Treeology Theology di Elizabeth E. Green – La Green Treeology Theology

img_8706elizabeth-e-green-132 Elizabeth Green*

APPUNTI PER UN DIBATTITO.
di Franco Meloni.

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img_8863 Franco Meloni, 74 anni, ex dirigente amministrativo dell’Università di Cagliari (ora in pensione), Esperto di formazione in ambito organizzativo, giornalista pubblicista, direttore della News online Aladinpensiero.

Ringrazio l’amica Autrice Elizabeth a Green [Green nomen omen, di nome e di fatto] e gli amici della Biblioteca di Cultura e Storia del Protestantesimo per avermi inviato a presentare il libro e tutte e tutti voi che siete qui presenti.
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Un pensiero iniziale
Mi piace iniziare questa presentazione del libro di Elizabeth con una citazione a me cara (spiegherò perchè mi sembra pertinente in questo contesto). Si tratta di una frase molto bella di Norberto_Bobbio, condivisa dal cardinale Carlo Maria Martini: “La differenza rilevante non passa tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti; ovvero tra coloro che riflettono sui vari perché e gli indifferenti che non riflettono”. E aggiunge (è un’osservazione amara, pessimista, tuttavia realista): “La specie degli indifferenti, che è di gran lunga la più numerosa, si trova tanto fra i credenti quanto fra i non credenti”.
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Sicuramente in questa sala siamo tutte persone pensanti, non importa in quale misura credenti e non credenti. Siamo qui, insieme, per riflettere, ascoltare, intervenire – per chi lo voglia – cogliendo le conoscenze, gli interrogativi, le provocazioni che ci offre Elizabeth con il suo libro Treeology Theology. Che riguarda credenti, non credenti o “diversamente credenti”, con una precisazione: che per il credente, parlo in questo caso del cristiano, la conoscenza perlomeno di base delle sacre scritture dovrebbe/deve essere un punto di riferimento imprescindibile (aiutati evidentemente dalla teologia cristiana e dagli insegnamenti delle Chiese), mentre per i non credenti si tratta di un arricchimento eminentemente culturale. Tralascio il problema della formazione dei laici nelle diverse Chiese. Faccio io per primo autocritica al riguardo. Dovendo presentare il libro, ovviamente avendolo letto, Elizabeth mi ha costretto a studiare, spronandomi a cercare di colmare almeno in piccola parte la mia ignoranza dei sacri testi.

Volete subito un giudizio personale sul libro di Elizabeth? Bene, nel libro di Elizabeth tra contenuti propri originali e rinvii ad altri Autori/Autrici c’è tutto quello che occorre per “specializzarsi” in “Treeology Ecotheology”, anzi in “Green Treeology Ecotheology” Una specialità inedita, ma, ovviamente, senza la guida del/della docente, non è possibile conseguirla. Ergo: acquistate e leggete il libro: ma per capirlo, in toto o in parte, discutetelo in gruppo possibilmente con l’aiuto di un ecoteologo, meglio un’ecofemmista teologa, ancor meglio con l’Autrice, da privilegiati. Come stiamo facendo oggi.

E allora entriamo nell’argomento del libro. Ne seguo la struttura, ripercorrendo l’Introduzione e i 7 capitoli, ciascuno articolato in sottocapitoli (mi soffermerò maggiormente sull’introduzione e sul 1° capitolo), operando sintesi, scelta di argomenti, semplificazioni, rinvii ed accorpamenti … di cui mi assumo la totale responsabilità. Tutto ciò nell’intento di rendere comprensibile l’argomento anche per quanti non avessero (ancora) letto il libro.

