Oggi mercoledì 3 luglio 2024
Un’ondata di destra si abbatte su di noi e c’è un perchè
3 Luglio 2024
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
La destra avanza in Europa. Dopo l’Italia, da ultima la Francia segue la nuova tendenza. Ma già le elezioni europee avevano segnalato questo fenomeno. In Germania addirittura un partito storico come la SPD è stato superato dal raggruppamento della destra. Ci si chiede la ragione, anche se non è molto difficile capirne la causa. […]
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Il sangue amaro “versato a Reggio Emilia è sangue di
noi tutti”. Dal governo Tambroni al governo Meloni
Alfiero Grandi 1° Luglio 2024
Il 7 luglio ricorre il 64° anniversario della manifestazione antifascista del 1960 a Reggio Emilia durante la quale la polizia sparò e uccise 5 persone, la crisi più acuta di un periodo inquietante per l’Italia. Dobbiamo ricordare anzitutto i morti in difesa delle libertà democratiche, conquistate a caro prezzo con la Liberazione del 1945. [...]
Dice la canzone sui morti di Reggio Emilia: “Lauro Farioli è morto (uno dei 5) per riparare al torto di chi s’è già scordato di Duccio Galimberti”, eroe della Resistenza.
Rotta l’unità antifascista, era nato il governo Tambroni
Ricordare i morti di Reggio vuol dire tornare sul significato del governo Tambroni nato con l’appoggio del Movimento Sociale, partito che si richiamava al ventennio fascista. Il governo Tambroni rappresentò una grave sbandata politica della Democrazia Cristiana, che portò alla rottura dell’unità antifascista aprendo al Msi che cercava una legittimazione fino a quel momento negata.
L’antifascismo fino a Tambroni era il fondamento della nostra Repubblica democratica. In quel momento la democrazia italiana rischiò di deragliare e questo, senza parallelismi forzati, può aiutare a capire meglio alcune sfide attuali.
Il nucleo in sofferenza nel 1960 è antifascismo, Costituzione, democrazia. In modi diversi la sofferenza oggi riguarda gli stessi punti.
Non tutto quanto si muove all’estrema destra si richiama al fascismo, tuttavia ci sono organizzazioni come Casa Pound dichiaratamente fasciste che lavorano indisturbate e restano ambiguità preoccupanti in altri.

E’ più che mai necessaria una capacità di reazione politica e sociale
capace di isolare, sconfiggere la parte incompatibile con la democrazia così
duramente conquistata in Italia. Le rivelazioni di Fanpage su riti e raduni di
Gioventù Nazionale viene sottovalutata, ridotta a folklore giovanile, ma è un
errore, anche per la destra. Le giustificazioni del Ministro Ciriani in
parlamento sui comportamenti di settori di Gioventù nazionale sono un
inaccettabile e miope tentativo di sminuire questi episodi, che rappresenta un
netto passo indietro rispetto alla svolta di Fini a Fiuggi.
La vittoria drogata delle destre
Il problema dei conti con il fascismo non è solo dichiararsi antifascisti, su cui
ci sono le note difficoltà di Giorgia Meloni, ma assumere orientamenti e
comportamenti che contrastino antiche tentazioni autoritarie della destra.
Oggi facciamo i conti con la vittoria elettorale delle destre nel settembre 2022
che è stata “drogata” da un premio di maggioranza del 15%, perchè le destre
hanno ottenuto solo il 44% dei voti che hanno fruttato il 59% dei parlamentari,
grazie ad una legge elettorale incostituzionale che altera il principio della
parità di voto degli elettori. Alterazione ancora più grave perché avendo
votato il 63% degli aventi diritto il 59% dei deputati e dei senatori è stato
ottenuto dalle destre con il 28% del corpo elettorale.
Questa vittoria, avvenuta nel rispetto della legge vigente, avrebbe dovuto
consigliare prudenza e moderazione, invece le destre, ad egemonia di Fratelli
d’Italia hanno deciso di modificare la Costituzione usando in modo
spregiudicato il vantaggio del premio di maggioranza per imporre le loro
scelte, mettendo nel mirino la Costituzione del 1948 con l’obiettivo di
introdurre una nuova fonte di legittimazione individuata nella delega ad una
persona, ad un capo, a decidere.
Torniamo al luglio 1960

Il luglio 1960 è un’epoca lontana, forse sconosciuta a tanti. E’ stato un
tornante importante per almeno una generazione perchè in quel periodo è
entrata in sofferenza la democrazia antifascista dell’Italia.
Nel 1960 si sono presentati pericoli che si stanno ripresentando, sia pure in
forma diversa, e l’atteggiamento verso la Costituzione ne rappresenta la
cartina di tornasole democratica ed antifascista.
