Dossier Caritas 2024. Riflessioni sapienziali. Articolo di Franco Meloni.

img_0098Pace e guerra: invochiamo Dio che ci salvi, ma la responsabilità per conquistare la Pace spetta all’umanità intera, a partire dai potenti della Terra che governano gli Stati. La Speranza ci aiuterà, come invoca il Giubileo. Che fare come cristiani o semplicemente come uomini e donne pensanti, credenti e non credenti?
di Franco Meloni, giornalista, volontario Caritas.

img_9223Prima di svolgere il tema affidatomi: pace e guerra oggi, ho riletto il pregevole articolo di don Luigi Castangia, nel nostro Dossier dello scorso anno, sul medesimo argomento [1]. Non è un tema facile, avverte don Luigi: “La pace non è semplice assenza di conflitti personali e sociali (…) essa non è solo il contrario della guerra, né tanto meno il frutto di quest’ultima”. Ricorre alla Bibbia per trovare una giusta definizione, cita i profeti per affermare che non esiste pace senza la giustizia e precisa: “Non esiste pace senza un radicale cambiamento di sé, che nel linguaggio biblico è detto conversione: processo nel quale l’uomo rimette in discussione la propria vita e il modo di ragionare in virtù di un bene più grande”. Se la pace non è ridotta a ideologia, essa deve includere tutto ciò che è umano e in primo luogo il rispetto dei diritti, attribuendo a ciascuno quanto gli è dovuto. E per delineare il nostro compito di cristiani: “Il coraggio della pace è possibile fino in fondo solo guardando a un’umanità in cui ciò sia compiuto pienamente. Non con le armi, non con il potere politico, non con grandi mezzi, né imponendosi, Cristo ha vinto il mondo amandolo. (…) Cristo è la nostra pace ed è la via, la verità, la vita, perché insegna a guardare il mondo col realismo di chi sa che la ricerca di pace esige il coraggio della verità e della giustizia, mai disgiunta dalla misericordia”. Il cristiano non è un “pacifista ideologico”. È un costruttore di pace che “lavora per l’unità, umanizzando il mondo”.

img_8877Tutto chiaro? Si, sia pure nella difficile sintesi di concetti complessi, che richiedono approfondite letture e riflessioni; tanto però in questa sede ci basta.
Allora, che fare? Più avanti vediamo quanto propone Papa Francesco rivolgendosi sia ai potenti della terra (che quasi tutti si professano credenti, sia pure di diverse appartenenze religiose!), sia all’unanimità intera, in occasione della celebrazione del Giubileo dell’Anno santo 2025.

