Nel giorno della Memoria

Martedì 28 gennaio 2025

Carissimi,
ieri abbiamo scritto questa lettera agli Ebrei nel “Giorno della Memoria” che qui vi inviamo per conoscenza, con cordiali saluti

Raniero La Valle

DA: “PRIMA LORO”: LETTERA AGLI EBREI NEL GIORNO DELLA MEMORIA

MAI PIU’

Cari Amici delle Comunità Ebraiche di Israele e della Diaspora,
al giungere del “Giorno della Memoria”, riteniamo di potervi esprimere anche a nome di innumerevoli nostri contemporanei e a nome dei 310 illustri mittenti che hanno voluto scrivervi la lettera del 27 novembre scorso (e se qualcuno non si riconoscesse in questo ulteriore dialogo può non mantenervi la sua firma) l’affetto e la solidarietà commossa che tale celebrazione rinnova verso di voi. La Shoà non sarà mai cancellata dal martirologio della storia umana. Noi abbiamo compreso la vostra vibrante reazione a sentire parlare di genocidio in relazione alla guerra di Gaza; infatti benché di analoghi eventi sia stata purtroppo costellata la storia anche prima della Shoà, il genocidio perpetrato dai nazisti contro gli Ebrei è inassimilabile a qualsiasi altro per crudeltà, numero e diabolica pretesa di scientificità, ultimità e finalismo. Da questa aberrazione è scaturito l’irretrattabile “mai più” che tutti ci accomuna.
Perché allora la parola è tornata? Perché, ad onta della Convenzione per la prevenzione e la repressione di tale orribile delitto, che fu la prima delle grandi decisioni postbelliche, la pratica di tale crimine associata al livello estremo cui è giunta la guerra moderna, è stata implicitamente ammessa nei media e ostentata agli occhi di tutti, se non addirittura legittimata come giustificata e non sanzionabile. Secondo il criterio più specifico adottato dalla Convenzione dell’ONU, che è l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte (anche in parte), un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale, genocidi sono stati in passato quelli degli Indiani d’America o degli Armeni, prima dell’abisso della Shoà volta a distruggere gli Ebrei in quanto Ebrei; c’è stata poi l’intenzione di distruggere i Giapponesi in quanto Giapponesi a Hiroshima e Nagasaki, i Cambogiani in quanto Cambogiani per nascita e cultura a Phnom Penh, gli Israeliani in quanto Israeliani in Palestina, i Palestinesi in quanto Hamas a Gaza e, da ultimo, ai nostri giorni, l’eccidio dei Congolesi a milioni per la sfortuna di vivere in un Congo ricco di stagno, tungsteno, tantalio, oro e altri metalli necessari all’elettronica del mondo intero, nel silenzio dei più. La guerra stessa oggi, con le testate nucleari sulle punte dei fucili, si può assimilare al genocidio. È dunque contro questo nuovo flagello dell’umanità, contro questa normalizzazione di guerre genocide, che tutti insieme, Ebrei e Gentili, dovremmo levarci e combattere, risolvendo intanto il contenzioso aperto tra noi.
Di questo fa parte senza dubbio la questione palestinese, a cui per molto tempo si è creduto (da qualcuno anche in Israele) si potesse dare risposta con la soluzione dei due Stati. Oggi, salvo eventi straordinari, si è fatto evidente che questa soluzione è stata resa impossibile. Anche gli avvenimenti di Jenin lo dimostrano. Non si apre allora qui la strada maestra della riconciliazione e condivisione, di Terra e di mensa, cioè di vita, dei due popoli in lotta?
È stato emozionante vedere al momento del rilascio delle quattro donne soldato israeliane a Gaza, l’intreccio dei colori israeliani e palestinesi, lo scambio di gesti, fossero pure artefatti, come se l’odio fosse finito; così come lo è stato il vedere i fiumi di palestinesi uscire dalle carceri israeliane, come se un unico Stato, per Ebrei e Palestinesi, fosse già esistente, anche se troppi Palestinesi aventi casa in prigione.
