Dossier Caritas 2024. Le povertà in aumento.

img_0089 Con l’intervento che segue, di Mario Girau, proseguiamo nella ripubblicazione di saggi contenuti nel Dossier Caritas 2024, avviata di recente con quello di Franco Meloni, successivamente con quelli di Gianni Loy e di Franco Manca.
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Rimuovere le cause della povertà
di Mario Girau
Il Papa ha messo un potente “carburante” nel motore delle comunità cristiane: il Giubileo. Con la possibilità, data a tutti, di unire fede e opere, offerta su un piatto d’argento chiamato “Indulgenze”, nome come pochi evocativo nella vita della Chiesa. L’indicazione di Francesco è precisa: «Nell’Anno Giubilare saremo chiamati ad essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio (Spes non confundit, 10)»: perciò l’Indulgenza oltre che nei pellegrinaggi verso qualsiasi luoghi sacri giubilari in Roma, in Terra Santa, in altre circoscrizioni ecclesiastiche e nelle pie visite ai luoghi sacri, si può acquisire anche nelle opere di carità o misericordia «principalmente al servizio di quei fratelli che sono gravati da diverse necessità». Per evitare dubbi, fraintendimenti e i “non so che cosa fare per aiutare i poveri”, il Papa rimette in bella vista le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti”; e le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi,
insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti” (Misericordiae vultus, 15).
“Indulgenze pratiche”
Per rimettere i conti a posto con Dio, il Papa concede altre opportunità “pratiche”. «Allo stesso modo i fedeli potranno conseguire l’Indulgenza giubilare se si recheranno a rendere visita per un congruo tempo ai fratelli che si trovino in necessità o difficoltà (infermi, carcerati, anziani in solitudine, diversamente abili…), quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro (cfr. Mt 25, 34-36) e ottemperando alle consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera.
I fedeli, senza dubbio, potranno ripetere tali visite nel corso dell’Anno Santo, acquisendo in ciascuna di esse l’Indulgenza plenaria, anche quotidianamente».

Inoltre, «l’Indulgenza plenaria giubilare potrà essere conseguita anche mediante iniziative che attuino in modo concreto e generoso lo spirito penitenziale che è come l’anima del Giubileo (…) nonché devolvendo una proporzionata somma in denaro ai poveri; sostenendo opere di carattere religioso o sociale, in specie a favore della difesa e protezione della vita in ogni sua fase e della qualità stessa della vita, dell’infanzia abbandonata, della gioventù in difficoltà, degli anziani bisognosi o soli, dei migranti dai vari Paesi “che abbandonano la loro terra alla ricerca di una vita migliore per se stessi e per le loro famiglie” (Spes non confundit, 13); dedicando una congrua parte del proprio tempo libero ad attività di volontariato, che rivestano interesse per la comunità o ad altre simili forme di personale impegno» (Norme sulla concessione dell’indulgenza durante il giubileo ordinario dell’anno 2025 indetto da sua santità Papa Francesco).
L’idea di mettere gli “ultimi” al centro del Giubileo 2025 risale probabilmente ai giorni in cui papa Francesco chiudeva l’Anno Santo straordinario della Misericordia (2015-2016), ma soprattutto al tempo del Covid e all’urgenza che il mondo e la Chiesa ripartissero dopo la grande paura.
La fiaccola della speranza
L’11 febbraio 2022, quindi più di due anni prima dell’indizione del nuovo Giubileo, il Santo Padre scriveva a mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, Sezione per le Questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo, incaricato di coordinare i grandi eventi «Dobbiamo tenere accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata, e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con
animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante. Il prossimo Giubileo potrà favorire molto la ricomposizione di un clima di speranza e di fiducia, come segno di una rinnovata rinascita di cui tutti sentiamo l’urgenza. Per questo ho scelto – scriveva il Papa – il motto “Pellegrini di speranza”. Tutto ciò però sarà possibile
se saremo capaci di recuperare il senso di fraternità universale, se non chiuderemo gli occhi davanti al dramma della povertà dilagante che impedisce a milioni di uomini, donne, giovani e bambini di vivere in maniera degna di esseri umani.