INTRODUZIONE
CAP. 1 La scelta
albero-14-9-24-img_8724L’Autrice nell’introduzione ne dichiara lo scopo: investigare “la relazione tra gli alberi e il divino”, pensando l’albero a partire dalla teologia. Al riguardo cònia questa nuova parola: treeology, tree-ology, per assonanza con la theology, the-ology, inventata di “sana pianta” [tanto per stare in tema: curioso il "sana pianta" anzichè per esempio neologismo!].
Elizabeth è teologa e ambientalista e giocoforza s’impegna perchè la teologia – e il filone dell’ecoteologia, nonché dell’ecofemminismo (“una teologia della liberazione della donna, del corpo e della natura”) – abbiano la capacità di intervenire positivamente ed efficacemente per modificare l’attuale situazione (disastrosa) del nostro Pianeta.
Così Elizabeth la descrive.
“Dagli anni Settanta del secolo scorso, la teologia si è lasciata interrogare da una crisi ecologica che, da quando ne siamo diventati consapevoli, non ha fatto che peggiorare. La deforestazione ha portato alla perdita negli ultimi vent’anni di 420 milioni di ettari di foreste. E’ solo un esempio di una crisi che coinvolge l’estinzione di specie di piante e di animali, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, il cambiamento climatico (tutti fenomeni correlati gli uni con gli altri) e minaccia la stessa sopravvivenza del pianeta”.
In tutto questo la teologia ha responsabilità? Si, eccome! Elisabeth cita al riguardo Lynn Townsend White Jr., storico delle tecnologie, che in un articolo scritto nel 1967 – che ha avuto un’enorme diffusione – “ha sostenuto che tale crisi ha radici religiose, additando in modo particolare le sue radici cristiane”.
E, per certi versi, aveva ragione, laddove anche la teologia – o più in generale il pensiero ebraico-cristiano – ha legittimato il dominio dispotico e irresponsabile dell’essere umano sulle altre creature.
- L’ecoteologia ha consentito una rilettura delle sacre scritture, “rivitalizzata” negli ultimi tempi per merito dell’Enciclica di papa Francesco Laudato sì’ (il mondo cattolico arriva in ritardo rispetto a molte delle altre Chiese). “La Bibbia – sostiene papa Francesco, non dà adito ad un antropocentrismo dispotico; il mandato divino, dopo la cacciata dall’Eden, chiedeva di coltivare, custodire, amministrare la Terra: i doveri nei confronti della natura e del Creatore sono parte integrante della fede cristiana”: “suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio”. E Dio si prende cura di tutti: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre” (Mt. 6,26).

Le sacre scritture dunque non assecondano lo sfruttamento selvaggio della natura. Dio ce l’ha affidata, stabilendo una relazione di reciproca responsabilità fra umanità e natura. Così dice il Signore: “…la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri ed ospiti” (Lev. 25,23).
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Nel dare conto del suo innamoramento per gli alberi (“il Poetto è bello ma mi mancano gli alberi”) Elizabeth si trova in perfetta sintonia con il botanico Stefano Mancuso (**), con cui stabilisce una sorta di partnership virtuale.
Sostiene Stefano Mancuso: “Grazie alla fotosintesi le piante producono tutto l’ossigeno libero presente sul pianeta e tutta l’energia chimica consumata dagli altri esseri viventi. Esistiamo grazie alle piante e potremo continuare ad esistere soltanto in loro compagnia. Avere sempre chiara questa nozione ci sarebbe di grande aiuto”.
Dove sta la convergenza di Mancuso con Elizabeth e con Dio? Scrive Elizabeth: “… nel secondo racconto della creazione, scopriamo che ‘il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare’, tra i quali ‘l‘albero della vita in mezzo al giardino’ (Genesi 2,10). Anche il Signore sapeva che l’umano continuerà ad esistere solo in compagnie delle piante”.
La conclusione è che la Bibbia racconta con il linguaggio della fede ciò che Mancuso e altri scienziati della Botanica sostengono con il linguaggio della scienza.

……RINVIO alla prima domanda all’Autrice.
A questo punto ci starebbe bene una premessa sulle tematiche dell’ecofemminismo e teologia ecofemminista, Donne e salvaguardia delle foreste, Donne e natura. che attraversano tutto il libro: ci aiuterà direttamente l’Autrice, rispondendo alla prima domanda che rinvio, tra le altre, in conclusione del mio intervento.
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Torniamo pertanto al libro.

