Legge elettorale e governabilità (secondo Prodi)
di Gonario Francesco Sedda
Recentemente (17 aprile 2012) nel suo sito Romano Prodi è intervenuto (“Col ritorno al proporzionale si torna alla prima repubblica”) confermando la sua preferenza per una legge elettorale di tipo maggioritario e la sua sdegnata contrarietà ad un ritorno (anche solo “sostanziale”) al proporzionale.
Alcune considerazioni sull’intervento.
1) L’argomento secondo il quale i problemi recenti dell’Italia non siano dovuti al bipolarismo bensì “al mancato compimento del bipolarismo stesso” è debole e rovesciabile a favore di qualsiasi altro sistema elettorale. In particolare si potrebbe sostenere che i problemi passati dell’Italia non siano da attribuire al proporzionale, ma a una sua incompiuta (o degenerata) realizzazione.
2) Il tipo di compromesso sulla legge elettorale al quale lavorano i partiti che sostengono l’attuale governo (tecnico e di destra, generosamente bersaniano ‒ “ma anche” veltroniano e “incompiutamente” prodiano) punta a proteggere la loro forza. Romano Prodi lo segnala a ragione, ma lo fa con un distacco che non può permettersi: non può infatti lasciare spazio all’idea (sia pure la più vaga) che solo i fautori del “bipolarismo compiuto” lavorano non per proteggere la propria forza, ma per costruire disinteressatamente una radiosa democrazia.
3) “L’indicazione del premier […], inserita nel sistema proporzionale, non può servire a nulla”. Ma la carica salvifica e il potere miracoloso che si vorrebbero connaturati all’indicazione anticipata del capo di governo non è garantita neppure da un “compiuto bipolarismo” fondato sul maggioritario.
Anche nel sistema proporzionale il capo di governo può essere indicato anticipatamente. Il grado di utilità di tale indicazione non dipende di per sé da qualsivoglia sistema elettorale, ma dalla qualità dei partiti e della democrazia.
4) “E la scelta sul governo viene rinviata a dopo le elezioni, in modo da tener conto il meno possibile della volontà degli elettori”. Qui si fanno passare problemi politici di breve periodo per elementi sistemici del confronto proporzionale/maggioritario. Alle prossime elezioni i partiti che sostengono il governo Monti (PdL, PD, UDC) dovranno misurarsi con l’eredità di questa esperienza: l’UDC è e resterà distesa a tappeto sotto i piedi del “liberista maximo” (senza peraltro cessare di essere corteggiata), mentre PdL e PD non potranno distaccarsene del tutto, ma non vorranno morire soffocati dal suo abbraccio. In questa incertezza la soluzione di un “sostanziale ritorno al proporzionale” sembra la meno pericolosa per loro. Continuare sul terreno del maggioritario bipolare (col “porcellum” o con una nuova legge meno indecente) non risolve le incertezze del breve periodo perché né il PdL né il PD con loro eventuali coalizioni sono sicuri di vincere bene tanto da poter fare a meno della proporzionalista UDC. Così, anche dopo elezioni su basi maggioritarie, potrebbe nascere un governo col capo indicato anticipatamente dalla coalizione vincente, ma con una nuova coalizione e un nuovo programma oltre la “volontà degli elettori”. O peggio ancora, dopo un truffaldino scontro bipolare, potrebbe essere riproposta una riedizione del governo Monti.
Ma torniamo ai “principi generali a cui una utile legge si deve attenere”, come ha scritto Romano Prodi.
In un sistema proporzionale non vi è niente di essenziale e di necessitato per cui un partito (o un gruppo di partiti) non possa stendere un programma di governo e non possa indicare anticipatamente una guida per la sua realizzazione. È chiaro comunque che né la stesura di un programma (di partito o di coalizione) né l’indicazione anticipata del capo di governo sono di per sé una garanzia di un vero rispetto della “volontà degli elettori”.
Questa volontà si rispetta se il programma viene realizzato almeno in gran parte (non “il più possibile”, perché in un programma che non sia campato in aria le cose impossibili devono risultare pochissime).
Anche col bipolarismo (compiuto o incompiuto che sia) i governi e i partiti non fanno quello che dicono e promettono quello che non faranno. Ciò rimanda ancora una volta al problema vero: la qualità dei partiti e della democrazia.
