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Editoriale
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“Salvare l’Europa, riparare il mondo”
LE DUE AGGRESSIONI
di Raniero La ValleCari Amici,
forse è arrivato ora, in questi primi mesi del 2025, quel “cambiamento d’epoca” che papa Francesco aveva evocato in un profetico discorso alla Curia romana per il Natale 2019. Con la conversione ad U della politica americana ad opera di Trump, a cominciare dai rapporti con la Russia, tutti i discorsi che continuano i discorsi di prima, che usano le categorie di giudizio usate finora, che sbandierano le bandiere già sventolate, appaiono privi di senso, prima ancora che di consapevolezza storica. Ciò si verifica prima di tutto in Europa, i cui governanti sembrano impazziti, da Macron che promette gentilmente di mettere a disposizione la sua force de frappe nucleare, a sir Keir Starmer che l’”Economist” e “Repubblica” celebrano come il nuovo Churchill perché proprio lui, che è uscito dall’Europa, dovrà guidare di nuovo l’Europa alla vittoria, a Ursula von der Leyen che indice la campagna europea per la “pace attraverso la forza” e chiede agli Stati dell’Unione i soldi per le armi, come una volta si indicevano le Crociate e si chiedeva alle Potenze cristiane di finanziarle, benché il cambiamento consista precisamente nel fatto che, come diceva il Papa, “non siamo più in quell’epoca. E’ passata. Non siamo nella cristianità, non più”.
Sicché accade quello che ha descritto Marco Revelli in un lucido articolo su “Volere la luna”: mentre il mondo ruota di 180 gradi sul proprio asse, “tutti i riferimenti mutano di posto e di segno. Bene e male, giusto e ingiusto, amico e nemico, virtù e vizio, i termini polari di tutte le antitesi si scambiano di posizione. Ne è un sintomo la moltiplicazione dei paradossi. Come quello, ad esempio, per cui gli argomenti dei critici della guerra definiti fino a ieri spregiativamente come “anti-americani” si ripresentano oggi come “Voce dell’America” senza che nessuno faccia un plissé”, e come gli altri paradossi di questa nuova Babele.
Dunque, la prima operazione da fare sarebbe di rimettere le cose nella loro casella giusta, o per lo meno di smettere di insistere con le caselle sbagliate. Per esempio riguardo alla questione da cui oggi dipende tutto il resto: la questione del discernimento tra aggressore e aggredito. Si deve partire da una verità finora non ammessa, ma ormai acquisita: tutti dicono che avendo l’America di Trump tolto all’Ucraina il supporto della sua “Intelligence”, l’Ucraina non può più difendersi e quindi non può continuare la guerra senza subire una clamorosa sconfitta. Ciò vuol dire che la vera guerra, a parte il sangue dei caduti, era l’America a farla, che dirigeva e controllava tutte le operazioni, oltre che metterci dollari ed armi, ragione per cui la guerra è durata tre anni, nonostante lo scarto di potenza tra i due nemici ufficiali, Ucraina e Russia. Ma gli Stati Uniti non erano stati aggrediti dalla Russia; dunque se erano loro a fare la guerra alla Russia, si scambiano le parti, e anche la Russia figura per aggredita, come del resto ha sempre sostenuto giustificando la sua guerra con la minaccia della NATO ai suoi confini, e come il prof. Sachs ha documentato nel suo discorso al Parlamento europeo. Allora non si capisce perché nel momento in cui l’America di Trump vuole ritirarsi dalla guerra e spinge Zelensky a fare altrettanto, non ci si rallegra per la fine dell’aggressione americana, e della NATO al seguito, così come giustamente si depreca l’aggressione russa. Questa è la ragione per cui, checché ne pensino i fautori della vittoria dell’Ucraina e della sconfitta della Russia, a cominciare dall’improbabile Europa di Ursula von der Leyen, questa guerra deve e può finire subito. Del resto ciò conferma la teoria (di René Girard, e non solo) secondo cui la guerra è sempre una guerra dei doppi, amici e nemici sono eguali, si rassomigliano fino a confondersi, e la pace consiste nel cessare le rispettive, e in questo caso conclamate, reciproche aggressioni.
Ma a questo punto si pone il vero problema, che sarebbe una follia non affrontare subito: che mondo, se quello di prima finisce, vogliamo fare? Ossia qual è il nostro futuro? È questo il vero problema politico dell’Europa, e in ogni caso qui, da noi, per l’Italia.
Di questo, d’ora in poi, dovremo discutere. Forse non è più il mondo di cui una sola Potenza, o un sistema di Potenze (come la NATO, o “l’Occidente”) pretenda il dominio, ma è un mondo finalmente multipolare, dove l’India abbia la stessa dignità degli Stati Uniti, e il Brasile della Russia; e prima di tutto non ci siano scempi come quelli di Gaza, della Cisgiordania, della Siria, del Congo.