Ad esempio: l’antifascismo è un optional o invece è effettivamente – come
dovrebbe essere secondo la Costituzione – una pregiudiziale per potere
governare ?
Dopo la 2° guerra mondiale e la sconfitta del nazifascismo fu eletta nel 1946
l’assemblea Costituente – per la prima volta in Italia votarono anche le donne
– che ebbe il compito di elaborare una Costituzione per la Repubblica italiana,
liberata dalla dittatura fascista. Inoltre il voto del 1946 scelse la Repubblica e
bocciò la monarchia, compromessa con il fascismo.
La Costituzione aveva il compito di guidare la nuova Repubblica verso una
società democratica dopo gli orrori e i disastri della guerra. I padri e le madri
costituenti furono all’altezza del compito e scrissero una Costituzione antifascista, profondamente democratica, fondata sulla centralità del
parlamento e sulla divisione dei poteri, in modo da evitare in radice il
ripresentarsi il rischio di una dittatura e in particolare la dipendenza da un
capo che tutto decide.
I diversi poteri dello Stato hanno garantita la loro autonomia e hanno le
condizioni per impedire straripamenti degli altri poteri. Questa è la svolta
rispetto alla dittatura fascista.
La Costituzione nel mirino
Anche a sinistra sulla Costituzione ci sono state troppe incertezze e
tentazioni di cambiamento discutibili. Le modifiche approvate a volte hanno
fatto danni come la riforma del titolo V del 2001, che ha dato vita ad un
contenzioso mai visto tra Stato e Regioni e ha fornito alibi a Calderoli per
l’autonomia differenziata. In sostanza ci si è fatti prendere dalla sindrome di
attribuire alla Costituzione responsabilità che in realtà erano difetti ed errori
della politica, cioè compiti dei governi e delle maggioranze.
Basta pensare alle promesse elettorali impossibili da mantenere per il loro
impianto reazionario inadeguato a rispondere ai problemi. Per questo la
Costituzione torna prepotentemente nel mirino e le vengono attribuite
responsabilità e inadeguatezze che non le appartengono.
La Costituzione prevede il voto libero delle elettrici e degli elettori per il
parlamento, per scegliere da chi farsi rappresentare, e lo fa salvaguardando
l’equilibrio tra i poteri, ad esempio l’autonomia della magistratura, ed
impedendo l’accentramento di tutto il potere nelle mani di una sola persona,
chiarendo che non tutto può essere cambiato. Ad esempio la forma
repubblicana non è disponibile, nemmeno se votasse diversamente la
maggioranza degli elettori.
Il voto è fondamentale e deve essere libero ma non può legittimare
qualunque scelta portando al deragliamento dai valori della Costituzione,
come sembrava ritenere Berlusconi, che attribuiva al voto il ruolo di un
salvacondotto totale.
La Costituzione italiana è un insieme di principi fondamentali come il diritto
uguale per tutti alla salute, all’istruzione, al lavoro, alla tutela della vita sul
lavoro, ecc. e, afferma, che la Repubblica è impegnata a rimuovere gli ostacoli
che impediscono a tutti di esigere il rispetto di questi ed altri diritti
fondamentali.
Chi vuol sostenere le élite economiche e finanziarie?
Settori economici e finanziari, internazionali e nazionali, da tempo premono
per cambiare precetti costituzionali considerati ostacoli al libero movimento
dei capitali nel pianeta e alla pretesa di plasmarlo a loro piacimento. Da
questo pulpito è venuta una pressione per affermare il potere e i dettami delle
èlites economiche e finanziarie, per condizionare la vita delle persone, al
punto da considerare privatizzabili e di mercato diritti che dovrebbero essere
invece non disponibili per la speculazione privata. Basta pensare alla salute,
all’istruzione, ecc.
Le destre nella loro ansia di andare oltre la Costituzione antifascista
sembrano non rendersi conto che finiscono con l’essere subalterne alle
ideologie che puntano a mutuare le regole di governo accentrato ed
autoritario delle imprese, rasentando il ridicolo quando affermano di
muoversi contro i poteri forti. Abbiamo visto cosa è accaduto con la vantata
tassazione degli extraprofitti delle banche: ritirata totale con perdite.
La Costituzione del 1948 è stata contrastata dall’inizio da un’area politica e
sociale sostanzialmente nostalgica del ventennio fascista. Il tentativo di Fini
a Fiuggi di superare definitivamente queste posizioni è purtroppo
sostanzialmente fallito. Non a caso resistono a destra posizioni contro la
Costituzione, le cui libertà sono viste perfino come un’occasione da usare per
sovvertirne i fondamenti.
La democrazia è certamente in crisi di credibilità e forza, ma vanno distinti i
tentativi di affossarla da interventi necessari per ridarle qualità e slancio e
guarda caso gli obiettivi di fondo ancora da realizzare sono proprio quelli
scritti nella nostra Costituzione.