Ora passiamo rapidamente alle situazioni di guerra nel Pianeta, servendoci dei dati del rapporto annuale “Conflict index 2024” (Indice dei conflitti) pubblicato a gennaio 2024 dall’Acled, l’organizzazione non governativa che si occupa di monitorare i conflitti nel mondo, ben sintetizzati da Elita Viola per img_9226ASviS(Associazione per lo Sviluppo sostenibile) [2]. Il quadro è drammatico: “nel 2023 i conflitti sono aumentati del 12% rispetto al 2022 e di oltre il 40% rispetto al 2020. Nei 234 Paesi e territori analizzati nel Rapporto, la maggioranza – 168 – ha visto almeno un episodio di conflitto nel 2023. In totale, si registrano oltre 147mila eventi di conflitto e almeno 167.800 vittime. Ben 50 paesi sono caratterizzati da conflitti definiti come “estremi”, “elevati” o “turbolenti”.
L’aggiornamento 2024 dell’Indice valuta i livelli di conflitto in base a quattro indicatori chiave. Ecco i paesi che detengono i tristi primati:
- Ucraina e Gaza (l’Ucraina era il Paese con il maggior numero di vittime, poiché gli eserciti sia sul versante ucraino che su quello russo hanno perso decine di migliaia di combattenti, ma, a partire dal 7 ottobre 2023, è Gaza a registrare il maggior numero di vittime complessive a causa dei bombardamenti a tappeto dello Stato di Israele);
- Myanmar (alta frammentazione del conflitto, dovuta alla presenza di centinaia di piccole milizie formatesi per contestare il governo dopo il colpo di stato del 2021);
- Messico (lo Stato più pericoloso per i civili, presi di mira dai cartelli del narcotraffico nelle loro competizioni criminali);
- Palestina (conflitto più diffuso, dal momento che questo investe quasi la totalità dei suoi territori. A cui si è aggiunto di recente il Libano, con la terrificante ipotesi che l’attività militare israeliana, di ritorsione contro l’Iran porti ad un allargamento del conflitto in dimensioni tendenzialmente mondiali).
Di seguito la distribuzione geografica dei 50 Paesi più violenti in assoluto. Due si trovano in Africa: Nigeria e Sudan (quest’ultimo continua a peggiorare a causa delle costanti uccisioni di massa); tre Paesi si trovano invece in Medio Oriente – Palestina, Yemen e Siria -, stante le rilevanti criticità che persistono nella regione da decenni; mentre in Asia è il Myanmar l’unico Paese con estrema violenza. In America Latina sono Messico, Brasile, Colombia e Haiti a detenere il record di paesi violenti. Osserva Elita Viola: “In questi Paesi non esistono grandi guerre tradizionali, ma piccoli conflitti multipli, mortali e pervasivi che rappresentano un fattore costante di instabilità sia nei Paesi in via di sviluppo che in quelli più sviluppati. Infatti per i gruppi armati la violenza è lo strumento più efficace a loro disposizione nella competizione per il potere e il controllo del territorio”. Interessanti le considerazioni del Rapporto sull’attenzione mediatica destinata in maniera selettiva ai conflitti per quanto violenti siano. Ciò per tre fondamentali ragioni: 1) è più frequentemente centrata su conflitti che sono rilevanti a livello internazionale o “geopolitico”, che hanno una risonanza internazionale oltre i confini del paese in conflitto (vedasi Gaza, Libano e Ucraina); 2) è difficile riferire con chiarezza sui conflitti più complessi e, sempre più spesso, i conflitti interni hanno più gruppi armati, programmi concorrenti e strategie violente variabili (vedasi Messico, Brasile o Colombia); 3) la pericolosità, fino al rischio della vita, per gli operatori dell’informazione in diversi conflitti impedisce una copertura completa e spesso sono i civili, le organizzazioni locali e direttamente i governi a fornire informazioni su ciò che accade all’interno dei conflitti.

Questa, a spanne, è la situazione mondiale in crescente peggioramento e, quel che è peggio, senza che si intravedono soluzioni credibili. Se ci riferiamo ai due conflitti più rilevanti: Ucraina-Russia e Israele-Palestina e dintorni: il maggior decisore mondiale, gli Stati Uniti d’America, sembra paralizzato nella sua politica internazionale, in attesa che si definisca la situazione interna per effetto delle elezioni presidenziali. Per diverse ragioni, la Cina si muove con grande circospezione, senza esercitare, allo stato l’influenza di cui sarebbe capace. L’Europa alle prese dell’aggiornamento della sua governance marca una significativa (e deprecabile) assenza dalle grandi questioni internazionali e l’Italia ovviamente ne segue le vicende, non potrebbe fare molto di più, stante la sua debolezza sullo scenario internazionale. Israele diventa sempre più un fattore di squilibrio internazionale per responsabilità del primo ministro Netanyahu e del suo governo, che sfrutta a suo personale favore la debolezza del quadro internazionale, anche rischiando una guerra civile nel suo Paese.
img_9104Soffermandoci per un momento su questo storico conflitto, che viene giustamente definito, insieme a quello ucraino-russo, come pericolosa possibile causa di una terrificante terza guerra mondiale, forse il più realistico programma sarebbe quello che si proietta sul lungo periodo, accogliendo la visione di filosofi eletterati. Al riguardo cito solo uno di essi: Martin Mordechai Buber (1878-1965) [3], che sosteneva un solo popolo e un solo Stato! Visto il sostanziale fallimento della teoria “due popoli due Stati”: “Un’impostazione geniale, ambiziosa, ma non utopica, soprattutto «profetica» opposta a quella dei leader storici di Israele: Ben Gurion, Begin, Shamir e altri leader sionisti, moderati o estremisti che fossero, che hanno pensato e partecipato alla creazione di Israele come si struttura oggi: uno Stato ebraico di tipo etnico confessionale, con aspirazioni imperialistiche prepotenti, con una decisa predisposizione all’aggressività militare e all’espansionismo verso l’esterno” [4].