CAP. 2 La Mappa.
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“Incontriamo gli alberi che popolano la Bibbia (l’olivo, la vite e il fico, il cedro, il terebinto e altri) scoprendo il ruolo letterale e simbolico che occupano nel racconto”
Questa parte è davvero particolarmente gradevole e istruttiva.
L’Autrice segue la suddivisione degli alberi della Bibbia, effettuata da Jean Louis Ska in alberi da frutto, alberi da legname.
img_8868Nel percorso nella Bibbia ne elenca tanti, che sarebbe bello almeno nominare. Io mi limito invece e solo a ricordare i pochi nominati nel Secondo (Nuovo) Testamento: il fico associato a Natanaele, il sicomoro a Zaccheo, gli Olivi del giardino dove Gesù si ritira prima della sua morte.
Notiamo in generale come le piante della Bibbia offrano riparo dal sole e dalle intemperie, luoghi ideali per incontri umani nonchè divini. Qui, tra gli altri, il riferimento all’icona delle icone di Rublev (****).
L’Autrice nel sottocapitolo L’albero e il divino (pag.35) mette in risalto le due visioni principali nel pensiero tipico dell’ecologia (Ruether): visione mistica della natura (Romanticismo); visione antropocentrica (l’umano come custode e amministratore del Creato).

CAP. 3 Il Divino
Può essere sconvolgente scoprire che ISRAELE all’origine della sua storia (***) fosse POLITEISTA. La nostra religione cristiana è nata quando già il MONOTEISMO aveva prevalso (non avrai altro Dio all’infuori di me), ma gli studi dei biblisti e delle bibliste al riguardo non lasciano dubbi. Desta scalpore soprattutto la presenza delle DEE.
Con riferimento all’argomento clou del nostro libro … scopriremo tracce delle ‘dee associate al culto degli alberi e dei rami’… di queste dee, di grande interesse è img_8867Ashea o Asera
Il culto di Asera … ma nel tempo la parola ‘asera’ ha perso ogni legame con la dea.
“Nascosta dietro l’albero, spunta una dea che venendo progressivamente emarginata si ripresenterà come la divina Sapienza, albero di vita”.
L’Autrice mette in rilevo come da subito le Scritture paragonino la Sapienza all’albero della vita… “è un albero di vita per chi fa riferimento a Lei, chi si afferra o si stringe a lei, si può dire beato” (Prv 3,18). Esemplificativo il richiamo alla pratica del Chipko, ossia delle donne che in India salvano gli alberi, fonte della propria sussistenza, afferrandoli. Non è che afferrando gli alberi da salvare si afferri la Sapienza, tuttavia è un aiuto per la salvezza degli alberi e per la nostra. (approfondimenti pagg. 49-51).
Ne parleremo ancora nel proseguo, ma, anticipo che questione sarà oggetto della mia seconda domanda a Elizabeth.
Torniamo al POLITEISMO E MONOTEISMO, che desta molti interrogativi. Ma di cosa è importante preoccuparci? Una risposta la dà Hanz Gutierrez Salazar laddove ritiene che il nostro problema oggi non è tanto il paganesimo antico e politeista, quanto il ‘nuovo paganesimo univoco della tecnologia, materiale o linguistico, non importa, che sta distruggendo il cristianesimo, il suo linguaggio e il suo testo basilare’ … ‘ la complessità della Bibbia e la pluralità dei suoi linguaggi hanno in comune con il paganesimo classico che con l’ortodossia cristiana odierna’

CAP. 4 Il Cristo
sa-reina-sortu-mannu“Si dimostra come l’albero, potente simbolo di morte e rinascita, diventa genealogico, permettendo di arrivare al Cristo che a sua volta si dice attraverso la vite” Scrive Elizabeth: “Non è, ammetto, un pensiero molto originale, guardare l’albero come segno di robustezza, solidità, longevità, e tenacia della vita, della sua capacità di resistere alle intemperie e alle avversità. Perciò riferendosi a Sa Reina, l’olivo sardo tra i più antichi del Mediterraneo, a Villamassargia, Mancuso afferma “Ciò che lo rende unico è che crede di essere immortale. O almeno questo è quello che io ho pensato, guardandolo” [pag. 53].
(…) La Chiesa delle origini, dunque, identificando il ramo che esce dal ceppo di Iesse, con Gesù il Cristo, riuscì ad infondere nuovo vigore all’immagine dell’albero. Scoprire come? Usciamo dalle SCRITTURE ed entriamo nella CATTEDRALE di Monza e nel Refettorio della basilica di Santa Croce a Firenze.
Lasciamo parlare le immagini.