Con i più cordiali saluti
PRIMA LORO (Raniero La Valle)
P.S. Nel sito “Prima loro” pubblichiamo ancora l’appello “Che fare? Salvare l’Europa, riparare il mondo” con le relative firme, a cui altre si possono aggiungere, e due interventi o, se si vuole, ricette per la pace, di Jeffrey Sachs, che si aggiungono al suo discorso (anche questo nel sito) ai deputati europei: un articolo che sostiene che “L’accordo può essere firmato immediatamente” e un’intervista su “Il fatto quotidiano”: “Non armi nucleari ma dialogo con Putin”. Pubblichiamo anche un saggio di Riccardo Petrella sul “sistema America”, visto come “un pericolo per il mondo intero”, tanto più ora, dopo l’avvento di Trump.
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CHE FARE?
Salvare l’Europa, riparare il mondo
Marzo 4, 2025
Un appello per un più equilibrato giudizio sui fatti trascorsi e per aprire un cantiere di proposte per dare soluzione alle crisi in atto e creare le condizioni di un mondo diverso. L’Italia come soggetto politico innovativo.
Le nuove politiche di Trump, a prescindere dal giudizio che ciascuno ne può dare sul piano politico, culturale o religioso, mettono l’Europa in condizioni di massima emergenza e di transizione epocale.Il rovesciamento improvviso della postura americana, al di là di ogni recriminazione o protesta, richiede in ogni caso un altrettanto rapido riassestamento della posizione europea e fa venir meno il vincolo di una lineare continuità con le politiche precedenti. Guerra, riarmo e entusiasmo per il massacro non possono essere la risposta europea alla crisi dei rapporti con Washington, che venga da Londra, da Parigi o da Kiev.
Ciò considerato, ricade sui cittadini europei, e in ogni caso sui cittadini italiani, il compito di cercare le strade della pace e di proporre specifiche politiche capaci di aprire alla speranza e all’alternativa di un mondo diverso.
In particolare si potrebbero fare le seguenti proposte:
Stabilire una moratoria nello scontro politico tra i partiti, senza nulla togliere ai progetti e alle identità di ciascuno nella tradizionale distinzione di destra e sinistra o di maggioranza e opposizione, ai fini di una condotta internazionale il più possibile condivisa.
Indire una Conferenza programmatica in cui discutere con l’apporto di componenti della società civile e la presenza del governo come osservatore, il tema “Salvare l’Europa, riparare il mondo”.
Investire sulla prospettiva che l’Italia, come soggetto politico protagonista della vita internazionale in condizioni di eguaglianza con le altre “nazioni grandi e piccole” a norma dello Statuto dell’ONU, possa promuovere a livello mondiale politiche di risanamento di interesse comune.
Discutere e sostenere in tutte le sedi opportune le seguenti scelte:
Che anche l’Europa, pur confermando la propria riprovazione per la violazione del diritto internazionale perpetrata dalla Federazione Russa col dare inizio alla guerra d’Ucraina, al pari degli Stati Uniti apra un immediato dialogo con la Russia per il ristabilimento di rapporti normali tra loro, prendendo atto che non risulta confermato il luogo comune delle minacciate future aggressioni da parte russa. Tali rinnovati rapporti dovrebbero partire da una rimozione delle sanzioni e da una revoca delle ostilità in corso in Ucraina. Ai fini di una bonifica del linguaggio di ostilità e di odio ancora corrente nei media, andrebbero riprese in esame le cause della guerra e il conclamato dualismo di “aggressore-aggredito”, tenendo conto delle rivelazioni in proposito fatte dal prof. Jeffrey Sachs al Parlamento europeo.
Avviare negoziati tra l’Unione Europea e la Russia, quale storica appartenente all’unica Europa, per il suo ingresso nell’Unione Europea, adeguatamente riformata a questo scopo nelle sue istituzioni e nelle sue procedure, in armonia con gli ideali originari perseguiti con l’unità europea e secondo l’auspicio già enunciato nel 1959 da De Gaulle di un’Europa dall’Atlantico agli Urali. Tale processo farebbe venir meno la pretesa di un incremento delle spese militari (fino a 800 miliardi!), lesivo del benessere delle popolazioni europee, e di una militarizzazione dell’Unione, a partire da un esercito europeo, come se l’Europa dovesse obbedire alle passate ideologie degli Stati identificati come tali dal diritto di guerra. Ai fini di una pacificazione dei cuori andrebbero promossi centri associativi di amicizia Italia-Russia, nella riscoperta della ricchezza delle tradizioni comuni.