Per quanto riguarda l’altra pericolosissima guerra Ucraina-Russia: è una follia che da una parte e dall’altra si punti alla sconfitta sul campo dell’avversario. Solo un accordo tra i contendenti assistiti dai rispettivi «grandi di riferimento» può mettere fine a una guerra che comporta un crescente costo di distruzione, morti e feriti, in gran parte civili.

img_9229Tale è la situazione che non lascia intravedere alcuna luce per l’uscita da tunnel che si è riproposta una frase celebre di Martin Heidegger (1889-1976): «Ormai solo un Dio ci potrà salvare» («Nur noch ein Gott kann uns retten»). [5]
Heidegger non si riferiva direttamente alla guerra, piuttosto alle sue profonde ragioni, determinate dal sopravvento sull’umanità della tecnologia, che consente la costruzione delle armi di distruzione e di morte, così come degli strumenti che portano alla compromissione dell’eco-sistema planetario. Insieme, non dimentichiamolo mai, coesistono i tanti, quantitativamente e qualitativamente più numerosi, utilizzi virtuosi, che ci fanno godere degli avanzamenti della scienza e delle relative applicazioni tecnologiche, contribuendo al benessere dell’umanità. E’ evidente come si ponga anche qui da una parte il controllo etico della ricerca scientifica e delle eccezionali e di suggestiva vastità delle applicazioni tecnologiche, dall’altra la questione della distribuzione dei relativi benefici: basti pensare – ed è solo un esempio – alla questione del diritto alla sanità per tutte le persone, largamente disatteso anche nei paesi cd sviluppati [6]. Ma, c’è il rovescio della medaglia: la scienza e la tecnologia utilizzate per img_9232fini perversi. Commenta al riguardo il teologo Leonardo Boff [7]: prevale “una mentalità che si orienta attraverso lo sfruttamento, il calcolo, la meccanizzazione e la efficienza applicata a tutti gli ambiti, principalmente in relazione alla natura. Questo modo di comprendere è entrato in noi a tal punto che riteniamo la tecnologia come la panacea di tutti i nostri problemi. Inconsciamente ci definiamo contro la natura, che deve essere dominata e sfruttata. Noi stessi siamo diventati oggetto di scienza, destinati a essere manipolati compresi i nostri organi e perfino i nostri geni”.
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In argomento è pertinente anche il riferimento all’Intelligenza Artificiale e alla sua ambiguità nell’uso davvero sbalorditivo fino ad essere inimmaginabile che se ne potrà fare e di cui abbiamo in atto stupefacenti applicazioni [7bis], condividendo in toto il pensiero di Papa Francesco: (…) «Serve l’etica» Restiamo umani e non deleghiamo il nostro futuro alle macchine. Per questo, di fronte alle sfide e ai pericoli dell’Intelligenza artificiale, serve una visione etica e il primato della buona e sana politica (14 giu 2024).

Anche qui, in tutta evidenza, è opportuno rimarcare quanto già sostenuto sull’utilizzo virtuoso della scienza/tecnologia.