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Giuseppe Arcimboldi (Arcimboldo) e Giuseppe Meda
L’Albero di Iesse o Albero della vite
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L’Albero della vita di Taddeo Gaddi, nel refettorio della basilica di Santa Croce a Firenze
https://it.wikipedia.org/wiki/Albero_della_Vita,_Ultima_cena_e_storie_sacre
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Madonne arboree
Una ricerca da fare.
“Mano mano che il cristianesimo evolve, sembra che l’antico legame dell’albero con la dea [Asera] venga trasferito alla Vergine Maria. Sarà lei a tenere viva la connesione tra l’albero e la donna proprio grazie all’albero di Iesse e alle sue raffigurazioni”.

CAP. 5 La Sophia
“La Sapienza ci guida dall’albero della vita all’albero della conoscenza del bene e del male e si scopre come il ricco immaginario arboreo del Cantico introduce importanti novità al nostro tema”.

Inizio della crisi ecologica (pag. 69)
La scissione tra l’albero della vita … e l’albero della conoscenza del bene e del male … I due aspetti si ricongiungono nella divina Sapienza

“Accogliamo l’invito della Sophia che, come un terebino, ha esteso i suoi rami dicendo ‘Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei prodotti’ (Siracide 24,19).

Qui all’Autrice viene in mente il quadro “La colazione sull’erba” nelle due versioni di Manet e Monet. Vogliamo approfondire? Chiediamolo alla stessa Elizabeth .

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La Colazione sull’Erba di Manet
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La Colazione sull’erba di Monet
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Il Cantico degli Alberi
Se avessimo deciso di affidare a un finedicitore la lettura di brani del libro, avrei chiesto di leggere almeno una parte di questo sottocapitolo. E’ resa bene l’esplicita carica erotica del Canto dei Cantici. La donna è la vera protagonista. Vi si trovano due descrizioni del giardino: una è quella dell’Eden, il luogo d’incontro dei due amanti, l’altro è la stessa donna amata. Lui “Giardino chiuso tu sei, sorella mia, mia sposa (…) i tuoi germogli sono un paradiso di melagrane”. Lei: Venga l’amato mio nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti”. I due amanti sono esattamente sullo stesso piano: un bel modello!
Sottolinea l’Autrice come “il Cantico annuncia delle novità per quanto riguarda la relazione tra i generi e che tali novità sono espresse attraverso gli alberi”.

CAP. 6 La Conoscenza
“Si esplora l’ipotesi che gli alberi non solo trasmettono conoscenza (in modo che impariamo da loro) ma ci insegnano anche a conoscere bene”.
E’ una tesi sostenuta da diversi biblisti e anche botanici. Qui si cita ancora Stefano Mancuso. E l’attivista e ambientalista indiana Vandana Shiva: “La diversità, l’armonia e la natura autosufficiente della foresta hanno costituito i principi organizzativi guida della civiltà indiana”, cioè la cultura della foresta o l’aranya samskriti.
Mi corre l’obbligo di dire che su queste questioni è comunque in atto un dibattito tra gli studiosi.