Penso specialmente ai tanti profughi costretti ad abbandonare le loro terre. Le voci dei poveri siano ascoltate in questo tempo di preparazione al Giubileo che, secondo il comando biblico, restituisce a ciascuno l’accesso ai frutti della terra: «Ciò che la terra produrrà durante il suo riposo servirà di nutrimento a te, al tuo schiavo, alla
tua schiava, al tuo bracciante e all’ospite che si troverà presso di te; anche al tuo bestiame e agli animali che sono nella tua terra servirà di nutrimento quanto essa produrrà» (Lv 25,6-7).
Una speranza ad hoc per la Sardegna
Nella bolla d’indizione del Giubileo “Spes non confundit”, il Papa
elenca una serie di categorie di persone per le quali la “Speranza non illude”, anzi dà forza e inaugura nuovi percorsi di vita. Innanzi tutto i genitori, perché ritrovino il desiderio di trasmettere la vita. Una speranza fatta apposta per la Sardegna, che continua a
essere la regione con la fecondità più bassa. Stabilmente collocata – registra l’Istat – sotto il livello di un figlio per donna per il quarto anno consecutivo, nel 2023 si posiziona a 0,91 figli (0,95 nel 2022), contro una media nazionale di 1,20 e contro la media di 1,42 del Trentino Alto Adige, la zona d’Italia dove si fanno più figli.
«Tutte le province sarde, ai minimi nazionali, presentano una fecondità inferiore al figlio per donna: da quelle di Cagliari e del Sud Sardegna 0,86 per entrambe) a quelle di Oristano (0,93), Sassari (0,95) e Nuoro (0,99)», prosegue l’Istat. La Sardegna, inoltre, è la regione dove il “calendario” delle nascite è sempre più in ritardo: si legge nel report Istat, infatti, che le donne dell’Isola diventano madri per la prima volta all’età di 33,2 anni, contro una media nazionale di 32,5 anni e contro i 31,7 anni della Sicilia, regione con le madri più “giovani” d’Italia.
Un’alleanza sociale
La comunità cristiana perciò non può essere seconda a nessuno nel sostenere la necessità di un’alleanza sociale per la speranza, che sia inclusiva e non ideologica, e lavori per un avvenire segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine che vengano a riempire le ormai troppe culle vuote in molte parti del mondo. Nel 2023, un dossier statistico immigrazione del Centro studi e ricerche Idos, curato dalla
Consigliera regionale di parità, Tiziana Putzolu, «il fenomeno migratorio è arrivato a una fase matura: abbiamo registrato nel corso dell’ultimo anno una leggera crescita dello 0,4%, sono circa 48mila gli immigrati residenti e stabili in Sardegna, in miglioramento sugli anni della pandemia dove abbiamo misurato un crollo anche del 5%». L’analisi dei dati non è confortante, ma lascia qualche speranza, «anche i nuovi nati tra gli immigrati non sono tantissimi – aggiunge la consigliera a margine della presentazione pubblica del rapporto – parliamo di un 4% di nuovi nati, pari a 380 bambini su 8mila nuovi nati in Sardegna: è una fiammella flebile per il futuro, perché si cominciano a vedere i bambini nati in Sardegna nelle scuole materne, e questo ci fa ben sperare che ci siano famiglie che si stabiliscono e si integrano qui».
I poveri
Il Papa parla di segni di speranza da offrire ai detenuti, agli ammalati, ai disabili, giovani, profughi e migranti, agli anziani (nonni e nonne), ma mette una particolare accentuazione sui poveri. «Speranza invoco in modo accorato per i miliardi di poveri, che spesso mancano del necessario per vivere. Di fronte al susseguirsi di sempre nuove ondate di impoverimento, c’è il rischio di abituarsi e rassegnarsi.
Ma non possiamo distogliere lo sguardo da situazioni tanto drammatiche, che si riscontrano ormai ovunque, non soltanto in determinate aree del mondo» (Spes non confundit, 15).
Secondo l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, nel 1990 circa il 38% della popolazione mondiale (un miliardo 785 milioni di individui) si trovava in condizioni di povertà estrema, percentuale scesa all’8,4% nel 2019. La numerosità della popolazione e la diffusione della povertà hanno portato pochi Paesi asiatici a
determinare l’andamento mondiale: la Cina ha contribuito per due terzi alla riduzione della povertà, l’India, l’Indonesia e il Vietnam alla quasi totalità della parte restante, rendendo ininfluente l’andamento di decine di altri Paesi in via di sviluppo.
