Questione morale
CITAZIONE DELLA SERA
Si è in genere più propensi a fare delle parole che dell’azione politica,
o si confonde l’una cosa con l’altra.
(Antonio Gramsci)
LA QUESTIONE MORALE NON ESISTE – 2
Non hanno fatto nulla di male.
E che? è un delitto, mo’, comprare libri? e non è un vanto e un vantaggio per un partito, sempre criticato per la sua incultura, che un gran calibro del partito acquisti libri di gran pregio e li tenga a disposizione degli iscritti in casa sua (non alla Regione, che lì se li rubano…) ?
E che delitto sarebbe matrimonio e banchetto nuziale, dove tutti i colleghi di partito vogliono il solito pezzo di torta? forse che la famiglia non è sempre stata al centro della nostra ideologia politica (Dio, Patria e Famiglia…) e non è il matrimonio il fondamento della famiglia? Si è speso per uno dei fondamenti della visione politica del partito, che diamine!
E i convegni sullo sport? medicina e sport? Non diciamo tutti “Mens sana in corpore sano”? Si son fatti in palestra, beh? quale luogo più adatto? caso vuole che la palestra sia gestita dalla consorte dell’onorevole, che male c’è? forse che la legge prevede che le mogli non possono gestire palestre?
Lasciateli liberi, candidiamoli, votiamoli ancora: hanno certe idee…
———-
L’incompetenza dei Politici È La Vera Questione Morale.
di Giovanni Dore*
L’incompetenza dei Politici È La Vera Questione Morale.
di Giovanni Dore*
Fare la morale quando avvengono gli scandali è ritenuto poco elegante, farla quando tutto appare tranquillo è da teorici formalisti. Così il dibattito sulla morale nella politica viene relegato in qualche convegno dal vago sentore filosofico, al quale partecipano anziani signori, qualche intellettuale e un piccolo gruppetto di baldanzosi giovani di partito in mezzo a… tante sedie vuote.
E sui social network, dove si sprecano le pubblicazioni di foto in bianco e nero accompagnate da eloquenti citazioni di famosi uomini della storia, acchiappate qua e là sugli innumerevoli siti sparsi in rete o sull’immancabile Wikipedia. Nel mentre, dentro i partiti, nelle istituzioni e nella società in genere si continua ad agire allo stesso modo: contrario all’interesse pubblico. Ci lamentiamo, talora a ragione, della poca autonomia di cui abbiamo goduto dallo Stato e delle sofferenze che il legame con Roma ci ha causato. Eppure quella che ci è stata concessa, spesso, è andata sprecata.
Un esempio è proprio quello che tiene banco nelle cronache politiche (e giudiziarie) di questi giorni. Il fatto che la nostra massima assemblea regionale abbia autonomia patrimoniale e finanziaria è sicuramente un aspetto positivo. E lo stanziamento di consistenti fondi a supporto dell’attività politica dei gruppi consiliari un’opportunità unica. Costituisce consolidato principio democratico quello di non poter attribuire una carica elettiva per censo o meriti curriculari, ma sulla base del consenso che ogni candidato riesce a riscuotere tra i propri concittadini. Pertanto, diritto-dovere di ogni consigliere regionale, a prescindere da quale sia la propria “base” di partenza, è quello di diventare un buon conoscitore di un elevato numero di settori (diritto, economia, sociologia, cultura, tradizioni, ecc.) in modo da poter legiferare con una discreta competenza e cognizione di causa. Ma tutto questo, negli ultimi tempi, non si è veri cato. E gli eletti, per lo più, si sono applicati ad esercitare il potere, a svolgere pratiche di piccolo (o grande) “cabotaggio” ed a mantenere il proprio status di privilegiati, anche sotto il profilo economico.
Se il Consiglio regionale in questi anni ha legiferato poco e male, costringendo i cittadini ad infrangersi contro il muro dell’ottusa burocrazia, della inefficienza pubblica o dei “predatori” privati è, soprattutto, colpa di tale sistema.
No, non sono tutti ladri, né tutti furbi i nostri rappresentanti, ma abbiamo il dovere di chiudere con il passato, anche perché il silenzio su questi temi è stato “tombale” da parte di (quasi) tutti dentro le istituzioni e dentro i partiti. Perché se è vero che i processi si fanno in Tribunale e che va garantita la presunzione di innocenza di tutti gli interessati, il vero fallimento dell’attuale classe politica regionale è costituito dal fatto che ha mostrato al proprio popolo, nel momento di massima crisi economica dell’isola, di impegnarsi più di trovare un modo di giusticare (congruamente o truffaldinamente a seconda dei casi) l’incasso dei fondi istituzionali, in aggiunta al lauto stipendio, che di fare delle buone leggi per lo sviluppo della Sardegna.
*Consigliere comunale a Cagliari.
da L’UNIONE SARDA 11.11.2013 (pag,7 )
Lascia un Commento