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Il Grande Albero Parco Nazionale d’Abruzzo di Fulco Pratesi
il-grande-alberto-di-fulvio-pratesi-enrhhfxxiai-lz9 Si rappresenta un grande albero come “casa vivente di tutto un mondo animale e vegetale straordinariamente complesso e delicato”. Scrive Elizabeth: “Se dovessimo trasportare la figura di Gesù in croce al tronco di quest’albero avremo la reiterazione delle molteplici forme di crocifissioni che il nostro mondo continua a perpetuare. Se togliessimo la figura di Gesù dalla croce … al centro dell’albero rimarrebbe solo la traccia della croce per ricordarci che a far girare il mondo è la dinamica di morte e resurrezione incarnata da Gesù e simboleggiata dall’albero”
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CAP. 7 La Connessione
“Si passano in rassegna le nostre scoperte e si fa un’ultima tappa presso un albero finora rimasto nell’ombra, il roveto ardente”. Interessante per tutti gli enigmi che contiene con diverse interpretazioni. Troppo per parlarne in questo incontro, almeno da parte mia (un approfondimento: https://www.youtube.com/watch?v=TDdsErfEJoEhttps://www.youtube.com/watch?).v=TDdsErfEJoE. )

Siamo alle CONCLUSIONI. Si rafforza l’asse Elisabeth Green/Stefano Mancuso un po’ come quello citato inizialmente Carlo Maria Martini/Norberto Bobbio (con la differenza che Mancuso è un credente), possiamo anche dire il connubio Bibbia/Scienza
“Esistiamo grazie alle piante e [...] continuiamo ad esistere soltanto in loro compagnia” (Mancuso) … “le scritture iniziano in un giardino pieno di ‘ogni sorta di alberi piacevoli e buoni’. E, “a modo loro, le scritture confermano che esistiamo grazie alle piante e che continueremo ad esistere soltanto in loro compagnia”. Da qui l’importanza degli alberi che connettono “Dio e l’umano, l’umano a Dio a livelli e in modi diversi” (E. Green).
Una sottolineatura: “… la capacità [delle piante] di stabilire rapporti collaborativi e non gerarchici tra di loro e con le altre entità. Insomma gli alberi sembrano più in grado degli esseri umani di vivere il tipo di relazioni che Gesù auspicava per la comunità umana, a lungo oggetto di analisi da parte delle teologhe femministe”.
(cfr. Martin Buber).
Pag. 97
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RIPRENDIAMO UNA QUESTIONE IMPORTANTE QUANTO INTERESSANTE: (…) le scritture portano tracce di un’epoca ‘Quando Dio era una donna’ ovvero, per essere precisa, di una o più divinità femminili associate ai ritmi della natura e ai rigori del governo, connesse all’albero come simbolo di vita e rinnovamento della natura… in Israele. Mano mano che l’esclusività dell’unico Dio YHWH si è affermata, le dee sono state allontanate insieme all’alberello, al palo di legno o idolo di Asera piantato nel tempio accanto all’altare”. L’esclusione graduale da Israele delle divinità dal volto femminile è stato accompagnata dal movimento opposto, l’inclusione di aspetti di queste dee in Dio stesso… non solo Dio viene detto (o si dice) mediante metafore femminili, ma la saggezza che gli/le appartiene viene descritta come una figura femminile, Hokhmah-Sophia, albero di vita che guida nella conoscenza del bene e del male”.
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Un riferimento del tutto casuale: Il papa Giovanni Paolo I destò scalpore quando parlò di Dio madre e materno” (Giovanni Paolo I, Domenica, 10 settembre 1978). Qui rinvio alla seconda domanda ad Elisabeth.

INFINE UN AUSPICIO FINALE: fare i primi passi verso ‘una religione post-tecnologica riconciliata con il corpo, con la donna, col mondo (Rosemary Radford Ruether)

Ho finito Grazie.
E adesso Spazio al dibattito, cominciando, se credete dalle due domande che io ho anticipato nella mia presentazione del libro.