5) “Ritorna quindi la prospettiva dell’ingovernabilità della prima repubblica, resa ancora più probabile dalla moltiplicazione e dall’ulteriore frammentazione dei partiti stessi”. Qui Romano Prodi parla di fune nella casa dell’impiccato. A quale governabilità hanno condotto “le magnifiche sorti e progressive” del maggioritario? E dove sono la promessa riduzione del numero dei partiti e il rafforzamento della loro unità?
Sembrerebbe anche che la governabilità debba intendersi come mancanza di crisi di governo per l’intero periodo della legislatura e niente altro. Ma vi è crisi e crisi: non si può escludere che una o più crisi durante una legislatura o addirittura la sua interruzione possano giovare “al paese” più della permanenza dello stesso governo fino a nuove e regolari elezioni. Davvero ha giovato “al paese” la corazza garantita dal “porcellum” (una porcata sì, ma … maggioritaria, maggioritaria, maggioritaria!) che ha permesso a Silvio Berlusconi di durare “troppo” al governo? L’interruzione anticipata della legislatura non è neppure essa una prerogativa solamente dei sistemi proporzionali. Anche dove il maggioritario è compiuto accade di andare ad elezioni anticipate: assai poco per “il bene del paese” e moltissimo per la quasi certezza (o per le maggiori possibilità) di una rielezione del premier di turno.
Sembrerebbe inoltre che, se la caratteristica patologica (un vero cancro) della “prima repubblica” fosse l’ingovernabilità su base proporzionale, l’Italia “non sia stata governata” fino alla vittoria referendaria del 1993. E invece è stata governata: eccome! La classe dominante governa comunque: con la forza e/o con l’egemonia, in tempo di crisi o in situazione favorevole, con il proporzionale o col maggioritario (con l’uno o con l’altro secondo le convenienze, che sono “quelle di tutto il paese” solo nell’unica ideologia che pretende di non morire ‒ quella di chi comanda sempre). È come se si concentrasse l’attenzione sul movimento superficiale delle onde del mare fino alle tempeste e si trascurassero le estese e profonde correnti che muovono grandi quantità d’acqua e determinano la sua vera vita.
6) Infine, nella polemica (di Prodi e dei prodiani, dei veltroniani, di IdV e Sel) si fa esclusivo riferimento all’ultimo segmento (ultimi anni settanta/primi anni novanta) dell’esperienza proporzionalista italiana, quando nel processo di putrefazione del regime democristiano un fasullo vitalismo craxiano è stato indicato come la cura del male e invece ne ha determinato un letale aggravamento. Ma la Germania, col suo proporzionale corretto, è forse in preda all’ingovernabilità? Lì, i partiti si sono moltiplicati e frazionati più che in Italia?
Qualcuno potrebbe dire che attualmente nel parlamento non esiste una maggioranza per scegliere il sistema tedesco. È vero. Ma non ne esiste neppure una che voti un maggioritario corretto, una volta che è stata negata la via referendaria. Allora: è meglio tenersi il “porcellum” o qualche sua variante che gli somigli moltissimo?
Sembra che ai “veri maggioritaristi”, tutto sommato, vada bene andare alle prossime elezioni con una specie di “porcellum”. Sembra che abbiano abbandonato la scelta del “danno minore”. Ora nulla sembra migliore del “porcellum”, se non è la “loro” proposta. Tuttavia sembra azzardato sostenere che una buona legge maggioritaria di per sé sia in grado di togliere libertà di movimento ai partiti dopo le elezioni, se neppure il “porcellum” (mastino del maggioritarismo) ha impedito la formazione di un governo di destra (“date alla destra ciò che è di destra”) ‒ generosamente appoggiato da Bersani (proporzionalista), ma anche da Veltroni e Prodi (maggioritaristi).
Dunque il problema vero è la qualità dei partiti e della democrazia. E alla democrazia farebbe molto bene un proporzionalismo “senza sé e senza ma”. Tuttavia un sistema elettorale alla tedesca sarebbe un buon compromesso.
Articolo pubblicato in data 30 aprile 2012 su Democraziaoggi
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