Gaza

img_0473Ai Mittenti e Interlocutori della Lettera agli ebrei e delle Notizie da Chiesa di tutti Chiesa dei poveri
Giovedì 16 gennaio 2025
L’ORA DELLA VERITÀ
Cari Amici,

non è l’ora del tripudio per la tregua di Gaza, ma del dolore perché, se essa finalmente arriva, giunge al prezzo di 47.000 uccisi, 110.000 feriti, due milioni di persone braccate ed in fuga, gelate ed affamate, 40 milioni di tonnellate di detriti, e quel pezzo di Paradiso in terra che è la “Striscia” di Gaza, dove doveva scorrere latte e miele, e ciascuno potesse vivere sotto la sua vite e sotto il suo fico senza che nessuno gli incutesse timore (Es. 3, 17; 1 Maccabei, 14, 12) è devastato e stuprato e le case, gli ospedali, le scuole le moschee le chiese e le incubatrici sono distrutte.
Né questa è l’ora in cui si possa prevedere se ostaggi e incarcerati senza processo saranno davvero liberati, e se taceranno le armi, quando mezzo governo a Tel Aviv è contrario, e se dalla tregua si andrà al diritto e dal diritto alla pace.
Però è l’ora della verità, che si sposa con la giustizia per gli Ebrei, (Prov. 12, 17), che fa liberi i cristiani (Giov. 8, 32), che è rivoluzionaria per i comunisti (Gramsci): è l’ora della verità perché la tregua annunciata, che irrompe insperata sulla scena, fa da mezzo di contrasto per giungere alla diagnosi del male, fa capire che cosa sta accadendo, chi vince o perde non solo in Israele ma nel mondo.
Anzitutto in America, tornata al centro della scena, dove perde Biden. Ora si capisce perché Biden non è più il Presidente degli Stati Uniti; non perché cadeva sulla scaletta degli aerei, ma perché ha subito una crisi di rigetto dall’America, che con lui rischiava una catastrofe che poteva trascinare il mondo alla rovina. Trump sarà pure un visionario egocentrico, ma spesso l’ “Idiota” è più lucido dell’intelligente, mentre Biden era lui e il suo doppio, una specie di dott. Jekill e mr. Hide, la violenza nascosta, il lupo in veste d’agnello, falco e colomba insieme. È con Biden che l’America aveva detto che la Russia era finita, che doveva essere portata alla condizione di paria, che sarebbe crollata sotto le sanzioni, e che alla fine sarebbe stata assoggettata anche la Cina; è Biden che aveva mandato la NATO ad abbaiare sulla porta di Putin ed ha poi profuso milioni di dollari e inviato armi strategiche per abbatterlo, con la clausola però di non usarle, quando poi alla fine, uscendo dalla Casa Bianca, le ha liberalizzate perché colpissero in profondità il territorio e la patria russa; è Biden che ha telefonato più volte a Netanyahu per fare da paciere, e intanto non solo riforniva Israele, ma gli dava una copertura completa: e mentre Trump minacciava di “scatenare l’inferno” se non si fosse giunti a una tregua, sacrificando anche Netanyahu, Biden forniva al primo ministro israeliano una completa omertà; e mentre Trump, pur di togliersi di mezzo una guerra insieme ad Ursula in Europa è disposto a sacrificare Zelensky, Biden lo incoraggiava a gettare il mondo nella sua guerra, sìcche ora anche l’incubo ucraino potrebbe finire Ma non è Trump. È l’abituale ciclicità della politica americana, il suo doppio standard, colonizzazione e liberazione, messianismo e apocalisse, che non può sopravvivere nel mondo multipolare, dove ci sono la Cina, il Brasile e gli altri BRICS che agli Stati Uniti fanno la guardia, .
Ma con la tregua le cose cambiano anche in Israele. Perde Netanyahu, perché aveva detto in tutti i modi di voler “finire il lavoro” a Gaza e in Cisgiordania e magari con l’Iran, e invece questo lavoro non lo può finire, perché un popolo non si finisce mai di distruggere, e il popolo ebraico lo sa meglio di chiunque altro, e lo sanno gli Armeni, i Curdi, i Palestinesi. E perdono anche i partiti religiosi perché, se insistono con Netanyahu a voler finire il lavoro, entrano in contraddizione con se stessi, dividono la società israeliana, già inferocita per la riforma giudiziaria, per le corresponsabilità del 7 ottobre, per la scelta della guerra invece che di salvare gli ostaggi, e si alienano il mondo, mentre condannano e insieme fomentano l’antisemitismo. E perde, purtroppo, il popolo della Diaspora che, almeno in Italia, manca l’occasione di distinguersi dalle politiche suicide dello Stato di Israele (“Il suicidio d’Israele”!), di tornare alle fonti autentiche della propria identità, di vivere in pace tra le Nazioni dopo l’insediamento violento nella terra di Canaan.
Infine, con la tregua, si interrompe la continuità della deriva storica in atto, a questo inizio d’epoca, e tutto torna in movimento, la novità è possibile, e si può dar mano, come dicono gli Ebrei del Gruppo di Studi ebraici di Torino, a “riparare il mondo”.
Nel sito Chiesa di tutti Chiesa dei poveri pubblichiamo un articolo sul “cessate il fuoco” a Gaza, una testimonianza dalla “

Striscia

“, un invito a donare per Gaza e la presentazione di un’autobiografia di papa Francesco.
Con i più cordiali saluti,

Lo Scriba per “Prima loro”
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