Continua il teologo Boff: “Quello che Heidegger afferma viene pure gridato da notevoli pensatori, scienziati e ecologi. O cambiamo direzione oppure la nostra civiltà mette a rischio il suo futuro. Il nostro atteggiamento è di apertura a un avvento di Dio, quella energia poderosa e amorosa che sostiene ogni essere e l’intero universo. Lui ci potrà salvare (…). Siccome Dio secondo le scritture è «il supremo amante della vita» (Sapienza, 11,24) speriamo che non permetta una fine tragica per l’essere umano”.
Dal tempo di Heidegger la situazione del Pianeta è complessivamente decisamente peggiorata, per i danni provocati dalle guerre e per altre scelte umane contro l’ambiente. E l’appello a Dio del filosofo problematico (che si autodefiniva ateo di principio) non è stato per niente ascoltato. E, in fondo è giusto così: Dio ha già mandato il suo Figlio unigenito Gesù Cristo, che ci ha salvato e dato la chiave di soluzione per vivere – fin da subito – un Regno di pace, solo se noi lo vogliamo, ma purtroppo l’umanità continua a non ascoltare fino in fondo il suo messaggio d’amore e di pace. E non sarebbe pensabile un nuovo intervento risolutivo di Dio, se non, come proclama il Credo, nel giudizio finale.
img_9228Al riguardo il teologo Salvatore Loi [8] cita e commenta due frasi del Vangelo: una è di San Luca «ma il Figlio dell’uomo, alla sua venuta, troverà forse la Fede sulla terra?» (Lc. 18,8) e l’altra è di San Matteo «per il moltiplicarsi dell’iniquità si raffredderà la carità di molti» (Mt. 24,12). Dice Salvatore Loi: “A pensar bene sono due frasi drammatiche: sembra che Gesù veda con amarezza tempi in cui fede e amore entreranno in agonia. E l’agonia della fede e dell’amore coincide con l’agonia di Dio nel mondo, ma anche con l’agonia dell’uomo. Forse oggi essere uomini significa vivere accettando la terrificante condizione umana senza lasciarsene vincere. (…) La presenza di Dio: ora consolante e ora sconvolgente, però tale che non ci toglierà la fatica di essere uomini. Ci darà solo il coraggio di esserlo fino in fondo, se noi vorremo”.
img_9231Raniero La Valle, in una recente riflessione [9] riprende la frase di Heidegger: “un’ipotesi temeraria, non “politicamente corretta”, in quanto proferita nel cuore di una modernità fondata sull’ipotesi opposta, che “Dio non ci sia e non si occupi dell’umanità”; (…) di questa ipotesi la modernità ha fatto un assoluto e su questo presupposto ha fondato tutta la sua identità, la sua feconda laicità e il dogma del secolarismo, escludendo come dismessa e infantile l’ipotesi opposta. Ma oggi, di fronte alla guerra perpetua e alla minaccia della fine non è forse venuto il momento di rimettere in questione questo assunto, e chiederci se l’ipotesi esclusa della presenza amorevole di Dio nella storia non debba avere la stessa legittimità di quella assunta per vera?”.

Ecco il punto, ne deduciamo che non dobbiamo invocare Dio perché ci risolva i problemi, ma perché ci dia la forza di affrontarli e possibilmente risolverli.

Scrive Raniero La Valle (Roma, 22 febbraio 1931):
“Ciò non vuol dire invocare un miracolo, un intervento straordinario da parte di Dio, abbandonarsi a una trascendenza che non possiamo controllare, ma vuol dire sapere come in rapporto con questo Dio gli uomini possano cambiare, possano convertirsi, possano abbandonare i loro propositi di guerra di sterminio e di odio; e questo è possibile perfino se non credono in Dio e se non sanno nulla della grazia, perché come dice papa Francesco con un neologismo spagnolo, Dio “primerea”, cioè arriva col suo amore prima ancora dell’invocazione o del peccato dell’uomo (…) Se rimettiamo in gioco l’ipotesi esclusa, forse possiamo chiedere a noi stessi e agli altri che sono con noi in questa vita, di rimettere in discussione le loro scelte, le loro guerre, la loro idea del Nemico, e dar mano a costruire una società diversa, un mondo diverso, un mondo che non finisca”.

La guerra è un prodotto umano, così come la pace. Non dimentichiamolo.
Pertanto non dobbiamo demordere nonostante tutto, condividendo il motto di San Paolo, «spes contra spem» (Rm. 4,18): «la speranza contro ogni speranza, essere speranza per dare speranza».

img_8882Tutto ciò ci appare perfettamente coerente con le considerazioni e le proposte di Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo 2025, non a caso intitolato «Spes non confundit», «la speranza non delude» (Rm 5,5) [10]: “8. Il primo segno di speranza si traduca in pace per il mondo, che ancora una volta si trova immerso nella tragedia della guerra. Immemore dei drammi del passato, l’umanità è sottoposta a una nuova e difficile prova che vede tante popolazioni oppresse dalla brutalità della violenza. Cosa manca ancora a questi popoli che già non abbiano subito? Com’è possibile che il loro grido disperato di aiuto non spinga i responsabili delle Nazioni a voler porre fine ai troppi conflitti regionali, consapevoli delle conseguenze che ne possono derivare a livello mondiale? È troppo sognare che le armi tacciano e smettano di portare distruzione e morte? Il Giubileo ricordi che quanti si fanno «operatori di pace saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). L’esigenza della pace interpella tutti e impone di perseguire progetti concreti. Non venga a mancare l’impegno della diplomazia per costruire con coraggio e creatività spazi di trattativa finalizzati a una pace duratura” [11].

