Gli OCCHIALI di PIERO

CITAZIONE DELLA SERA
In un panorama così desolato non si può vivere, umanamente, molto a lungo. E’ ora, dunque, di ripartire. Ripartire dai paesi (dae sas biddas).
Dai paesi per farli ridiventare comunità, la fonte degli ideali. Per farli rivivere come centri di cultura, di economia, di politica.
(Eliseo Spiga – Francesco Masala – Placido Cherchi)GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413

FINE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Non tutti sanno (anche perchè nessuno a scuola lo insegna) che la Grande Guerra è finita il 3 novembre, e non il 4.
Infatti il 3 novembre 1918, alle ore 15, a Villa Giusti (la si vede dal treno andando verso Padova) fu firmato l’armistizio.
Armistizio significa alla lettera che le armi devono cessare di sparare.
Gli ufficiali austriaci ordinarono immediatamente alle truppe di deporre le armi, Lo Stato Maggiore dell’esercitò italiano se ne dimenticò: sapete com’è, l’euforia, le bicchierate di spumante, gli evviva, e chi pensava a una cosa così banale di far cessare il fuoco?
Così quando i soldati austriaci, bosniaci, serbi, croati, sloveni, gettarono le armi e uscirono allo scoperto dalle trincee per abbracciare il nemico di ieri, furono falciati dai colpi dei soldati italiani che non sapevano ancora che la guerra era finita; l’ordine di cessare il fuoco arrivò alle 15 del 4 novembre.
Così morirono ingiustamente tanti poveri soldati, solo i fortunati furono fatti prigionieri. L’Italia per molti anni festeggiò la Vittoria, il 4 novembre: meglio tacere su quelle 24 ore di vergogna.

Fancello_Pascale_Crodazzu-133x200-132x200PASQUALE FANCELLO
Anarchico, detto Pascale Crodatzu, nasce a Dorgali il 3 novembre 1891.
Muratore, emigrato in Belgio e in Francia, espulso, clandestino, ricercato dai servizi segreti, prende parte alla guerra civile in Spagna, poi torna in Francia da dove polemizza contro gli stalinisti spagnoli per la repressione di anarchici e troskisti. Di nuovo in Belgio nel ’41, nel ’43 è in Sardegna dove guida l’occupazione delle terre nel territorio di Dorgali, a Isalle e Orrule.
Nel 1947 partecipa allo sciopero de minatori del Sulcis-Iglesiente e viene arrestato. Nel 1950 è a Roma, condannato a 8 mesi di prigione per un articolo a favore dell’occupazione delle terre (eppure l’Italia era già una repubblica nata dalla Resistenza…).
Muore a Roma il 13 febbraio del 1953.
A Sassari una via si chiama col suo nome.
Sulla sua tomba è scritto: “dalla natìa Sardegna diede alla causa degli oppressi i tesori della sua fede e del suo animo ribelle”.

Giuseppe_Di_VittorioGIUSEPPE DI VITTORIO
Mitico dirigente sindacale, del quale oggi non si parla più.
Era nato in una povera famiglia a Cerignola l’11 agosto 1892.
Il padre bracciante morì sul lavoro e lui a dieci anni fu costretto a fare il bracciante. Semianalfabeta, migliorò la sua istruzione da autodidatta.
Impegnato sindacalmente fin da bambino, da anarchico divenne socialista.
Eletto deputato nel 1921, aderisce al Partito Comunista appena costituito.
Antifascista, condannato dal Tribunale speciale a 12 anni di carcere, nel 1925 fugge in Francia, poi dal ’28 al ’30 in Unione Sovietica.
E’ poi a Parigii nella direzione del Pci clandestino, in Spagna partecipa alla guerra civile, di nuovo a Parigi nel ’37 al giornale “La voce degli italiani”.
Arrestato nel 1941, inviato al confino, dopo l’8 settembre partecipa alla Resistenza con le Brigate Garibaldi. Nel 1944 ricostituisce la Cgil unitaria con Achille Grandi e Bruno Buozzi. Nel 1946 è eletto alla Costituente.
Nel 1956, segretario generale del sindacato, scrive un documento, approvato all’unanimità, dove condanna la repressione sovietica in Ungheria, in aperto dissenso col partito e con Togliatti.
Muore il 3 novembre del 1957 a Lecco, stroncato da un infarto.
Avercene oggi uomini come lui.

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