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Il Poetto di Cagliari-Quartu S.E. – Affiancati due quadri di William Turner, pittore inglese.
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Note
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(*) ELIZABETH GREEN Pastora emerita dell’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia, ha esercitato il ministero in Puglia, Basilicata, Toscana e Sardegna. Ha occupato varie cariche istituzionali, con-coordinando per la F.C.E.I. il Decennio di Solidarietà delle Chiese con le Donne (1988-1998). Ha condotto numerosi seminari di empowerment e formazione delle donne insieme al Movimento Femminile Evangelico Battista.
Ha studiato presso la Facoltà Internazionale Battista di Teologia a Rüschlikon (Svizzera) e all ’Università Pontificia di Salamanca (Spagna) dove ha ottenuto il dottorato di ricerca con una tesi sull’interfaccia di femminismo, ecologia e teologia.
È stata Burns Fellow presso l’Università di Otago (Nuova Zelanda) e visiting professor presso la Facoltà Valdese di Teologia (Roma), la Facoltà Battista di Teologia di Rüschlikon e la Pontificia Università Lateranense per la Licenza in Teologia Interconfessionale.
Ha seguito lo sviluppo e l’evoluzione della teologia femminista dai suoi inizi,impegnandosi nella sua diffusione in dialogo con la cultura e la società italiana, occupandosi soprattutto di teologia sistematica e di ermeneutica biblica.
(**) “La soluzione immediata per ridurre il riscaldamento globale? Piantare mille miliardi di alberi”. Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale presso l’Università di Firenze, in un’intervista rilasciata ad Avvenire, ha proposto nuovamente la sua idea per ridurre la concentrazione di CO2 nell’atmosfera: una riforestazione intensiva per la cattura del carbonio, che rientra tra le cosiddette Nature based solutions, “soluzioni basate sulla natura” per combattere il surriscaldamento globale. [https://asvis.it/notizie/929-10582/piantare-mille-miliardi-di-alberi-si-puo-fare-e-sarebbe-risolutivo]
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(***) Gli ebrei sono definiti i nostri fratelli maggiori, come affermò San Giovanni Paolo II, oppure i nostri padri nella fede, secondo l’affermazione di Benedetto XVI.

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DOMANDE ALL’AUTRICE
1.
Prima domanda all’Autrice.
L’ecofemminismo e la teologia ecofemminista, Donne e salvaguardia delle foreste, Donne e natura.
- L’identificazione tra donne e natura, da alcune ecofemministe autorevoli viene considerata un fatto negativo, in quanto in realtà perpetuerebbe il dominio maschile, il patriarcato. Mi sembra di capire che Vandana Shiva ha una posizione meno netta. Tu esponi tutte le posizioni di autorevoli studiose, vuoi spiegare la tua posizione su questa questione e altre più specifiche su donne e alberi, che ovviamente come teologa cristiana non può che fare riferimento alle sacre scritture?
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2.
L’esclusione graduale da Israele delle divinità dal volto femminile è stato accompagnata dal movimento opposto, l’inclusione di aspetti di queste dee in Dio stesso… non solo Dio viene detto (o si dice) mediante metafore femminili, ma la saggezza che gli/le appartiene viene descritta come una figura femminile.

Dio non ha genere. Tuttavia l’iconografia prevalente lo mostra come maschio, una persona anziana e saggia. Pensiamo ai grandi artisti: Michelangelo nella Creazione di Adamo , o Masaccio nella Trinità.
Come la teologia è l’ecoteologia femminista recuperano la femminilità di Dio?

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3.
La terza mia ultima domanda riguarda la prospettiva di sviluppo e approfondimento del filone Tree ology – The ology e Eco teologia femminista:
- Sia per quanto riguarda le pubblicazioni. Il tuo libro inaugura una serie verde della Collana Esh. A pag.13, ti dici sicura che altri contributi “allargheranno lo sguardo”. Ma a questa parte di domanda potrebbe forse rispondere la Casa editrice GabielliEditori.
- Sia per quanto riguarda iniziative d’altro tipo, come ad esempio performance letterarie/musicali, in ambienti alberati, spazi urbani di verde pubblico…
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Altre slide pertinenti
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(****) Trinità (Andrej Rublëv).
Icona trinitaria quattrocentesca di Andrej Rublëv, raffigurante l’episodio biblico della teofania della Trinità che apparve ad Abramo e annunciò, a lui e alla moglie Sara, il prossimo arrivo di una discendenza.
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Un approfondimento: https://www.youtube.com/watch?v=TDdsErfEJoE

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