Per concludere queste mie riflessioni, mi piace citare due grandi “operatori di pace” Gino Strada e Giorgio La Pira.
img_9224- Con le parole di Gino Strada (1948-2021) [12], perché. a mio parere, esprimono perfettamente, laicamente, il messaggio cristiano giubilare:
«La più aberrante in assoluto, diffusa e costante violazione dei diritti umani è la guerra, in tutte le sue forme». «Cancellando il diritto di vivere, la guerra nega tutti i diritti umani. La maggiore sfida dei prossimi decenni consisterà nell’immaginare, progettare e implementare le condizioni che permettano di ridurre il ricorso alla forza e alla violenza di massa fino alla completa disapplicazione di questi metodi. La guerra, come le malattie letali, deve essere prevenuta e curata. La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente. Come le malattie, anche la guerra deve essere considerata un problema da risolvere e non un destino da abbracciare o apprezzare. Lavorare insieme per un mondo senza guerra è la miglior cosa che possiamo fare per le generazioni future».

img_9225- Con il messaggio lasciatoci da Giorgio La Pira (1904-1977), perché ci ha consegnato un esaltante programma di “costruzione della pace” da lui pazientemente e tenacemente attuato, con le iniziative che hanno costellato la sua vita di “operatore di pace”, tuttora valido anche per le nostre realtà metropolitane e di tutta la Sardegna. Mi riferisco in particolare alla sua proposta di concepire il Mediterraneo come «Il lago di Tiberiade del nuovo universo delle nazioni». Sostiene La Pira: “le nazioni che sono nelle rive di questo lago sono nazioni adoratrici del Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe; del Dio vero e vivo. Queste nazioni, col lago che esse circondano, costituiscono l’asse religioso e civile attorno a cui deve gravitare questo nuovo Cosmo delle nazioni.[…] E praticamente cosa fare? Cosa deve fare l’Italia cristiana? Preoccuparsi (con la preghiera, con la meditazione e con l’azione prudente, ma intelligente e a “largo respiro”) della “unificazione”, della convergenza, di queste nazioni mediterranee: svolgere la propria azione politica, economica, culturale, sociale (religiosa) ecc. in vista della costituzione di questo “centro” del nuovo universo delle nazioni: in vista della costituzione di questo punto di attrazione e di gravitazione delle nazioni: perché da Oriente e da Occidente le nazioni “vengano a bagnarsi” in questo grande lago di Tiberiade, che è, per definizione, il lago di tutta la terra”. Un bel programma veramente. Come cagliaritani e sardi siamo poi felici che alcuni consiglieri comunali si stiano muovendo nella direzione auspicata da La Pira e ripresa dalla CEI con i Vescovi delle Diocesi del Mediterraneo [14]. E, per restare a casa nostra, siamo fieri di avere adottato in pieno tali indicazioni nei nostri programmi, come Caritas di Cagliari e sarda, in sintonia con Caritas Italiana e Internazionale, in particolare con Caritas di Gerusalemme.

Note
[1] Giustizia e pace si baceranno. Il contributo biblico al coraggio della pace. Don Luigi Castangia, Dossier Caritas 2023, pagg. 35-41.

[2] Dati sintetizzati da Elita Viola per ASviS: https://asvis.it/notizie/2-20103/piu-40-di-conflitti-nel-mondo-ma-i-media-si-concentrano-solo-su-quelli-internazionali-. Di seguito il riferimento per scaricare il rapporto completo: https://acleddata.com/conflict-index/#downloads

[3] [4] Martin Mordechai Buber, filosofo, teologo e pedagogista ebreo socialista ed anti-sionista, austriaco naturalizzato israeliano. Una stringata sintesi del suo pensiero molto attuale per una proposta di uscita dall’impasse della situazione Israele-Palestina è stata fatta da Luicio Garofalo per Aladinpensiero News: https://www.aladinpensiero.it/?p=158034.

[5] Così Martin Heidegger (1889-1976), uno dei più profondi filosofi tedeschi del secolo XX in un’intervista concessa al settimanale Der Spiegel il 23 settembre 1966, ma resa nota soltanto il 31 maggio 1976, una settimana dopo la sua morte.

[6] Dall’Agenda Onu 2030 sullo Sviluppo sostenibile: “Ogni individuo ha il diritto di accedere ai servizi sanitari e sociali che il suo stato di salute e benessere bio-psico-sociale richiede nel rispetto e in armonia dell’ambiente in cui abita e di una sostenibilità ambientale essenziale per favorire una piena ed equa inclusione”. Quanta enorme differenza tra gli enunciati e la realtà di grandi iniquità nel Pianeta!

