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ci sembra necessario intervenire su una questione aperta tra Camera e Senato per una norma introdotta da “Fratelli d’Italia” in merito alla legge 194 riguardante l’aborto, norma approvata dalla Camera e in attesa di conferma al Senato. Si tratta di una norma che in maniera piuttosto subdola tende a inserire gli operatori del Movimento per la Vita nei consultori a cui la legge attribuisce il compito di assistere le donne in stato di gravidanza, che per qualsiasi ragione siano in procinto di decidere se portare a termine la loro gravidanza. È una norma paradossale perché in una legge di spesa, riguardante l’impiego dei soldi che vengono dall’Europa, introduce un intervento di cui si prescrive che non deve comportare nessuna spesa.
Ci sembra di dover intervenire perché quando fu scritta la legge sull’aborto nel lontano 1978, se ne ottenne l’approvazione da parte di un Parlamento fatto per metà di democristiani e di un ministro della giustizia, democristiano, che la firmò, in quanto quella legge, innovando del tutto il dibattito in corso, era ispirata non ad una ideologia per lo più invocata dagli uomini, ma alla vita reale delle donne. Quella legge infatti non intendeva affatto dirimere la questione di quando inizia la vita, se dal concepimento o invece più tardi, come sostenevano alcuni teologi medievale e anche la rivista dei Gesuiti francesi Ètudes, ma intendeva affrontare un problema umano e sociale che non era messo in dubbio da nessuno. La legge non era (e non è) affatto una legge che stabilisce il “diritto della donna sul proprio corpo”, ma una legge che riconosce e legifera su un mistero dell’essere quale è uscito dalle mani di Dio.
Il mistero dell’essere è quello che durante la gestazione c’è un rapporto così simbiotico ed esclusivo tra la madre e il nascituro, che nessuno ci si può mettere di mezzo, né un giudice, né un ministro del culto, né un collegio di medici, né un questurino, né un militante della Vita. È un rapporto tra due esseri che Dio ha unito e che non si può dividere. Perciò è la donna, e lei sola, che lo può e lo deve “gestire”. Cioè è la sua libertà, purché sia non coartata, non resa impraticabile di fatto da ostacoli economici e sociali che, come dice l’articolo 3 della Costituzione, “è compito della Repubblica rimuovere” perché non sia impedito “il pieno sviluppo della persona umana”.
Ora, i consultori furono introdotti nella legge 194 e con essi fu stabilito un tempo che consentisse loro di operare e alla donna di decidere, allo scopo di permettere alla donna di godere e di esercitare la sua libertà, e insieme al fine di rivendicare e riconoscere la sua dignità. Questa è la “tutela sociale della maternità” come è nel titolo della legge, che non a caso ha superato tutti i vagli referendari e di controllo di costituzionalità, ed è quella che, come dicono, ha permesso il minor numero di aborti in Europa ed è stata invidiata perfino dalla Chiesa russa.
Ma se ora nei consultori si introducono per legge gli operatori che, sia pure con le migliori intenzioni, entrano in competizione con gli altri operatori incaricati di assistere la donna, si crea un conflitto ideologico e il consultorio diventa il teatro di uno scontro che ha come posta in gioco e come trofeo la vittoria dell’uno o dell’altro fronte, e dove sono in palio la donna e il bambino, e si distrugge il consultorio.
È una caduta del pensiero, perché da questa concezione viene che, come nel peggiore collettivismo o nei processi genocidari, quali sono quelli oggi in atto, il bambino che deve nascere non è più il dono che attraverso l’utero della donna Dio fa all’umanità, ma diventa proprietà e prodotto dello Stato o viene vissuto come una minaccia e quindi vittima designata di chi, fin dal ventre della madre, vuol impedire che nasca un futuro pretendente al suo trono (come Erode), o un futuro terrorista.
Con i più cordiali saluti,
[Raniero La Valle]
Chiesa di Tutti Chiesa dei Poveri
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