La dinamica positiva si è interrotta nel 2020 a causa degli effetti della crisi dovuta al Covid-19 con un aumento di circa 70 milioni di persone, che ha portato a superare 700 milioni di poveri, pari a un tasso globale di povertà del 9,3%, con un aumento di 0,9 punti percentuali rispetto al 2019.
La pandemia ha provocato uno shock economico che ha determinato perdite di occupazione e di reddito ovunque nel mondo. A deteriorare la situazione si è aggiunto l’improvviso aumento dell’inflazione scaturito dalla guerra in Ucraina e la crisi esplosa nel Medio oriente rischia di rallentare ulteriormente la riduzione della povertà. Nel 2023 una persona su undici in tutto il mondo e una su cinque
nella sola Africa è stata vittima della fame. Secondo il report dell’Ocse “Tassazione e disuguaglianza” in molti Paesi la quota di ricchezza posseduta dall’1% degli individui più benestanti varia da circa il 15% a oltre il 50% della ricchezza complessiva. Nel 2022 l’1% della popolazione possedeva circa 20 volte più ricchezza del 50% della popolazione più povera, mentre solo lo 0,001% più ricco possedeva più di tre volte tanto rispetto al 50% più povero.
In Sardegna
Nella nostra isola un terzo dei sardi è a rischio povertà o esclusione
sociale e quasi il 7% della popolazione isolana in condizione di grave
deprivazione materiale e sociale.
È crudo, pesante e preoccupante il quadro sulle condizioni di vita e reddito delle famiglie isolane che emerge dalla rielaborazione fatta dall’Anap Confartigianato Sardegna, l’Associazione nazionale degli anziani e dei pensionati, sulla rilevazione dell’Istat 2022-2023, che evidenzia anche una riduzione generalizzata dei redditi reali a causa dell’inflazione.
Per la precisione, i dati affermano come il 32,9% della popolazione della Sardegna nel 2023 sia stata a rischio di povertà o esclusione sociale, valore in calo rispetto al 36,4% del 2022 ma, in ogni caso, sopra alla media nazionale passata nello stesso periodo dal 24,4% del 2022 al 22,8% dell’anno appena passato.
Allarmante anche l’analisi sui sardi in condizione di grave deprivazione materiale e sociale: nel 2023 si attestarono al 6,9%, in aumento rispetto al 6,7% del 2022 e sopra la media nazionale del 4,7%. Nonostante l’aumento dei prezzi, è calata la quota di popolazione isolana a rischio di povertà fermandosi al 29% nel 2023 rispetto al 30.8% dell’anno precedente. In ogni caso il 17,1% delle famiglie
sarde vive a bassa intensità di lavoro rispetto al 20,1% dell’anno precedente. «Sono numeri che fanno rabbrividire perché ci dicono come un terzo della popolazione sarda abbia a che fare, quotidianamente, con la difficoltà di consumare pasti dignitosi, di curarsi, di avere abitazioni decorose e di istruirsi ovvero come abbiano a che fare con la povertà», commenta Giovanni Mellino, presidente regionale di Anap Confartigianato Sardegna e vicepresidente nazionale. «Tutto ciò
riflette la complessa situazione economica e sociale della Sardegna nel 2023 ed evidenzia la necessità di interventi mirati per migliorare le condizioni di vita delle famiglie e ridurre il rischio di povertà ed esclusione sociale nella regione».
«Dietro a questi freddi numeri ci sono anziani e pensionati con redditi al minimo, disoccupati e lavoratori poveri, famiglie monoreddito e ex occupati che dal mondo del lavoro sono stati espulsi, ma anche tutti coloro che hanno perso la speranza di trovare una occupazione dignitosa – prosegue Mellino – ovvero tutte
quelle fasce deboli che con l’inflazione e le crisi che si sono susseguite hanno perso la capacità di spesa».
A questi dati l’Anap Sardegna aggiunge anche quelli sulle pensioni nell’Isola, il cui totale è pari a 8,4 miliardi, di cui 5,4 miliardi per vecchiaia, praticamente il 30% dell’ammontare della spesa per consumi sostenuta in un anno dalle famiglie sarde. Attualmente i pensionati per vecchiaia sardi sono circa 267mila, importo
complessivo degli assegni Inps cinque miliardi e mezzo di euro, equivalenti a un valore medio di 19 mila euro pro capite.