[7] Leonardo Boff al secolo Genésio Darci Boff (Concórdia, 14 dicembre 1938), è un teologo e scrittore, già frate minore e presbitero, brasiliano. È uno dei più importanti esponenti della Teologia della Liberazione. Così commenta il celebre detto di Martin Heidegger: https://leonardoboff.org/2013/05/24/solo-un-dio-puo-salvarci/

[7bis] Papa Francesco ha in più occasioni trattato il tema dell’Intelligenza Artificiale. Si cita il suo Messaggio per la 58ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali e il suo discorso al Summit G7, tenutosi a Borgo Egnazia, nel comune di Fasano in Puglia, dal 13 al 15 giugno 2024 (https://inno3.it/2024/06/17/summit-g7-papa-francesco-discorso-intelligenza-artificiale/#:~:text=%E2%80%9CNon%20possiamo%20permettere%20a%20uno,proprio%20contro%20la%20sua%20espansione%E2%80%9D), del quale pubblichiamo alcuni passi: «La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano “saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro” ( Es 35,31)» [...]. La scienza e la tecnologia sono dunque prodotti straordinari del potenziale creativo di noi esseri umani [...]. Ebbene, è proprio dall’utilizzo di questo potenziale creativo che Dio ci ha donato che viene alla luce l’intelligenza artificiale.2 Quest’ultima, come è noto, è uno strumento estremamente potente, impiegato in tantissime aree dell’agire umano: dalla medicina al mondo del lavoro, dalla cultura all’ambito della comunicazione, dall’educazione alla politica. Ed è ora lecito ipotizzare che il suo uso influenzerà sempre di più il nostro modo di vivere, le nostre relazioni sociali e nel futuro persino la maniera in cui concepiamo la nostra identità di esseri umani [...]. Il tema dell’intelligenza artificiale è, tuttavia, spesso percepito come ambivalente: da un lato, entusiasma per le possibilità che offre, dall’altro genera timore per le conseguenze che lascia presagire. A questo proposito si può dire che tutti noi siamo, anche se in misura diversa, attraversati da due emozioni: siamo entusiasti, quando immaginiamo i progressi che dall’intelligenza artificiale possono derivare, ma, al tempo stesso, siamo impauriti quando constatiamo i pericoli inerenti al suo uso [...].
MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO PER LA LVIII GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI: https://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/communications/documents/20240124-messaggio-comunicazioni-sociali.html

[8] Salvatore Loi (1943-2018), già presbitero della Chiesa di Cagliari. La fatica e il coraggio di essere uomini, di Salvatore Loi, Guamaggiore 1971, su Aladinpensiero News: https://www.aladinpensiero.it/?p=77938

[9] Raniero La Valle, su “Chiesadituttichiesadeipoveri”, News n. 348 dell’11 ottobre 2024, ripreso su Aladinpensiero News: https://www.aladinpensiero.it/?p=158152.

[10] [11] La bolla papale di indizione del Giubileo 2025 «Spes non confundit» è scaricabile integrale nel sito della Santa Sede: https://www.vatican.va/content/francesco/it/bulls/documents/20240509_spes-non-confundit_bolla-giubileo2025.html. Qui riportiamo il punto 8 che si occupa precipuamente della pace nel mondo.

[12] Gino Strada (1948-2021) lo sosteneva nel 2015 a Stoccolma, in occasione del premio assegnatogli per la sua capacità di offrire assistenza medica e chirurgica di eccellenza alle vittime della guerra e dell’ingiustizia.

[13] Giorgio La Pira, Mediterraneo, nuovo lago di Tiberiade (4/5/58), su: https://giorgiolapira.org/mediterraneo-nuovo-lago-di-tiberiade-4-5-58/

[14] Sulla medesima lunghezza d’onda si muove la CEI con i Vescovi delle Diocesi del Mediterraneo. Al riguardo basti citare l’iniziativa “Mediterraneo Frontiera di Pace“: https://www.mediterraneodipace.it/. Per quanto riguarda la politica giova citare l’impegno in tale direzione di Davide Carta, Marta Mereu e di altri consiglieri di Cagliari e della sua città metropolitana.

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