne, per combattere la perdita di competitività. Tutti aspetti di una crisi che morde le famiglie, come ho potuto constatare nei giorni scorsi a cavallo di Natale ricevendo nella mia casa di Bosa tanti amici che mi sono cari, i cui figli sono ormai alla disperazione, cacciati dagli stabilimenti smantellati di Macomer, come la Legler oppure di Ottana. E intanto la crisi demografica investe oltre la metà dei comuni sardi, in particolare le zone interne: la difesa dei piccoli comuni deve essere una priorità. Infine il Sulcis e l’Ogliastra, condannati senza scampo da politiche che tutti sappiamo profondamente sbagliate, nel momento in cui lo Stato si ritira dal territorio. C’è un solo motivo per cui il presidente Cappellacci dovrebbe aspirare ad un secondo mandato? Quali idee nuove ha messo in campo rispetto a cinque anni fa ? Ha fatto autocritica sui propri errori compiuti in perfetta sintonia coi governi Berlusconi e Monti? Vogliamo veramente distruggere il piano paesaggistico e cementificare l’isola ? Vogliamo paralizzare il servizio sanitario regionale, visto che le Asl e le due Aou non hanno ancora dopo dodici anni dalla 517 gli atti aziendali promessi? E la sempre annunciata revisione del vecchissimo statuto regionale, il varo della legge statutaria ? E, inoltre, riguarda solo il centrosinistra la questione morale? Cosa succederebbe, se una volta eletto, Cappellacci fosse condannato? Io non me lo auguro affatto, così come mi auguro che tutti gli indagati in queste settimane possano dimostrare la propria innocenza. In realtà in consiglio regionale c’è bisogno di aria nuova, di aprire le finestre, di far arrivare più giovani, più donne, più esponenti della società civile. Legarsi alle associazioni, ai gruppi di impegno politico, al mondo del volontariato (mobilitato in occasione del recente ciclone Cleopatra) e dello sport, ai sindacati, agli insegnanti della scuola primaria e secondaria, dell’Università. A livello politico c’è da interpretare il malcontento dei Cinque Stelle, dei sovranisti, degli indipendentisti, desiderosi di costruire una coscienza nazionale dei sardi, di coltivare “l’amore per la virtù“ e “la virtù dell’amore per la propria terra”. Di fronte ai giganteschi problemi che abbiamo, la Sardegna deve osare di più, può porsi obiettivi più alti, non deve balbettare ma parlare forte e chiaro, partendo dalla sua identità culturale e civile e dalla sua ricchezza ambientale, declinata nel senso della biodiversità. La cultura, l’apertura internazionale, la ricerca devono imporsi nei programmi. Dobbiamo fare appello al senso della responsabilità e richiamare le giovani generazioni per sviluppare generosità, altruismo, impegno personale, indicando la strada del confronto. Guardo positivamente al futuro della Sardegna. Coltivo la speranza che i prossimi anni siano quelli di una rinascita vera, dello sviluppo. Come sardo e come insegnante, so che abbiamo dalla nostra le riserve auree della responsabilità, della generosità, del coraggio, della capacità di ascolto che dovranno essere i talenti di una classe dirigente generosa, che sia capace di rinnovarsi profondamente e di ritrovarsi su obiettivi comuni.
* rettore dell’Università di Sassari
Da La Nuova Sardegna di giovedì 2 gennaio 2014
——-
——–
Da La Nuova Sardegna on line del 3 gennaio 2014
Don Borrotzu e Medde: la Sardegna affonda come il Titanic
I due esponenti della Carta di Zuri contro la Regione: il 2013 è stato l’anno peggiore della storia dell’autonomia
CAGLIARI. Il 2013 è stato l’anno peggiore nella storia dell’autonomia speciale della Sardegna e il 2014, mentre la Regione affonda come il Titanic, comincia malissimo, ovvero con una corsa a occupare posti e poltrone.
La denuncia arriva dall’ex responsabile della Pastorale del lavoro don Pietro Borrotzu e dall’ex segretario della Cisl sarda Mario Medde, a nome dell’associazione Carta di Zuri.
Sulla Regione le parole sono molto dure. «Un crollo – spiegano Medde e Borrotzu – che non è certo arrivato all’improvviso, considerata l’agonia che ha accompagnato la vita dell’autonomia speciale negli ultimi due decenni. Oggi, però, si sono sciolte come neve al sole tutte le strutture che reggevano l’impalcatura dell’autonomia, non solo per la loro obsolescenza, ma perché travolte da una crisi senza precedenti e dall’incapacità di far fronte alle domande di tutela che provengono dalle diverse categorie e territori dell’Isola. E soprattutto da una debolezza e mediocrità delle leadership politiche e istituzionali, frutto della crisi della rappresentanza e della mediazione politica e causa prima dell’autoreferenzialità e della questione morale ed etica in Regione».
Don Pietro Borroztu e Mario Medde ricordano i numeri dell’emergenza Sardegna: un numero di disoccupati intorno alle 150.000 unità, compresi quanti si sono scoraggiati nella ricerca del lavoro, e un tasso di disoccupazione giovanile che e vicino al 42%.
Le enormi difficoltà dell’industria, dell’agricoltura e dell’allevamento, secondo l’analisi dell’associazione, sono alla base dell’impoverimento della Sardegna, un fenomeno reso visibile dall’enorme numero di persone coinvolte, circa 350.000, e da redditi familiari più bassi del 27% rispetto al nord
L’associazione sottolinea che «mentre la Regione Titanic affonda, si assiste alla rincorsa disordinata e a tratti violenta a occupare i posti, chi in coperta e chi al timone, senza neppure curarsi di quanto si è inabissata la nave e di quanti sono stati già travolti dalle onde o stanno per affogare».
Infine l’appello: «Prepariamoci – concludono Borrotzu e Medde – ciascuno per la responsabilità che esercita, da cittadini e sardi, a contribuire a costruire una nuova Sardegna, con nuove istituzioni che realmente e concretamente rappresentino la domanda di autogoverno, sviluppo, lavoro e lotta alle povertà».
Lascia un Commento