Perché non dovrebbe essere possibile in Palestina, o se volete in Giudea, Samaria, Galilea, uno Stato giusto e accogliente, casa di tutti? Potrebbe e forse dovrebbe non essere uno Stato laico, secolare e autoidolatrico, quale è nelle ideologie della modernità occidentale; potrebbe essere uno Stato confederale, né secolare né teocratico, né religioso né aconfessionale, né integralista né agnostico, ma potrebbe essere uno Stato abramico o “abramitico” come, secondo la Promessa, dovrebbero essere tutti gli Stati e i territori atti ad accogliere e a far vivere insieme tutte le famiglie della terra. Esso potrebbe essere dotato di ordinamenti innovativi, riconosciuti e tutelati dalla comunità internazionale; e se l’intreccio di Ebrei e Palestinesi, anche al di là del territorio dello Stato, si realizzasse altresì in una convivenza più diffusa nel vasto mondo esterno, si potrebbero adottare misure atte a mantenere una giusta proporzione tra popolazione arabo-palestinese ed ebrea-israeliana in Palestina. O non si può fare nient’altro che quello che è stato già fatto?
Ciò vorrebbe dire una riconciliazione e una pace anche al di là di quella tra Israeliani e Palestinesi. Qualcuno potrebbe chiedere, come ha fatto la comunità ebraica di Bologna rispondendo alla nostra precedente lettera, perché proprio un piccolo Paese come Israele dovrebbe farsi carico di una risposta al problema di 5-6 milioni di profughi gettati nel mondo che nessun Paese finora è riuscito a risolvere. La risposta ci pare sia che non c’è un altro popolo che ha avuto il mandato di tessere l’unità umana. Non tocca a noi ricordare i testi della vostra grande tradizione protesa alla pace e all’universalità dell’intera famiglia delle nazioni.
Oggi, dopo la tregua di Gaza, voi siete stati esposti a una gravissima provocazione, proveniente dal neoeletto Capo della più grande potenza militare della Terra, che vi esorta a estirpare l’intera popolazione di Gaza da quella terra tormentata, e nello stesso tempo vi invia le armi e i dollari per farlo. Purtroppo anche qualcuno dotato di autorità nel governo di Israele ha detto che si tratta di un’idea “meravigliosa”. Si tratterebbe di un orrore deciso e programmato a freddo, quale non si è dato nemmeno nella pulizia etnica del Sudafrica prima della sua conversione all’umano. E non comprendiamo come i costruttori di amene villette sulla costa deliziosa di Gaza, potrebbero non essere inquietati dalla percezione che quel risultato felice sarebbe stato conseguito in seguito e per effetto di un doppio flagello, il genocidio, subito ieri dagli Ebrei in Europa e l’estirpazione violenta oggi dei due milioni di superstiti a Gaza. Ci sembra che in questo momento il passaggio cruciale nel rapporto tra Israele e la comunità internazionale stia nel respingere senza ambiguità questa proposta presentata come la soluzione definitiva della questione palestinese, e paradossalmente frutto della tregua di Gaza. E ci sembra che anche l’Italia, pur nel rapporto ambiguo stabilito tra il presidente Trump e la presidente del Consiglio Meloni, dovrebbe respingere questo aberrante progetto politico, che griderebbe vendetta alla luce della nostra Costituzione e della nostra identità nazionale.
Infine un accenno a un problema interno alle Chiese. Papa Francesco ha detto, celebrando la settimana per l’unità dei cristiani, che la Chiesa cattolica è disposta ad adottare qualsiasi data per la Pasqua, superando le “diatribe” del passato, pur di celebrarla nello stesso giorno nelle diverse confessioni cristiane. La data della Pasqua degli Ebrei non si discute: ma non potrebbe aprirsi un dialogo anche su questo, in vista della futura unità? Dopo tutto è celebrando la “Pasqua dei Giudei” che Gesù è stato consegnato alla morte dal brutale e pilatesco potere romano.
Rinnovando la nostra condivisione con Voi nel Giorno della Memoria, vi inviamo i più cordiali saluti

Lo Scriba per “Prima loro”
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