A Nelson Mandela. Potevamo nascere e vivere in qualunque tempo. Abbiamo avuto la fortuna di essere suoi contemporanei, testimoni del suo tempo e delle sue azioni.
A Nelson Mandela. Potevamo nascere e vivere in qualunque tempo. Abbiamo avuto la fortuna di essere suoi contemporanei, testimoni del suo tempo e delle sue azioni.
“Mi ideal más querido es el de una sociedad libre y democrática en la que todos podamos vivir en armonía y con iguales posibilidades.” “La educación es el gran motor del desarrollo personal. Es a través de la educación como la hija de un campesino puede convertirse en médico, el hijo de un minero puede convertirse en el jefe de la mina, o el hijo de trabajadores agrícolas puede llegar a ser presidente de una gran nación.” N. Mandela
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By Vanni Tola
Aladin
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EDITORIALE 2
DISEGUAGLIANZA: RADICE DEI MALI SOCIALI
Leggendo la Evangelii Gaudium…
di Vittorio Pelligra
Viviamo in un mondo profondamente ineguale, e il Papa lo sa bene. Viene dall’Argentina, una nazione che ha un livello altissimo di diseguaglianza nella distribuzione del reddito, pari solo a qualche altra nazione Latinoamericana e dell’Africa centrale. Conosce bene i danni che l’iniquità provoca e per questo può definirla “radice dei mali sociali” (n.202). E’ da un’ingiusta distribuzione dei beni, infatti, che deriva la povertà, non certo dalla mancanza di risorse. Dove più elevata è la disuguaglianza, si riduce poi, l’aspettativa di vita e la fiducia tra le persone, aumentano la mortalità infantile, il tasso di omicidi, l’obesità, i disagi mentali e si blocca la mobilità sociale. Per estirpare questa radice occorre, ci esorta il Papa, a fare in modo che “La dignità di ogni persona umana e il bene comune [strutturino] tutta la politica economica” e che non siano, invece, come spesso accade, solo degli orpelli per abbellire un “un discorso politico senza prospettive né programmi di vero sviluppo integrale”. Una posizione netta, nella verità, anche quando viene sottolineato il “fastidio” che suscitano parole come “etica”, “solidarietà mondiale”, “distribuzione dei beni”, “difesa dei posti di lavoro”, “dignità dei deboli”, e “un Dio che esige un impegno per la giu stizia” (n.203). Anche la Chiesa che dovesse rinunciare a farsi carico “creativamente e con efficacia” dei poveri e della loro inclusione, è colpevole e corre “il rischio della dissoluzione, benché parli di temi sociali o critichi i governi” (n.207).
Il mercato produce ricchezza, dunque, ma non è in grado di determinare la sua equa redistribuzione (n.204). Per questo occorrono, scelte, decisioni, programmi, impegni, una politica vera – “vocazione altissima” – che superi il mero assistenzialismo, ma soprattutto un modo nuovo e originale di concepire il nostro rapporto con i beni e la ricchezza; capace di sfuggire alla “ricerca malata di piaceri superficiali” che conduce alla “tristezza individualistica di un cuore comodo e avaro”.
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