Le destre vogliono una Terza repubblica al di là della Costituzione
Le destre al governo, trainate da Fratelli d’Italia, puntano ad arrivare a
qualcosa di nuovo e diverso, definito come la terza repubblica italiana,
evocando un modello decisionale accentrato ed autoritario, con l’obiettivo di
uscire dall’alveo della Costituzione del 1948 per trovare altre fonti di
legittimazione. In questo caso un voto popolare che tutto decide, senza
neppure vincoli e controlli, ed elegge un capo a cui delega tutto, senza
contrappesi e contropoteri.
In sostanza l’obiettivo è costruire una vera e propria capocrazia.
La fonte di legittimazione è individuata nel voto diretto per il Presidente del
Consiglio (un succedaneo del Presidenzialismo) proposta a cui la destra è
stata spinta dalla grande popolarità di Mattarella che rende difficile scontrarsi
con un’opinione pubblica largamente favorevole al ruolo del Presidente della
Repubblica, diventato centrale nel risolvere crisi difficili. Ma se andasse in
porto il premierato voluto da Giorgia Meloni la conseguenza sarebbe che il
potere concentrato nel Presidente del Consiglio renderebbe marginale il ruolo
del Presidente della Repubblica.
La differenza balza agli occhi, il Presidente della Repubblica oggi punta ad
evitare che la crisi di un governo, di una coalizione diventino la crisi politica
della legislatura. Nel premierato di Giorgia Meloni se il capo viene
sconfessato si torna a votare, il parlamento è eletto con lui e dovrebbe cadere
con lui.
Una deriva che va contrastata in tutti i modi
Non è fascismo inteso come mero ritorno al passato, ma un forte
accentramento autoritario sì, perché porta al superamento della divisione dei
poteri e in particolare riduce il parlamento ad un ruolo subalterno e servente
del governo, da cui sarebbe del tutto dipendente.
Contro queste scelte occorre usare tutte le possibilità offerte dallo stato
democratico e dalla Costituzione, compreso il referendum, per contrastare
una deriva che porterebbe nel tempo ad una cesura.
La crisi della democrazia, che oggi vede crescere al suo interno le forze che
vorrebbero stravolgerla, è superabile rilanciando con determinazione i valori e
l’impegno che l’hanno conquistata e questo è un problema tutto politico, di
impegno, di determinazione e di lotta. Non è un problema di tecniche
costituzionali ma di enorme spessore politico.
La ribellione di Genova, e non solo
Nel 1960 il governo Tambroni si reggeva sull’astensione del MSI che cercava una legittimazione malgrado fosse un partito che si richiamava apertamente al ventennio fascista e cercava di uscire allo scoperto con manifestazioni pubbliche e un congresso nazionale a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, che si ribellò. Ci furono scontri e tensioni fortissime. A Bologna a fine maggio 1960 fu sciolta con la forza una manifestazione in piazza Malpighi. La parte più drammatica fu il 7 luglio con i 5 uccisi a Reggio Emilia nel corso di una manifestazione repressa con violenza dalla polizia. Episodio
figlio del clima di rivalsa della destra, dell’atteggiamento repressivo della polizia che all’epoca aveva non pochi inquinamenti del passato, di un pericoloso sbandamento della Democrazia Cristiana che pure era stata tra i fondatori della nuova Italia democratica.
Quella maggioranza e quel governo erano una rottura con la Resistenza e l’antifascismo che era la base comune delle forze che avevano dato vita alla
Costituzione e alla Repubblica.
Come altri giovani della mia generazione decisi in quei giorni di impegnarmi politicamente, di manifestare lo sdegno per quanto accaduto, contro l’antiautoritarismo e la repressione. I morti a Reggio Emilia per molti giovani furono il momento della scelta, in tanti capimmo che dovevamo impegnarci, che era in corso un duro scontro sulla democrazia che ci riguardava e che andava riconquistato il discrimine antifascista.
Torniamo ancora alla Costituzione
Il governo Tambroni dopo i morti di Reggio Emilia restò in carica poche settimane.
L’eccidio di Reggio Emilia fu uno spartiacque nella vita di tanti, portò ad un impegno politico, una scelta di vita, di partecipazione, in continuità con la convinzione che il compito di ciascuno di noi è agire come cittadini protagonisti della democrazia in Italia.
Questo ci è stato consegnato dalla democrazia conquistata a caro prezzo dalla Resistenza e questo impegno deve continuare nel tempo perché nasce da quelli che Berlinguer definiva gli ideali della sua gioventù.
Anche ora occorre tornare ai fondamenti della Repubblica, della democrazia, della Costituzione, questa è la posta in gioco, certo in forme e condizioni diverse dal 1960.
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