L’Associazione dei pensionati e anziani di Confartigianato Sardegna ricorda anche come nella regione vi siano 414mila over 65 che incidono sulla popolazione per il 26,2%. Secondo il report il totale dei pensionati sardi è di 450mila, con 649mila pensioni erogate che apportano al sistema economico regionale 8 miliardi e mezzo di euro di risorse annue che, con un importo medio di 13mila euro pro capite, contribuiscono alla spesa delle famiglie sarde per il 30% dei consumi.
«In Sardegna la povertà relativa e assoluta costituisce – dice Pier Luigi Ledda, segretario generale della Cisl sarda – un fenomeno che purtroppo coinvolge un numero sempre più cospicuo di anziani. Il reddito previdenziale delle pensioni di vecchiaia registra l’importo medio mensile regionale di 1.090,34 euro (importo calcolato al lordo), soglia di reddito che coincide con quella individuata per la
povertà relativa (1.085 euro per un nucleo composto da due persone). Le pensioni assistenziali evidenziano un dato medio mensile degli assegni sociali pari a 408,97 euro e di 426,44 euro per gli invalidi civili. Importi che evidenziano quanto pesa la povertà materiale tra gli anziani e di conseguenza quanto sia urgente intervenire con
un welfare diffuso e generativo che rafforzi le politiche sociali e socioassistenziali»
Come sta Cagliari?
Oltre 160mila richieste di aiuto alla Caritas della diocesi nel 2023. Sono dati che confermano la crescita della povertà anche nell’area vasta. Solo il servizio mensa ha erogato 98.151 mila pasti (da ottobre 2022 a settembre 2023), con una media giornaliera di 272 pasti. Le mense di Settimo San Pietro, Sinnai e Maracalagonis sono arrivate a sfornarne complessivamente 34.740. Senza contare analoghi servizi delle suore di Madre Teresa di Calcutta, del Buon Pastore, a Quartu Sant’Elena o a Elmas.
«La povertà nel capoluogo dell’Isola è di multiforme aspetto. Sicuramente – dice Rita Polo, presidente della Commissione consiliare del Comune di Cagliari per le Politiche sociali – c’è una dimensione economica che interessa molte persone, con ricadute negative particolarmente gravi sui bambini. La scarsità di mezzi finanziari in famiglia condiziona molte scelte educativo-formative (stimoli culturali, prima di tutto), del tempo libero, della lettura. La richiesta più forte è dare risposte ai bisogni primari, come la casa. Fortunatamente la famiglia resiste, la rete parentale supporta e sostiene i più deboli, ma dobbiamo ricordare che con nuclei familiari sempre più numericamente ridotti, la rete della solidarietà si
restringe. Diventano allora importanti – aggiunge Rita Polo – le reti relazionali che sostituiscono o integrano quelle assicurate dalla famiglia. Ai servizi sociali del Comune, è importante aggiungere il contributo che possono dare Terzo settore e volontariato. Strategiche le sinergie, ma conta molto l’informazione per far sapere che nel territorio non mancano servizi che funzionano. Una fotografia dell’esistente in campo sociale costituirà materia di un report che la Commissione consiliare per le Politiche sociali presenterà fra non molto in Consiglio comunale».
Poveri, vittime non colpevoli
Scrive Papa Francesco nella Bolla d’indizione del Giubileo: «Incontriamo persone povere o impoverite ogni giorno e a volte possono essere nostre vicine di casa. Spesso non hanno un’abitazione, né il cibo adeguato per la giornata.
Soffrono l’esclusione e l’indifferenza di tanti. È scandaloso che, in un mondo dotato di enormi risorse, destinate in larga parte agli armamenti, i poveri siano «la maggior parte (…), miliardi di persone. Oggi sono menzionati nei dibattiti politici ed economici internazionali, ma per lo più sembra che i loro problemi si pongano come un’appendice, come una questione che si aggiunga quasi per obbligo o in maniera periferica, se non li si considera un mero danno collaterale. Di fatto, al momento dell’attuazione concreta, rimangono frequentemente all’ultimo posto.
Non dimentichiamo i poveri, quasi sempre, sono vittime, non colpevoli».
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