Contrastare l’imposizione all’Ucraina di risarcimenti in “terre rare” o in denaro, per gli aiuti militari ricevuti in questi anni per la sua difesa, compresi quelli forniti dall’Italia. Al contrario, va sostenuto anche in sede europea che alla martoriata Ucraina si debba una riparazione e un pur tardivo rammarico per averla indotta a perpetuare una guerra ad oltranza e a inseguire una vittoria non sua a beneficio di Potenze ad essa estranee.
Negoziare con la Federazione Russa un assetto di pace definitiva in Europa che comprenda garanzie di reciproca sicurezza tra tutti i Paesi coinvolti nelle presenti ostilità e reduci dalla vecchia contrapposizione tra Est ed Ovest, nello spirito del vecchio Atto finale di Helsinki. Assistere Ucraina e Russia per conseguire un regolamento territoriale tra loro anche mediante l’instaurazione di autonomie nei territori contesi a salvaguardia del diritto e dell’autodeterminazione dei popoli, secondo modelli già sperimentati come ad esempio è avvenuto con la popolazione di origine tedesca in Alto Adige.
Disarmare le testate nucleari presenti in Europa e nel mondo, in modo progressivo e in proporzione a misure analoghe da parte della Russia e delle altre Potenze nucleari. Tale smantellamento genera significative ricadute economiche attuando le uniche possibili procedure che, anche grazie ad apporti scientifici italiani, sono state seguite per la riduzione delle testate nucleari dalle circa 70.0000 dell’epoca della guerra fredda alle circa 13.000 attuali. Occorre incentivare nel contempo il regime di non proliferazione nucleare, per giungere infine a un generale disarmo.
Ultimo ma non ultimo, promuovere una soluzione innovativa della “questione palestinese”, attraverso una rinnovata solidarietà ad Israele per lo scempio subito con gli attentati del 7 ottobre e la detenzione degli ostaggi, e ai palestinesi per la devastazione e gli eccidi perpetrati contro di loro a Gaza e la sempre più grave repressione in Cisgiordania. Ai palestinesi si deve assicurare un futuro non solo scongiurando la pulizia etnica e la minaccia di espulsione della intera popolazione residente da Gaza, condannate anche da centinaia di ebrei italiani, ma pure cancellando l’offesa ricevuta mediante i grotteschi progetti di colonizzazione balneare di quella riviera mediterranea. In prospettiva, si deve purtroppo prendere atto che la soluzione dei due Stati si è resa impossibile per le politiche di insediamento e repressione di Israele. Si potrebbe tuttavia aprire una fase di transizione nella quale sui Territori occupati l’ONU assumesse il mandato, sull’esempio dei vecchi mandati di un tempo, di presiedere e dar vita a uno Stato di Palestina con Gerusalemme est come capitale, uno Stato, però, a differenza di Israele, plurietnico multireligioso e democratico, accogliente per Ebrei e Palestinesi, che possa evolvere fino a diventare con Israele un unico Stato, sede di due popoli tra loro riconciliati, di due ordinamenti tra loro connessi e integrati e di più religioni, egualmente riconosciute come patrimonio originario delle rispettive comunità, sotto l’autorità di uno statuto civile di democrazia eguaglianza e pace.
Altre scelte, come ad esempio sulle migrazioni o il degrado ecologico, dovranno essere contemplate nella progettazione del futuro.
La natura inedita, ma realistica e possibile, delle soluzioni così proposte, proiettata sul piano internazionale potrebbe condurre a un nuovo assetto pacifico e costituzionalmente protetto della intera comunità mondiale, in alternativa al sistema di guerra e al rischio della fine.“Comitati Dossetti per la Costituzione”, “Prima Loro”, “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri”, Raniero La Valle, Giovanna Canavesi, Enrico Peyretti Mario Menin, direttore di “Missione Oggi”, Giuseppe Rotunno (“Civiltà dell’amore”), Comunità di Mambre, Domenico Gallo, Roberta De Monticelli, Roberto Savio, Stefania Tuzi, Sergio Castioni, Felice Scalia S.J., Francesco Di Matteo, Francesco Zanchini, Enrico Calamai, Luigi Maffezzoli, Giuseppe Castellese, Antonella Grimaldi, Giuseppe Riccio, Bianca Di Giovanni, Stella Velotta, Paolo Gini, Rita Podda, Domenico Di Modugno, Paolo Offer, Donatella Cornelio, Giulia Carrillo, Fabio Filippi, Maria Lacerenza, Diego Forlin, Grazia Viaggi, Rita Maria Orlando-Rylko, Giuseppe Moncada, Annunziata Venturelli, Vincenzo Pavan, Francesca Franca Mola, Paolo Zago, Vincenzo Leonoro , Paolo Bertagnolli, Anna Sabatini Scalmati, Antonino Mantineo, Paolo D’Amico, Francesco Comina, Marco Sironi, Francesco Domenico Capizzi, Eva Maio, Luis Orellana, Giovanni Spallanzani
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